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  • Abraamo
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • poteva destarlo anche dai morti”. Solo all’ultimo momento Geova intervenne provvedendo un montone per sostituire Isacco sull’altare del sacrificio. Per questa fede incondizionata, dimostrata da completa ubbidienza, Geova riaffermò il suo patto con Abraamo mediante un giuramento, una speciale garanzia legale. — Gen. 22:1-18; Ebr. 6:13-18; 11:17-19.

      Quando nel 1881 a.E.V. Sara morì a Ebron all’età di 127 anni, fu necessario che Abraamo acquistasse un pezzo di terra per seppellirla, perché essendo solo un residente temporaneo non possedeva certo della terra in Canaan. Perciò acquistò dai figli di Het un campo in cui era una caverna a Macpela presso Mamre. (Gen. 23:1-20) Tre anni dopo, quando Isacco compì quarant’anni, Abraamo rimandò Eliezer in Mesopotamia a cercare per suo figlio una moglie adatta, che fosse anche una vera adoratrice di Cova. Rebecca, pronipote di Abraamo, fu la prescelta da Geova. -Gen. 24:1-67.

      “Abraamo prese di nuovo moglie”, Chetura, ed ebbe quindi altri sei figli; perciò da Abraamo non discesero solo israeliti, ismaeliti ed edomiti, ma anche madaniti, madianiti ecc. (Gen. 25:1, 2; I Cron. 1:28, 32, 34) Così si adempì in Abraamo l’espressione profetica di Geova: “Ti farò padre di una folla di nazioni”. (Gen. 17:5) Infine, nel 1843 a.E.V., alla veneranda età di 175 anni, Abraamo morì, e i figli Isacco e Ismaele lo seppellirono nella caverna di Macpela. (Gen. 25:7-10) Prima di morire Abraamo fece dei doni ai figli delle mogli secondarie e li mandò via, affinché Isacco fosse l’unico erede di “tutto ciò che aveva”. — Gen. 25:5, 6.

      PATRIARCA E PROFETA

      Abraamo era molto ricco, possedeva grandi greggi e mandrie e molto argento e oro, e aveva molte centinaia di servitori. (Gen. 12:5, 16; 13:2, 6, 7; 17:23, 27; 20:14; 24:35) Per questo i re di Canaan lo consideravano un potente “capotribù” con cui si dovevano fare patti di pace. (Gen. 23:6; 14:13; 21:22, 23) Eppure Abraamo non permise mai che il materialismo offuscasse la sua visione di Geova e delle sue promesse, o lo inducesse a diventare orgoglioso, altero o egoista. — Gen. 13:9; 14:21-23.

      La prima volta che ricorre nelle Scritture Ebraiche la parola “profeta” si riferisce ad Abraamo, anche se altri profeti, come Enoc, erano vissuti prima di lui. (Gen. 20:7; Giuda 14) il primo identificato nelle Scritture come “Ebreo” è Abraamo. (Gen. 14:13) Abraamo fu uomo di fede come Abele, Enoc e Noè (Ebr. 11:4-9), ma l’espressione “ripose fede in Geova” è usata per la prima volta a proposito di Abraamo (Gen. 15:6), e ciò è in armonia con Romani 4:11: “[Abraamo è] il padre di tutti quelli che hanno fede”.

      Certo quest’uomo di eccezionale fede camminò con Dio e fu in costante comunicazione con lui per mezzo di visioni e sogni, e persino ospitando suoi messaggeri angelici. (Gen. 12:1-3, 7; 15:1-8, 12-21; 18:1-15; 22:11, 12, 15-18) Abraamo conosceva bene il nome di Dio anche se Geova in quel tempo non aveva rivelato il pieno significato del più grande nome dell’universo. (Eso. 6:2, 3) Più volte costruì altari e offrì sacrifici nel nome e alla lode e gloria del suo Dio Geova. — Gen. 12:8; 13:4, 18; 21:33; 24:40; 48:15.

      Come capo patriarcale, Abraamo non permise nessuna idolatria o irreligiosità nella sua famiglia, ma insegnava costantemente a tutti i suoi figli e servitori ad ‘attenersi alla via di Geova per praticare giustizia e giudizio’. (Gen. 18:19) Ogni maschio della famiglia di Abraamo era tenuto secondo la legge di Geova a sottoporsi alla circoncisione. La schiava egiziana Agar invocò il nome di Geova in preghiera, e il domestico Eliezer di Damasco dimostrò la propria fede nel Dio di Abraamo con una preghiera molto commovente a Geova. Anche Isacco, da giovane, dimostrò la sua fede e ubbidienza a Geova lasciandosi legare mani e piedi e mettere sull’altare per il sacrificio. — Gen. 17:10-14, 23-27; 16:13; 24:2-56.

      STORICITÀ

      Gesù e i discepoli menzionarono Abraamo più di settanta volte nelle loro conversazioni e nei loro scritti. Nell’illustrazione del ricco e di Lazzaro, Gesù si riferì ad Abraamo in senso simbolico. (Luca 16:19-31) Quando i suoi oppositori si vantarono di essere progenie di Abraamo, Gesù prontamente ne smascherò l’ipocrisia dicendo: “Se siete figli di Abraamo, fate le opere di Abraamo”. (Giov. 8:31-58; Matt. 3:9, 10) No, non è la discendenza carnale che conta, ma piuttosto una fede come quella di Abraamo che permette di essere dichiarati giusti, spiegò l’apostolo Paolo. (Rom. 9:6-8; 4:1-12) Paolo identificò inoltre il vero seme di Abraamo con Cristo, e con quelli che appartengono a Cristo e sono “eredi secondo la promessa”. (Gal. 3:16, 29) Egli parla anche della benignità e ospitalità di Abraamo verso gli estranei, e nel lungo elenco di illustri testimoni di Geova che fa in Ebrei cap. 11, Paolo non trascura Abraamo. Altrove spiega che le due donne di Abraamo, Sara e Agar, costituivano in realtà un dramma profetico che illustrava due patti di Geova. (Gal. 4:22-31; Ebr. 11:8) Lo scrittore biblico Giacomo aggiunge che Abraamo dimostrò la propria fede con giuste opere e perciò era conosciuto come “amico di Geova”. — Giac. 2:21-23.

      Le scoperte archeologiche hanno pure confermato molti particolari relativi alla storia biblica di Abraamo: la posizione geografica di molti luoghi, numerose usanze dell’epoca, come l’acquisto del campo dagli ittiti, la scelta di Eliezer come erede, il trattamento riservato ad Agar, ecc.

  • Absalom
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    • Absalom

      (Àbsalom) [padre di pace].

      Terzo dei sei figli di Davide nati a Ebron. Sua madre Maaca era figlia di Talmai re di Ghesur. (II Sam. 3:3-5) Absalom ebbe tre figli e una figlia (II Sam. 14:27), ma, da quanto riferito in II Samuele 18:1, sembra che i maschi siano morti in tenera età. È evidentemente chiamato Abisalom in I Re 15:2, 10. — Vedi II Cronache 11:20, 21.

      La bellezza fisica era la caratteristica dominante della famiglia di Absalom. Egli era lodato in tutta la nazione per la sua eccezionale bellezza; la sua rigogliosa capigliatura, evidentemente resa più pesante dall’uso di olio o unguenti, quando veniva tagliata una volta all’anno pesava circa 200 sicli (kg 2,3). Anche sua sorella Tamar era bella, e sua figlia, che aveva lo stesso nome della zia, era “di bellissimo aspetto”. (II Sam. 14:25-27; 13:1) Ma invece di essere di qualche utilità, questa bellezza provocò alcuni avvenimenti spiacevoli che causarono immenso dolore al padre di Absalom, Davide, e anche ad altri, e misero lo scompiglio nella nazione.

      ASSASSINIO DI AMNON

      La bellezza di Tamar, sorella di Absalom, fece innamorare di lei il fratellastro maggiore Amnon. Fingendosi malato, Amnon ottenne che Tamar venisse a cucinare per lui, e poi la costrinse ad avere rapporti con lui. L’amore erotico di Amnon si trasformò in odio sprezzante ed egli fece scacciare Tamar in strada. Absalom incontrò Tamar con l’abito a strisce, che la distingueva come vergine figlia del re, strappato e cenere sul capo. Egli intuì l’accaduto e subito manifestò di sospettare Amnon, avendo evidentemente già notato il desiderio appassionato del fratellastro. Absalom ordinò tuttavia alla sorella di non fare alcuna accusa e la prese in casa sua. — II Sam. 13:1-20.

      Secondo John Kitto, il fatto che Absalom anziché il padre si occupasse di Tamar era in armonia con l’usanza orientale, per cui, dove è praticata la poligamia, i figli della stessa madre sono molto uniti fra loro e le figlie “si trovano sotto la speciale cura e protezione del fratello, che, . . in tutto ciò che riguarda la sicurezza e l’onore, è più considerato del padre stesso”. (Kitto’s Daily Bible Illustrations, Saul, Davide, p. 384) Molto tempo prima, Levi e Simeone, due fratelli di Dina, si erano preoccupati di vendicare l’onore della sorella. — Gen. 34:25.

      Informato dell’umiliazione di sua figlia, Davide andò su tutte le furie ma, forse per il fatto che non era stata fatta nessuna accusa diretta e formale col sostegno di prove o di testimoni, non intentò nessuna azione giudiziaria contro il colpevole. (Deut. 19:15) Forse Absalom preferì che non si facesse una questione della violazione della legge levitica da parte di Amnon (Lev. 18:9; 20:17), per evitare spiacevole pubblicità alla sua famiglia e al suo nome, tuttavia covò verso Amnon odio omicida, controllandosi esteriormente in attesa del momento propizio per vendicarsi a modo suo. (Confronta Proverbi 26:24-26; Levitico 19:17). D’allora in poi la sua vita, che occupa la maggior parte di sette capitoli di Secondo Samuele, fu uno studio i perfidia. — II Sam. 13:21, 22.

      Passarono due anni. Giunse il tempo della tosatura delle pecore, occasione festosa, e Absalom preparò una festa a Baal-Hazor, circa 32 km a N di Gerusalemme, invitando i figli del re e Davide stesso. Quando suo padre declinò l’invito, Absalom insisté perché in vece sua mandasse Amnon, suo mogenito. (Prov. 10:18) Alla festa, quando, non era “allegro col vino”, Absalom ordinò ai suoi servitori di ucciderlo. Gli altri figli tornarono a Gerusalemme, e Absalom andò in esilio presso il nonno siro nel regno di Ghesur, a est del Mar di Galilea. (II Sam. 13:23-38) La “spada” predetta dal profeta Natan era entrata nella “casa” di Davide e vi sarebbe rimasta per il resto della sua vita. — II Sam. 12:10.

      PERDONATO DAL PADRE

      Trascorsi tre anni, il dolore per la perdita del primogenito si era attenuato e Davide provava intenso desiderio di rivedere Absalom. Gioab, leggendo i pensieri del re suo zio, per mezzo di uno stratagemma diede a Davide occasione di concedere ad Absalom un perdono probatorio che gli permise di rimpatriare, ma senza il diritto di presentarsi alla corte paterna. (II Sam. 13:39; 14:1-24) Absalom sopportò per due anni tale ostracismo e poi cominciò a manovrare per ottenere il perdono completo. Quando Gioab, in qualità di funzionario di corte del re, rifiutò di andare da lui, Absalom fece perentoriamente incendiare il suo campo d’orzo, e, quando Gioab indignato andò da lui, gli disse che voleva dal re una decisione finale e “se c’è in me alcun errore, egli mi deve quindi mettere a morte”. Allorché Gioab riferì il messaggio, Davide ricevette il figlio, che si prostrò in segno di completa sottomissione, e gli diede il bacio del pieno perdono. — II Sam. 14:28-33.

      TRADIMENTO

      Ma qualsiasi affetto naturale o filiale Absalom avesse avuto per Davide era evidentemente svanito durante i cinque anni di lontananza dal padre. (Confronta II Timoteo 3:3). Può darsi che nei tre anni trascorsi con la famiglia reale pagana si sviluppasse in lui la deleteria inclinazione all’ambizione. Absalom forse si considerava destinato al trono essendo di ‘sangue reale’ sia da parte di padre che di madre. Dato che Chileab (Daniele), figlio secondogenito di Davide, non è più menzionato dopo l’accenno alla sua nascita, può darsi che fosse morto e Absalom fosse quindi il figlio maggiore di Davide ancora vivente. (II Sam. 3:3; I Cron. 3:1) Tuttavia, dopo la nascita di Absalom Dio aveva promesso a Davide che un futuro “seme” avrebbe ereditato il trono e perciò Absalom doveva sapere che non era stato scelto da Geova per il regno. (II Sam. 7:12) Ad ogni modo, una volta tornato al suo rango regale, Absalom cominciò una campagna politica segreta. Con consumata abilità finse grande preoccupazione per il bene pubblico e si presentò come un benefattore. Insinuò nella mente del popolo, specialmente di quelli che non erano della tribù di Giuda, che la corte del re non si interessava dei loro problemi e che c’era molto bisogno di un uomo del suo stampo. — II Sam. 15:1-6.

      Le parole “alla fine di quarant’anni” che si trovano in II Samuele 15:7 sono di applicazione incerta, e nella Siriaca e in altre antiche versioni sono rese “quattro anni”. Ma non è probabile che Absalom volesse attendere ben sei anni per adempiere un voto, se i “quattro anni” si contano dal momento della sua completa reintegrazione. (II Sam. 14:28) Poiché i tre anni di carestia, una guerra con i filistei e il tentativo di Adonia di usurpare il trono ebbero tutti luogo durante il regno di Davide ma dopo gli avvenimenti ora considerati, è evidente che per lo scrittore i “quarant’anni” si dovevano cominciare a contare molto prima dei quarant’anni del regno di Davide, e probabilmente sono quarant’anni dalla sua prima unzione da parte di Samuele. Questo permetterebbe ad Absalom di essere ancora “giovane” a questo punto della narrazione, essendo nato tra il 1077 e il 1070 a.E.V.

      Benché Davide dovesse avere in quel tempo solo una sessantina d’anni, Absalom, conscio di avere un forte seguito in tutto il reame, con un pretesto ottenne dal padre il permesso di andare a Ebron, originale capitale di Giuda. Di là organizzò prontamente una congiura in piena regola per impadronirsi del trono, con una rete di spie pronte a proclamare il suo regno in tutta la nazione. Dopo aver invocato con l’offerta di sacrifici la benedizione di Dio sul suo governo, ottenne l’appoggio di Ahitofel, il più rispettato consigliere di suo padre. Molti passarono allora dalla parte di Absalom. — II Sam. 15:7-12.

      Di fronte alla gravità della crisi e temendo un attacco in forze, Davide preferì abbandonare il palazzo con tutta la sua famiglia, pur avendo il leale appoggio di un bel gruppo di uomini fedeli, inclusi i principali sacerdoti, Abiatar e Zadoc. Rimandò questi due a Gerusalemme, perché servissero da ufficiali di collegamento. Mentre Davide saliva sul Monte degli Ulivi, scalzo, col capo coperto, e piangente, gli venne incontro Husai, il “compagno” del re, e Davide mandò anche lui a Gerusalemme per frustrare i consigli di Ahitofel. (II Sam. 15:13-37) Circondato di opportunisti, uno che cercava favore, un altro pieno di spirito partigiano e spirante odio, Davide, in netto contrasto con Absalom si distingue per la tranquilla sottomissione e il rifiuto di rendere male per male. Negando al nipote Abisai il permesso di andare a ‘spiccare la testa’ di Simei che lo malediceva e gli scagliava pietre, Davide soggiunse: “Ecco, il mio proprio figlio, che è uscito dalle mie proprie parti interiori, cerca la mia anima; e quanto più ora un Beniaminita! Lasciatelo stare affinché invochi il male, poiché glielo ha detto Geova! Forse Geova vedrà coi suoi occhi, e Geova mi renderà bontà invece della sua maledizione in questo giorno”. — II Sam. 16:1-14.

      Occupando Gerusalemme e il palazzo, Absalom accettò l’apparente defezione di Husai dalla sua parte dopo aver osservato con sarcasmo che Husai era il fedele “compagno” di Davide. Poi, seguendo il consiglio di Ahitofel, Absalom ebbe pubblicamente rapporti con le concubine del padre a riprova della completa frattura fra lui e Davide e della sua inesorabile determinazione di conservare il trono. (II Sam. 16:15-23) In tal modo ebbe adempimento l’ultima parte dell’ispirata profezia di Natan. — II Sam. 12.11.

      Ahitofel sollecitò Absalom ad affidargli il comando dell’esercito per infliggere a Davide un colpo mortale quella notte stessa, prima che il suo esercito potesse riorganizzarsi. Compiaciuto Absalom ritenne tuttavia saggio sentire l’opinione di Husai. Questi, rendendosi conto che Davide aveva bisogno di tempo, dipinse un vivido quadro, forse per approfittare della mancanza di vero coraggio da parte di Absalom (che finora aveva manifestato più arroganza e astuzia che ardimento virile), e anche per far leva sulla sua vanità. Husai raccomandò di aspettare onde raccogliere prima forze preponderanti comandate dallo stesso Absalom. Per volere di Geova, il consiglio di Husai prevalse su quello di Ahitofel, il quale pensando che ormai la rivolta fosse una causa persa si suicidò. — II Sam. 17:1-14, 23.

      Per precauzione Husai mandò ad avvertire Davide del consiglio di Ahitofel e, nonostante i tentativi di Absalom per arrestare i corrieri clandestini, Davide ricevuto l’avvertimento attraversò il Giordano e raggiunse Maanaim sulle colline di Galaad (dove Is-Boset aveva avuto la sua capitale). Qui fu accolto con espressioni di generosità e benignità. Preparandosi per il conflitto Davide organizzò le sue crescenti forze in tre divisioni al comando di Gioab, Abisai e Ittai il gattita. Esortato a rimanere in città, dove la sua presenza sarebbe stata più utile, Davide cedette e mostrò ancora una volta straordinaria assenza di rancore verso Absalom chiedendo pubblicamente ai suoi tre comandanti di ‘trattare gentilmente il giovane Absalom per amor suo’. — II Sam. 17:15-18:5.

      BATTAGLIA DECISIVA E MORTE

      Le forze di Absalom di recente formazione subirono una schiacciante disfatta da parte degli esperti combattenti di Davide. Il combattimento raggiunse la foresta di Efraim. Absalom cercò di allontanarsi cavalcando il suo mulo regale, ma passando sotto i rami bassi di un grosso albero la chioma gli si impigliò nella biforcazione di un ramo così che rimase sospeso per aria. L’uomo che riferì a Gioab di averlo visto disse che non avrebbe disubbidito alla richiesta di Davide uccidendo Absalom neanche per “mille pezzi d’argento”, ma Gioab non ebbe ritegno e conficcò tre aste nel cuore di Absalom, e anche dieci dei suoi uomini si unirono al loro comandante nell’assumersi la responsabilità per la morte di Absalom. Il corpo di Absalom fu poi gettato in una buca e ricoperto con un mucchio di sassi come indegno di sepoltura. — II Sam. 18:6-17; confronta Giosuè 7:26; 8:29.

      Quando i messaggeri raggiunsero Davide a Maanaim, la sua prima preoccupazione fu per il figlio. Informato della morte di Absalom, Davide si mise a camminare avanti e indietro nella camera sul terrazzo, piangendo: “Figlio mio Absalom, figlio mio, figlio mio Absalom! Oh fossi io morto, io stesso, invece di te, Absalom figlio mio, figlio mio!” (II Sam. 18:24-33) Solo il discorso e il ragionamento deciso e schietto di Gioab fecero uscire Davide dal suo grande dolore per la tragica fine di questo giovane fisicamente attraente e pieno di risorse, che l’enorme ambizione aveva indotto a combattere contro l’unto di Dio a sua propria rovina. — II Sam. 19:1-8; confronta Proverbi 24:21, 22.

      Il Salmo 3 si pensa sia stato scritto da Davide al tempo della ribellione di Absalom, come indica la soprascritta all’inizio del salmo.

  • Absalom, monumento di
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Absalom, monumento di

      Cippo eretto da Absalom nel “Bassopiano del Re”, detto anche “Bassopiano di Save”, presso Gerusalemme. (II Sam. 18:18; Gen. 14:17) Egli eresse il monumento perché non aveva figli che ne tenessero vivo il nome dopo la morte. Sembra quindi che i tre figli menzionati in II Samuele 14:27 siano morti piccoli. Absalom non fu sepolto sul luogo del suo monumento ma rimase in una buca nella foresta di Efraim. — II Sam. 18:6, 17.

      Nella valle di Chidron c’è un monumento di pietra chiamato “Tomba di Absalom”, ma la sua forma architettonica indica che appartiene al periodo greco-romano, forse all’epoca di Erode. Non c’è dunque alcuna ragione per associarvi il nome di Absalom.

  • Acab
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    • Acab

      (Àcab) [fratello del padre].

      Figlio di Omri e re del regno settentrionale d’Israele. Regnò ventidue anni in Samaria, dal 940 al 919 a.E.V., e alla morte gli successe il figlio Acazia. — I Re 16:28, 29; 22:40, 51.

      TOLLERA LA FALSA ADORAZIONE

      La storia di Acab è una delle peggiori per quanto riguarda la vera adorazione. Non solo egli continuò a profanare l’adorazione di Geova col culto dei vitelli d’oro istituito da Geroboamo ma, dopo il suo matrimonio con Izebel, figlia di Etbaal re di Sidone, lasciò che l’adorazione di Baal contaminasse Israele in misura senza precedenti. Giuseppe Flavio, citando l’antico storico Menandro di Efeso, menziona Etbaal come Itobalo, e in un suo scritto (Contro Apione, Libro I, 18) riferisce che era sacerdote di Astarte prima di salire al trono avendo assassinato il re. Acab si fece trascinare all’adorazione di Baal dalla moglie pagana Izebel, costruì un tempio a Baal ed eresse un palo sacro in onore di Astoret (Astarte). (I Re 16:30-33) In breve c’erano 450 profeti di Baal e 400 profeti del palo sacro, che mangiavano tutti alla tavola regale di Izebel. (18:19) I veri profeti di Geova furono uccisi con la spada e solo grazie all’intervento di un uomo di fede, Abdia, economo della casa di Acab, ne rimasero in vita un centinaio nascosti da lui in caverne, dove vissero di pane e acqua. — 18:3, 4, 13; 19:10.

      Per essersi volto all’adorazione di Baal, Acab fu informato da Elia della venuta di una grave siccità, che secondo Luca 4:25 e Giacomo 5:17 interessò un periodo di tre anni e sei mesi. (I Re 17:1; 18:1) Solo alla parola di Elia avrebbe ricominciato a piovere e, benché Acab lo facesse cercare in tutte le nazioni e i regni circostanti, Elia rimase introvabile fino al momento opportuno. (17:8, 9; 18:2, 10) Acab cercò di dare a Elia la colpa della siccità e della carestia, accusa che Elia respinse indicando che la vera causa era l’adorazione di Baal patrocinata da Acab. Una prova sostenuta in cima al monte Carmelo dimostrò l’inesistenza di Baal e manifestò che Geova era il vero Dio; i profeti di Baal furono uccisi per comando di Elia, e poco dopo una pioggia torrenziale pose fine alla siccità. (18:17-46) Acab tornò a Izebel dalla moglie e la informò delle azioni di Elia contro il baalismo. Izebel reagì minacciando con

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