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  • Decisioni che mi hanno reso la vita felice
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1979
w79 1/5 pp. 25-30

Decisioni che mi hanno reso la vita felice

Narrato da Margarita Königer

MIO PADRE fu chiamato alle armi in Germania nel 1939, all’inizio della seconda guerra mondiale. Per sei lunghi anni lo vidi di rado. Nel frattempo ebbi molto da pensare.

Mi chiedevo: Perché la radio presenta le stragi come una vittoria quando negli anni passati un incidente mortale era un avvenimento triste? Se volevamo sentire certe stazioni, tenevamo il volume basso perché era proibito ascoltarle. Case bombardate e bruciate divennero uno spettacolo frequente. Anche mio fratello cadde in guerra.

Assistevo alle funzioni cattoliche nella città dove abitavamo, Monaco. Lì dopo ogni messa si pregava per gli uomini al fronte e per il Führer Adolf Hitler. Ricordo che una volta la mamma mi mandò a scuola con una lettera per il parroco, chiedendo di smettere di pregare per la guerra. Non riusciva a capire come Dio potesse compiacersene.

Finita la guerra nel 1945 mio padre tornò da un campo di prigionia. Le difficoltà diminuirono gradualmente man mano che i viveri aumentavano, e si cominciò a ricostruire Monaco. Ora adolescente mi interessai a fondo di sport, teatro, opera e altre attività ricreative.

Dopo il diploma della scuola superiore, nell’ambito di un programma di scambio di studenti, ricevetti una borsa di studio per frequentare l’università negli Stati Uniti. Lì furono tutti amichevoli con me, e compresi che, in sostanza, la gente d’ogni luogo vuole la pace. Perché allora, mi chiedevo, sembra ci sia una forza che spinge gli uomini a diffidare gli uni degli altri e a odiarsi?

Tornata a casa mi iscrissi alla facoltà di chimica presso l’Università Tecnica di Monaco. Entrai a far parte del consiglio studentesco, ma fui delusa dai metodi proposti. Come poteva mai esserci vera pace se si mettevano prima gli interessi personali? Cominciai a chiedermi se le risposte non si trovassero nella Bibbia. La Bibbia è proprio la Parola di Dio? Andai in una grande biblioteca di Monaco per fare qualche ricerca.

RISPOSTE SODDISFACENTI

Trovai molte critiche contrastanti sulla Bibbia. Volevo scoprire la verità. Poi verso quell’epoca vennero a casa nostra due testimoni di Geova. Prendemmo da loro il libro Che cosa ha fatto la religione per il genere umano? (inglese). La mamma e io leggemmo a turno questo libro affascinante, che parla della storia della religione e dei suoi effetti sull’uomo. Alla fine sentii di aver trovato le risposte che cercavo.

Per esempio, mi ero posta la domanda: Cos’è che sembra spingere gli uomini a odiarsi e diffidare gli uni degli altri? Mi fu mostrato con la Bibbia che sono malvage forze spirituali, Satana il Diavolo e i suoi demoni. La Bibbia li chiama “governanti mondiali”, e, anzi, dice che Satana “svia l’intera terra abitata”. (Efes. 6:12; Riv. 12:9) A giudicare dalle empie e diaboliche azioni di nazioni e popoli, com’era ragionevole e soddisfacente questa risposta!

Provai grande gioia apprendendo come Dio risolverà i problemi della terra. No, non mediante qualche ideologia o amministrazione umana, come quelle proposte dagli educatori del mondo. La Bibbia mostra invece che un nuovo governo celeste si occuperà degli affari della terra. Eliminerà l’attuale malvagio dominio del mondo. Gesù Cristo insegnò ai suoi seguaci a pregare: “Venga il tuo regno. Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra”. (Matt. 6:10) Compresi che questo regno è un governo effettivo e che solo per mezzo di esso ci sarà vera pace in tutto il mondo.

DECISIONI CHE CAMBIARONO LA MIA VITA

Man mano che acquistavo conoscenza di questi propositi di Dio ne parlavo ad altri. Col tempo decisi di imitare Gesù e i primi cristiani e di servire Dio con tutta l’anima. Ma desideravo condividere questo mio nuovo scopo con qualcuno.

Era un compagno di studi che lavorava nel mio stesso laboratorio. Avevamo intenzione di sposarci presto. Ma la mia decisione di servire Dio non gli piacque affatto. Fu molto doloroso per me vedere che su questo punto essenziale la pensavamo diversamente. Le tensioni crebbero a tal punto che dovetti fare una scelta: o lui o la mia nuova fede. Poco dopo fui battezzata per simboleggiare la mia dedicazione a servire Geova Dio. Avevo deciso.

Si doveva tenere poco dopo a New York l’Assemblea Internazionale dei Testimoni di Geova “Volontà Divina”. Decisi di andarvi. Trovai lavoro su un transatlantico e arrivai nel giugno del 1958, circa un mese prima dell’assemblea. Quell’estate decisi di intraprendere l’opera di predicazione in servizio continuo, ciò che feci al mio ritorno a Monaco. La mattina lavoravo in un ufficio e dedicavo i pomeriggi e le serate a parlare alle persone della buona notizia del Regno.

INCARICHI SPECIALI E GALAAD

Nel 1959 fui invitata a prestare servizio dove c’era speciale bisogno di proclamatori del Regno. La mia compagna Gerda e io fummo mandate nei piccoli villaggi della foresta di Steiger, in Franconia. Lì, andando su e giù per i colli, annunciavamo la Parola di Dio, a piedi, in bicicletta e, in seguito, in ciclomotore. La maggioranza degli abitanti della zona erano cattolici ferventi. Parecchie volte ci presero a sassate, e suonavano le campane della chiesa per avvertire che arrivavamo noi due a predicare la Bibbia. Nonostante ciò col tempo alcune persone mansuete accettarono la verità della Parola di Dio.

Gerda e io fummo molto felici e ci sentimmo come i cristiani del primo secolo che cercavano le “pecore” del Signore. Spesso tornando a casa la sera guardavamo con meraviglia la tranquilla volta stellata a cui gli alti alberi facevano da cornice. O in una giornata di sole, quando ci fermavamo a pranzare vicino a un ruscello o in mezzo a un prato, come apprezzavamo la promessa divina di una terra paradisiaca! Dopo tre anni fummo inviate in territori diversi. Tuttavia Gerda è ancora come un’altra figlia per mia madre e come una sorella per me.

Da quasi 16 anni sono insieme a un’altra compagna, Gisela. Nell’autunno del 1962, fummo mandate a Parigi, in Francia. Allora c’erano meno di 20.000 testimoni di Geova in quella nazione, mentre ora ve ne sono più di 67.000. Era emozionante trovare gli interessati e insegnare loro la Parola di Dio. Ero felice ogni giorno di aver preso la decisione di intraprendere l’opera di predicazione in servizio continuo.

Nel 1965, Gisela e io ricevemmo l’invito a frequentare la Scuola Biblica Watchtower di Galaad per l’addestramento missionario. Questa scuola si trova nella sede centrale dei testimoni di Geova a New York, dove allora viveva e lavorava una famiglia di oltre 1.000 persone. Ora la famiglia è salita a quasi 2.000 membri. Il nostro soggiorno di sei mesi fu per me come un’ininterrotta assemblea internazionale, accompagnata da istruzione biblica e armoniosa cooperazione. Quando la nostra 41a classe si diplomò, piangemmo all’idea di lasciare i nostri amici.

Il nostro nuovo territorio fu il Madagascar, grande isola nell’Oceano Indiano di fronte alla costa africana. Che persone avremmo trovato? Saremmo riuscite a toccare il loro cuore con la verità della Bibbia e a farcele amiche?

VITA NEL MADAGASCAR

Allorché l’aereo cominciò a scendere su Tananarive, la capitale, guardammo con curiosità la distesa sconfinata di colli e valli coperte di risaie a terrazze. All’aeroporto fummo salutate da una ventina di amici. Ci sentimmo a casa nostra. Quella sera, al ritorno da un’adunanza cristiana, le stelle scintillanti ci apparvero diverse. E i cieli stellati avevano davvero un aspetto diverso! Questo perché ora eravamo nell’emisfero meridionale. Riscontrammo comunque che i fratelli e le sorelle cristiane del posto erano amorevoli e gentili come in ogni altro paese.

Prima di partire per Fianarantsoa, capitale della provincia omonima a sud, seguimmo un corso di lingua malgascia per quattro settimane, studiando 11 ore al giorno. Le sue radici sono così diverse da quelle di qualsiasi lingua europea che ci chiedevamo se saremmo mai riuscite a farci capire. Ma non avremmo potuto desiderare ascoltatori più pazienti e cortesi. Colui che va a casa delle persone per spiegare la Bibbia è accolto con vivo apprezzamento e ospitalità. Spesso parecchi familiari si radunano e ascoltano attentamente.

A poco a poco imparammo anche le loro usanze. Per esempio, lo straniero deve sedere vicino all’ingresso, a meno che non sia invitato ad andare più avanti in casa. In quell’atmosfera amichevole e pacifica, cominciammo quasi inconsciamente a imitare l’usanza di inchinarci e stendere la mano destra con la sinistra appoggiata sotto il polso della destra. Se non sapevate ancora come comportarvi, tutti avrebbero capito che stavate imparando, e un sorriso amichevole era di grande aiuto.

Scoprimmo che la gente ha una discreta istruzione. Anche le vecchie nonne nei villaggi leggono con piacere la Bibbia e la letteratura biblica. Per procurarsi i libri, amano fare baratti. I bambini ci correvano dietro per scambiare riso con le riviste Torre di Guardia e Svegliatevi!

A Fianarantsoa molti ci dicevano d’essere norvegesi, ciò che dapprima fu una vera sorpresa. Tuttavia, volevano dire che seguivano la Chiesa Luterana Norvegese. Altri erano cattolici. Ma tutti praticavano ancora la principale credenza del Madagascar, l’adorazione degli antenati. Molte case hanno nei pressi tombe sotterranee sovrastate da una casetta. Prima di scoprirlo, ci capitò più volte di bussare a una tomba mentre predicavamo di porta in porta. C’è l’usanza religiosa di tirar fuori le ossa dalla tomba a intervalli di alcuni anni e avvolgerle in uno speciale panno nuovo, e tutto questo è accompagnato da una gran festa.

I capi religiosi si infuriarono perché aiutavamo le persone a capire la differenza tra gli insegnamenti di Gesù Cristo e le loro filosofie e pratiche. Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, fummo convocate a Tananarive dove ci dissero che noi missionarie avremmo dovuto lasciare immediatamente il paese. Il nostro cuore era triste al pensiero di dover dire addio ai nostri cari fratelli e agli studenti della Bibbia.

Con gli occhi pieni di lacrime osservammo per l’ultima volta il panorama roccioso. Nella nostra mente era dipinto un quadro incancellabile: eucalipti, mimose e bambù, risaie e case di argilla rossa. Dopo più di quattro anni, quest’isola era diventata come la nostra casa. Mentre l’aereo decollava salutammo con la mano gli amici malgasci e ammirammo ancora una volta il tramonto di fuoco sull’isola.

SERVIZIO IN ALTRI PAESI

Nel cuore della notte atterrammo a Nairobi, nel Kenya, nell’Africa orientale. A salutarci c’erano molti amici. Per quattro settimane facemmo un corso di swahili. Quindi ci accompagnarono in automobile su una bella autostrada fino al nostro nuovo territorio, Nakuru. È una cittadina agricola con case in stile occidentale che sorge sulle pendici del vulcano spento di Menengai. Non dista molto dal lago Nakuru coi suoi nuvoli di fenicotteri rosa. Trovammo una bella congregazione di fratelli e sorelle.

Un lavoro notevole fu la costruzione di una bella Sala del Regno per le adunanze. La gente della città era sbalordita vedendo uomini, donne e bambini di tribù e razze diverse lavorare insieme, trasportare pietre, preparare la calce, tagliare il legname, piantare chiodi e verniciare. Solo alcuni anni prima, al tempo dei mau-mau, gli uomini di queste tribù si erano scannati fra loro. Avemmo così molte occasioni di spiegare com’era stato possibile conseguire questa pacifica unità.

Com’era da prevedere, non tutti erano felici della buona notizia del regno di Dio che predicavamo. Alcuni, i capi religiosi ovviamente, presentarono sotto falsa luce la nostra attività al governo kenyota. Un giorno ricevemmo la notizia che la nostra opera sarebbe stata proibita nel Kenya e che noi missionari dovevamo lasciare il paese. Tanti fratelli e sorelle vennero a salutarci all’aeroporto di Nairobi, assicurandoci che ci amavano e che avevano forte fede in Geova. Felicemente, in seguito il governo del Kenya ha riconosciuto che i testimoni di Geova sono veramente ossequenti alle leggi e il bando è stato tolto.

Successivamente Gisela e io fummo mandate nel Dahomey (ora Benin) nell’Africa occidentale. Le prime cose che vedemmo, ondeggianti alberi del cocco lungo strisce di sabbia bianca e di oceano azzurro, e il pittoresco costume tradizionale della gente del posto, ci diedero un’impressione favorevole. Ma quello che ci fece più impressione fu il felice gruppo di amici venuti a salutarci all’aeroporto di Cotonou, la capitale. Il bell’edificio della filiale comprendeva anche la casa missionaria, la Sala del Regno e il giardino. Ma fummo invitate a trasferirci a Parakou, una cittadina del nord a un giorno di treno.

Il conduttore del treno, un testimone di Geova, si prese cura di noi e ci permise anche di fare un breve tratto con lui sul locomotore. Man mano che salivamo verso nord, il paesaggio si faceva più arido, sebbene ci fossero molti alberi di tek, anacardio, alberi del burro e baobab. Giungemmo a destinazione che era scesa da poco la notte e il fischio del treno annunciò il nostro arrivo, l’avvenimento del giorno. Come avremmo fatto a riconoscere i fratelli nella stazione affollata? Ma visi sorridenti che non avevamo mai visto apparvero subito al finestrino della carrozza. Ci avevano individuate!

La piccola congregazione di Parakou era formata di membri di diverse tribù e parlavano diverse lingue. Le adunanze si tenevano in francese. Mentre eravamo lì fu costruita una bella Sala del Regno. Molti con cui studiavamo la Bibbia diedero una mano nei lavori. Fra loro c’era una donna della tribù nomade dei peulh, che abita le regioni interne dell’Africa occidentale. Poco dopo divenne una proclamatrice della “buona notizia” e predicava nelle molte lingue che conosceva.

La tradizione locale era ancora molto sentita a Parakou. Quando morì il re, il mercato, il centro delle attività, fu chiuso per quattro mesi. Furono tenute grandi manifestazioni a cavallo dai suoi seguaci e da quelli del nuovo re. Nella notte echeggiava il rullo dei tamburi che accompagnavano le cerimonie.

L’ideologia antireligiosa marxista-leninista finì per avere il sopravvento sulla popolazione. Progressivamente il popolo, specialmente gli alunni delle scuole, furono costretti a ripetere slogan come ‘Gloria al popolo, tutto il potere al popolo’. Eravamo a Parakou da oltre un anno quando le autorità insisterono per farci cessare l’attività di predicazione di casa in casa. Alcuni fratelli furono arrestati e pochi mesi dopo fummo trasferite a Cotonou, lasciando che i Testimoni locali continuassero la predicazione in modo meno appariscente.

Man mano che le restrizioni imposte dal governo aumentavano, per prepararsi i fratelli ribadivano i punti della Torre di Guardia sulla persecuzione. Col tempo, alcuni che non volevano pronunciare gli slogan rivoluzionari furono picchiati senza misericordia.

Un giorno Gisela e io, tornando alla filiale di Cotonou, vedemmo che era circondata da membri armati del comitato rivoluzionario. Ci fu permesso entrare in casa, dove fummo trattenute insieme agli altri. Il giorno dopo uomini in uniforme armati di mitra perquisirono minuziosamente la casa e i bagagli. Due di loro si soffermarono sui nomi Elia ed Eliseo trovati in uno dei miei taccuini. Alla fine riuscimmo a far capire loro che questi erano profeti di Dio vissuti più di 2.500 anni fa!

Fummo portati al comando di pubblica sicurezza dove ci dissero che il giorno successivo ci avrebbero espulse dal paese. “Dato che siete cristiani, ci fidiamo di voi”, disse un poliziotto, “quindi stanotte potete restare a casa vostra”. Il giorno dopo stemmo a vedere mentre la maggior parte dei missionari venivano portati in Nigeria. Quel pomeriggio un poliziotto ci accompagnò al confine col Togo. Quando se ne fu andato, l’autista ci portò in macchina sino alla filiale dei testimoni di Geova a Lomé.

Com’era confortante essere coi fratelli del Togo! E come fummo felici di poter ricominciare a portare il messaggio del Regno di casa in casa! Avevamo trascorso alcune piacevoli settimane nel Togo quando giunse il momento di partire per il nostro nuovo territorio.

Nel maggio del 1976 ci accompagnarono in macchina nell’Alto Volta. Durante i due giorni di viaggio attraversammo belle regioni, giungendo sane e salve alla casa missionaria di Ouagadougou. Facemmo rapidamente un corso di lingua moore e cominciammo a predicare agli abitanti della zona in francese e in questa lingua locale. Sono molto felice d’essere qui per aiutare tutti coloro che desiderano conoscere la verità della Bibbia.

FAMIGLIA MONDIALE DI AMICI

Non ho mai rimpianto la decisione presa di impiegare la mia vita nel servizio di Geova. Essendo laureata in chimica avrei potuto fare carriera e avere molte soddisfazioni materiali, ma per me questo è nulla in paragone col privilegio di aver potuto aiutare le persone in Germania, Francia, Madagascar, Kenya, Benin e ora nell’Alto Volta, a conoscere la verità in merito ai meravigliosi propositi di Dio. Non riesco a immaginare una vita più soddisfacente e così piena di emozioni e di nuove esperienze.

Recentemente sono stata a Monaco a trovare la mia cara mamma, ora quasi ottantenne, che tira ancora avanti con forte fede, aiutando altri a conoscere la verità di Dio. È felice che io sia missionaria. Il viaggio a Monaco e il ritorno nell’Alto Volta hanno fatto capire a me e Gisela quanto siamo fortunate.

All’aeroporto di Parigi incontrammo degli amici insieme a cui avevamo fatto servizio anni prima. Verso mezzanotte solo il bisogno di riposo ci fece interrompere il piacevole scambio di ricordi e di notizie. E durante una breve sosta a Niamey, nella Repubblica del Niger, vennero a salutarci all’aeroporto parecchi amici africani che avevamo conosciuti nel Benin. I saluti e la conversazione animata spinsero un impiegato dell’aeroporto a chiedere che tipo di gruppo eravamo: negri e bianchi che stavano insieme così piacevolmente.

Infine il nostro aereo si fermò vicino all’aerostazione di Ouagadougou. I visi sorridenti dei nostri amici che ci facevano cenno con la mano dal terrazzo riflettevano la gioia che anche noi provavamo per essere di nuovo insieme a loro. Si prova davvero profonda gioia e viva soddisfazione a far parte di una famiglia mondiale di veri fratelli e sorelle. Possiate anche voi prendere le decisioni che vi recheranno tali confortanti benedizioni.

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