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DigiunoAusiliario per capire la Bibbia
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Per essere valido il digiuno doveva essere accompagnato dalla correzione dei peccati commessi. Per mezzo del profeta Isaia, Geova rese noto quello che considerava un vero digiuno: “Non è questo il digiuno che io scelgo? Sciogliere i ceppi di malvagità, slacciare i legami della sbarra del giogo, e mandar liberi gli oppressi, e che rompiate ogni sbarra di giogo? Non è lo spezzare del tuo pane all’affamato, e che dovresti far venire l’afflitto, senzatetto, nella tua casa? Che, nel caso che tu dovessi vedere qualcuno nudo, lo devi coprire, e che non ti dovresti nascondere dalla tua propria carne?” — Isa. 58:6, 7.
I QUATTRO DIGIUNI ANNUALI DEGLI EBREI
Gli ebrei stabilirono molti digiuni, e un tempo ne osservavano quattro ogni anno, evidentemente a ricordo dei calamitosi avvenimenti relativi all’assedio e alla desolazione di Gerusalemme nel VII secolo a.E.V. (Zacc. 8:19) I quattro digiuni annuali erano: (1) Il “digiuno del quarto mese”, pare a ricordo della breccia aperta nelle mura di Gerusalemme dai babilonesi il 9 tammuz del 607 a.E.V. (II Re 25:2-4; Ger. 52:5-7) (2) Nel quinto mese ebraico, ab, fu distrutto il tempio, e il “digiuno del quinto mese” era senz’altro tenuto in ricordo di tale avvenimento. (II Re 25:8, 9; Ger. 52:12, 13) (3) Il “digiuno del settimo mese” era evidentemente tenuto a triste ricordo della morte di Ghedalia o della completa desolazione del paese dopo l’assassinio di Ghedalia quando gli ebrei rimasti, per timore dei babilonesi, fuggirono in Egitto. (II Re 25:22-26) (4) Il “digiuno del decimo mese” poteva ricordare la data in cui gli ebrei già in Babilonia ricevettero la triste notizia della caduta di Gerusalemme (confronta Ezechiele 33:21), o poteva commemorare l’inizio del vittorioso assedio che Nabucodonosor pose a Gerusalemme il 10 tebet (nome dato dopo l’esilio al decimo mese lunare ebraico del calendario sacro) del 609 a.E.V. — II Re 25:1; Ger. 39:1; 52:4.
CONSIGLI SUL DIGIUNO PER I CRISTIANI
Mentre era sulla terra Gesù diede istruzione ai suoi discepoli: “Quando digiunate, cessate di fare la faccia triste come gli ipocriti, poiché sfigurano le loro facce per far vedere agli uomini che digiunano. Veramente vi dico: Essi hanno appieno la loro ricompensa. Ma tu, quando digiuni, spalmati la testa d’olio e lavati la faccia, per far vedere che digiuni, non agli uomini, ma al Padre tuo che è nel segreto; quindi il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”. (Matt. 6:16-18) Egli alludeva all’insincero modo di digiunare dei farisei, che menzionò un’altra volta in un’illustrazione. (Luca 18:9-14) I farisei avevano l’abitudine di digiunare due volte alla settimana, il secondo e il quinto giorno della settimana. — Luca 18:12.
Alcuni hanno preso Matteo 9:15 come un comando per i cristiani di digiunare. In realtà Gesù stava semplicemente dicendo cosa sarebbe accaduto alla sua morte. Mentre Gesù era con loro sulla terra non era il caso che i discepoli digiunassero. Quando morì, essi effettivamente fecero cordoglio e digiunarono. Ma non avevano più alcun motivo di digiunare in segno di lutto dopo la sua risurrezione e specialmente dopo che ricevettero lo spirito santo. (Mar. 2:18-20; Luca 5:33-35) Certo i cristiani non avevano l’obbligo di digiunare nell’anniversario della morte del Signore, infatti l’apostolo Paolo, correggendo gli abusi che si notavano nell’annuale osservanza del Pasto Serale del Signore, disse: “Certamente voi avete delle case per mangiare e bere, non è vero? . . . Quindi, fratelli miei, quando vi riunite per mangiare [il Pasto Serale del Signore], aspettatevi gli uni gli altri. Se qualcuno ha fame, mangi a casa, onde non vi riuniate per un giudizio”. — I Cor. 11:22, 33, 34.
Anche se il digiuno non era un’esigenza religiosa, in particolari occasioni i primi cristiani digiunavano. Quando Barnaba e Paolo furono inviati in Asia Minore con una missione speciale, si fecero digiuno e preghiera. Inoltre si innalzavano preghiere “con digiuni” quando venivano nominati anziani in una nuova congregazione. (Atti 13:2, 3; 14:23) Perciò i cristiani non hanno l’obbligo di digiunare né è vietato loro farlo. — Rom. 14:5, 6.
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DiluvioAusiliario per capire la Bibbia
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Diluvio
Catastrofica distruzione di uomini e animali mediante una pioggia torrenziale avvenuta nel 2370 a.E.V., ai giorni di Noè. Quel cataclisma, il peggiore di tutta la storia umana, fu causato da Geova perché uomini malvagi avevano riempito la terra di violenza. Il giusto Noè e la sua famiglia, otto anime in tutto, insieme ad animali scelti, sopravvissero in un’immensa arca o cassa. — Gen. 6:9–9:19; I Piet. 3:20; vedi ARCA; NOÈ
Non fu un’inondazione improvvisa o un nubifragio locale. Inondazioni locali durano pochi giorni; questa durò oltre un anno, in gran parte necessario perché l’acqua si abbassasse. Com’è irragionevole pensare che Noè dedicasse forse cinquanta o sessant’anni per costruire un immenso natante di circa 12.000 tonnellate di stazza per portare in salvo la sua famiglia e pochi animali da una semplice inondazione locale! Se fu interessata solo una zona relativamente piccola, perché introdurre nell’arca esemplari “di tutte le creature viventi d’ogni sorta di carne” per “conservarne in vita la progenie sulla superficie dell’intera terra”? (Gen. 6:19; 7:3) Quello fu senz’altro un diluvio universale, e non c’è mai stato niente di simile né prima né dopo. “Le acque prevalsero tanto grandemente sulla terra che tutti gli alti monti che erano sotto tutti i cieli furono coperti. Le acque prevalsero su di essi di quindici cubiti [m 6,7] e i monti furono coperti”. (7:19, 20) “La fine di ogni carne è giunta dinanzi a me”, disse Geova, perciò “cancellerò ogni cosa esistente che ho fatta dalla superficie della terra”. E fu proprio così. “Tutto ciò nelle cui narici era attivo l’alito della forza della vita, cioè tutto ciò che era sulla terra asciutta, morì.. sopravvivevano solo Noè e quelli che erano con lui nell’arca”. — 6:13; 7:4, 22, 23.
Noè e la sua famiglia entrarono nell’arca nel 600º anno della vita di Noè, il 17º giorno del 2º mese (ottobre–novembre). (Gen. 7:11) Un anno (di 360 giorni) dopo era il 17º giorno del 2º mese del 601º anno. Dieci giorni più tardi, quando uscirono dall’arca, sarebbe stato il 27º giorno del 2º mese del 601º anno, avendo trascorso nell’arca 370 giorni. (8:13, 14) Dal diario tenuto da Noè risulta che i mesi erano di 30 giorni, per cui 12 mesi equivalevano a 360 giorni. In tal modo egli evitò tutte le complicate frazioni risultanti da mesi strettamente lunari di poco più di ventinove giorni e mezzo. È certo che nella narrazione si seguì questo sistema perché viene precisato che 150 giorni equivalevano a cinque mesi. — 7:11, 24; 8:3, 4.
DI DOVE VENNERO LE ACQUE
È stato detto che se tutta l’umidità presente nell’atmosfera si fosse improvvisamente trasformata in pioggia non ne avrebbe prodotta neanche cinque centimetri, se distribuita su tutta la faccia della terra. Di dove venne dunque quell’immenso diluvio dei giorni di Noè? La storia della creazione narra come Geova creò la distesa dell’atmosfera intorno alla terra, e questa distesa divideva le acque sottostanti, gli oceani, dalla sovrastante volta acquea. — Gen. 1:6-8.
The Zondervan Pictorial Bible Dictionary, 1963, p. 285, dice: “Recentemente gli scienziati hanno scoperto una regione degli strati superiori dell’atmosfera, chiamata termosfera, dove la temperatura si aggira fra i 100 e i 3.000 gradi Fahrenheit (D. R. Bates, ‘Composizione e struttura dell’atmosfera’, The Earth and Its Atmosphere, New York: Basic Books, Inc., 1957, pp. 104-105). L’alta temperatura è il principale requisito per trattenere una gran quantità di vapore acqueo. Inoltre è risaputo che il vapore acqueo è sostanzialmente più leggero dell’aria e della maggior parte degli altri gas presenti nell’atmosfera. Non c’è dunque nulla di fisicamente impossibile nel concetto di una vasta coltre di vapore termico un tempo esistente nella parte superiore dell’atmosfera”.
Era di questo che parlava l’apostolo Pietro nel riferire che “la terra era solidamente fuori dell’acqua e nel mezzo dell’acqua”, e che “mediante tali mezzi il mondo di quel tempo subì la distruzione quando fu inondato dall’acqua”. (II Piet. 3:5, 6) Fino al Diluvio i ‘cieli dei tempi antichi’ avevano senz’altro un aspetto del tutto diverso da quello attuale. La volta di vapore acqueo creava un “effetto serra” che provvedeva una temperatura tropicale perfino nelle regioni polari, e i geologi sanno bene che un tempo era così. Con quella volta non era necessario che piovesse, “ma un vapore saliva dalla terra e adacquava l’intera superficie del suolo”. (Gen. 2:5, 6) Solo dopo il Diluvio la Bibbia menziona per la prima volta lampi e tuoni. Solo dopo il Diluvio fu visibile un arcobaleno. (9:13) Solo dopo il Diluvio la Bibbia parla di “freddo e caldo, ed estate e inverno”. — 8:22.
EFFETTO SULLA SUPERFICIE DELLA TERRA
Con l’improvviso crollo di quella grande volta innumerevoli miliardi di tonnellate d’acqua inondarono la terra. Quell’ulteriore peso può aver provocato enormi cambiamenti nella superficie della terra. La crosta terrestre è molto sottile (valutata di uno spessore che varia da 30 a 160 km circa), sopra una massa più molle del diametro di migliaia di chilometri. Perciò sotto l’enorme peso dell’acqua si verificarono grandi mutamenti nella crosta terrestre. Col tempo sorsero nuove montagne, vecchi monti diventarono più alti, i mari diventarono più profondi, si formarono nuovi lidi così che ora quattro quinti della superficie terrestre sono coperti d’acqua.
Questa trasformazione della crosta terrestre spiega molti fenomeni geologici, come nuovi livelli raggiunti da vecchie coste. Si scatenarono possenti forze idrauliche: onde furiose sbatterono con violenza fra loro grossi macigni e li trascinarono molto lontano dalla loro sede originale, acque impetuose scavarono valli e burroni in ogni parte della terra, le maree accumularono strani depositi sedimentari che seppellirono resti di vita vegetale e animale. Qualcuno ha calcolato che la sola pressione dell’acqua equivalesse a oltre tre quintali per centimetro quadrato, sufficiente a fossilizzare rapidamente fauna e flora. — Vedi D. W. Patten, The Biblical Flood and the Ice Epoch, 1966, p. 62.
Con l’eliminazione della volta isolante le regioni polari si trovarono d’un tratto immerse in temperature glaciali e molte forme di vita animale rimasero congelate per migliaia d’anni. Entrarono in gioco le pressioni esercitate dal ghiaccio. Comunque i grandi avvallamenti della terra e gli spostamenti di detriti possono essere spiegati solo dall’irresistibile e irriducibile furia dell’acqua più che dai ghiacciai continentali di cosiddette epoche glaciali.
Un’altra prova di un cambiamento drastico: resti di mammut e rinoceronti sono stati rinvenuti in diverse parti della terra. Alcuni sono stati trovati nelle rocce siberiane; altri conservati nel ghiaccio della Siberia e dell’Alaska, e quando furono scoperti e sgelati erano ancora commestibili. Alcuni di quei giganti del regno animale furono sorpresi dal Diluvio in modo così repentino che sono stati rinvenuti con cibo non digerito nello stomaco o non ancora masticato fra i denti. In una grotta della Sicilia sono state trovate nel giro di sei mesi più di venti tonnellate di ossa appartenute a elefanti, cervi, bovini e ippopotami, che evidentemente si erano rifugiati nella grotta a motivo delle acque che si alzavano. I resti fossili di molti altri animali, come leoni, tigri, orsi e alci sono stati trovati in stratificazioni comuni, a indicare che furono tutti distrutti simultaneamente; il loro non fu un deterioramento graduale.
LEGGENDE SUL DILUVIO
Un cataclisma come il Diluvio, che sommerse e distrusse l’intero mondo del tempo, non poteva esser dimenticato dai superstiti. Essi ne avrebbero parlato ai figli e ai figli dei figli. Sem visse ancora cinquecento anni dopo il Diluvio e poté parlarne a molte generazioni, infatti morì solo dieci anni prima della nascita di Giacobbe. Mosè ne preservò la storia vera in Genesi. Qualche tempo dopo il Diluvio, quando gli uomini sfidarono Dio costruendo la Torre di Babele, Geova ne confuse la lingua e li disperse “per tutta la superficie della terra”. (Gen. 11:9) Era solo naturale che portassero con sé le storie del Diluvio e le tramandassero di padre in figlio. Il fatto che di quel grande Diluvio esistono più di novanta storie diverse, e che tali storie si trovano fra le tradizioni di molti popoli primitivi in tutto il mondo, è una valida prova che tutti quei popoli ebbero un’origine comune e che i loro antichi progenitori ebbero in comune l’esperienza del Diluvio.
I racconti popolari del Diluvio concordano con gli aspetti principali del racconto biblico: (1) un luogo di rifugio per pochi superstiti, (2) una distruzione universale della vita mediante l’acqua, (3) preservato un seme del genere umano. Gli egiziani, i greci, i cinesi, i druidi della Britannia, i polinesiani, gli esquimesi e gli indigeni della Groenlandia, gli africani, gli indù, gli indiani d’America, hanno tutti le loro storie del Diluvio. Questa analogia colpì un esploratore che disse: “Fra le 120 tribù diverse che ho visitate nell’America settentrionale, meridionale e centrale, non esiste una sola tribù che non mi abbia raccontato qualche tradizione precisa o vaga di tale calamità, in cui una, tre o otto persone furono salvate al di sopra delle acque in cima a un’alta montagna”. — The International Standard Bible Encyclopædia, Vol. Il, p. 822.
CONFERMA SCRITTURALE
Una prova della storicità del Diluvio ben più valida delle tradizioni pagane di popoli primitivi è la conferma che ne diedero sotto ispirazione altri scrittori biblici. L’unica volta che il termine ebraico (mabbùl, diluvio) ricorre oltre che in Genesi è in una melodia in cui Davide descrive Geova seduto “sul diluvio”. (Sal. 29:10) Comunque altri scrittori accennano al resoconto di Genesi e lo confermano, come ad esempio Isaia. (Isa. 54:9) Anche Ezechiele sanziona la storicità di Noè. (Ezec. 14:14, 18, 20) Pietro parla diverse volte del Diluvio nelle sue lettere. (I Piet. 3:20; II Piet. 2:5; 3:5, 6) Paolo attesta la grande fede manifestata da Noè nel costruire l’arca per la sopravvivenza della sua famiglia. (Ebr. 11:7) Luca nomina Noè fra gli antenati del Messia. — Luca 3:36.
Inoltre sia Luca che Matteo riferiscono quello che disse Gesù a proposito dei giorni del Diluvio. Molto più di una semplice conferma della veracità della storia del Diluvio, le parole di Gesù spiegano il significato illustrativo e profetico di quegli antichi avvenimenti. In risposta alla domanda dei discepoli “Quale sarà il segno della tua presenza e del termine del sistema di cose?” Gesù disse fra l’altro: “Come furono i giorni di Noè, così sarà la presenza del Figlio dell’uomo. Poiché come in quei giorni prima del diluvio mangiavano e bevevano, gli uomini prendevano moglie e le donne andavano a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca; e non si avvidero di niente finché venne il diluvio e li spazzò via tutti così sarà la presenza del Figlio dell’uomo”. (Matt. 24:3, 37-39; Luca 17:26, 27) Ci sono dunque ampie prove nelle stesse Sacre Scritture ispirate a sostegno dell’autenticità e genuinità della storia del Diluvio, autenticità che non si basa su semplici tradizioni umane, su leggende di popoli primitivi o su scoperte archeologiche o geologiche.
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DinaAusiliario per capire la Bibbia
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Dina
[giudicata; assolta; vendicata].
Figlia di Giacobbe e Lea; nata in Haran durante la permanenza di suo padre in quella regione, Dina poteva avere forse sei anni quando Giacobbe fece ritorno in Canaan e si stabilì a Succot. (Gen. 30:21, 22, 25; 31:41) Mentre Giacobbe e la sua famiglia erano attendati fuori della città di Sichem, Dina poco saggiamente prese l’abitudine di frequentare le ragazze cananee. Durante una di queste visite fu violentata da Sichem figlio di Emor (o Hamor), capotribù ivveo. Sichem s’innamorò di lei, e Dina rimase in casa sua finché non fu vendicata dai suoi fratelli germani Simeone e Levi. — Gen. 34:1-31.
Alcuni sostengono che Dina doveva essere solo una bambina quando venne violentata. Tuttavia si deve tenere presente che prima di venire a Sichem Giacobbe aveva costruito una casa e capanne a Succot, perciò vi era rimasto per qualche tempo. (Gen. 33:17) A Sichem acquistò un tratto di terra e quindi vi rimase per un po’. Tutto questo, insieme al fatto che Sichem s’innamorò di Dina, la “giovane”, dimostrerebbe che non era più una bambina al tempo della sua relazione con Sichem. — Gen. 33:18, 19; 34:12.
Anni dopo Dina, insieme al resto della famiglia di Giacobbe, andò in Egitto su invito di Giuseppe. — Gen. 46:7, 15.
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DioAusiliario per capire la Bibbia
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Dio
[ebr. ‘El “Potente”, “Dio”; ‘Elòah, “Dio”; ‘elohìm (pl.), “dèi” o “Dio” come plurale di maestà; ha–’El, “il [vero] Dio”; aram. ‘Elàh, “Dio”; gr. Theòs, “Dio”].
Qualunque cosa adorata può essere definita un dio, in quanto l’adoratore vi attribuisce potere maggiore del proprio e lo venera. Perfino il proprio appetito può essere un dio se ci si lascia dominare da esso. — Rom. 16:18; Filip. 3:18, 19.
DIO ONNIPOTENTE
Nel testo ebraico Shaddày ricorre sette volte insieme a ‘El (Dio), formano il titolo “Dio Onnipotente”. (Gen. 17:1; 28:3; 35:11; 43:14; 48:3; Eso. 6:3; Ezec. 10:5) Le altre quarantun volte ricorre da solo ed è tradotto “l’Onnipotente”. La potenza implica la forza o il potere di compiere o adempiere quello che ci si propone, e anche di superare ostacoli o opposizione, infatti l’onnipotenza di Dio si manifesta nel suo potere irresistibile di adempiere il suo proposito.
Nelle Scritture Greche Cristiane il termine Pantokràtor ricorre dieci volte, nove nel libro di Rivelazione. (II Cor. 6:18; Riv. 16:14) Fondamentalmente significa Onnipotente, o Signore di tutto, Colui che detiene ogni potere. L’uso che ne è fatto nelle Scritture Cristiane aiuta a comprendere il significato del termine ebraico Shaddày, “Onnipotente”, dato che nelle Scritture Ebraiche non c’è nessun altro termine corrispondente a Pantokràtor.
GEOVA IL VERO DIO
Il vero Dio non è un Dio senza nome. Il suo nome è Geova. (Deut. 6:4; Sal. 83:18) È Dio perché ha creato tutte le cose. (Gen. 1:1; Riv. 4:11) Il vero Dio è reale (Giov. 7:28), è una persona (Atti 3:19; Ebr. 9:24) e non una legge naturale che operi senza un legislatore vivente né una forza cieca che agisca attraverso una serie di casi dando origine a una cosa o l’altra.
Prove dell’esistenza dell’“Iddio vivente”
L’esistenza di Dio è dimostrata dall’ordine, dalla forza e dalla complessità della creazione, macroscopica e microscopica, e dai rapporti che ha avuto col suo popolo nel corso della storia. Esaminando quello che si potrebbe chiamare il Libro della creazione divina, gli scienziati imparano molte cose. Si può imparare da un libro solo se il suo autore gli ha dedicato meditazione e preparazione intelligente. Il professor Albert Einstein ha ammesso: “Mi basta... riflettere *sulla meravigliosa struttura dell’universo, che possiamo debolmente percepire, e cercare umilmente di comprendere una parte sia pure infinitesima dell’INTELLIGENZA MANIFESTA NELLA NATURA”.
A differenza degli dèi senza vita delle nazioni, Geova è chiamato “l’Iddio vivente”. (Ger. 10:10; II Cor. 6:16) Ovunque esistono testimonianze della sua attività e grandezza. “I cieli dichiarano la gloria di Dio; e la distesa annuncia l’opera delle sue mani”. (Sal. 19:1) Gli uomini non hanno nessuna ragione o scusa per negare l’esistenza di Dio, perché “quello che si può conoscere di Dio è manifesto fra loro, poiché Dio lo ha loro reso manifesto. Poiché le sue invisibili qualità, perfino la sua sempiterna potenza e Divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, perché si comprendono dalle cose fatte, così che sono inescusabili”. — Rom. 1:18-20.
La Bibbia spiega che Geova Dio è vivente da tempo indefinito a tempo indefinito per sempre (Sal. 90:2, 4; Riv. 10:6), essendo il Re d’eternità, incorruttibile, invisibile, unico Dio. (I Tim. 1:17) Prima di lui non esisteva alcun dio. — Isa. 43:10, 11.
Infinito, ma avvicinabile
Il vero Dio è infinito e al di là della piena comprensione dell’uomo. La creatura non potrebbe certo sperare di diventare uguale al suo Creatore né di capire tutta l’attività della Sua mente. (Rom. 11:33-36) Lo si può trovare e avvicinare, ed Egli fornisce al suo adoratore tutto ciò che è necessario
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