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Figlio (figli) di DioAusiliario per capire la Bibbia
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Singoli ‘figli’ israeliti
Dio chiamava alcuni singoli individui della nazione d’Israele suoi ‘figli’ in un senso speciale. Il secondo salmo, attribuito a Davide in Atti 4:24-26, si applica inizialmente a Davide stesso quando parla del “figlio” di Dio. (Sal. 2:1, 2, 7-12) Questo salmo ebbe un successivo adempimento in Cristo Gesù, come spiega il contesto di Atti. Il contesto del salmo stesso indica che Dio non si rivolgeva a un bambino, ma a un adulto, dicendo: “Tu sei il mio figlio; io, oggi, ti ho generato”. Ne consegue che Davide godeva di tale posizione di figlio perché Dio l’aveva scelto per il regno e lo trattava in modo veramente paterno. (Confronta Salmo 89:3, 19-27). Geova disse similmente di Salomone figlio di Davide: “Io stesso diverrò suo padre, ed egli stesso diverrà mio figlio”. — II Sam. 7:12-14; I Cron. 22:10; 28:6.
Perduta la posizione di figli
Quando Gesù era sulla terra gli ebrei si vantavano ancora che Dio fosse loro “Padre”. Ma Gesù, senza mezzi termini, disse a certi oppositori che erano figli ‘del padre loro il Diavolo’, perché ascoltavano e facevano la volontà e le opere dell’avversario di Dio; quindi dimostravano di ‘non essere da Dio’. (Giov. 8:41, 44, 47) Questo indica ancora una volta che per qualsiasi discendente di Adamo la posizione di figlio di Dio richiede non semplicemente una discendenza naturale secondo la carne, ma principalmente il provvedimento di Dio di una relazione spirituale con Lui, e che tale relazione a sua volta richiede che i “figli” rimangano fedeli a Dio manifestando le sue qualità, essendo ubbidienti alla sua volontà e servendo fedelmente secondo il suo proposito e nel suo interesse.
FIGLI DI DIO CRISTIANI
Come spiega chiaramente Giovanni 1:11, 12, solo ad alcuni della nazione d’Israele, quelli che manifestarono fede in Cristo Gesù, fu concessa “l’autorità di divenire figli di Dio”. Tale “rimanente” ebraico (Rom. 9:27; 11:5) fu liberato mediante il sacrificio di Cristo dalla soggezione al patto della Legge che, pur essendo buona e perfetta, li condannava come peccatori, schiavi del peccato, e in tal modo Cristo li liberò affinché potessero ricevere da Dio “l’adozione di figli” ed eredi. — Gal. 4:17; confronta 3:19-26.
Persone delle nazioni, un tempo “senza Dio nel mondo” (Efes. 2:12), furono pure riconciliate con Dio mediante la fede in Cristo e divennero Suoi figli. — Rom. 9:8, 25, 26; Gal. 3:26-29.
Come lo era stato Israele, questi cristiani sono il popolo di un patto, essendo introdotti nel “nuovo patto” convalidato per merito del sangue sparso di Cristo. (Luca 22:20; Ebr. 9:15) Comunque Dio tratta singolarmente coi cristiani introducendoli in questo nuovo patto. Poiché ascoltano la buona notizia ed esercitano fede sono chiamati a essere coeredi del Figlio di Dio (Rom. 8:17; Ebr. 3:1), sono “dichiarati giusti” da Dio in base alla loro fede nel riscatto (Rom. 5:1, 2), e sono quindi “generati mediante la parola di verità” (Giac. 1:18) poiché ‘nascono di nuovo’ quali cristiani battezzati, generati dallo spirito di Dio come suoi figli, destinati ad avere una vita spirituale nei cieli. (Giov. 3:3; I Piet. 1:3, 4) Non hanno ricevuto uno spirito di schiavitù risultante dalla trasgressione di Adamo, ma uno “spirito di adozione come figli, mediante il quale spirito gridiamo: ‘Abba, Padre!’”(il termine “Abba” è un appellativo affettuoso e confidenziale). (Vedi ABBA; ADOZIONE [Significato cristiano]). (Rom. 8:14-17) Grazie alla superiore opera di mediatore e sommo sacerdote di Cristo e all’immeritata benignità di Dio espressa per mezzo suo, questi figli cristiani generati dallo spirito hanno una più intima relazione con Dio di quella goduta dall’Israele carnale. — Ebr. 4:14-16; 7:19-25; 12:18-24.
Devono rimanere tali
Il fatto di essere “rigenerati” a questa speranza viva (I Piet. 1:3) non è di per sé una garanzia che continueranno ad avere la posizione di figli. Devono essere “condotti dallo spirito di Dio” non dalla carne peccaminosa, e devono essere disposti a soffrire come soffrì Cristo. (Rom. 8:12-14, 17) Devono essere “imitatori di Dio, come figli diletti” (Efes. 5:1), riflettendo le qualità divine di pace, amore, misericordia e benignità (Matt. 5:9, 44, 45; Luca 6:35, 36), essendo “irriprovevoli e innocenti” in quanto alle cose che caratterizzano la “generazione perversa e storta” in mezzo a cui vivono (Filip. 2:15), purificandosi da pratiche peccaminose (I Giov. 3:1-4, 9, 10), ubbidendo ai comandamenti di Dio e accettandone la disciplina. — I Giov. 5:1-3; Ebr. 12:5-7.
Piena adozione quali figli
Benché chiamati a essere figli di Dio, mentre sono ancora nella carne hanno solo una “caparra di ciò che deve venire”. (II Cor. 1:22; 5:1-5; Efes. 1:5, 13, 14) Ecco perché l’apostolo, pur considerando già “figli di Dio” se stesso e i suoi conservi cristiani, poteva tuttavia dire: “Noi stessi che abbiamo le primizie, cioè lo spirito, sì, noi stessi gemiamo in noi medesimi, mentre aspettiamo ansiosamente l’adozione quali figli, la liberazione dal nostro corpo mediante il riscatto”. (Rom. 8:14, 23) Quindi, dopo aver vinto il mondo essendo fedeli fino alla morte, vedranno la piena realizzazione della loro posizione di figli mediante la risurrezione quali figli spirituali di Dio e “Fratelli” del principale Figlio di Dio, Cristo Gesù. — Ebr. 2:10-17; Riv. 21:7; confronta 2:7, 11, 26, 27; 3:12, 21.
I figli spirituali di Dio, che hanno questa chiamata celeste, sanno di essere tali perché ‘lo stesso spirito di Dio rende testimonianza col loro spirito che sono figli di Dio’. (Rom. 8:16) Questo evidentemente significa che il loro spirito, cioè la loro disposizione mentale ed emotiva, reagisce in modo positivo alle espressioni dello spirito di Dio che attraverso la sua Parola ispirata parla di tale speranza celeste, e reagisce anche a ciò che Dio fa per loro mediante tale spirito. Così pervengono alla certezza di essere davvero eredi e figli spirituali di Dio.
LA CREAZIONE PERVIENE ALLA GLORIOSA LIBERTÀ DEI FIGLI DI DIO
L’apostolo parla della “gloria che sarà rivelata in noi” e anche dell’“ansiosa aspettazione della creazione [che] attende la rivelazione dei figli di Dio”. (Rom. 8:18, 19) Poiché la loro gloria è celeste, è chiaro che tale “rivelazione” della loro gloria deve essere preceduta dalla loro risurrezione alla vita celeste. (Confronta il versetto 23). Ma questo non è tutto, come indica II Tessalonicesi 1:6-10 parlando della “rivelazione del Signore Gesù” che porterà la punizione giudiziaria di coloro che riceveranno il giudizio avverso di Dio, e questo “al tempo in cui verrà per esser glorificato riguardo ai suoi santi”. — Vedi RIVELAZIONE.
Poiché Paolo dice che “la creazione” attende tale rivelazione, e allora sarà “resa libera dalla schiavitù alla corruzione e avrà la gloriosa libertà dei figli di Dio”, è chiaro che altri oltre a questi celesti “figli di Dio” riceveranno un beneficio dalla loro rivelazione gloriosa. (Rom. 8:19-23) Anche se il termine greco reso “creazione” può riferirsi a qualsiasi creatura, umana o animale, o alla creazione in generale, il fatto che qui Paolo dice che è in “ansiosa aspettazione”, che “attende” ed è “sottoposta alla futilità, [ma] non di propria volontà”, che sarà “resa libera dalla schiavitù alla corruzione e avrà la gloriosa libertà dei figli di Dio”, e “continua a gemere insieme” proprio come i “figli” cristiani gemono dentro di sé, tutte queste espressioni indicano decisamente la creazione umana, la famiglia umana, e quindi non la creazione in generale, che include animali, vegetali e altre cose, animate e inanimate. (Confronta Colossesi 1:23). Questo deve dunque significare che la rivelazione dei figli di Dio nella gloria offre ad altri della famiglia umana la possibilità di avere una vera relazione filiale con Dio e di godere la libertà che accompagna tale relazione. — Vedi GRANDE FOLLA.
Dal momento che Cristo Gesù è il predetto “Padre eterno” (Isa. 9:6) e i cristiani “figli di Dio” sono suoi “fratelli” (Rom. 8:29), ne consegue che altri della famiglia umana riceveranno la vita per mezzo di Cristo Gesù, non quali suoi coeredi, re e sacerdoti con lui, ma quali sudditi su cui regnerà. — Confronta Matteo 25:34-40; Ebrei 2:10-12; Rivelazione 5:9, 10; 7:9, 10, 14-17; 20:4-9; 21:1-4.
Si noti inoltre che Giacomo (1:18) parla di questi “figli di Dio” generati dallo spirito come di “certe primizie” delle creature di Dio, espressione simile a quella usata a proposito dei “centoquarantaquattromila” che sono “comprati di fra il genere umano” descritti in Rivelazione 14:1-4. Il termine “primizie” indica che ci saranno altri frutti, e perciò la “creazione” di Romani 8:19-22 costituisce evidentemente ‘frutti successivi’ o ‘frutti secondari’ del genere umano i quali, mediante la fede in Cristo Gesù, avranno a suo tempo la posizione di figli nell’universale famiglia di Dio.
Parlando del futuro “sistema di cose” e della “risurrezione dai morti” alla vita nel nuovo sistema, Gesù disse che questi diventano “figli di Dio, essendo figli della risurrezione”. — Luca 20:34-36.
Dalla considerazione di tutte queste informazioni è chiaro che la posizione di “figli” che gli esseri umani possono avere in relazione a Dio può assumere aspetti diversi. In ciascun caso quindi la posizione di figli dev’essere esaminata nel contesto per determinare cosa abbraccia e l’esatta natura di tale relazione filiale.
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FiladelfiaAusiliario per capire la Bibbia
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Filadelfia
[affetto fraterno].
Città dell’Asia Minore occidentale dove c’era una congregazione cristiana a cui fu scritta una delle sette lettere contenute in Rivelazione. (Riv. 1:11; 3:7-13) Filadelfia, città della Lidia, era situata su un altopiano ondulato a S del fiume Cogamis, circa 50 km a SE di Sardi e 80 a NO di Laodicea. Fu costruita nel II secolo a.E.V. da Èumene II, re di Pergamo, o da suo fratello Attalo II (Filadelfo), da cui la città prese nome. Si trovava all’imboccatura di un’ampia valle che portava a Sardi e poi a Smirne sulla costa. Diverse strade la collegavano con la costa, con Pergamo a N e Laodicea a SE. Da Filadelfia si poteva raggiungere il centro della Frigia.
Evidentemente vi abitavano degli ebrei, poiché Rivelazione 3:9 menziona “quelli della sinagoga di Satana che dicono d’esser Giudei”. Forse costoro intralciavano l’opera dei fedeli cristiani della città cercando di riconquistare quei cristiani che erano ebrei per nascita o di persuaderli a conservare o riprendere certe abitudini della legge mosaica. Il tentativo non ebbe successo, infatti Gesù loda i cristiani per la loro perseveranza e li incoraggia a rimanere saldi. — Riv. 3:9-11.
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FilareAusiliario per capire la Bibbia
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Filare
Operazione mediante la quale fibre vegetali o animali (lino, cotone, lana, pelo di capra, ecc.) vengono unite e attorcigliate fino a ottenere un unico filo. Tale filato serviva per tessere, cucire, ricamare, o per fare funi. In questa operazione gli ebrei e altri impiegavano la rocca o conocchia e il fuso. Della moglie capace viene detto: “Ha messo mano alla conocchia, e le sue proprie mani prendono il fuso”. — Prov. 31:19.
La conocchia era un’asta su cui venivano avvolte le fibre pulite, pettinate e cardate. (Isa. 19:9) I metodi potevano essere diversi: uno per esempio consisteva nel tenere la conocchia con la sinistra. Da questa le fibre venivano tirate fino a una certa lunghezza e fissate al fuso. Il fuso era un’asta più corta con un uncino a un’estremità per trattenere le fibre e un volano (disco di materiale pesante, per esempio di pietra) quasi all’altra estremità. Chi filava faceva prillare con la mano destra il fuso appeso al filo, attorcigliando così le fibre in un filo sempre più sottile. Il filato veniva poi avvolto intorno al fuso a cui era fissato. L’operazione veniva ripetuta finché tutte le fibre avvolte intorno alla conocchia si erano trasformate in un unico filo continuo.
Nell’antico Egitto filavano sia gli uomini che le donne, mentre presso gli ebrei pare fossero particolarmente le donne a filare. Quando fu eretto il tabernacolo donne israelite ebbero il privilegio di filare e offrire il materiale necessario. — Eso. 35: 25, 26.
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FilemoneAusiliario per capire la Bibbia
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Filemone
(Filèmone) [amorevole].
Cristiano proprietario di schiavi appartenente alla congregazione di Colosse. La congregazione locale teneva le adunanze in casa sua, a Colosse, città dell’Asia Minore sudoccidentale. Filemone era stato fonte di ristoro per gli altri cristiani e un esempio di fede e amore. L’apostolo Paolo lo considerava un diletto compagno d’opera. (Filem. 1, 2, 5-7; confronta Colossesi 4:9 con Filemone 10-12). Il desiderio di Paolo di essere alloggiato in casa di Filemone depone a favore della sua ospitalità. — Filem. 22; confronta Atti 16:14, 15.
Pare che Affia e Archippo facessero parte della famiglia di Filemone, poiché anch’essi sono menzionati nell’intestazione della lettera personale inviatagli da Paolo. Affia forse era moglie di Filemone, e Archippo suo figlio. — Filem. 2.
Sembra che Filemone fosse diventato cristiano grazie all’opera di Paolo. (Filem. 19) Ma dal momento che Paolo non aveva predicato nella stessa Colosse (Col. 2:1), può darsi che Filemone avesse conosciuto il cristianesimo in seguito all’attività svolta per due anni dall’apostolo a Efeso, quando “tutti quelli che abitavano nel distretto dell’Asia [che includeva Colosse] udirono la parola del Signore”. — Atti 19:10.
Qualche tempo prima di ricevere la lettera di Paolo, Filemone era stato abbandonato dal suo schiavo Onesimo. Questo schiavo fuggendo poteva anche aver rubato del denaro al suo padrone per pagarsi il viaggio fino a Roma, dove poi conobbe Paolo e diventò cristiano. — Filem. 10, 11, 18, 19.
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Filemone, lettera aAusiliario per capire la Bibbia
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Filemone, lettera a
Lettera scritta di propria mano dall’apostolo Paolo e indirizzata principalmente a Filemone (vv. 1, 2, 19); composta qualche
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