La fede è utile! Testimonianze dai campi di concentramento
CAMPI DI CONCENTRAMENTO: Cosa vi fa venire in mente la loro menzione?
Forse vi sovvengono immagini di persone atterrite, sospinte fuori da carri bestiame e avviate allo sterminio. Oppure prigionieri sfiniti e scheletriti costretti a vivere in mezzo ai loro escrementi e decimati dalle malattie. O forse esperimenti medici disumani e forni che divorano innumerevoli cadaveri.
Queste scene appartengono al quadro di quei terribili campi.
Ma c’è un altro aspetto da considerare. Per quanto orribili fossero i campi nazisti, centinaia di migliaia di uomini e donne che vi erano rinchiusi cercavano di vivere. Giorno dopo giorno lottavano per restare in vita nonostante le malattie, le percosse, lo sfinimento e le uccisioni casuali. Cercavano di mangiare, di proteggersi dal freddo e di evitare le malattie. Dovevano lavorare, dormire e vivere con chi gli stava intorno.
Perciò, nonostante l’orrore che suscitano — o forse a causa di esso — i campi di concentramento nazisti sono un luogo da esaminare per cercarvi le prove dell’effettiva utilità della fede. Anche se personalmente potrebbe non capitarci mai di finire in simili campi, possiamo ricavarne utili lezioni.
MOLTI PERSERO LA FEDE
Un notevole effetto di ciò che avvenne nei campi fu quello di far perdere la fede a molti. Lo scrittore Philip Yancy spiega: “Alcuni superstiti persero la fede in Dio. In particolare questo capitò agli ebrei: cresciuti nella convinzione di essere il popolo eletto, avevano improvvisamente scoperto che, come disse sarcasticamente un ebreo, ‘Hitler era l’unico che aveva mantenuto le sue promesse’”.
Elie Wiesel descrive la propria reazione dopo aver visto l’impiccagione di un ragazzo. Le SS radunarono i prigionieri davanti alla forca. Mentre il ragazzo moriva lentamente, un prigioniero gridò: “Dov’è Dio in questo momento?” Wiesel dice: “Sentii dentro di me una voce rispondergli: ‘Dov’è Dio? Eccolo, è là che pende dalla forca . . .’”.
Anche molti che si professavano cristiani persero la fede. In The Christian Century, Harry J. Cargas esprime ciò che pensano molti ex praticanti: “L’olocausto, a mio avviso, è stato per i cristiani la più grande tragedia dopo la crocifissione. Nel primo caso morì Gesù; nel secondo si può dire che sia morto il cristianesimo. . . . Come si fa a essere cristiani oggi dopo i campi di sterminio, che per la maggior parte furono ideati, costruiti e fatti funzionare da un popolo che si definiva cristiano . . .?”
Ci fu però un gruppo di persone la cui fede non fu annientata. I testimoni di Geova sapevano dalla Bibbia che non era Dio il responsabile delle atrocità perpetrate nei campi né delle sofferenze che da secoli affliggono l’umanità. Al contrario, queste cose lo addolorano e dimostrano che gli uomini non sono in grado di governarsi senza di lui. (Ger. 10:23; Eccl. 8:9) Nella sua Parola egli ha promesso che al tempo stabilito eliminerà la malvagità dalla terra. Inoltre cancellerà il danno subìto dagli uomini di fede, in quanto è perfino in grado di riportarli in vita. — Riv. 21:4; vedi anche il capitolo “Perché Dio permette la malvagità?” nel libro Come trovare la felicità.a
FEDE FRA LE DONNE
Esaminiamo per esempio gli effetti dei campi di concentramento sulle donne.
Nel suo memoriale autobiografico intitolato Comandante ad Auschwitz (Giulio Einaudi Editore, 1961), Rudolf Höss osservò: “Il campo femminile, sovraffollato fin dalla sua creazione, significò per le donne in massa un vero annientamento psichico, al quale presto o tardi seguiva il crollo fisico. . . . Le condizioni del campo femminile erano di gran lunga peggiori, sotto tutti gli aspetti”.
Ovviamente le condizioni variavano da campo a campo e anche da periodo a periodo durante la guerra. Höss affermò: “Quando le donne avevano raggiunto il limite estremo, si lasciavano letteralmente morire. Allora vagavano per il recinto come fantasmi inerti, . . . finché si abbandonavano quietamente alla morte”. Una delle cose che vi contribuivano era il comportamento di alcune prigioniere a cui era concessa una certa autorità. Secondo Höss, “quelle donne superavano di gran lunga i colleghi maschi per resistenza, bassezza, trivialità e depravazione”.
Ma Höss aggiunge: “Un contrasto confortante era offerto invece dalle Testimoni di Geova, soprannominate api della Bibbia, o anche vermi della Bibbia. Sfortunatamente, erano troppo poche”.
Come fecero a resistere queste testimoni di Geova in mezzo agli orrori dei campi di concentramento nazisti? Che effetto ebbe questa esperienza sulla loro fede? Possiamo leggere informazioni di prima mano nel libro Under Two Dictators (Sotto due dittatori), di Margarete Buber (1949).
Agli inizi degli anni trenta lei e il marito erano importanti membri del Partito Comunista tedesco. Dopo essere stati inviati a Mosca, furono arrestati per “deviazionismo”. Pur credendo ancora nel comunismo, Margarete Buber fu mandata in un campo in Siberia. In seguito fu consegnata ai nazisti e per cinque anni internata nell’infame campo di concentramento femminile di Ravensbrück.
Per qualche tempo fu anziana di blocco, cioè responsabile di un blocco o baracche di altre prigioniere. La maggioranza delle detenute del suo blocco erano testimoni di Geova (Studenti Biblici). Il racconto di Margarete Buber fornisce informazioni di una testimone oculare, prigioniera politica, che non era testimone di Geova. Il suo racconto è confermato da Gertrude Poetzinger, una testimone di Geova che fu internata a Ravensbrück per più di quattro anni e che oggi presta servizio con il marito nella sede centrale dei testimoni di Geova a Brooklyn, New York. Seguono alcuni brani del libro, col permesso di Margarete Buber.
SOTTO DUE DITTATORI
Ogni nuova arrivata in un campo di concentramento attraversa un terribile periodo in cui viene scossa nella fibra stessa, indipendentemente dalla robustezza del suo fisico e dalla saldezza dei suoi nervi. E le sofferenze delle nuove arrivate a Ravensbrück peggioravano di anno in anno, e di conseguenza fra loro si registrava il più alto tasso di mortalità. A seconda del carattere, potevano volerci settimane, mesi o addirittura anni prima che una prigioniera si rassegnasse alla sua sorte e si adattasse alla vita del campo. È in questo periodo che il carattere dell’individuo cambia. Gradualmente l’interesse per il mondo esterno e per gli altri prigionieri si spegne.
Penso che non ci sia nulla di più demoralizzante della sofferenza, una straziante sofferenza aggravata dall’umiliazione che affligge uomini e donne nei campi di concentramento. Quando le SS colpivano, guai a reagire. Quando le SS angariavano e insultavano, si doveva tenere la bocca chiusa senza minimamente ribattere. Si perdevano tutti i diritti umani, tutti, senza alcuna eccezione. Si era solo miseri esseri contraddistinti da un numero.
Non mi riferisco a quelle prigioniere che occupavano qualche posto di responsabilità e che erano in grado di maltrattare chi era loro soggetto. Mi riferisco alle comuni prigioniere. Se sembrava che una avesse ricevuto un tantino di cibo in più, un pezzo di pane leggermente più grande, una porzione di margarina o di salsiccia un po’ più abbondante, immediatamente scoppiavano odiose scene di ira e rancore.
Dal momento in cui ruzzolavamo giù dalle nostre cuccette fino al momento in cui ci allineavamo all’esterno per l’appello c’erano tre quarti d’ora di tempo per lavarsi, vestirsi, pulire gli armadietti e fare “colazione”. Anche nelle migliori circostanze questa non sarebbe stata impresa facile, ma pensate cosa significava in una baracca con cento altre donne che correvano tutte a destra e a sinistra cercando di fare la stessa cosa. L’atmosfera era tesa e volavano insulti e parolacce.
[Questa è una descrizione parziale della vita dell’autrice a Ravensbrück. In seguito fu nominata anziana del Blocco 3, che all’epoca ospitava le appartenenti al gruppo degli Studenti Biblici].
Quel pomeriggio presi servizio al Blocco 3. L’atmosfera era molto diversa. Il luogo era silenzioso e odorava di detersivo, disinfettante e zuppa di cavoli. Duecentosettanta donne sedevano intorno ai tavoli. Appena entrai nella stanza, una donna alta e bionda si alzò, mi guidò al mio posto e mi offrì una ciotola di zuppa di cavoli. Non sapevo proprio cosa fare.
Ovunque guardassi attorno ai tavoli, vedevo gli stessi visi modesti e sorridenti. Avevano tutte i capelli raccolti dietro in una crocchia e sedevano in perfetto ordine, mangiando come se fossero state tutte sincronizzate. La maggioranza sembravano contadine, e i loro volti scarni erano abbronzati e raggrinziti dal sole e dal vento. Molte di loro erano in prigione o in campo di concentramento già da diversi anni.
C’erano 275 prigioniere, tutte del gruppo degli Studenti Biblici. Erano detenute modello e conoscevano a menadito le norme e i regolamenti del campo, che seguivano alla lettera. Ogni armadietto era esattamente identico agli altri ed erano tutti un modello di pulizia e di ordine. Tutti gli asciugamani erano appesi agli armadietti esattamente nello stesso ordine; ogni ciotola, tazza, piatto, ecc. era pulito e lucidato. Gli sgabelli erano immacolati e sempre accatastati con ordine quando non venivano usati. La polvere era tolta da ogni angolo, persino dalle travi della baracca (la nostra non aveva soffitto e sopra di noi c’era direttamente il tetto). Mi fu riferito che alcuni sorveglianti delle SS andavano in giro in guanti bianchi e passavano il dito sulle traverse e sulla parte superiore degli armadietti, e si arrampicavano perfino sui tavoli per vedere se c’era polvere sulle travi.
I servizi igienici e i bagni erano ugualmente puliti. Ma il massimo dell’ordine e della pulizia era costituito dai dormitori, ciascuno con 140 letti. Qui i letti erano qualcosa di straordinario . . . tutte le coperte erano scrupolosamente ripiegate nello stesso modo e con le stesse dimensioni, tutte poggiate sui letti esattamente alla stessa maniera. In ogni cuccetta c’era un cartellino col nome e il numero della prigioniera che vi dormiva, e sulla porta c’era un prospetto ben disegnato del dormitorio che indicava esattamente chi dormiva in ogni cuccetta, così che chiunque effettuava un’ispezione poteva sapere subito dove si trovava ciascuna persona.
Quando ero anziana del blocco delle asocialib tutto il giorno dovevo sbrigare qualche incombenza o ero turbata da qualche nuova paura. Con le detenute del gruppo degli Studenti Biblici la mia vita trascorreva più tranquillamente. Tutto funzionava con la precisione di un orologio. Al mattino, mentre tutte erano intente a sbrigare le faccende prima dell’appello, nessuna parlava ad alta voce. Negli altri blocchi le anziane dovevano gridare a squarciagola per poter far uscire le detenute e farle mettere in fila, ma qui tutto procedeva in silenzio e senza bisogno che dicessi una parola. Lo stesso avveniva per tutto il resto: la distribuzione del cibo, spegnere le luci, e tutto ciò che costituiva la giornata delle prigioniere.
Il mio desiderio principale con le detenute del gruppo degli Studenti Biblici era quello di rendere la loro vita la più tollerabile possibile e schivare i cavilli dell’SS capoblocco.
Nel Blocco 3 non si verificavano mai furti. Nessuno mentiva e non c’erano maldicenze. Ciascuna donna non solo era molto coscienziosa personalmente, ma si sentiva responsabile del benessere dell’intero gruppo. Non ero lì da molto quando si resero conto che ero loro amica.
Una volta stabilito questo rapporto d’amicizia e acquistata fiducia che nessuna di loro mi avrebbe mai tradita, potei fare molto per loro. Per esempio, con ogni sorta di scuse ed espedienti, risparmiavo alle prigioniere più anziane e fisicamente deboli di stare in piedi per ore all’appello. Non avrei potuto farlo con le asociali, perché quelle più in grado di resistere alla fatica mi avrebbero denunciato alle SS, risentite perché qualcun’altra era stata favorita.
A Ravensbrück le appartenenti agli Studenti Biblici erano l’unico blocco omogeneo di prigioniere. Quando per la prima volta mi recai al Blocco 3 avevo solo un’idea molto vaga delle loro convinzioni religiose e del perché Hitler li detestasse. Detestare è un termine moderato per descrivere ciò che provava verso di loro; li accusava di essere nemici dello Stato e li perseguitava senza pietà.
Non passò molto prima che capissero che difficilmente mi avrebbero convertito, ma continuarono a mostrarsi benevole nei miei confronti e non cessarono mai di sperare che un giorno avrei “visto la luce”. Per quanto potei capire, credevano che l’intera umanità, fatta eccezione per i testimoni di Geova, sarebbe stata presto gettata nelle tenebre eterne alla fine del mondo. Il Bene avrebbe alla fine trionfato sul Male. Nazione non avrebbe alzato più la spada contro nazione, il leopardo sarebbe stato vicino al capretto, e la vacca e il giovane leone e l’animale da ingrasso avrebbero pascolato insieme. Nessuno avrebbe fatto danno o causato distruzione in tutto il Suo monte santo. Non ci sarebbe più stata la morte e tutti i superstiti sarebbero vissuti per sempre nella felicità.
Questa semplice e soddisfacente credenza diede loro forza, rendendole capaci di sopportare i lunghi anni di internamento nei campi di concentramento e ogni trattamento indegno, ogni umiliazione, e ciò nonostante conservare la loro dignità umana. Fu data loro occasione di dimostrare, e lo dimostrarono, che la morte non le terrorizzava. Potevano morire per le loro convinzioni senza indietreggiare.
Prendevano sul serio il Sesto Comandamento e di conseguenza si opponevano energicamente a tutte le guerre e a ogni forma di servizio militare. La loro fermezza sotto questo aspetto costò la vita a molti Testimoni di sesso maschile. Anche le donne della setta si rifiutavano di svolgere qualsiasi lavoro che a loro avviso contribuiva a perpetuare lo sforzo bellico.
Il loro senso del dovere e il loro senso di responsabilità erano incrollabili; esse erano operose, oneste e ubbidienti. Le Testimoni erano, per così dire, “prigioniere volontarie”, perché tutto ciò che dovevano fare per essere immediatamente liberate era firmare uno speciale modulo preparato per gli Studenti Biblici, che diceva: “Dichiaro con la presente che da oggi in poi non mi considero più uno Studente Biblico e che non farò nulla per promuovere gli interessi dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici”.
Prima che diventassi anziana del loro blocco, avevano sofferto molto perché [la famigerata ex anziana del blocco] Kaethe Knoll aveva fatto il possibile per impedire loro di parlare di religione l’una con l’altra. Impedire completamente loro di parlarne e di scambiarsi gli appunti — cioè di “studiare la Bibbia” — era una specie di tortura cinese, e Kaethe Knoll l’aveva praticata con uno zelo perverso.
Dopo un certo tempo che ero anziana del blocco scoprii che i miei “vermi della Bibbia”, com’erano chiamate [le Testimoni] nel campo, possedevano Bibbie e pubblicazioni degli Studenti Biblici. Avevano cominciato a introdurle nascondendole in secchi e stracci per le pulizie e in modi analoghi quando rientravano dal lavoro. Quando lo scoprii, suggerii che sarebbe stato meno pericoloso nasconderle in qualche posto della baracca, e il suggerimento fu accolto con entusiasmo. Dopo ciò nel blocco lo studio della Bibbia proseguì piuttosto apertamente di sera e di domenica. Quando andavano a letto, prima che le sorveglianti delle SS facessero il giro con i cani, cantavano sottovoce i loro inni religiosi. Io avevo il compito di avvertirle subito degli eventuali pericoli perché potessero nascondere le loro pubblicazioni proibite.
Il rischio che correvo non era piccolo. Ero anziana del blocco e responsabile di tutto ciò che vi succedeva. Fu l’“età d’oro” della mia vita nel campo di concentramento — il dopo Armaghedon, per così dire — ma ancora oggi non capisco come io abbia potuto farla franca, nonostante le continue ispezioni dirette da quel bruto di Koegel, senza finire nel blocco di punizione o nei bunker.
Ma facevo un gioco ancora più pericoloso. Quando una prigioniera si ammalava, doveva farne rapporto tramite me alla guardia medica. La prova critica era il termometro. A seconda della temperatura che indicava, l’ammalata veniva mandata all’infermeria, riceveva il permesso di svolgere qualche lavoro interno o veniva spietatamente mandata a compiere le sue consuete fatiche. Fra le “Testimoni” c’erano diverse donne anziane che, pur non avendo la febbre, erano così deboli da non poter assolutamente lavorare. L’unico modo per risparmiarle e concedere loro di tanto in tanto un giorno di riposo era che fornissi informazioni false sul numero delle detenute che formavano le squadre. E questo è quanto facevo. Non oso pensare cosa mi sarebbe potuto capitare se il trucco fosse stato scoperto. La cosa era resa ancora più difficile dal fatto che noi eravamo il blocco d’ispezione [le baracche che venivano mostrate agli ufficiali nazisti in visita. Ecco come l’autrice descrive una di queste visite che avvenivano senza preavviso]:
Facevo rapporto col dovuto tono da subalterna:
“Anziana di blocco Margarete Buber, n. 4.208; faccio ubbidientemente rapporto del Blocco 3 occupato da 275 appartenenti agli Studenti Biblici e da tre politiche, di cui 260 sono al lavoro, otto svolgono mansioni nella baracca e sette hanno il permesso di fare lavori interni”.
Koegel mi fissava con i suoi occhi azzurri, le guance ben rasate e contratte e poi emetteva qualche grugnito. A questo punto procedevo con la normale ispezione, aprendo una porta dopo l’altra e i primi tre armadietti. Mentre ci avvicinavamo alle prigioniere legittimamente presenti, gridavo con durezza: “Achtung!”, al che saltavano tutte in piedi come fantocci a molla. Tutti i visitatori, uomini o donne, SA, SS o che altro, restavano invariabilmente colpiti dalla lucentezza dei recipienti di latta e di alluminio. Koegel di solito era l’unico che rivolgeva domande alle prigioniere: “Perché sei stata arrestata?” Puntualmente la risposta era: “Perché sono testimone di Geova”. Le domande finivano qui, perché Koegel sapeva per esperienza che questi incorreggibili Studenti Biblici non si lasciavano mai sfuggire un’opportunità per dare dimostrazione [del fatto che erano testimoni]. Dopo ciò i visitatori davano un occhiata al dormitorio e immancabilmente esprimevano ad alta voce la loro meraviglia per l’impeccabile ordine che vi regnava.
Quantunque Frau Langefeld, soprintendente anziana delle SS, favorisse e proteggesse le Testimoni, una delle sorveglianti più influenti, una certa Zimmer, le considerava le sue “bestie nere”. Frau Zimmer non era mai soddisfatta di nulla; per lei non andava bene nemmeno il letto rifatto nella maniera più impeccabile, e non si lasciava mai sfuggire l’occasione per insultare e maltrattare le Testimoni.
[Per turbare la pace e l’unità cristiana delle Testimoni, le autorità misero nel blocco circa 100 asociali].
Fu come se i lupi fossero penetrati nell’ovile. Denunce, accuse e risse divennero parte integrante della nostra vita quotidiana. Le asociali cominciarono immediatamente a denunciare le “Testimoni” accusandole di studiare la Bibbia e di parlare di religione; rubavano tutto ciò su cui riuscivano a mettere le mani e, sentendosi rappresentanti dell’autorità, si comportavano di solito in maniera assolutamente aggressiva e provocatoria. Che tristezza provavo! Ma devo dire che le mie “Testimoni” mi vennero in aiuto nelle difficoltà e mi sostennero in ogni modo possibile. Grazie a loro riuscimmo a resistere per sei mesi — tanto durò il flagello — senza gravi problemi.
Feci del mio meglio per isolare le attaccabrighe. Tenevo le “Testimoni” in tavoli separati affinché potessero parlare fra di loro durante i pasti senza il pericolo di denunce, e di notte mettevo le asociali nelle cuccette più alte e le “Testimoni” in quelle di sotto. Tuttavia, secondo quanto trapelò, le autorità — dietro istigazione di Frau Zimmer — avevano reclutato tutte le detenute del campo affette da incontinenza notturna, e ogni notte pioveva sulle povere innocenti delle cuccette di sotto.
Un giorno la nostra vecchia nemica, Frau Zimmer, venne a controllare il suo capolavoro. Immediatamente si accorse che avevo separato le pecore dai capri e si voltò adirata verso di me.
“Non crederai che io sia cieca”, dichiarò. “So perfettamente che nascondi e proteggi queste [Testimoni]. Guai a te se separi i vermi della Bibbia dalle asociali, hai capito?”
Dovetti ubbidire e rimetterle insieme, sperando in bene. Fu a questo punto che intervenne Geova. Le detenute del gruppo degli Studenti Biblici accolsero le asociali come sorelle che non vedevano da tanto: Avevano fame? Certo! Gradivano un pezzo di pane extra? Senz’altro! E così via. Osservavo con sconcerto questa carità cristiana all’opera, ma funzionò. Le asociali furono ammansite dalla benignità e dalla cordialità, dopo di che iniziò una campagna per mostrare loro la luce. In un breve periodo di tempo diverse asociali — una zingara, una polacca, un’ebrea e una politica — si presentarono all’ufficio delle SS dichiarando che da allora in poi desideravano essere considerate testimoni di Geova e chiedendo il triangolo lilla da cucire sulla manica. Quando la faccenda prese una brutta piega, le SS si scatenarono contro le convertite e le cacciarono fuori. Alla fine le SS non ne poterono più e tolsero le asociali dal nostro blocco, così che vi tornò la pace. Tirai un sospiro di sollievo, e le “Testimoni” tennero una riunione di preghiera per ringraziare Geova.
LA FEDE TI PUÒ AIUTARE
È tragico che qualcuno, per qualsiasi ragione, abbia dovuto sopportare gli orrori dei campi di concentramento nazisti. Eppure è successo. Quale lezione possiamo trarne?
Il racconto del libro Under Two Dictators (Sotto due dittatori) è una testimonianza della fede di quelle donne cristiane. Non era certo una fede di comodo. Non possiamo fare a meno di notare i benefìci pratici che ricevettero da tale forte fede in Dio, mentre aspettavano il tempo in cui Dio avrebbe eliminato tutto il male che esiste sulla terra.
La loro fede diede loro precise norme di comportamento e le aiutò a mantenere l’equilibrio mentale e morale. La loro salute non fu minata dall’ansia né la loro forza fu annientata dalla disperazione. Perciò la loro fede le aiutò a continuare a vivere giorno dopo giorno.
Lo psicologo Bruno Bettelheim osservò con i suoi occhi i testimoni di Geova nei campi di concentramento, e scrisse che essi “non solo raggiungevano insolite altezze di dignità umana e comportamento morale, ma sembravano protetti contro la stessa esperienza di vita nel campo che distrusse in poco tempo persone considerate molto ben integrate dai miei amici psicanalisti e da me stesso”. — Da The Informed Heart (il corsivo è nostro).
Il libro The Dungeon Democracy aggiunge: “Essi erano oggetto di scherno da parte di alcuni, ma facevano finta di niente e mantenevano la loro dignità umana, mentre gli altri rinunciavano sprezzantemente alla propria in cambio della supremazia nella lotta all’ultimo sangue per la sopravvivenza”.
Anche se non dovesse mai capitarti di patire sofferenze così atroci, non è ovvio che tale fede può aiutarti? Anche tu, come tutti gli altri, devi affrontare quotidianamente problemi e pressioni. Ma la fede in Dio contribuirà a dare alla tua vita un senso di sicurezza.
La fede in Dio e nella sua Parola sarà anche utile nei tuoi rapporti con gli altri. Per esempio, quando una persona vive in modo coerente con la sua fede è più probabile che gli altri la trattino con maggiore onestà e rispetto. Ti sembra strano che ciò possa accadere nell’odierno clima di sopraffazione? Ebbene, considera i commenti di Bettelheim circa i Testimoni internati nel campo: “Anche se erano l’unico gruppo di prigionieri che non insultavano e non maltrattavano mai altri prigionieri (anzi, di solito erano molto cortesi con gli altri compagni di prigionia), gli ufficiali delle SS preferivano avere loro come inservienti a motivo delle loro abitudini di lavoro, delle loro capacità e della loro modestia”.
Qualcosa di simile avviene oggi. I testimoni di Geova, a motivo della loro fede e grazie allo spirito di Dio, cercano ancora di essere amichevoli, miti, onesti e laboriosi. (Gal. 5:23; Rom. 12:16-18, 21; Giac. 3:13; Efes. 4:28) Perciò spesso sono dipendenti apprezzati. Di frequente trovano lavoro con relativa facilità e vi restano anche quando altri sono licenziati, oppure vengono presto promossi a incarichi di fiducia.
La fede può dimostrarsi utile anche in molti altri modi. Può aiutare i giovani a essere più felici, a vivere una vita più significativa. È di valore pratico nella vita familiare e in questioni che riguardano il sesso. Può darti salute migliore e lunga vita.
Ma per molti la prova più chiara che la fede è davvero utile è quella messa in risalto dall’apostolo Paolo in Ebrei 11:6: “Senza fede è impossibile essere accetto a [Dio], poiché chi s’accosta a Dio deve credere ch’egli è, e che è il rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”.
Con fede, milioni di testimoni di Geova attendono vivamente la promessa ricompensa di Dio, cioè una vita in pace, giustizia e felicità sulla terra. (II Piet. 3:13) Ti esortiamo a rivolgerti loro per avere ulteriori informazioni su questa ricompensa e su come la fede può aiutarti nella vita, ora e per sempre.
[Note in calce]
a Pubblicato dalla Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania (1980).
b Le asociali erano prostitute, vagabonde, ladruncole, alcolizzate e altre donne considerate “elementi inetti”.
[Immagine a pagina 8]
Gertrude Poetzinger nel 1944. Era fra le 275 testimoni di Geova rinchiuse nel campo di Ravensbrück
[Immagine a pagina 9]
Gertrude Poetzinger oggi. Presta servizio nella sede mondiale dei testimoni di Geova