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Si può far fronte ai problemi! Ma perché alcuni si suicidano?Svegliatevi! 1981 | 22 dicembre
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Si può far fronte ai problemi! Ma perché alcuni si suicidano?
RISCONTRI che è sempre più difficile far fronte ai problemi della vita? Quando leggerai il prossimo articolo, “Sono contenta d’essere viva!”, noterai come una donna ha imparato ad affrontarli, trovando una ragione di vita. Anche tu puoi seguire il suo esempio. I fatti mostrano però che un crescente numero di persone si sente incapace di affrontare la vita.
Negli Stati Uniti si registrano ogni anno circa 25.000 suicidi. Si calcola che parecchie altre centinaia di migliaia di persone tentino il suicidio senza riuscirvi. Si è pure calcolato che in tutto sono parecchi milioni le persone che hanno tentato di togliersi la vita.
In alcuni paesi il tasso dei suicidi è perfino più alto che negli Stati Uniti. Il tasso dei suicidi ha raggiunto proporzioni allarmanti in ogni parte del mondo. Il suicidio è diffuso sia tra i ricchi che tra i poveri, e il numero continua a salire. Perché tanti giungono al punto di rinunciare alla vita?
Perché?
“Le ragioni sono tre: sfortuna, senso di impotenza e disperazione”, risponde il dott. Calvin J. Frederick, dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale negli U.S.A. Al suicida sembra che tutto vada storto. Si sente incapace di affrontare il presente e non prevede nulla di buono per il futuro per cambiare la situazione. Ma cosa fa sprofondare negli abissi della disperazione? Le ragioni sono molteplici.
L’estrema povertà spinge alcuni alla disperazione. Per molti è questione di sopravvivenza: devono lottare per procurare abbastanza da mangiare per sé e per la famiglia. E alcuni, pensando di non poter sopportare la vista dei propri familiari che soffrono a causa dell’indigenza, scelgono come alternativa il suicidio.
Per molti altri è difficile sopportare una dolorosa malattia cronica. Dinanzi alla prospettiva di soffrire ogni giorno, alcuni decidono di porre fine alla propria vita e così anche ai loro tormenti. Per aiutare tali persone, recentemente è stato pubblicato un libro definito “il primo manuale al mondo che insegna come riuscire nell’intento di suicidarsi”.
Un altro fattore è additato dal commento di una rappresentante dei “samaritani”, organizzazione inglese che si occupa di aiutare coloro che intendono suicidarsi. Essa ha detto: “Sembra che la depressione sia in aumento e una causa potrebbe essere la disoccupazione”. (Il corsivo è nostro) Facciamo un esempio: I giovani che finita la scuola non riescono a trovare un’occupazione si sentono rigettati, come i vecchi, che son fatti sentire inutili. La frustrazione può presto causare acuta depressione. L’assistenza pubblica o l’indennità di disoccupazione non risolve questo problema. E che dire dell’uomo che perde l’impiego che per vari anni gli ha permesso di provvedere adeguatamente per la sua famiglia? Ora cerca ogni giorno tra le offerte d’impiego. Si presenta in un posto dopo l’altro, ma non riesce a trovare lavoro. Intanto, la famiglia deve continuare a mangiare. I conti si accumulano. Chiaramente, questa non è certo una situazione facile.
La solitudine è un’altra cosa che molti non si sentono in grado di sopportare. Forse si è perso il coniuge dopo molti anni di vita felice. Per certuni è impensabile continuare a vivere senza il proprio compagno.
Alcuni ricercatori pensano che tra le persone anziane il suicidio sia la reazione a una serie di perdite: muore il coniuge; i figli se ne vanno di casa; vanno in pensione o sono costretti ad andarvi; devono vivere con un reddito fisso mentre i prezzi continuano a salire; cominciano a perdere la memoria; la salute diminuisce a poco a poco; perdono la propria dignità man mano che devono dipendere sempre più dagli altri. Così il suicidio può essere considerato un modo per evitar d’essere di peso o come un’alternativa all’eventualità di passare il resto dei propri giorni in un ospizio.
Perché i giovani si suicidano?
Il più forte aumento di suicidi e di tentativi di suicidio si registra fra i giovani. Negli Stati Uniti alcune fonti calcolano che ogni ora 57 bambini e adolescenti tentino il suicidio. Il Canada ha visto aumentare di quattro volte i suicidi fra i giovani dagli anni cinquanta. In Francia, nella Repubblica Federale di Germania, in Giappone e in Svezia si registrano tendenze simili. Perché tanti giovani si sentono incapaci di affrontare la vita?
Il fatto che non abbiano nessuna speranza per il futuro è additato come una delle ragioni principali. La dottoressa Diane Syer, direttrice di un centro presso un ospedale di Toronto (East General Hospital), dice che i giovani che tentano il suicidio intuiscono “che il loro mondo non migliorerà per cui pensano che non abbia senso continuare a vivere”.
Nelle scuole e nelle università la continua spinta a “essere i migliori” porta molti altri al punto di rottura. Nella Repubblica Federale di Germania e in Giappone la paura di non riuscire è una delle cause principali dell’alto indice dei suicidi fra i giovani. In alcuni casi sono i genitori a spingere i figli, volendo non solo che imparino ma che eccellano anche. Molti fanno pressione sui figli perché intraprendano una particolare carriera senza tener conto delle loro capacità e preferenze. Il dott. Richard Seiden, dell’Università della California, ha detto: “Alcuni genitori hanno bisogno che i figli riescano perché loro stessi si sentono incapaci”.
Molti ricercatori credono che l’insicurezza in seno alla famiglia sia un altro fattore determinante. Sempre più famiglie si sfasciano e molti giovani si ritengono responsabili del divorzio dei genitori. L’insicurezza è accresciuta dalla permissività. I giovani sono lasciati soli a prendere le proprie decisioni riguardo a sesso, droga, alcool, decisioni che non sono preparati a prendere. Ai loro occhi questa permissività appare come mancanza di interesse da parte dei genitori. Di conseguenza, alcuni decidono che i genitori starebbero molto meglio senza di loro.
“Un altro fattore è il disprezzo per la vita”, dice il dott. Herbert Hendin, professore aggregato di clinica psichiatrica presso la Columbia University di New York. (Il corsivo è nostro). Cos’ha contribuito a questo “disprezzo per la vita”? “A 15 anni l’adolescente ha visto in televisione 14.000 omicidi o morti violente”, dice il dott. Seiden. A ciò si aggiungano canzoni popolari che esaltano il suicidio: “Think I’m Gonna Kill Myself” (Credo che mi ucciderò); “I’m Mortuary Bound” (Finirò all’obitorio); “Suicide” (Suicidio).
Troppe volte si sentono familiari e amici della vittima dire: “Se l’avessi saputo prima . . .” È possibile scoprire se uno dei propri cari pensa di non farcela più ad andare avanti? Come lo si può aiutare?
Chi e che cosa può dare aiuto?
È importante riconoscere che il modo in cui trattiamo quelli che ci stanno vicini — i familiari e gli amici — può determinare se troveranno la vita degna d’essere vissuta. Una sedicenne che aveva pensato al suicidio ha scritto: “Forse se genitori e figli fossero più gentili gli uni verso gli altri, se gli insegnanti fossero più comprensivi, se non ci fosse tanta competizione fra noi, se non fossimo così aperti al sesso e così chiusi ai rapporti veri, staremmo tutti molto meglio”. Ma quando uno pensa che non valga la pena di vivere, dove può trovare aiuto?
Per logica i giovani dovrebbero ricevere aiuto dai genitori. Anche gli anziani che si sentono incapaci di affrontare la vita devono potersi rivolgere a qualcuno che sanno si interesserà di loro, qualcuno che darà consigli validi e pratici. Quali indicazioni si dovrebbero cercare per capire se uno dei propri cari sta pensando di togliersi la vita?
Gli esperti elencano molteplici segni ammonitori: minacce verbali di suicidio; tendenza a isolarsi; bruschi cambiamenti nel comportamento, come ad esempio quando una persona espansiva diventa chiusa; dar via “beni preziosi”; acuta depressione. Non sono da ignorare neppure insonnia, inappetenza e diminuita diligenza nello studio, quando tali cambiamenti sono improvvisi, prolungati e non tipici della persona. Ma cosa si può fare per aiutarla?
A detta del dott. Mark Solomon, esperto in materia di suicidi, può essere utile “solo mostrare amicizia alla persona, mettersi a sedere con lei e lasciarla parlare”. Siate comprensivi. Non dite: “Via, i tuoi problemi non sono poi tanto gravi”. Siate disposti ad ascoltare. Offrite alternative; aiutate la persona a vedere che le cose possono cambiare. Non abbiate timore di parlare francamente. Questo l’aiuterà ad aprirsi e a parlare dei suoi problemi.
Molti, non riuscendo a trovare fra i propri cari qualcuno disposto ad ascoltare, chiedono aiuto a centri per la prevenzione dei suicidi e di pronto intervento. Alcuni di essi hanno linee telefoniche aperte ventiquattr’ore su ventiquattro. Uno di questi centri negli Stati Uniti, quello di Los Angeles, risponde a circa 18.000 chiamate all’anno. In Inghilterra, i samaritani (un’organizzazione che opera in tutta la nazione) ebbero il massimo delle chiamate, 1.500.000, nel 1979, anno in cui furono commessi 4.192 suicidi.
Questi centri non solo tentano di salvare la vita della persona che è all’altro capo del filo, ma possono anche fornirle informazioni utili per aiutarla a risolvere i suoi problemi. Queste informazioni possono riguardare servizi sanitari e di salute mentale, forse anche come trovare un lavoro o qualcuno a cui affidare i bambini.
Alcuni che intendevano suicidarsi si sono rivolti a un’altra fonte ancora per ricevere aiuto, come mostra la seguente esperienza:
Alcuni mesi fa, un giovane telefonò alla Watch Tower Society di Londra, in Inghilterra. Spiegò che lui e la moglie avevano un’amica che era sull’orlo del suicidio, e chiedeva che qualcuno andasse a casa sua il più presto possibile.
Al suo arrivo, un rappresentante della locale congregazione dei testimoni di Geova trovò una giovane donna che aveva abortito ed era profondamente depressa. Usando la Bibbia il Testimone le parlò della misericordia di Dio e l’aiutò a comprendere i principi cristiani da seguire. Essa fu grata dell’aiuto e dell’incoraggiamento a ricominciare da capo, cosa che fece.
Ma perché i suoi amici decisero di telefonare ai testimoni di Geova? Semplicemente perché credevano che la loro amica sarebbe stata visitata da qualcuno che si sarebbe interessato di lei e le avrebbe detto parole confortanti facendo uso della Bibbia. — I Tess. 5:14.
Puoi far fronte ai problemi!
Sei scoraggiato e depresso per uno o più dei problemi menzionati sopra? Ti senti forse incapace di reagire, come se non avesse senso continuare a vivere? Devi senz’altro avere qualche buon motivo. Ma non disperare, puoi e devi reagire! Come?
Cerca d’essere positivo. Quasi tutti i problemi hanno una soluzione. Se non sai quale potrebbe essere nel tuo caso, perché non cerchi di confidarti con qualcuno che conosci e di cui rispetti i consigli? Forse un amico comprensivo e più vecchio ha già affrontato e superato una difficoltà simile. La soluzione può essere semplice. A volte bisogna solo cambiare il proprio modo di pensare.
Ad esempio, la tua depressione è causata dal fatto che sei disoccupato? Hai cercato, senza successo, di trovare lavoro? Ebbene, che tipo di lavoro stai cercando? Un lavoro che ti offra la stessa posizione e lo stesso stipendio di quello che hai perduto? Forse sarebbe più saggio soffocare l’orgoglio e accontentarti di un lavoro un po’ meno retribuito, o, se necessario, molto meno retribuito. Dopo tutto, qualcosa è meglio di niente!
Hai il problema della solitudine? Allora non isolarti. Non ti compatire. Uno dei modi migliori per combattere la solitudine è quello di far del bene ad altri. ‘Ma sono io che ho bisogno d’aiuto’, dirai. ‘Come posso darlo ad altri?’ Gesù Cristo disse: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. (Atti 20:35) Perché non provare? Scoprirai che dando ad altri ti sentirai incoraggiato. È vero, il tuo problema non sparirà ma sarai aiutato a farvi fronte.
Forse pensi che il tuo problema — una malattia cronica o la morte di una persona cara — sia insolubile. Nondimeno, c’è una fonte di aiuto da cui puoi attingere anche in caso di problemi apparentemente insolubili. Da essa, infatti, abbiamo la certezza che nel prossimo futuro tutti i problemi saranno risolti definitivamente. Di chi si tratta? Di una persona la cui conoscenza e capacità di aiutare sono molto più grandi di quelle di qualsiasi uomo: Dio stesso.
È vero che molti ridono di una simile idea. Ma bisogna anche ammettere che molti hanno problemi. E il fatto che non si rivolgono a Dio non le rende certo più preparate a farvi fronte, non è vero?
Nella Bibbia, in II Timoteo 3:16, 17, leggiamo: “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, per rimproverare, per correggere, per disciplinare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia pienamente competente”.
Sì, la Bibbia è la guida che Dio ha dato all’uomo. Studiandola e mettendola in pratica nella tua vita puoi essere aiutato ad affrontare ogni sorta di problemi: disoccupazione, povertà, solitudine, perfino quei problemi che apparentemente non hanno soluzione, come malattie croniche e la morte di una persona cara. Essa dà ai servitori di Dio l’assicurazione che, in tempi di tensione e di ansietà, saranno oggetto delle sue amorevoli cure. E coloro che chiedono aiuto a Geova Dio con fede, in armonia con la sua volontà, ricevono amorevole aiuto per soddisfare veramente le loro necessità. — I Piet. 5:7; I Giov. 5:14.
Ma oltre a ciò la Bibbia spiega che gli attuali problemi del mondo sono la prova che viviamo negli “ultimi giorni”. (II Tim. 3:1) Presto Dio stabilirà un nuovo ordine di cose in cui tutti i problemi di quelli che lo amano saranno completamente risolti. Riferendosi alle attuali condizioni del mondo, Gesù disse: “Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, alzatevi e levate la testa, perché la vostra liberazione s’avvicina”. — Luca 21:28; II Piet. 3:13.
Questa conoscenza infonde speranza. E questa speranza ci dà una ragione di vita, quali che siano i nostri problemi. Perché non cerchi di saperne di più? I testimoni di Geova saranno lieti di assisterti.
Sì, con l’aiuto della Parola di Dio, la Bibbia, si può far fronte ai problemi della vita!
[Riquadro a pagina 9]
CIÒ CHE PUOI FARE
Cercar d’essere positivo
Confidarti con qualcuno
Forse cambiare il tuo modo di pensare
Non isolarti
Non commiserarti
[Immagini a pagina 5]
POVERTÀ
MALATTIA
DISOCCUPAZIONE
[Immagini a pagina 6]
SOLITUDINE
NESSUNA SPERANZA PER IL FUTURO
PAURA DI NON RIUSCIRE
[Immagini a pagina 7]
INSICUREZZA IN SENO ALLA FAMIGLIA
DISPREZZO PER LA VITA
“A 15 anni l’adolescente ha visto in televisione 14.000 omicidi o morti violente”
[Immagini a pagina 8]
I GENITORI
UNA PERSONA AMICA
CENTRO PER LA PREVENZIONE DEI SUICIDI
LA BIBBIA
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Sono contenta d’essere viva!Svegliatevi! 1981 | 22 dicembre
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Sono contenta d’essere viva!
PER ben tre volte ho tentato il suicidio. Ma come sono contenta d’essere viva!
Venivo da una famiglia divisa. I miei genitori non erano mai stati felici insieme, per quello che ricordo. Quando infine divorziarono, fui messa in collegio. Durante le vacanze mia sorella ed io eravamo mandate da diversi parenti, perché nostro padre, che si occupava di traffici marittimi, non poteva badare a noi. Crescemmo entrambe con la convinzione di non essere desiderate.
Ero ancora adolescente quando lasciai la Chiesa Cattolica, perché a mio giudizio i suoi insegnamenti erano contraddittori. Non avevo mai creduto all’inferno, né che fossi destinata al cielo. Per me la morte era solo un periodo di pace. E per quello che riuscivo a vedere, mi sembrava che la mia esistenza non avesse nessuno scopo.
Il matrimonio non risolse i miei problemi. Sembrava che mi andasse tutto storto. Ogni tanto andavo a trovare degli amici, ma spesso mi dicevano: “Oh, sto per uscire!” oppure: “Mi faresti un favore?” Mi accorsi che correvo dietro a loro mentre essi non prestavano a me l’attenzione di cui pensavo d’aver bisogno.
Passavo quasi tutte le giornate a leggere libri. Smisi di cucinare. Smisi di parlare con la gente e di fare qualsiasi cosa a parte lo stretto necessario. La gente mi ignorava, o per lo meno così pensavo io. Era tutto strano. Mi sentivo infelice, sola e avevo un disperato bisogno di qualcuno con cui parlare. Ma non c’era nessuno. Avevo chiuso fuori tutti dalla mia vita!
Perché?
Quando una persona fa i piani per suicidarsi (e molti fanno piani scrupolosi), quelli che la circondano rientrano in tre categorie. Primo, ci sono quelli che ama moltissimo, ma che pensa di avere deluso in qualche modo. Crede che questi suoi cari staranno molto meglio senza di lei. Nella seconda categoria ci sono quelli che vuole colpire. Pensa d’essere stata così dolorosamente ferita da loro che il miglior modo per ferirli sia quello di uccidersi: allora proveranno rimorsi di coscienza. Nel terzo gruppo ci sono coloro che essa ritiene non si interessino affatto di lei, e che non si dispiaceranno neppure se le succede qualcosa. Ripensandoci, tutt’e tre queste categorie di persone avevano influito sul mio modo di ragionare.
Venne il tempo in cui non potei più sopportare tutto quello che succedeva intorno a me. Amavo teneramente i miei bambini, ma mi convinsi sinceramente che sarebbero stati meglio senza di me dato che ero così incapace. Poi, dopo una lite con mio marito, ragionai che la mia morte sarebbe stata senz’altro un colpo per lui. Infine, non c’era nessuno a cui importasse di me e a cui potessi parlare dei miei problemi.
Progettai la mia morte con molta cura. Aprii il gas e mi sdraiai in attesa della morte. Stranamente, proprio in quel momento, mio marito telefonò per scusarsi della lite. Non ricevendo risposta, tornò a casa dal lavoro proprio in tempo. Messo in allarme dall’odore del gas, buttò giù la porta e mi salvò la vita.
Quando ripresi i sensi, mi sentii molto turbata e arrabbiata. L’intensa frustrazione mi spinse ben presto a riprovarci. Litigai di nuovo con mio marito, ma, anziché affrontare i miei problemi, fui solo capace di sfuggirli. Se solo avessi saputo come affrontarli, ma non lo sapevo.
Indossai il mio cappotto più pesante e camminai per chilometri, fino al Tamigi. Ragionai che, dato che non sapevo nuotare, il pesante cappotto mi avrebbe subito trascinata sott’acqua. Avevo ragione! Ma, per caso, nelle vicinanze del ponte da cui mi ero gettata, c’era un battello della polizia. Nel giro di cinque o sei minuti mi tirarono su. La polizia mi disse che se fosse arrivata poco più tardi, sarei stata tirata sotto dal peso degli abiti bagnati.
Nel salto mi feci male e rimasi parecchi mesi all’ospedale. Di conseguenza i miei figli furono affidati ad altri. Gli esperti cercarono di aiutarmi servendosi della religione, della psicologia e della psichiatria. Ma non ottennero grandi risultati.
Dimessa, prendevo pillole per svegliarmi, altre per rilassarmi, altre ancora per dormire: una ventina di diverse pillole al giorno! Vedevo che i miei figli erano molto turbati. Mi permettevano di portarli a casa solo un giorno la settimana, ma questo li faceva soffrire molto. Così decisi ancora una volta di liberarli, ponendo fine alla mia vita.
Una sera tardi mi recai in un luogo molto isolato, il posto più desolato che potessi pensare, e ingoiai tutte le pillole che avevo. Non so come mai oggi sono viva per raccontarlo. Ma nelle prime ore del mattino un uomo abitante nelle vicinanze fu svegliato dal suo cane e decise di portarlo a fare una passeggiata. Mi trovò stesa sull’erba. Fui portata d’urgenza all’ospedale e mi fecero la lavanda gastrica.
Al mio risveglio scoppiai in lacrime. Mi sentivo così turbata, così infelice. Mi sembrava d’essere in una stanza molto buia. La mia solitudine era molto intensa. Non c’era nessuno a cui potessi rivolgermi. Mi avevano salvato la vita, ma per che cosa? Desideravo tanto morire.
Il mio aiuto: la preghiera
Mio marito fu molto buono e fece per me e i bambini una casa nuova, per cui mi rassegnai ad aver cura di loro finché fossero abbastanza grandi da badare a se stessi. Allora avrei deciso cosa fare della mia vita. Avevo sempre uno spirito negativo.
Un giorno mio marito fece una conversazione con un testimone di Geova. Quando dietro invito di mio marito il Testimone tornò, gli parlai. Avevo sempre nutrito rispetto per la Bibbia e fui sbalordita dalla conoscenza che quest’uomo ne aveva. A ogni domanda che gli facevo mi dava la risposta, una bella risposta con la Bibbia!
Come potete immaginare, a quell’epoca ero in uno stato di profonda depressione. Anche se sapevo istintivamente che esisteva un Essere Supremo, non avevo mai saputo come mettermi in contatto con lui. Tuttavia quest’uomo sapeva pregare, e insegnò a pregare anche a me! Ricordo che gli chiesi: “Perché pregare nel nome di Gesù? Perché pregare Dio? Perché non Gesù Cristo? o Maria?” Mediante le Scritture mi dava soddisfacenti risposte. Era come se qualcuno mi avesse appena aperto una porta, e come fui contenta di entrarvi! — Matt. 6:9; Giov. 16:23, 24.
Nel giro di poche settimane, cominciai a pregare come non avevo mai pregato prima. Scoprii che non dovevo cercare di resistere con le mie sole forze. Non dovevo fare tutto da sola. (Filip. 4:6, 7) A quell’epoca fumavo 60 o 70 sigarette al giorno. Ma nel giro di tre o quattro settimane mi tolsi il vizio. Non avevo più bisogno di quel sostegno.
Provai subito grande gioia e contentezza portando ai miei vicini il conforto che la “buona notizia” mi aveva dato. Ricevetti ulteriore forza frequentando le adunanze dei testimoni di Geova nella locale Sala del Regno. Sei mesi dopo, nel maggio del 1975, dedicai la mia vita a Geova Dio.
Sono passati più di dieci anni da quando pensavo di suicidarmi. Ogni tanto mi sento ancora depressa, quando le cose mi vanno storte, come suppongo capiti a tutti. Ma ora ho una ‘forza oltre ciò che è normale’. (II Cor. 4:7, 8) Ho l’aiuto di Geova. Per quanto possa sentirmi infelice, Egli viene sempre a bussare alla mia porta, non letteralmente, certo, ma in un modo o nell’altro è come se mi dicesse: ‘Non sei sola!’
Posso pregare sempre, in qualsiasi circostanza, e ne sono veramente grata. Ho la vita, una famiglia affettuosa e uno scopo per cui vivere. Cos’altro si potrebbe chiedere? — Da una lettrice di “Svegliatevi!” in Inghilterra.
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