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  • Nuove sorprendenti prove portate alla luce!

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  • Nuove sorprendenti prove portate alla luce!
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1978
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  • LA PAROLA DI DIO IN GRECO
  • L’INDIZIO TROVATO IN GIUDEA
  • L’INDIZIO TROVATO IN EGITTO
  • Il nome divino
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
  • Perché il nome di Dio dovrebbe comparire in tutta la Bibbia
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1972
  • La “Settanta”: utile nel passato e nel presente
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 2002
  • 1C Il nome divino in antiche versioni greche
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Altro
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1978
w78 1/9 pp. 6-8

Nuove sorprendenti prove portate alla luce!

RISCHIAVANO letteralmente la vita scendendo lungo le ripide pareti rocciose fino a quella che ora è chiamata Grotta degli Orrori. Non si aspettavano certo di trovare in mezzo a degli scheletri un importante indizio che ha a che fare con la vostra Bibbia.

Per immedesimarvi, immaginate d’essere nell’arida e selvaggia regione raffigurata a pagina 9, sui monti a ovest del mar Morto.

A sud c’è Masada, la fortezza isolata dove, nel 73 E.V., fu espugnato dai Romani l’ultimo caposaldo della rivolta giudaica. A nord ci sono le rovine di Qumran, centro di una comunità ebraica del primo secolo che nascose nelle grotte vicine il famoso Rotolo del mar Morto di Isaia e altri scritti.

All’inizio del 1961, un’équipe di esperti si accinse a esplorare le grotte dell’impervio Nahal Hever. Erano equipaggiati con ricercatori di mine, maschere antipolvere, corde e imbracature di paracadute. Fu una pericolosa discesa di 80 metri fino all’ingresso della grotta numero 8, ribattezzata Grotta degli Orrori. Un passo falso poteva significare una caduta di centinaia di metri sulle rocce sottostanti.

Il macabro nome di Grotta degli Orrori deriva da ciò che gli esploratori trovarono all’interno: gli scheletri di una quarantina di uomini, donne e bambini. Erano stati seguaci del condottiero giudeo Bar Kokeba, che nel 132 E.V. capeggiò una guerra contro Roma. L’ipotesi è che quando i Romani si accamparono sulla cima del dirupo, essi rimasero intrappolati, morendo di sete o di fame.

Ma forse vi chiedete che cosa c’entri tutto questo con la domanda se Gesù e gli apostoli usassero il nome personale di Dio, e, per estensione, se esso debba comparire nella vostra Bibbia o se voi dobbiate pronunciarlo. Il legame si trova in nove piccoli frammenti di pergamena, scritti in greco, scoperti nella Grotta degli Orrori.

Dopo averli attentamente studiati, gli eruditi riconobbero che questi frammenti provenivano da un antico rotolo in pelle contenente i Dodici Profeti (da Osea a Malachia). È un testo greco a cui è attribuita una data che va dal 50 a.E.V. al 50 E.V. Si sapeva da dove proveniva il rotolo, la Grotta degli Orrori nel deserto della Giudea. Anche se ancora non ne comprendete l’importanza, questo è uno dei principali indizi per stabilire se il nome divino dovrebbe comparire nella Bibbia.

Affinché questo indizio abbia vero significato per voi, dobbiamo considerare quali rotoli ebbero a disposizione Gesù e gli apostoli nel primo secolo E.V.

LA PAROLA DI DIO IN GRECO

I libri biblici da Genesi a Malachia furono scritti originariamente in ebraico, con piccole parti in aramaico. Tuttavia, quando gli Ebrei furono dispersi in tutto il mondo antico cominciarono a parlare la lingua internazionale, il greco. Quindi, verso il 280 a.E.V., le Scritture Ebraiche cominciarono a essere tradotte in greco, e ne risultò quella che è chiamata Versione dei Settanta (LXX) greca.

Allorché Gesù cominciò il suo ministero, questa versione era largamente usata dai Giudei di lingua greca. Dalle parole usate dagli apostoli nei loro scritti possiamo dedurre che conoscevano bene la Settanta, come la conosceva senz’altro anche Gesù.

Ma quella traduzione greca conteneva il nome di Dio? I manoscritti più completi della Settanta che ci sono pervenuti, risalenti al quarto secolo E.V., rivelano una situazione sorprendente. In tutti i punti in cui la Bibbia ebraica aveva il Tetragramma, la Settanta greca sostituì le parole “Dio” (Theos) e “Signore” (Kyrios). Quindi fra gli eruditi c’era l’idea che Gesù e gli apostoli non usassero il nome personale di Dio. Alcuni dicevano che essi, leggendo o citando le Scritture in ebraico, seguivano l’usanza di pronunciare invece le parole che stanno per “Signore” o “Dio”. E in quanto alla copia dei Settanta che usavano, non conteneva neppure il Nome.

La maggior parte dei teologi si sono attenuti fiduciosamente a questa idea. Ma che dire ora dell’indizio trovato nella Grotta degli Orrori?

L’INDIZIO TROVATO IN GIUDEA

Rammentate che nella Grotta degli Orrori, nel deserto della Giudea, c’erano alcuni frammenti di un rotolo in pelle contenente i Dodici Profeti scritto intorno all’epoca della nascita di Gesù. Era in greco, nella forma della Settanta. Ma che dire del nome di Dio? Notate il testo riprodotto qui a fianco.

Questi frammenti rinvenuti nel deserto della Giudea contenevano il nome divino in un antico stile di ebraico! Anche se il testo principale era in greco, il nome di Dio era stato conservato in lettere ebraiche. Il Tetragramma non era stato sostituito con il titolo greco Kyrios, come si fece con i manoscritti della Settanta nei secoli successivi.

Ma ancora più recentemente si è prestata attenzione a un altro importante indizio. Anch’esso è molto utile per stabilire se nella vostra Bibbia ci dovrebbe essere il nome di Dio, e, quindi, se voi dovreste usare tale nome. Questo indizio è venuto alla luce al Cairo.

L’INDIZIO TROVATO IN EGITTO

L’indizio consiste in molti frammenti di un antico rotolo papiraceo di Deuteronomio, frammenti che nel museo sono elencati con il nome di Papiri Fouad Numero 266. Sebbene questi frammenti fossero trovati negli anni quaranta, gli studiosi non poterono accedervi per studiarli.

Nel 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (inglese) fu la prima a pubblicare fotografie di alcuni di questi rari frammenti. Ma per tutti gli anni cinquanta e sessanta la maggioranza degli esperti non poté esaminare i frammenti veri e propri, e nessun’altra pubblicazione specializzata ne riprodusse fotografie o li poté analizzare tutti. Ciò fu fatto infine nel volume Études de Papyrologie del 1971. Ma cosa c’era di così straordinario in quei frammenti? E cosa c’entrano con l’uso del nome di Dio?

I papiri Fouad 266 furono preparati nel secondo o nel primo secolo a.E.V. Non sono in ebraico ma in greco. Date un’occhiata alla scrittura nei campioni dei Fouad 266 riprodotti qui sotto. Vedete che, anche se il testo principale è in greco, viene usato il Tetragramma in chiare lettere ebraiche? Quindi neppure il copista di questo rotolo papiraceo sostituì al Nome le parole greche per “Signore” (Kyrios) o “Dio”. Invece, inserì più di 30 volte — nel corso della scrittura greca — il Tetragramma in lettere ebraiche!

Il dott. Paul E. Kahle di Oxford ha spiegato che questi frammenti contengono “forse il più perfetto testo di Deuteronomio della Settanta che ci sia pervenuto”. In Studia Patristica, aggiunge: “Qui in un rotolo papiraceo abbiamo un testo greco che presenta il testo della Settanta in forma più attendibile del Codice Vaticano e che fu scritto oltre 400 anni prima”. E conserva il nome personale di Dio, com’è conservato nei frammenti greci del rotolo dei Dodici Profeti trovati nel deserto della Giudea. Sono entrambi d’accordo.

Nel Journal of Biblical Literature (Vol. 79, pagg. 111-118), il dott. Kahle esamina il cumulo di evidenze inerenti all’uso del nome divino da parte dei Giudei e conclude:

“Tutte le traduzioni greche della Bibbia fatte da Giudei per i Giudei nei tempi precristiani devono aver usato, come nome di Dio, il Tetragramma in caratteri ebraici e non [Kyrios], o abbreviazioni d’esso, come troviamo nelle [copie] cristiane” della Settanta.

L’attenzione prestata alla conservazione del nome divino si riscontra anche in testi di lingua ebraica che risalgono al primo secolo. In alcuni rotoli ebraici rinvenuti nelle grotte attorno al mar Morto, il Tetragramma era scritto in inchiostro rosso o in uno stile ebraico più antico facilmente distinguibile. J. P. Siegel fece questi commenti in proposito:

“Non appena furono scoperti i manoscritti di Qumran oltre vent’anni fa, una delle loro più sorprendenti caratteristiche fu il fatto che, in un gruppo limitato di passi, compariva il Tetragramma scritto in caratteri paleoebraici. . . . Questo è ovviamente indice di profonda riverenza per il Nome Divino”. — Hebrew Union College Annual, 1971.

Per di più, si afferma che nella Gerusalemme del primo secolo esisteva un rotolo ebraico dei cinque libri di Mosè con il Tetragramma in lettere d’oro. — Israel Exploration Journal, Vol. 22, 1972, pagg. 39-43.

Queste nuove evidenze non indicano in modo vigoroso che Gesù deve aver ben conosciuto e usato il nome divino, sia che leggesse le Scritture in greco o in ebraico?

[Immagine a pagina 7]

Frammento del mar Morto in greco, con il Tetragramma ebraico (Abac. 2:15-20; 3:9-14)

[Immagine a pagina 8]

Tetragramma in frammenti della Settanta rinvenuti in Egitto (Papiri Fouad 266)

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