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  • John Wycliffe, difensore della Bibbia

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  • John Wycliffe, difensore della Bibbia
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1980
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  • WYCLIFFE SI FA AVANTI
  • LA PRIMA BIBBIA DI WYCLIFFE
  • LA QUESTIONE DELLA TRANSUSTANZIAZIONE
  • GLI ULTIMI ANNI
  • I lollardi, coraggiosi predicatori della Bibbia
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1981
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1980
w80 1/12 pp. 24-27

John Wycliffe, difensore della Bibbia

NELLA contea inglese di Leicestershire, il fiume Swift scorre placidamente attraverso prati e campi, nei pressi della cittadina di Lutterworth. Il corso d’acqua si versa infine nel fiume Avon, vicino a Rugby, nel Warwickshire. Oggi è difficile collegare questo paesaggio sereno con gli avvenimenti di 600 anni fa. Uno di essi in particolare è così strano che continua a sorprendere ancora oggi le persone imparziali.

Forse prendiamo per scontata la nostra libertà di leggere la Bibbia, ma non era così ai giorni di John Wycliffe. Considerando alcuni avvenimenti che condussero alla sconcertante azione che vide protagonista involontario il fiume Swift, potremmo apprezzare maggiormente la nostra libertà di studiare le Sacre Scritture.

In Inghilterra, nel Medioevo, vigeva il sistema feudale. Nei villaggi e anche nelle città si faceva vita molto ritirata, e la popolazione era dominata dal signore del castello. Egli esigeva per sé gran parte delle loro fatiche in cambio della limitatissima libertà di lavorare i loro piccoli appezzamenti. Le povere casupole dei contadini contrastavano con le grandi case di pietra e con i castelli dei ricchi proprietari terrieri. Senza istruzione, tenuti nella più profonda ignoranza, i contadini erano schiavi del timore e della superstizione, a cui contribuivano in gran parte le frequenti carestie ed epidemie, culminate nella peste del 1349. Anche l’influenza esercitata dalla Chiesa e dai monasteri era molto opprimente.

Avendo poche possibilità di farsi una cultura, i parroci erano spesso ignoranti quanto i contadini. Frati e monaci, d’altra parte, dominavano la vita spirituale della gente. Predicavano contro i ‘sette peccati capitali’ e riscuotevano elemosine e donazioni che andavano ad arricchire il monastero, esente da tasse perché considerato proprietà del papa. Il sistema delle indulgenze e il commercio di reliquie contribuivano a far tollerare delinquenza e immoralità, che quindi prosperavano.

Molti erano stanchi di tale schiavitù. Avvenne quindi che alcuni signori cominciarono a sostituire il lavoro coatto con un affitto, disposizione che recò maggiore libertà ai contadini. Col crescere della loro indipendenza, i contadini ebbero più opportunità di pensare e di partecipare ad altri aspetti della vita sociale. Tutto ciò di cui avevano bisogno era un portavoce autorevole che esprimesse i loro sentimenti. Questo ruolo fu assunto da John Wycliffe.

WYCLIFFE SI FA AVANTI

Nato verso il 1328-1330, John Wycliffe frequentò l’Università di Oxford, dove si fece strada fino a divenire, nel 1361, preside del Balliol College, e, alcuni anni dopo, dottore in teologia. La sua familiarità con la legge inglese e col diritto canonico non era semplicemente il risultato del suo interesse per l’argomento, ma di un profondo desiderio di veder garantita e protetta la libertà.

Dai tempi del re Giovanni Senzaterra, veniva pagato un tributo al papa in segno di riconoscimento della sua supremazia sull’Inghilterra. Nel 1365 giunse una richiesta in tal senso da parte di papa Urbano V, che pretendeva anche gli arretrati di oltre 30 anni. L’anno seguente il Parlamento decretò che re Giovanni aveva agito oltre i suoi poteri, che il tributo feudale non sarebbe stato pagato e che, se fosse stato necessario, il paese si sarebbe difeso contro il papa. Vedendo la determinazione del Parlamento, il papa rinunciò alle sue pretese, ma non senza che i suoi rappresentanti, i membri degli ordini monastici inglesi, suscitassero alcune polemiche.

Come risposta, Wycliffe scrisse un trattato in cui difese dal punto di vista giuridico la posizione assunta dal Parlamento. I suoi argomenti furono espressi tramite dichiarazioni di vari lord.a Uno di loro affermò: “Il papa ha il dovere di essere uno dei principali seguaci di Cristo; ma Cristo rifiutò di assumere il dominio del mondo. Perciò il papa è tenuto a opporre lo stesso rifiuto. Pertanto, se riteniamo che il papa debba attenersi al suo sacro dovere, non possiamo far altro che opporci alla sua attuale richiesta”. — John Wycliffe and His English Precursors, p. 131.

Il tributo non era il solo denaro che il papa cercava di spillare all’Inghilterra. Di tanto in tanto un nunzio papale e i suoi servitori viaggiavano per il paese raccogliendo fondi da portare a Roma. In occasione di una di queste visite, nel 1372, Wycliffe scrisse un trattato giuridico che attaccava questa consuetudine. Metteva così in discussione anche il principio che qualsiasi cosa il papa facesse dovesse essere necessariamente giusta. Inoltre Wycliffe si rivelò un abilissimo difensore della strada intrapresa dal Parlamento. Non sorprende quindi che nel 1374 Wycliffe venisse delegato dal re a prendere parte ai negoziati alla conferenza papale di Bruges, dove furono esposte le lagnanze contro la Chiesa di Roma. Nello stesso anno Wycliffe ottenne il rettorato di Lutterworth, forse grazie ai servizi resi al re.

Nonostante godesse dell’appoggio di alcuni circoli, Wycliffe aveva molti nemici. Nel 1377 fu convocato davanti a un sinodo di vescovi nella cattedrale di S. Paolo. Probabilmente le cose si sarebbero messe male per lui se non fosse stato per l’intervento di Giovanni di Gaunt, duca di Lancaster, e di altri influenti alleati. Sconfitti, i nemici di Wycliffe si appellarono al tribunale del papa. Il papa emanò cinque bolle contro Wycliffe, condannandone le dottrine per eresia e raccomandando che fosse punito. Di conseguenza Wycliffe fu portato davanti a un altro consiglio, nel Lambeth Palace di Londra; ma questa volta intervenne la madre del re. Per dar prova del loro appoggio, una schiera di comuni cittadini entrò con la forza nella sala. Davanti a tale vigorosa difesa, il consiglio non se la sentì di assecondare i desideri del papa e si limitò a proibire a Wycliffe di tenere conferenze e prediche sulle dottrine contestate.

LA PRIMA BIBBIA DI WYCLIFFE

Non si sa per quanto tempo gli amici di Wycliffe avrebbero potuto continuare a proteggerlo. Avvenne però che la morte di papa Gregorio XI portò un tale scompiglio nella Chiesa che nell’Europa continentale Wycliffe fu semplicemente dimenticato. Le azioni del nuovo papa, Urbano VI, gli inimicarono presto alcuni potenti cardinali. Sostenendo che la sua elezione era stata illegale, ritrassero il loro appoggio. Visto che nemmeno questo riusciva a smuovere Urbano, quei cardinali elessero il loro proprio papa, Clemente VII, dando luogo a quello che la storia ha chiamato il grande Scisma d’Occidente.

Mentre popoli e nazioni si schieravano con l’uno o con l’altro dei contendenti, lo sdegno di Wycliffe si faceva sempre più forte. Egli si era detto pronto a sostenere il papa che avesse dimostrato la sincerità delle sue pretese. Tuttavia, vedendo che ciascun papa condannava l’altro e si accingeva a ricorrere anche a mezzi non cristiani per assicurarsi il potere, Wycliffe dichiarò che entrambi i papi erano falsi. Ora i suoi occhi erano pienamente aperti all’ipocrisia associata a quella che aveva considerato l’autorità in senso spirituale. A chi o a che cosa poteva rivolgersi come vera autorità spirituale di Dio e di Cristo?

Tutte le sue ricerche, meditazioni, dibattiti e ragionamenti lo aiutarono presto a capirlo. La Bibbia soltanto era l’unica norma di verità, la fonte di tutta la vera conoscenza delle cose spirituali. Oggi quest’idea non sembra affatto strana, ma in un tempo in cui la diffusione della Bibbia era severamente limitata dalla Chiesa (pochissime porzioni d’essa erano disponibili nella lingua comune), per la maggioranza delle persone era una sorprendente novità. Wycliffe preparò un trattato dal titolo De veritate scripturae, uno degli scopi principali del quale era di fare una netta distinzione fra Scrittura e tradizione.

Ben presto Wycliffe capì che le Scritture dovevano essere predicate al popolo, che non doveva esserci nessuna differenza fra sacerdoti e laici, e che il comune contadino doveva essere in grado di leggere la Bibbia da sé. Con alcuni amici si accinse a tradurre la Bibbia dalla Vulgata latina in inglese. A quel tempo in Inghilterra era impensabile tradurre dalle lingue originali. Il greco era stato abbandonato per secoli e Wycliffe non lo conosceva minimamente. Fra il 1379 e il 1382 il lavoro di traduzione procedette a ritmo serrato. Contemporaneamente Wycliffe si diede da fare per istruire e addestrare predicatori itineranti che portarono in tutto il paese la Parola di Dio.

È probabile che la traduzione delle Scritture Greche Cristiane fosse completata per il 1382. Non c’è dubbio che allora procedeva anche la traduzione delle Scritture Ebraiche, sotto la supervisione di Nicola di Hereford, zelante seguace di Wycliffe. Giovanni Purvey, un altro assistente al lavoro, fu segretario di Wycliffe per alcuni anni. La traduzione che ne scaturì era molto letterale, fino al punto di trascurare le norme della lingua inglese, ma riuscì a mettere per la prima volta in mano alla gente comune l’intera Bibbia.

LA QUESTIONE DELLA TRANSUSTANZIAZIONE

Da tempo John Wycliffe si era convinto della grande importanza della Cena del Signore. Nel 1381 il suo desiderio di distinguere fra insegnamenti e tradizioni della Chiesa e l’insegnamento delle Sacre Scritture lo spinse ad attaccare il concetto di transustanziazione. Proposta per la prima volta nel IX secolo, questa dottrina sostiene che, una volta consacrati dal sacerdote, il pane e il vino si mutano effettivamente nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo. Il ragionamento di Wycliffe si basava sui brani dei vangeli e sugli scritti di Paolo che trattano esplicitamente l’argomento, e su molti altri versetti attinenti. Per esempio, quando Gesù disse: “Io sono la vera vite”, non voleva dire di essere diventato una vite letterale, o che una vite letterale si fosse tramutata nel corpo di Cristo. (Giov. 15:1) Stava solo facendo un esempio per insegnare un’importante verità. Smascherando la tradizione per mezzo della Parola di Dio, Wycliffe mise in risalto che la dottrina della transustanziazione non faceva parte delle dottrine della chiesa primitiva, e che persino Girolamo si era attenuto al concetto biblico.

Di tutti gli espliciti scritti e insegnamenti di Wycliffe, questo era forse il più indigesto per la Chiesa. La dottrina della Messa era uno dei mezzi principali con cui la Chiesa teneva soggetto il popolo alla sua autorità. Persino il suo influente alleato, Giovanni di Gaunt, si recò a Oxford per cercare di far tacere Wycliffe su quell’argomento, ma invano.

La rivolta dei contadini nel 1381 accrebbe l’opposizione a Wycliffe. Migliaia di insorti, guidati da Wat Tyler e da altri capi, marciarono su Londra incendiando, uccidendo e mettendo infine a morte l’arcivescovo di Canterbury, prima di essere sconfitti.

In parte la responsabilità della rivolta fu attribuita a Wycliffe, perché si disse che i suoi insegnamenti avevano istigato la popolazione sminuendo l’autorità dei superiori. Anche se l’accusa era infondata, gli avvenimenti portarono al potere un nuovo arcivescovo, William Courtenay. Quando era vescovo di Londra, egli si era già mosso contro Wycliffe. Nel 1382, in qualità di arcivescovo, Courtenay convocò un consiglio che condannò per eresia ed errore le dottrine di Wycliffe. Wycliffe fu licenziato dall’Università di Oxford e venne emanato un decreto che minacciava di scomunica chiunque avesse predicato o anche solo ascoltato le dottrine condannate.

GLI ULTIMI ANNI

Il fatto che Wycliffe fosse ancora in libertà deve attribuirsi alla continua protezione di alcuni potenti amici e all’atteggiamento del Parlamento, che non si era ancora piegato alla volontà del nuovo arcivescovo. Stabilito a Lutterworth il centro delle sue attività, Wycliffe continuò a scrivere e a incoraggiare i suoi seguaci. La sua attenzione fu rivolta in particolare alle azioni del vescovo di Norwich, un certo Henry le Spencer, che si era distinto al tempo della Rivolta dei Contadini per il coraggio e la decisione con cui aveva inflitto una sconfitta ai ribelli a Norfolk.

L’orgoglioso vescovo, con la reputazione che si era appena conquistata, decise di intervenire nello scisma papale. Nel 1383 ottenne da Urbano VI l’autorizzazione a indire una crociata contro Clemente VII. Mise presto insieme un esercito, promettendo l’assoluzione a tutti quelli che accettavano di prestare servizio ai suoi ordini, e distribuendo loro lettere di indulgenza. Wycliffe si era già pronunciato sullo scisma senza mezzi termini, ma scrisse un altro trattato dal titolo “Contro la guerra del clero”. Paragonò lo scisma a due cani che si litigano un osso. L’intera polemica fra i due papi era contraria allo spirito di Cristo, affermò, perché verteva sul potere e sulla preminenza mondani. La promessa del perdono dei peccati in cambio della partecipazione alla guerra, disse Wycliffe, era una menzogna. Chi fosse caduto in una guerra del tutto anticristiana sarebbe morto nel disfavore di Dio. La crociata si rivelò un misero fallimento e il vescovo umiliato tornò in Inghilterra in disgrazia.

Precedentemente, nel 1382, Wycliffe aveva subìto un attacco di paralisi che l’aveva reso parzialmente invalido. Due anni dopo, un secondo colpo lo lasciò completamente paralizzato e muto. Morì pochi giorni dopo, il 31 dicembre 1384, e fu sepolto nel cortile della chiesa di Lutterworth, dove le sue spoglie giacquero indisturbate per oltre 40 anni.

Poi, nel 1428, avvenne un fatto strano e sconcertante. La tomba di John Wycliffe fu aperta, in conformità a un decreto emanato 14 anni prima dal Concilio di Costanza. I suoi resti vennero riesumati e bruciati, e le ceneri portate presso il fiume Swift, a breve distanza dal paese. Lì furono disperse sulle acque e trasportate dalla corrente nel fiume Avon, poi nella Severna e infine in mare aperto. Gli autori del misfatto non intendevano compiere alcun gesto simbolico, ma così fu interpretato da quelli che cercavano di consolarsi di tale vendetta. Perché così tanto tempo dopo la morte di Wycliffe, quando ormai egli non era più una spina nel fianco delle autorità religiose dell’Inghilterra? Un prossimo articolo sui suoi seguaci, i lollardi, fornirà la risposta.

[Nota in calce]

a Non si può sapere con esattezza se Wycliffe stesse effettivamente citando le parole di quei lord o se si avvalesse di un accorgimento letterario per conferire autorità alle proprie dichiarazioni.

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