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  • Tiberio
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Augusto scelse Tiberio quale suo successore solo dopo che altri da lui preferiti a Tiberio erano tutti morti. Questi salì al potere il 17 agosto 14 E.V. (calendario gregoriano). Giovanni cominciò a battezzare “nel quindicesimo anno del regno di Tiberio Cesare”, anno che andava dall’agosto del 28 E.V. all’agosto del 29 E.V. — Luca 3:1-3.

      Tiberio visse fino al marzo del 37 E.V., e quindi era imperatore durante tutto il ministero di Gesù. Era dunque di Tiberio l’effigie sul denaro della tassa portato a Gesù quando disse: “Rendete a Cesare le cose di Cesare”. (Mar. 12:14-17; Matt. 22:17-21; Luca 20:22-25) Tiberio incluse fra i reati di lesa maestà, oltre alle attività sediziose, anche semplici parole diffamatorie nei confronti dell’imperatore, e presumibilmente in forza di questa legge gli ebrei insisterono perché Ponzio Pilato mettesse a morte Gesù. (Giov. 19:12-16) Tiberio in seguito convocò Pilato a Roma a motivo delle lagnanze degli ebrei contro la sua amministrazione, ma morì e gli succedette Caligola prima dell’arrivo di Pilato.

      Come imperatore Tiberio ebbe sia virtù che vizi. Limitò le spese voluttuarie e così ebbe fondi da usare generosamente per accrescere la prosperità dell’impero, e anche riserve per aiutare la ripresa economica dopo disastri e tempi cattivi. Tiberio si considerava un uomo non un dio, declinò molti titoli onorifici e in genere rivolse il culto dell’imperatore ad Augusto più che a se stesso.

      Tuttavia i suoi vizi superarono le virtù. Era estremamente sospettoso e ipocrita nei rapporti con altri e durante il suo regno fece mettere a morte molti amici d’un tempo. Consultava gli astrologi. Nella villa di Capri, dove trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita, cedette alle proprie brame perverse nel modo più degradato con uomini tenuti per scopi innaturali.

      Non solo Tiberio era disprezzato personalmente da molti, fra cui il suo maestro Teodoro di Gadara e il padre adottivo Augusto, ma anche dai sudditi in generale. Dopo la sua morte il Senato rifiutò di deificarlo. Per queste ragioni e altre ancora, gli studiosi biblici vedono in Tiberio un adempimento della profezia secondo la quale “uno che sarà disprezzato” sarebbe sorto come “re del nord”. — Dan. 11:15, 21.

  • Tibni
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    • Tibni

      (Tibni o Tibnì) [forse, paglia].

      Pretendente al trono del regno delle dieci tribù di Israele dopo i sette giorni di regno del quinto re di Israele, Zimri, nel 951 a.E.V. Il popolo era indeciso se fare re Tibni o Omri. Quattro anni più tardi, durante i quali presumibilmente infuriò la guerra civile, la questione alla fine fu risolta: Tibni fu sconfitto dai sostenitori di Omri e messo a morte. Figlio di Ghinat. — I Re 16:15, 21-23.

  • Tichico
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    • Tichico

      (Tìchico) [fortuito; fortunato].

      Uno degli aiutanti di Paolo, “diletto fratello e fedele ministro e compagno di schiavitù nel Signore”, originario del distretto dell’Asia. (Col. 4:7) Tichico era uno di coloro che accompagnarono Paolo di ritorno dalla Grecia, attraverso la Macedonia e in Asia Minore; ma non è specificato se l’abbia accompagnato fino a Gerusalemme. (Atti 20:2-4) Tichico è uno dei tanti che si pensa possano essere “il fratello” che, in Grecia, aiutò Tito a fare una colletta per i fratelli della Giudea. (II Cor. 8:18, 19; 12:18) Dalla sua prigione a Roma, Paolo inviò lettere a Efeso e Colosse per mano di Tichico, promettendo che questi avrebbe portato loro altre notizie sul suo conto e li avrebbe confortati; nella lettera ai colossesi è menzionato che Tichico era accompagnato da Onesimo. (Efes. 6:21, 22; Col. 4:7-9) Dopo esser stato rimesso in libertà, Paolo pensò di mandare Artema oppure Tichico a Creta. (Tito 3:12) Mentre era per la seconda volta in prigione a Roma, l’apostolo mandò Tichico a Efeso. — II Tim. 4:12.

  • Tiglat-Pileser (III)
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Tiglat-Pileser (III)

      (Tiglàt-Pilèser) [la mia fiducia è il figlio di Esarra (cioè, il dio Ninib), oppure, la mia fiducia è il figlio (del tempio) Esarra].

      Potente re d’Assiria (il cui nome è scritto anche Tilgat-Pilneser) e il primo menzionato per nome nella Bibbia. Il suo regno contrassegnò un’epoca di riorganizzazione, crescente espansione e forza che portarono l’impero assiro al vertice della potenza. Si ritiene che sia stato il primo monarca assiro a introdurre la politica di deportazione e reinserimento in massa dei popoli vinti. Si afferma che in un solo anno ben 154.000 persone siano state trasferite a viva forza all’interno dei paesi conquistati. A quanto pare lo scopo di questa dura politica era quello di infrangere lo spirito dei gruppi nazionali e indebolire o eliminare qualsiasi unità d’azione tendente a sottrarsi al giogo assiro.

      Questo re compare dapprima nella Bibbia come “Pul”. (II Re 15:19) Inoltre I Cronache 5:26 dichiara che Dio “eccitò lo spirito di Pul re d’Assiria e lo spirito di Tilgat-Pilneser re d’Assiria, così che portò in esilio” la popolazione di alcune tribù di Israele. Benché questo sembrerebbe indicare due re distinti, antichi documenti secolari riferiscono entrambi i nomi allo stesso personaggio: il nome “Pulu” ricorre nel cosiddetto “Elenco dei re babilonesi A”, mentre nella “Cronaca sincronica” compare Tiglat-Pileser (Tukultiapil[e]sarra). (J. B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, pp. 272, 273) Pure degno di nota è il fatto che, in ebraico, nel versetto appena citato il verbo “portò” è al singolare non al plurale. È opinione comune che “Pul” fosse il nome proprio del monarca che assunse il nome “Tiglat-Pileser” (nome di un precedente e famoso re assiro) quando ascese al trono.

      Durante il regno di Menaem re di Israele (ca. 790-780 a.E.V.), Tiglat-Pileser III (“Pul”) penetrò nella Palestina e Menaem cercò di ingraziarsi l’assiro pagandogli un tributo di “mille talenti d’argento”. Temporaneamente pacificato, Tiglat-Pileser ritirò il suo esercito. (II Re 15:19, 20) Documenti assiri menzionano Menaem insieme a Rezin di Damasco e Hiram di Tiro, vassalli di Tiglat-Pileser.

      Poi, all’epoca di Acaz re di Giuda (ca. 762-746 a.E.V.), Peca re di Israele si alleò con Rezin re di Damasco e attaccò Giuda. (II Re 16:5, 6; Isa. 7:1, 2) Nonostante l’assicurazione del profeta Isaia che in breve tempo i due regni alleati sarebbero scomparsi, il re Acaz preferì mandare del denaro a Tiglat-Pileser perché venisse in suo aiuto. (II Re 16:7, 8; Isa. 7:7-16; 8:9-13) Un’iscrizione assira descrive il tributo pagato da Iaùhazi (Ioacaz o Acaz) di Giuda e da altri re della zona: “... oro, argento, stagno, ferro, antimonio, abiti di lino con guarnizioni multicolori, abiti di (produzione) locale (fatti di) lana color porpora scura.. ogni genere di oggetti sontuosi siano essi prodotto del mare o del continente, i prodotti (scelti) delle loro regioni, i tesori dei (loro) re, cavalli, muli (avvezzi al) giogo”. (J. B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, p. 282) L’aggressore assiro rispose all’invito di Acaz invadendo Israele, conquistando diverse città settentrionali e devastando le regioni di Galaad, Galilea e Neftali, portando molti in esilio. (II Re 15:29; I Cron. 5:6, 26) Damasco fu attaccata e conquistata dall’esercito assiro e il suo re, Rezin, ucciso. A Damasco Tiglat-Pileser ricevette la visita di Acaz re di Giuda, venuto per esprimere gratitudine o sottomissione all’Assiria. — II Re 16:9-12.

      Isaia era stato ispirato a predire che Geova si sarebbe servito del re d’Assiria come di un “rasoio noleggiato” per ‘radere’ il regno di Giuda. (Isa. 7:17, 20) Sia che il “rasoio noleggiato” si riferisse personalmente a Tiglat-Pileser, assoldato da Acaz, o no, la Bibbia indica che causò grande afflizione al re giudeo e che il prezzo pagato da Acaz “non gli fu di nessuna assistenza”. (II Cron. 28:20, 21) Ciò può aver segnato la fase iniziale della ‘inondazione’ o invasione assira di Giuda, che sarebbe ‘giunta fino al collo del regno’, come effettivamente accadde all’epoca di Ezechia. — Isa. 8:5-8; II Re 18:13, 14.

      In alcune sue iscrizioni Tiglat-Pileser dice a proposito del regno settentrionale di Israele: “Essi abbatterono il loro re Peca (Pa-qa-ha) e costituii Oshea (A-ú-siʼ) re su di loro. Ricevetti da loro 10 talenti d’oro, . . . talenti d’argento quale loro [tri]buto e li portai in Assiria”. (J. B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, p. 284) Così il re assiro si attribuisce il merito dell’assunzione del potere regale di Israele da parte di Oshea (ca. 748-740 a.E.V.) dopo la sua cospirazione per assassinare Peca. — II Re 15:30.

      Quasi tutte le opere di consultazione attribuiscono a Tiglat-Pileser III circa diciotto anni di regno. Ma i riferimenti biblici indicano che il suo regno ebbe durata notevolmente più lunga, in quanto si parla di lui dall’epoca di Menaem fino a quella di Oshea. Infatti il periodo anteriore alla data generalmente attribuita all’inizio del regno di Tiglat-Pileser è relativamente oscuro per ciò che riguarda i documenti antichi ed è considerato un periodo di grande declino per gli assiri.

      In II Cronache 28:16 si legge che Acaz mandò a chiedere “ai re d’Assiria perché lo aiutassero”. “Re” è al plurale nel testo masoretico, mentre è al singolare in altri manoscritti antichi e nella Settanta, per cui molte traduzioni si attengono al plurale ebraico (ATE, Luzzatto, NM, VR) Secondo alcuni qui il plurale indicherebbe semplicemente la somma maestà e grandezza attribuita a un unico monarca (Tiglat-Pileser III) quale “re dei re”. Comunque viene richiamata l’attenzione anche sulla vanagloriosa dichiarazione del monarca assiro riportata in Isaia 10:8: “Non sono i miei principi nello stesso tempo re?” È quindi possibile che il riferimento a “Pul re d’Assiria” (II Re 15:19) si possa applicare anche nel senso che prima di diventare il capo di tutto l’impero fosse il sovrano di una provincia assira.

      Alla sua morte a Tiglat-Pileser III successe Salmaneser V. Si potrebbero conoscere altri particolari relativi a questo re se non fosse per il fatto che un sovrano posteriore, Esar-Addon, fece mutilare le iscrizioni di Tiglat-Pileser, un raro affronto che non si era mai verificato nella storia assira.

  • Tignola
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    • Tignola

      Insetto con quattro ali simile a una farfallina dalla quale però differisce nelle antenne che di solito sono leggere e non terminanti in protuberanze distinte. In posizione di riposo le ali della tignola non sono erette come spesso avviene per le farfalle. Invece rimangono ripiegate all’indietro sul corpo dell’insetto o stese ai lati. Inoltre le tignole in genere sono notturne. L’insetto menzionato nelle Scritture è evidentemente la tignola dei panni, specie nel suo micidiale stadio larvale. (Giob. 13:28; Sal. 39:11; Isa. 50:9; 51:8; Osea 5:12; Matt. 6:19, 20; Luca 12:33; Giac. 5:2) La facilità con cui si può schiacciare una tignola fu usata da Elifaz come figura della fragilità dell’uomo mortale. — Giob. 4:17, 19, 20.

      La femmina della tignola dei panni depone le uova su tessuti di lana o di seta, oppure sulle pellicce, distribuendole in modo che le larve che ne escono abbiano ampio spazio e materiale di cui nutrirsi. Le larve non mangiano prima di essersi protette con una “casa” o astuccio larvale costruito con le fibre disponibili. In questa “casa” rimangono mentre si nutrono. — Giob. 27:18.

  • Tilgat–Pilneser
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    • Tilgat–Pilneser

      Vedi TIGLAT–PILESER (III).

  • Timone
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Timone

      Organo direzionale dei natanti. Anticamente le imbarcazioni a vela avevano timoni di vario genere e numero. Alcune avevano un unico remo direzionale. Di solito però le navi greche e romane avevano due pale direzionali a poppa, ciascuna delle quali probabilmente poteva essere manovrata in modo indipendente attraverso uno scalmo (a volte una specie di boccaporto aperto). Quando l’imbarcazione era all’ancora, i remi timonieri venivano tenuti sollevati fuori dell’acqua mediante rizze o cavi.

      “Timoni” (“pale direzionali”, NE) furono impiegati per dirigere la nave su cui era imbarcato Paolo e che fece naufragio a Malta. Si mollarono le ancore e prima di spiegare la vela maestra vennero sciolti i cavi, lasciando libere le pale del timone per aiutare i marinai a dirigere la nave verso la spiaggia. — Atti 27:40.

      Giacomo (3:4, 5) spiega l’enorme potere della lingua nel dirigere l’intero corpo paragonandola al relativamente piccolo timone (o “remo-timone”, Int) di una grande nave.

  • Timore
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Timore

      Nell’uso comune timore significa attesa di qualcosa di dannoso o penoso, in genere sentimento penoso caratterizzato da ansia, paura, inquietudine. Tuttavia timore può significare anche calmo riconoscimento o identificazione di qualcosa che può nuocere o danneggiare, che induce a essere ragionevolmente cauti e previdenti.

      La Bibbia mostra che esiste un timore giustificato e un timore ingiustificato. Quindi il timore può essere salutare, far procedere con la dovuta cautela di fronte a un pericolo, evitando così un disastro, oppure può essere morboso, far perdere la speranza e indebolire la resistenza nervosa, al punto da provocare la morte. Il timore di Dio è salutare; è rispetto e profonda riverenza per il Creatore e sano timore di dispiacergli motivato dalla riconoscenza per la sua amorevole benignità e bontà unita alla consapevolezza che è il Supremo Giudice e l’Onnipotente, e ha il potere di punire o mettere a morte coloro che gli disubbidiscono. Il giusto timore include anche il dovuto rispetto per l’autorità secolare; infatti il cristiano sa che una giusta punizione inflitta dall’autorità per un reato sarebbe una diretta espressione dell’ira di Dio. — Rom. 13:3-7.

      Adamo ed Eva non ebbero un giusto, salutare timore di Dio e perciò disubbidirono. Questo produsse in loro penoso timore o terrore, che li indusse a nascondersi dalla presenza di Dio. Adamo disse: “Ho udito la tua voce nel giardino, ma ho avuto timore”. (Gen. 3:10) Caino figlio di Adamo provò simile timore dopo aver assassinato suo fratello Abele, e questo timore può aver contribuito alla sua decisione di costruire una città. — Gen. 4:13-17.

      In Genesi 9:2 il termine “timore” è riferito alla creazione animale. Dio disse a Noè e ai suoi figli: “Il timore di voi e il terrore di voi continuerà su ogni creatura vivente della terra”. Nell’anno durante il quale Noè e la sua famiglia erano nell’arca, gli animali e gli uccelli ivi rinchiusi avevano timore di quegli esseri umani e questo contribuì a trattenerli. Perciò, quando uscirono dall’arca dopo il diluvio, Geova assicurò Noè che questo timore sarebbe rimasto. Ciò è confermato dall’esperienza umana. G. G. Goodwin (della sezione Mammiferi dell’American Museum of Natural History) dice: “Normalmente un

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