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  • g81 22/12 pp. 10-12
  • Sono contenta d’essere viva!

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  • Sono contenta d’essere viva!
  • Svegliatevi! 1981
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  • Perché?
  • Il mio aiuto: la preghiera
  • Avvicinandomi a Dio ho superato i miei problemi
    Svegliatevi! 1993
  • Come Dio si è preso cura di me
    Svegliatevi! 1995
  • Qualcosa di peggio dell’AIDS
    Svegliatevi! 1989
  • Perché persone d’ogni genere diventano testimoni di Geova
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1974
Altro
Svegliatevi! 1981
g81 22/12 pp. 10-12

Sono contenta d’essere viva!

PER ben tre volte ho tentato il suicidio. Ma come sono contenta d’essere viva!

Venivo da una famiglia divisa. I miei genitori non erano mai stati felici insieme, per quello che ricordo. Quando infine divorziarono, fui messa in collegio. Durante le vacanze mia sorella ed io eravamo mandate da diversi parenti, perché nostro padre, che si occupava di traffici marittimi, non poteva badare a noi. Crescemmo entrambe con la convinzione di non essere desiderate.

Ero ancora adolescente quando lasciai la Chiesa Cattolica, perché a mio giudizio i suoi insegnamenti erano contraddittori. Non avevo mai creduto all’inferno, né che fossi destinata al cielo. Per me la morte era solo un periodo di pace. E per quello che riuscivo a vedere, mi sembrava che la mia esistenza non avesse nessuno scopo.

Il matrimonio non risolse i miei problemi. Sembrava che mi andasse tutto storto. Ogni tanto andavo a trovare degli amici, ma spesso mi dicevano: “Oh, sto per uscire!” oppure: “Mi faresti un favore?” Mi accorsi che correvo dietro a loro mentre essi non prestavano a me l’attenzione di cui pensavo d’aver bisogno.

Passavo quasi tutte le giornate a leggere libri. Smisi di cucinare. Smisi di parlare con la gente e di fare qualsiasi cosa a parte lo stretto necessario. La gente mi ignorava, o per lo meno così pensavo io. Era tutto strano. Mi sentivo infelice, sola e avevo un disperato bisogno di qualcuno con cui parlare. Ma non c’era nessuno. Avevo chiuso fuori tutti dalla mia vita!

Perché?

Quando una persona fa i piani per suicidarsi (e molti fanno piani scrupolosi), quelli che la circondano rientrano in tre categorie. Primo, ci sono quelli che ama moltissimo, ma che pensa di avere deluso in qualche modo. Crede che questi suoi cari staranno molto meglio senza di lei. Nella seconda categoria ci sono quelli che vuole colpire. Pensa d’essere stata così dolorosamente ferita da loro che il miglior modo per ferirli sia quello di uccidersi: allora proveranno rimorsi di coscienza. Nel terzo gruppo ci sono coloro che essa ritiene non si interessino affatto di lei, e che non si dispiaceranno neppure se le succede qualcosa. Ripensandoci, tutt’e tre queste categorie di persone avevano influito sul mio modo di ragionare.

Venne il tempo in cui non potei più sopportare tutto quello che succedeva intorno a me. Amavo teneramente i miei bambini, ma mi convinsi sinceramente che sarebbero stati meglio senza di me dato che ero così incapace. Poi, dopo una lite con mio marito, ragionai che la mia morte sarebbe stata senz’altro un colpo per lui. Infine, non c’era nessuno a cui importasse di me e a cui potessi parlare dei miei problemi.

Progettai la mia morte con molta cura. Aprii il gas e mi sdraiai in attesa della morte. Stranamente, proprio in quel momento, mio marito telefonò per scusarsi della lite. Non ricevendo risposta, tornò a casa dal lavoro proprio in tempo. Messo in allarme dall’odore del gas, buttò giù la porta e mi salvò la vita.

Quando ripresi i sensi, mi sentii molto turbata e arrabbiata. L’intensa frustrazione mi spinse ben presto a riprovarci. Litigai di nuovo con mio marito, ma, anziché affrontare i miei problemi, fui solo capace di sfuggirli. Se solo avessi saputo come affrontarli, ma non lo sapevo.

Indossai il mio cappotto più pesante e camminai per chilometri, fino al Tamigi. Ragionai che, dato che non sapevo nuotare, il pesante cappotto mi avrebbe subito trascinata sott’acqua. Avevo ragione! Ma, per caso, nelle vicinanze del ponte da cui mi ero gettata, c’era un battello della polizia. Nel giro di cinque o sei minuti mi tirarono su. La polizia mi disse che se fosse arrivata poco più tardi, sarei stata tirata sotto dal peso degli abiti bagnati.

Nel salto mi feci male e rimasi parecchi mesi all’ospedale. Di conseguenza i miei figli furono affidati ad altri. Gli esperti cercarono di aiutarmi servendosi della religione, della psicologia e della psichiatria. Ma non ottennero grandi risultati.

Dimessa, prendevo pillole per svegliarmi, altre per rilassarmi, altre ancora per dormire: una ventina di diverse pillole al giorno! Vedevo che i miei figli erano molto turbati. Mi permettevano di portarli a casa solo un giorno la settimana, ma questo li faceva soffrire molto. Così decisi ancora una volta di liberarli, ponendo fine alla mia vita.

Una sera tardi mi recai in un luogo molto isolato, il posto più desolato che potessi pensare, e ingoiai tutte le pillole che avevo. Non so come mai oggi sono viva per raccontarlo. Ma nelle prime ore del mattino un uomo abitante nelle vicinanze fu svegliato dal suo cane e decise di portarlo a fare una passeggiata. Mi trovò stesa sull’erba. Fui portata d’urgenza all’ospedale e mi fecero la lavanda gastrica.

Al mio risveglio scoppiai in lacrime. Mi sentivo così turbata, così infelice. Mi sembrava d’essere in una stanza molto buia. La mia solitudine era molto intensa. Non c’era nessuno a cui potessi rivolgermi. Mi avevano salvato la vita, ma per che cosa? Desideravo tanto morire.

Il mio aiuto: la preghiera

Mio marito fu molto buono e fece per me e i bambini una casa nuova, per cui mi rassegnai ad aver cura di loro finché fossero abbastanza grandi da badare a se stessi. Allora avrei deciso cosa fare della mia vita. Avevo sempre uno spirito negativo.

Un giorno mio marito fece una conversazione con un testimone di Geova. Quando dietro invito di mio marito il Testimone tornò, gli parlai. Avevo sempre nutrito rispetto per la Bibbia e fui sbalordita dalla conoscenza che quest’uomo ne aveva. A ogni domanda che gli facevo mi dava la risposta, una bella risposta con la Bibbia!

Come potete immaginare, a quell’epoca ero in uno stato di profonda depressione. Anche se sapevo istintivamente che esisteva un Essere Supremo, non avevo mai saputo come mettermi in contatto con lui. Tuttavia quest’uomo sapeva pregare, e insegnò a pregare anche a me! Ricordo che gli chiesi: “Perché pregare nel nome di Gesù? Perché pregare Dio? Perché non Gesù Cristo? o Maria?” Mediante le Scritture mi dava soddisfacenti risposte. Era come se qualcuno mi avesse appena aperto una porta, e come fui contenta di entrarvi! — Matt. 6:9; Giov. 16:23, 24.

Nel giro di poche settimane, cominciai a pregare come non avevo mai pregato prima. Scoprii che non dovevo cercare di resistere con le mie sole forze. Non dovevo fare tutto da sola. (Filip. 4:6, 7) A quell’epoca fumavo 60 o 70 sigarette al giorno. Ma nel giro di tre o quattro settimane mi tolsi il vizio. Non avevo più bisogno di quel sostegno.

Provai subito grande gioia e contentezza portando ai miei vicini il conforto che la “buona notizia” mi aveva dato. Ricevetti ulteriore forza frequentando le adunanze dei testimoni di Geova nella locale Sala del Regno. Sei mesi dopo, nel maggio del 1975, dedicai la mia vita a Geova Dio.

Sono passati più di dieci anni da quando pensavo di suicidarmi. Ogni tanto mi sento ancora depressa, quando le cose mi vanno storte, come suppongo capiti a tutti. Ma ora ho una ‘forza oltre ciò che è normale’. (II Cor. 4:7, 8) Ho l’aiuto di Geova. Per quanto possa sentirmi infelice, Egli viene sempre a bussare alla mia porta, non letteralmente, certo, ma in un modo o nell’altro è come se mi dicesse: ‘Non sei sola!’

Posso pregare sempre, in qualsiasi circostanza, e ne sono veramente grata. Ho la vita, una famiglia affettuosa e uno scopo per cui vivere. Cos’altro si potrebbe chiedere? — Da una lettrice di “Svegliatevi!” in Inghilterra.

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