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  • Armi, armatura
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • veniva dato l’ordine di riprendere le armi. Probabilmente l’apostolo Paolo aveva in mente i grandi scudi romani (scuta longa) nel menzionare in Efesini 6:16 “il grande scudo [gr. thyreòn] della fede”. Si dice che tale scudo romano misurasse m. 1,2 per 0,8 circa.

      SCURE DA COMBATTIMENTO

      Arma che di solito aveva un’impugnatura di legno o di metallo relativamente corta e una lama affilata di pietra o di metallo. Era usata nel combattimento a corpo a corpo per tagliare e sfondare, e gli assedianti potevano impiegarla anche per aprire un varco nelle porte della città o abbattere alberi per costruire macchine d’assalto. Mentre la scure da combattimento era molto in uso presso egiziani, assiri, babilonesi, elamiti e altri, sembra che non fosse molto importante per gli israeliti. — Confronta Salmo 74:5, 6.

      SPADA, PUGNALE, FODERO

      Nelle Scritture la spada è l’arma di offesa e di difesa menzionata più spesso. Aveva un’impugnatura e una lama di metallo, che poteva essere di ottone, rame, ferro o acciaio. La spada serviva per tagliare (I Sam. 17:51; I Re 3:24, 25) e per trafiggere. (I Sam. 31:4) Alcune spade erano corte, altre lunghe; a volte erano a doppio taglio. I due tipi fondamentali nel Medio Oriente erano la spada diritta, affilata, a doppio taglio e con la punta acuminata (che serviva sia per trafiggere che per tagliare), e la spada a un solo taglio (per tagliare o menare fendenti). Quest’ultima a volte era leggermente curva; in altri casi era sensibilmente ricurva e simile a una falce. Ma a differenza della falce che ha la parte interna affilata, questa spada o scimitarra era affilata all’esterno.

      Gli archeologi distinguono la spada dal pugnale, essendo quest’ultimo lungo al massimo 40 cm circa. Ma non si sa se gli ebrei facessero una simile distinzione.

      In genere la spada veniva appesa al lato sinistro della cintura (I Sam. 25:13) ed era infilata nel fodero, che era una guaina o un astuccio di cuoio. Leggendo II Samuele 20:8 si ha l’impressione che Gioab avesse sistemato a bella posta la spada in modo che cadesse dal fodero, per tenere poi l’arma in mano invece di riporvela di nuovo. Non sospettando di nulla, Amasa pensò che fosse caduta per caso, e non se ne preoccupò. Ciò gli fu fatale.

      Le parole di Gesù in Luca 22:36, “chi non ha una spada venda il suo mantello e ne compri una”, sono state spiegate da alcuni come un’indicazione che i discepoli stavano per intraprendere una vita piena di rischi. È vero che la Palestina anche allora era infestata da predoni e bestie feroci. Paolo disse di aver affrontato “pericoli di banditi da strada” e “pericoli nel deserto” durante i suoi viaggi in quello e nei paesi vicini (II Cor. 11:26), anche se non ci sono indicazioni che sia ricorso a una spada per spaventare i presunti aggressori. Il fatto che si trovassero due spade fra i discepoli la notte del tradimento di Gesù non era dunque una cosa insolita in quei tempi (Luca 22:38), e risulta che i galilei in particolare erano abitualmente armati. (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, Libro III, cap. III, 2) Inoltre si capisce che una spada può essere utilizzata in caso di necessità come un’ascia o un grosso coltello.

      Probabilmente quella notte Gesù desiderava che fra i suoi seguaci fosse disponibile una spada per dimostrare chiaramente che, anche in circostanze che potevano facilmente indurre alla resistenza armata, non intendeva ricorrere alla spada ma si sarebbe arreso volontariamente secondo la volontà di Dio. Quando Pietro in effetti reagì e cercò di opporsi con le armi, staccando l’orecchio a Malco, Gesù gli ordinò: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada periranno di spada”. (Matt. 26:52; Giov. 18:10, 11) Certo la spada di Pietro e l’altra non sarebbero servite a niente contro tale folta schiera di uomini armati, e cercando di farne uso indubbiamente sarebbero ‘periti di spada’ (Matt. 26:47), ma soprattutto tale tentativo di liberare Gesù sarebbe fallito, essendo completamente contrario al proposito di Geova Dio. (Matt. 26:53, 54) Stando così le cose, più tardi quel giorno Gesù poté dire francamente a Pilato: “Se il mio regno facesse parte di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei. Ma ora il mio regno non è di qui”. — Giov. 18:36.

  • Arnon, valle del torrente
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    • Arnon, valle del torrente

      (Àrnon) [torrente fragoroso, impetuoso].

      La profonda gola della valle dell’Arnon taglia quasi a metà l’altopiano a E del Mar Morto. Questo torrente, oggi chiamato Wadi el-Mojib, è alimentato da numerosi tributari (Num. 21:14) e, dopo il Giordano, è l’unico corso d’acqua importante che si getta nel Mar Morto. Le pareti a picco di arenaria rossa e gialla formano un precipizio che fiancheggia la stretta valle col suo perenne flusso di limpide acque, ricche di pesce. Nei pressi crescono in abbondanza salici, oleandri e altra vegetazione. Quando il torrente lascia le ripide pareti rocciose per raggiungere la riva pianeggiante del Mar Morto, è largo da 12 a 30 m circa con una profondità che va dai 30 ai 120 cm.

      L’imponente gola, larga alla sommità oltre 3 km e profonda quasi 520 m, era attraversata solo da pochi guadi (Isa. 16:2) e costituiva perciò un ottimo confine naturale. All’epoca della conquista israelita separava gli amorrei a N dai moabiti a S (Num. 21:13), ma il messaggio inviato da Iefte agli ammoniti indica che la parte N era stata un tempo sotto la dominazione ammonita ed era stata invasa dagli amorrei prima che vi giungessero gli israeliti. (Giud. 11:12-27) Israele, dopo aver costeggiato il territorio di Moab, raggiunse l’Arnon, probabilmente nel tratto superiore. Attaccato da Sihon, re degli amorrei, Israele ottenne la vittoria e prese possesso del paese dall’Arnon fino allo Iabboc. (Num. 21:21-24; Deut. 2:24-36) Questa prima conquista costituì poi il territorio delle tribù di Ruben e Gad. — Deut. 3:16; Gios. 12:1, 2; 13:8, 9, 15-28; vedi IABBOC, VALLE DEL TORRENTE.

      [Figura a pagina 108]

      Gola attraverso la quale l’Arnon sbocca nel Mar Morto

  • Arpa
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    • Arpa

      Traduzione del termine ebraico kinnòhr, nome del primo strumento musicale menzionato nelle Scritture (Gen. 4:21, NM), reso anche “cetra” in diverse versioni bibliche. (ATE; CEI; Ga; VR) In ventuno delle quarantadue volte in cui kinnòhr ricorre nella Bibbia, i traduttori della Settanta hanno usato il termine greco kithàra. La kithàra era uno strumento musicale simile alla lira (gr. lỳra), ma in chiave più bassa. Alcune versioni delle Scritture Greche Cristiane traducono kithàra col termine “arpa”. (I Cor. 14:7; Riv. 5:8) Dipinti egiziani rivelano che le antiche arpe erano di varie forme e stili, con un diverso numero di corde.

      Davide, esperto nel suonare il kinnòhr “con la sua mano” (I Sam. 16:16, 23), diede a questo insieme allo ‘strumento a corda’ (nèvel) un posto preminente nell’orchestra che avrebbe suonato nel tempio di Salomone. (I Cron. 25:1; II Cron. 29:25) Quando Neemia inaugurò le mura di Gerusalemme, il kinnòhr contribuì alla gioia dell’occasione. (Nee. 12:27) Poiché il kinnòhr era essenzialmente un “piacevole” strumento di “esultanza”, il suo suono non si doveva sentire in periodi di giudizio o punizione. (Sal. 81:2; Ezec. 26:13; Isa. 24:8, 9) Rattristati di essere prigionieri in Babilonia, gli israeliti esiliati non avevano nessuna voglia di suonare l’arpa, ma appesero i loro strumenti sui pioppi. — Sal. 137:1, 2.

      A motivo dell’impossibilità di identificare con certezza il kinnòhr, e specialmente il nèvel (strumento a corda), qualsiasi tentativo di paragonare i due strumenti è avventato. In I Cronache 15:20, 21 sono menzionati “strumenti a corda [nevalìm (plurale)] intonati ad Alamot, . . . arpe [kinnoròhth (plurale)] intonate a Seminit”. Se “Alamot” si riferisce a un registro musicale più alto e “Seminit” a uno di tono più basso, questo potrebbe indicare che il kinnòhr era lo strumento più grande, di tono più basso. Ma potrebbe essere vero anche il contrario (com’è opinione generale) se in realtà Alamot e Seminit sono menzionati qui come particolari modi di accordare questi strumenti. In ogni caso, entrambi gli strumenti erano portatili.

      In Daniele 3:5, 7, 10, 15 il termine aramaico sabbekhà’ sembra riferirsi a un’“arpa triangolare” (NM), ed è reso anche “arpicordo” (CEI; Di) e “sambuca”. (ATE; Ga; PIB) La sabbekhà’ è descritta da alcuni come una piccola arpa triangolare a quattro corde, dal suono acuto, descrizione che corrisponde a quanto detto sopra.

      [Figura a pagina 109]

      Tre prigionieri che suonano la lira, particolare di un bassorilievo assiro

  • Arpione
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    • Arpione

      Strumento simile a una lancia uncinata usato generalmente nella pesca di grossi pesci. Il termine arpione ricorre solo in Giobbe 41:7 per far notare le caratteristiche della pelle del Leviatan (coccodrillo) simile a una corazza, in cui non può penetrare un comune arpione.

  • Artaserse
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    • Artaserse

      (Artasèrse) [persiano Artakhshatra].

      Nome o titolo di diversi re persiani. Pare significhi “colui il cui impero è perfetto”, o semplicemente “grande regno”.

      1. Sovrano persiano che fece interrompere la costruzione del tempio di Geova a Gerusalemme. (Esd. 4:7-24) Nell’intervallo fra il regno di Ciro il Grande, che aveva permesso il ritorno degli ebrei a Gerusalemme (537 a.E.V.), e quello di Dario I (il Persiano), che tolse (520 a.E.V.) il bando contro la costruzione del tempio, ci furono due re: Cambise e il mago Gaumata, il quale (almeno secondo il re Dario) si fece passare per Smerdi e con l’inganno usurpò il trono. Cambise è evidentemente l’“Assuero” menzionato in Esdra 4:6 a cui fu presentata la prima protesta di coloro che si opponevano alla ricostruzione del tempio. Perciò, da Esdra 4:7 in poi, il sovrano chiamato “Artaserse” era evidentemente Gaumata, che rimase al potere solo otto mesi (522 a.E.V.), e fu poi messo a morte da Dario figlio di Istaspe, che gli successe sul trono di Persia.

      2. La traduzione greca dei Settanta si riferisce ad Assuero, marito della regina Ester, come “Artaserse”. (Est. 1:1–2:23) Egli è ritenuto il re noto nella storia secolare col nome di Serse I (486–474 a.E.V.). — Vedi ASSUERO n. 3.

      3. Artaserse Longimano (474–423 a.E.V.), figlio di Serse I, si pensa sia il re menzionato in Esdra 7:1-28 e Neemia 2:1-18; 13:6. Alcuni storici moderni, senza tener conto dei due re summenzionati (Gaumata e Serse I), chiamano Longimano Artaserse I. Secondo l’antico storico Plutarco, il nome Longimano deriva dal fatto che la mano destra del re era più lunga della sinistra.

      Durante il suo regno, Longimano accordò al sacerdote Esdra e anche a Neemia il permesso di recarsi a Gerusalemme. (Esd. 7:1-7; Nee. 2:1, 7, 8) Gli storici antichi gli attribuiscono un carattere generalmente benevolo e generoso. Questo coincide con le azioni che Longimano compì nel settimo anno del suo regno (468 a.E.V.), quando concesse a Esdra “tutto ciò che chiese”, provvedendo mediante un decreto l’argento e l’oro e i vasi per il tempio oltre alle provviste di grano, vino, olio e sale. (Esd. 7:6, 12-23; 8:25-27) Questa generosa contribuzione

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