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  • Domande dai lettori
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1990
w90 1/12 p. 30

Domande dai lettori

◼ In Romani 8:27 la Traduzione del Nuovo Mondo rende il greco frònema “intenzione”, mentre nei versetti 6 e 7 esso viene reso “rivolgere la mente”. Perché la stessa parola greca è tradotta in due modi diversi?

È il contesto a determinare i due diversi modi di rendere questa parola.

La Prefazione della Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (edizione inglese del 1950) diceva: “A ciascuna parola principale abbiamo assegnato un significato e l’abbiamo rispettato fin dove il contesto lo permetteva”. Qualcuno può non considerare frònema una parola principale, dato che ricorre solo quattro volte. È comunque affine a termini che sono usati più spesso. Uno è fronèo, che significa “pensare, rivolgere l’attenzione [a qualcosa], avere una data inclinazione mentale”. (Matteo 16:23; Marco 8:33; Romani 8:5; 12:3; 15:5) Altre parole greche affini racchiudono l’idea di usare saggezza, buon senso, discrezione. — Luca 1:17; 12:42; 16:8; Romani 11:25; Efesini 1:8.

La Traduzione Interlineare del Regno delle Scritture Greche (inglese) mostra che frònema ricorre quattro volte in Romani 8:6, 7, 27. Il suo significato basilare è “mente, pensiero, mentalità”. Bauer, Arndt e Gingrich, studiosi di greco, danno fra l’altro questa definizione di frònema: ‘modo di pensare, mente [rivolta a qualcosa], mira, aspirazione, intento’. — A Greek-English Lexicon of the New Testament and Other Early Christian Literature.

In Romani capitolo 8, l’apostolo Paolo consiglia ai cristiani di non camminare secondo la carne imperfetta. A tal fine devono guardarsi dalle tendenze o impulsi della carne, come pure dai ragionamenti del cuore imperfetto. “Rivolgere la mente” alle cose conformi allo spirito di Dio sarà d’aiuto in questo. — Romani 8:1-5.

Paolo fa questo contrasto: “Rivolgere la mente alla carne significa morte, ma rivolgere la mente allo spirito significa vita e pace; perché rivolgere la mente alla carne significa inimicizia con Dio, poiché non è sottoposta alla legge di Dio”. (Romani 8:6, 7) Il soggetto logico in questi due versetti sono gli uomini. Gli uomini, in particolare i cristiani, non devono rivolgere la mente alle cose della carne decaduta. Devono rivolgere la mente alle cose che sono in armonia con lo spirito e da esso stimolate.

Il versetto 27, invece, si riferisce a Dio stesso: “Ma colui [Geova] che scruta i cuori sa qual è l’intenzione dello spirito, perché intercede in armonia con Dio per i santi”. Sì, qui il “colui” è Geova, l’Uditore di preghiera.

Varie Bibbie italiane traducono frònema nel versetto 27 in modo diverso rispetto ai versetti 6 e 7. C’è da dire che lo spirito santo non è una persona che realmente pensi o abbia le proprie opinioni. Lo spirito è la forza attiva di Dio, ed Egli sa come opera il suo spirito santo per compiere la sua volontà. Inoltre il senso generale di questo versetto differisce da quello di Romani 8:6, 7. I versetti 6 e 7 evidenziano il bisogno che gli uomini hanno di controllare i loro pensieri e le loro azioni. Ma Geova non ha bisogno di agire o di lottare per tenere sotto controllo se stesso. Egli sa cosa è stato messo per iscritto nella Bibbia sotto ispirazione, e conosce, ad esempio, le espressioni bibliche che indicano qual è la sua volontà per i suoi servitori terreni. A proposito di Romani 8:27 Heinrich Meyer fa questa osservazione: “In ogni caso Dio saprebbe qual è l’intento dello Spirito”.

Perciò “intenzione” traduce correttamente frònema in Romani 8:27 sia sotto il profilo lessicale che contestuale. The Translator’s New Testament rende così il versetto: “Colui che scruta i cuori sa ciò che lo Spirito intende”.

◼ Perché la Traduzione del Nuovo Mondo a volte rende il greco pistèuo “credere a [in]” (come la maggioranza delle traduzioni) e a volte “esercitare [o, riporre] fede in”?

Lo scopo è quello di conservare le diverse sfumature di significato espresse dal verbo greco pistèuo.

Ad esempio, una grammatica di greco neotestamentario osserva che i primi cristiani riconoscevano chiaramente “l’importanza della differenza fra il semplice credere . . . e la fiducia personale”. Entrambi questi concetti si possono esprimere con il verbo greco pistèuo. — James Moulton, A Grammar of New Testament Greek.

Spesso è il contesto a suggerire le diverse sfumature di significato di pistèuo. A volte, però, le diverse costruzioni grammaticali ci aiutano a capire quello che lo scrittore aveva in mente. Ad esempio, se pistèuo è seguito solamente da un sostantivo al dativo, la Traduzione del Nuovo Mondo di solito lo traduce “credere a”, a meno che il contesto non richieda diversamente. (Matteo 21:25, 32; vedi però Romani 4:3). Se pistèuo è seguito dalla preposizione epì, “su”, di solito è tradotto “credere a” o “credere in”. (Matteo 27:42; Atti 16:31) Se è seguito da eis, “verso, a”, di solito è tradotto “esercitare fede in”. — Giovanni 12:36; 14:1.

Quest’ultima traduzione (che ci ricorda che pistèuo ha relazione con pìstis, “fede”) è in armonia con quanto osserva un’altra grammatica di greco neotestamentario: “Un’altra costruzione comune nel Nuovo Testamento (specialmente nel Vangelo di Giovanni) è πιστεύω [pistèuo] con εἰς [eis] e l’accusativo . . . Bisogna tradurre la costruzione di εἰς più l’accusativo nel suo insieme anziché tentare di tradurre la preposizione εἰς come una parola a sé. La fede è concepita come un’attività, come un’azione dell’uomo, cioè il riporre fede in qualcuno”. — Paul L. Kaufman, An Introductory Grammar of New Testament Greek.

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