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2 CorintiIndice delle pubblicazioni Watch Tower 1945-1985
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2:17 w85 1/9 22; km 4/84 4; is 171; w64 689; qm 7; w61 199; w54 375, 552; w48 261; w45 39
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2 Corinti — Approfondimenti al capitolo 2Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)
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Noi Questa è la risposta alla domanda che si trova alla fine del v. 16. Paolo non sta peccando di presunzione quando afferma che lui e i suoi compagni d’opera sono qualificati per questo ministero. Infatti spiega chiaramente che parlano come mandati da Dio, nel senso che riconoscono che se sono qualificati è esclusivamente merito di Dio; parlano inoltre in tutta sincerità, nel senso che sono mossi da motivi puri (2Co 3:4-6).
non siamo venditori della parola di Dio O “non facciamo commercio del messaggio di Dio”, “non traiamo guadagno dal messaggio di Dio”. A differenza dei falsi insegnanti, Paolo, gli apostoli e i loro collaboratori predicavano il messaggio di Dio senza alterarlo, e non erano mossi da cattivi motivi. Il verbo greco qui reso “siamo venditori” (kapelèuo) in origine si riferiva all’attività di un commerciante al dettaglio o di un oste, un taverniere, ma con il tempo finì per includere l’idea di essere fraudolenti e avidi. Nella Settanta un sostantivo greco affine a questo verbo compare in Isa 1:22, nella frase “i tuoi mercanti di vino [o “tavernieri”] mescolano il vino con acqua”. In epoca classica era consuetudine diluire il vino con acqua. Per guadagnare di più, alcuni aumentavano la percentuale di acqua usata. È stato quindi ipotizzato che Paolo stesse alludendo a questi venditori di vino disonesti. La stessa metafora è usata nella letteratura greca per descrivere l’attività di filosofi itineranti che trasmettevano i loro insegnamenti in cambio di denaro. Quando Paolo dice che molti altri erano “venditori” della parola di Dio, a quanto pare aveva in mente i falsi ministri che aggiungevano alla Parola di Geova filosofie umane, tradizioni e falsi insegnamenti religiosi. Simbolicamente la annacquavano, e così ne alteravano profumo e gusto e ne indebolivano la capacità di rallegrare (Sl 104:15; vedi approfondimento a 2Co 4:2).
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