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  • Lutto e funerali: Per chi?
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1977
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  • PERCHÉ UN SERVIZIO FUNEBRE O COMMEMORATIVO?
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1977
w77 15/11 pp. 696-700

Lutto e funerali: Per chi?

È STATO detto veracemente: “Nessun gruppo umano conosciuto . . . getta via i suoi morti senza alcun rito o cerimonia. In netto contrasto, nessun animale pratica la sepoltura degli individui morti della sua specie”. “L’uomo è il solo essere vivente che abbia netta coscienza della propria individualità e della morte”.a — Vedi Genesi 23:3, 4.

Queste parole dello scienziato contemporaneo Theodosius Dobzhansky, russo di nascita, fanno luce sulla ragione per cui il re Salomone diede questi consigli circa tremila anni fa: “È meglio andare alla casa del lutto che andare alla casa del banchetto, perché quella è la fine di tutto il genere umano; e chi è in vita lo dovrebbe prendere a cuore”. Sì, poiché sono coscienti della propria individualità e della morte, di solito gli uomini dispongono qualche tipo di cerimonia quando muore un amico, un compagno di fede o un parente. — Eccl. 7:2.

Che Salomone dica che è meglio andare alla casa del lutto significa forse che i cristiani facciano bene ad andare a qualsiasi casa del lutto per fare le condoglianze ai superstiti? È appropriato far lutto per la morte di ogni tipo di persona? Che cosa indica la Bibbia, la Parola di Dio?

La Bibbia contiene molti esempi di lutto per persone decedute. Giacobbe ed Esaù fecero giustamente lutto alla morte del loro padre Isacco. Giacobbe fece lutto perché pensava che il suo figlio preferito, Giuseppe, fosse stato ucciso da un animale selvatico. Quando il patriarca Giacobbe morì, non solo la sua casa, ma anche gli Egiziani fecero lutto. Gli Israeliti piansero vivamente la morte del loro condottiero Mosè. Sebbene il re Giosia fosse ucciso in una battaglia in cui si era impegnato imprudentemente, Geremia e tutto Giuda fecero gran lutto per la morte di quel buon governante. In epoche posteriori ci furono cordoglio e lamento per la morte di Lazzaro, Gesù Cristo, Stefano e altri. — Gen. 27:41; 37:34, 35; 50:1-14; Deut. 34:8; 2 Cron. 35:24, 25; Luca 24:15-24; Giov. 11:17-44; Atti 8:2; 9:36-42.

C’è una cosa da notare, però, in merito a questi particolari casi di lutto narrati nelle Scritture. Tutti coloro per cui si fece lutto erano state persone timorate di Geova Dio ed erano parenti dei superstiti o da essi tenuti in grande stima. Ma per la morte di alcuni non si fece lutto. Per esempio, non c’è la minima indicazione che Noè e la sua famiglia facessero lutto per la morte della generazione malvagia e violenta che perì nel Diluvio. Non c’è alcuna testimonianza scritta che Lot facesse cordoglio per la distruzione degli abitanti tanto malvagi di Sodoma e Gomorra. Quando Faraone e il suo esercito annegarono nel mar Rosso, Mosè e il suo popolo, lungi dal fare lutto, cantarono con esultanza un canto di vittoria. — Eso. 15:1-21; vedi anche Geremia 22:18, 19.

Perché, in tutti questi casi, i servitori di Dio non fecero lutto o non dovevano far lutto per quelli che erano periti? Perché erano stati giustiziati da Geova Dio. Far lutto per la loro morte equivaleva a trovar da ridire sull’esecuzione dei giusti giudizi di Geova. Così Geremia ricevette il comando di non fare cordoglio per la calamità che si doveva abbattere sul suo popolo apostata, Israele. E nel libro di Rivelazione leggiamo che sebbene per la distruzione di Babilonia la Grande alcuni suoi amanti politici e commerciali facessero lutto, le schiere celesti se ne rallegrarono. — Ger. 15:4-7; Riv. 18:9-20.

Molto appropriatamente, dunque, quando il re Davide fece gran lutto per la morte di suo figlio Absalom, che era stato ambizioso, perfido e immorale, il generale Gioab rimproverò giustamente Davide. (2 Sam. 19:1-8) Ma, d’altra parte, quando Davide fece lutto per l’infedele re Saul, non ricevette nessuna riprensione. (2 Sam. 1:17-27) Perché? Il re Saul era l’unto di Geova. Quindi Davide faceva cordoglio per l’individuo essendo leale alla carica di unto occupata da Saul. (Vedi La Torre di Guardia [inglese] del 1º ottobre 1938, pag. 297). Oltre a ciò, Davide non voleva dare adito al sospetto che si rallegrasse per la morte del suo nemico. — Prov. 24:17.

Tutte queste cose furono scritte per nostra istruzione e conforto in questo tempo della fine del sistema di cose malvagio. (Rom. 15:4; 1 Cor. 10:11) Nel prossimo futuro questa generazione vedrà la predetta “grande tribolazione” che porrà fine all’attuale sistema malvagio. (Matt. 24:21) A quel tempo nessuno dei fedeli servitori di Geova, i soli superstiti, farà lutto per la distruzione dei malvagi. Al contrario, se ne rallegreranno, come si rallegrarono Mosè e il suo popolo per la distruzione di Faraone e del suo esercito.

FAR LUTTO NEL NOSTRO TEMPO

Ma che dire del tempo attuale? Con quale spirito accogliamo la notizia di disgrazie, grande perdita di vite a causa di spaventosi incidenti, terremoti, uragani e maremoti? Proviamo indubbiamente compassione per le vittime e, in particolare, per i familiari che fanno cordoglio, anche se forse non erano persone che amassero la giustizia. Dopo tutto, non sono state giustiziate da Geova Dio per la loro malvagità. Così anche quando parenti, conoscenti o colleghi di lavoro muoiono, normalmente i cristiani mostrano benignità esprimendo sincere condoglianze ai familiari.

Quando un fedele cristiano degli unti muore, anche se crediamo fiduciosamente che ha ricevuto la ricompensa celeste, facciamo cordoglio. Dopo tutto, ne sentiremo la mancanza; ma il nostro dolore non è inconsolabile come lo è quello di coloro che non hanno speranza. (1 Tess. 4:13-15) Facciamo lutto anche per la morte di coloro che hanno una speranza terrena pur essendo ragionevole attendersi che siano presto risuscitati. Come indicò chiaramente Gesù, “tutti quelli che sono nelle tombe commemorative” ne usciranno con la risurrezione. — Giov. 5:28, 29; vedi anche Atti 24:15; Rivelazione 20:13.

PERCHÉ UN SERVIZIO FUNEBRE O COMMEMORATIVO?

Alcuni hanno pensato che lo scopo del funerale sia quello di fare l’elogio del defunto, di parlare bene di lui, di fargli fare, per così dire, una “buona morte”. Ma è giusto questo? Ricordate che Geova Dio permise alla nazione d’Israele di piangere Nadab e Abiu, i due figli di Aaronne che perirono per aver offerto fuoco illegittimo, sebbene fosse proibito ai loro stretti familiari di fare cordoglio. — Lev. 10:1-7.

Né si può dire che un servizio funebre sia in qualche modo simile a un sacramento che impartisce virtù al defunto. È vero che la maggior parte di coloro che frequentano le chiese della cristianità guarderebbero con orrore la prospettiva di una sepoltura senza funzione religiosa. Pertanto la Chiesa Cattolica Romana ha vari tipi di messe a questo scopo. Esse contengono benedizioni per i defunti e si afferma aiutino le anime del purgatorio. Ma tutte queste pratiche non hanno un fondamento scritturale, poiché la Parola di Dio fa capire che i morti sono inconsci e restano tali fino alla risurrezione. — Eccl. 9:5, 10.

Perché allora tenere un servizio funebre o commemorativo per un defunto? Vi sono alcune buone ragioni. Tanto per cominciare, si devono confortare i parenti del defunto. I cristiani hanno il comando di confortare tutti quelli che fanno cordoglio, inclusi coloro che fanno cordoglio in mezzo a loro. (Isa. 61:1, 2; 2 Cor. 1:3-5) Di regola la morte causa cordoglio. In particolare, è confortante udire una considerazione dei meravigliosi attributi di Geova, specie del grande amore che dimostrò provvedendo suo Figlio come riscatto affinché l’umanità avesse la speranza della vita eterna. A parte le condoglianze che possono essere spinti personalmente a fare, i presenti recano conforto ai parenti con la loro semplice partecipazione.

Si dà anche testimonianza alle verità della Bibbia. Di solito a un funerale assistono vicini, conoscenti, colleghi di lavoro e parenti che forse non sono credenti. Tutti questi trarranno beneficio da un servizio funebre o commemorativo nel quale sia pronunciato un discorso che spieghi quello che dice la Bibbia sulla condizione dei morti, sulla ragione per cui gli uomini muoiono e sulla speranza della risurrezione. Per tutti questi buoni motivi sembra che un ministro cristiano possa tranquillamente tenere il funerale di un parente incredulo di qualche Testimone, o anche di uno che, in una condizione di estremo abbattimento o squilibrio mentale, si sia tolta la vita. E i conservi cristiani possono confortare il Testimone partecipando al funerale del parente morto.

Un altro buon motivo per tenere un servizio funebre è quello portato alla nostra attenzione da Salomone. Ricordate che disse: “È meglio andare alla casa del lutto che andare alla casa del banchetto, perché quella è la fine di tutto il genere umano; e chi è in vita lo dovrebbe prendere a cuore”. (Eccl. 7:2) Il fatto della morte ci dà motivo di riflettere sulla transitorietà della vita. Ci dovrebbe anche aiutare a capire quale benedizione è la vita. Nella morte non c’è né consapevolezza, né sentimento, né comunicazione, né gioia, né lavoro.

Presso alcuni popoli antichi un funerale era una cosa eccezionalmente triste, simbolo di sconfitta. Perciò si teneva la notte. Sebbene i cristiani non si addolorino come altri che non hanno speranza, ciò nondimeno sembra che a un servizio funebre o commemorativo, o alla presenza del defunto a casa o alla camera mortuaria, non dovrebbero esserci né ilarità né gaiezza, come se ci si trovasse a un picnic o a una festa. C’è un tempo per ogni cosa, e il tempo della morte non è il tempo di ridere rumorosamente. — Eccl. 3:1, 4.

Per giunta, nel corso di un servizio per il decesso di un fedele servitore di Geova si può ben menzionare che ha mantenuto l’integrità di fronte a ogni sorta di ostacoli. (2 Sam. 1:26) Certo, come disse Marc’Antonio nella sua famosa orazione funebre: “Vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo”. Il nostro scopo non è dunque quello di fare l’elogio di una creatura né di esaltarla, ma di considerarne l’esempio per imitarlo. L’apostolo Paolo infatti si espresse così: “Non [divenite] pigri, ma siate imitatori di quelli che mediante la fede e la pazienza ereditano le promesse”. — Ebr. 6:12.

FUNERALI PER I DISASSOCIATI?

Comunque, supponete che il defunto sia un disassociato, qualcuno che per una ragione o per l’altra è stato espulso dalla congregazione cristiana. In “Domande dai lettori” (La Torre di Guardia, 1963, pag. 255) si leggeva che non era corretto tenere un funerale per un disassociato. L’articolo conteneva questo commento: “Non vogliamo mai dare agli estranei l’impressione che una persona disassociata fosse accettevole nella congregazione quando in effetti non lo era, ma era stata disassociata da essa”. Non vi sono eccezioni nel predisporre un funerale per un disassociato?

Prima di rispondere a questa domanda è bene riassumere in breve il soggetto della disassociazione. Essa ha una base scritturale come si può vedere da I Corinti capitolo 5, dove l’apostolo Paolo comanda di disassociare un immorale. Ma solo nel 1952 il popolo di Geova dei tempi moderni agì in tal senso spinto dalla crescente urgenza. Avendo forte zelo per la giustizia e odio per ciò che è malvagio, stabilirono norme per quelli che prendono la direttiva al fine di mantenere pure le congregazioni sotto l’aspetto spirituale, dottrinale e morale.

Nel corso degli anni il popolo di Geova ha compreso sempre più chiaramente il provvedimento della disassociazione. Non solo sono state date istruzioni particolareggiate, ma si è compreso sempre meglio che bisogna esercitare sapienza e amore, oltre che giustizia. Hanno visto la necessità di mostrare misericordia a chi è veramente pentito, e di considerare le circostanze attenuanti e qualsiasi evidenza di sincero dolore. In anni molto recenti è stato pure indicato che c’è differenza tra il comportamento che i cristiani dovrebbero tenere verso un ben noto peccatore o un pericoloso apostata e verso uno che è considerato come “un uomo delle nazioni”, a cui si può usare la comune cortesia del saluto. — Matt. 18:17; 2 Giov. 9, 10.

Sembra si possa fare questa distinzione anche in relazione al funerale di un disassociato. Una congregazione cristiana non vorrebbe che il suo buon nome fosse macchiato essendo messo in relazione con qualcuno a cui si applicasse II Giovanni 9, 10, neppure nel caso della sua morte. Ma supponiamo che un disassociato abbia dato qualche segno di sincero pentimento e sia venuto alle adunanze e abbia manifestato il desiderio d’essere riaccettato nella congregazione. Allora, se gli anziani pensano che il fatto non turberebbe la pace e l’armonia della congregazione né recherebbe disonore sul popolo di Dio, non c’è nulla in contrario a che un anziano pronunci un discorso. Come fanno a sapere se Geova l’ha già perdonato o no, dal momento che c’è qualche segno di pentimento? Forse gli anziani aspettavano, giustamente, volendo essere sicuri che il suo apparente pentimento fosse sincero. È ovvio che ciascun caso è diverso, per cui dovrebbe essere giudicato in base ai fatti. Certo, se si pronuncia il discorso funebre, si baderà di non indugiare su questioni personali né di fare alcuna dichiarazione positiva riguardo a se sarà risuscitato. Ma si potrebbe senz’altro fare una buona considerazione basata sulle Scritture e dare una buona testimonianza.

Per giunta, non dobbiamo trascurare due delle ragioni fondamentali per cui si disassocia un trasgressore. Una è di farlo tornare in sé, se possibile. L’altra è di proteggere la congregazione dalla sua cattiva influenza. Nessuna di queste due ragioni avrebbe valore ora, poiché il disassociato è deceduto. Anche se un disassociato ha continuato ad essere per così dire un semplice “uomo delle nazioni”, un discorso funebre basato sulle Scritture può servire a diversi scopi buoni, come abbiamo già detto: Può confortare i familiari e dare testimonianza a quelli di fuori. Il fatto stesso che sia data un’eccellente testimonianza può essere di conforto e di consolazione per i familiari del defunto, indipendentemente dalle circostanze.

Di tutte le creature della terra, noi soli fummo fatti a immagine di Dio. Per tale ragione siamo in grado di capire cos’è la morte. Abbiamo anche la capacità di far lutto quando un’altra persona viene a mancare e il desiderio di confortare i suoi familiari. Il nostro Padre celeste non è davvero “il Padre delle tenere misericordie e l’Iddio d’ogni conforto”? Certo! Quindi, per quanto riguarda il lutto e i funerali lasceremo che i nostri sentimenti e le nostre azioni siano guidati dai suoi princìpi di sapienza, giustizia e amore, dai quali dovremmo essere guidati in tutte le attività della vita. — 2 Cor. 1:3, 4; 1 Cor. 16:14.

[Nota in calce]

a The Uniqueness of Man, a cura di J. D. Roslansky.

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