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  • Ebrei 1:6
    Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture
    • 6 Quando invece manda di nuovo il suo Primogenito+ sulla terra abitata, dice: “E tutti gli angeli di Dio gli rendano omaggio”.*

  • Ebrei 1:6
    Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti
    • 6 Ma quando introduce di nuovo il suo Primogenito+ nella terra abitata, dice: “E tutti gli angeli+ di Dio gli rendano omaggio”.*+

  • Ebrei
    Indice delle pubblicazioni Watch Tower 1986-2025
    • 1:6 it-2 430; g00 8/4 26-27; w92 15/1 23; w91 15/4 12-13; rs 168

  • Ebrei
    Indice delle pubblicazioni Watch Tower 1945-1985
    • 1:6 ad 905; rs 168; w84 1/12 27-28; w83 1/8 17-18, 31; w73 567; w71 350-351; w63 361; w62 530; w55 157; w54 574; w51 92; w49 84

  • Ebrei
    Guida alle ricerche per i Testimoni di Geova — Edizione 2019
    • 1:6

      Perspicacia, vol. 2, p. 430

      Svegliatevi!,

      8/4/2000, pp. 26-27

      La Torre di Guardia,

      15/1/1992, p. 23

      15/4/1991, pp. 12-13

      Ragioniamo, p. 168

  • Ebrei — Approfondimenti al capitolo 1
    Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)
    • 1:6

      Quando [...] manda di nuovo il suo Primogenito sulla terra abitata Paolo si riferisce a un evento futuro. Questa conclusione è avvalorata dalle parole che scrive in Eb 2:5 quando menziona “la futura terra abitata della quale parliamo”. (Vedi approfondimento.) Qui pertanto Paolo fa riferimento a quando Dio manderà di nuovo il suo Primogenito, questa volta in forma invisibile, per rivolgere la sua attenzione al mondo dell’umanità. (Vedi approfondimenti a Lu 2:1; At 1:11.)

      “E tutti gli angeli di Dio gli rendano omaggio” Qui Paolo cita De 32:43 oppure Sl 97:7 dalla versione della Settanta, o forse mette insieme i pensieri di entrambi i passi. Nella Settanta, il testo greco di De 32:43 legge: “E gli rendano omaggio tutti i figli di Dio”. Quello di Sl 97:7 legge: “Rendetegli omaggio [o “inchinatevi davanti a lui”], tutti suoi angeli”. Le Scritture spesso usano l’espressione “figli di Dio” in riferimento agli angeli. (Vedi approfondimento a Eb 1:5.) In ebraico, nel testo masoretico, la frase “e gli rendano omaggio tutti i figli di Dio” non compare in De 32:43. Ma un frammento di Deuteronomio scritto in ebraico rinvenuto fra i Rotoli del Mar Morto sostiene questa resa. Il frammento, infatti, contiene una formulazione simile a quella presente nella Settanta. Questa è la prima volta che la frase di De 32:43 è stata rinvenuta in un manoscritto ebraico. Quindi sembra che la traduzione greca di questa espressione si rifaccia a un testo ebraico simile a quello presente in questo frammento.

      gli rendano omaggio O “si inchinino a lui”, cioè a Gesù. Dio ha dato a Gesù una posizione che è seconda solo a quella che occupa lui in qualità di Altissimo. Ha perciò posto tutti gli angeli sotto l’autorità del Figlio. Ecco perché può esortare gli angeli a rendere omaggio a suo Figlio. Questa richiesta è in armonia con Flp 2:9-11, dove Paolo scrisse che “ogni ginocchio in cielo” dovrebbe piegarsi “nel nome di Gesù”. (Vedi approfondimenti a Flp 2:9, 10.) Il verbo greco tradotto “rendere omaggio” (proskynèo) che compare in questo versetto ha svariate accezioni. Un lessico ne elenca alcune, tra cui “(inginocchiarsi per) adorare”, “ossequiare”, “prostrarsi davanti”, “venerare”, “salutare con riverenza”. Il contesto è perciò fondamentale per determinare quale sia il significato corretto in questa occorrenza. (Vedi approfondimento a Lu 24:52.) Molti traduttori della Bibbia usano qui il verbo “adorare”, dando l’impressione che Gesù sia Dio. La Bibbia però in altri punti mostra che Gesù non è l’Iddio Onnipotente. Solo Geova ha il diritto di essere adorato (Mt 4:10; Ri 4:10, 11; 22:8, 9). Ecco perché espressioni come “rendere omaggio” o “prostrarsi davanti” sono ben attestate e trovano riscontro in varie traduzioni di questo versetto. Giuseppe Flavio, scrittore ebreo del I secolo, usò lo stesso verbo greco (proskynèo) parlando di popolazioni assoggettate che, in segno di rispetto, si inchinavano con riverenza ai governatori romani e persino alle loro guardie militari (Guerra giudaica, II, 366 [xvi, 4]).

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