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  • Requisiti per il ministero
    La Torre di Guardia 1954 | 15 dicembre
    • suoi discepoli spiegava chiaramente le sane dottrine. Nell’addestrare i suoi discepoli per il loro lavoro Gesù fu molto pratico. Li condusse di città in città e di villaggio in villaggio e di casa in casa, mostrando loro come e che cosa insegnare al popolo. Più tardi, dopo tale addestramento, li mandò a due a due in modo che anch’essi acquistassero cognizioni preziose e pratiche con l’esperienza personale. Gli uomini ch’egli addestrò divennero ministri competenti con i requisiti necessari per il loro servizio.

      14. Come il giusto intendimento e la pratica del battesimo simbolico illustrano un’altra esigenza del ministero?

      14 Consideriamo, per esempio, Pietro. Nel giorno della Pentecoste Pietro predicò a una vasta riunione pubblica, senza dubbio la più numerosa alla quale avesse parlato sino a quel tempo. Come risultato di quella predicazione tremila persone furono convertite e più tardi battezzate. (Atti 2:14-41) Coloro che sostengono l’aspersione invece del battesimo con l’immersione nell’acqua insegnano che Pietro deve avere asperso quel numeroso gruppo, dato che non c’era modo a Gerusalemme di immergere tanti. Ma tali maestri sono in errore, poiché allora c’erano in Gerusalemme e nei dintorni molte piscine nelle quali le moltitudini poterono facilmente essere battezzate. Le piscine che Salomone costruì per annaffiare i suoi giardini sono da lui descritte: “Mi piantai delle vigne; mi feci de’ giardini e dei parchi, e vi piantai degli alberi fruttiferi d’ogni specie: mi costrussi degli stagni per adacquare con essi il bosco dove crescevano gli alberi”. (Eccl. 2:4-6) Oggi si possono vedere ancora tre di queste piscine a Gerusalemme. Furono collegate insieme con tubi di terracotta, ed hanno una lunghezza di 16 metri circa, una larghezza di 6 metri circa e una profondità di 4 metri circa, con gradini in pietra a ciascuna estremità. Oltre a queste piscine c’era pure la piscina di Siloe, dove potevano comodamente esser fatte immersioni in massa. Quindi Pietro non asperse quelle migliaia di persone; esse indubbiamente furono immerse in acqua. Quel fedele apostolo era veramente bene addestrato per il ministero e, assistito dallo spirito di Geova, Pietro usò la prima delle “chiavi del regno”, aprendo ai Giudei i privilegi del Regno. — Matt. 16:19.

      IL MINISTERO DI PAOLO

      15, 16. (a) Quando e come scelse Gesù l’ultimo dei suoi dodici apostoli? (b) Quali pratiche di Paolo lo identificano come un vero ministro?

      15 Dopo la Pentecoste, il messaggio del Regno si divulgò rapidamente, con gran cordoglio dei nemici di Gesù. Alcuni uomini preminenti del tempo accettarono il messaggio del Regno e cominciarono a predicarlo ad altri. Fra loro c’era un brillante giovane di Tarso chiamato Saulo. Il suo nome fu più tardi cambiato in Paolo ed egli divenne uno dei dodici apostoli di Gesù.

      16 Paolo ebbe un’esperienza meravigliosa che lo convertì alla verità. Mentre era in viaggio per Damasco per perseguitare i cristiani gli fu data una miracolosa visione del Cristo glorificato, il quale disse a Paolo che era un vaso scelto per portare il messaggio del Regno a molti. Con gran zelo Paolo entrò nel ministero. Dopo un periodo di studio accurato per conoscere i requisiti per il ministero si diede interamente al servizio di Geova Dio. Si recò in paesi lontani, predicando ed insegnando la buona notizia dovunque andava. In una occasione Paolo visitò la città di Atene in Grecia, dove doveva incontrarsi con altri conservi nel ministero. Ivi nella sinagoga cercò di interessare al messaggio del Messia i Giudei di lingua greca, ma nessuno volle ascoltarlo. Successivamente, nella piazza, ebbe l’opportunità di discutere le Scritture con certi filosofi, entrando anche in contatto con gli Epicurei e gli Stoici. Gli Epicurei non credevano che i loro numerosi dèi si interessassero molto alle condizioni dell’uomo. Il loro scopo principale nella vita era di soddisfare i sensi. Gli Stoici credevano che tutti gli interessi della vita fossero controllati e guidati dal destino.

      17. Ad Atene, quali attitudini di certi curiosi ascoltatori non diminuirono né sopraffecero il senso di responsabilità di Paolo quale ministro di Geova?

      17 Entrambi questi gruppi, verosimilmente infastiditi dall’insistenza di Paolo, finalmente se ne disgustarono, alcuni chiamandolo un chiacchierone, mentre altri cominciarono a domandarsi quali fossero le sue intenzioni. (Atti 17:18) Essi usarono con disprezzo questo termine di “chiacchierone”, intendendo dire che Paolo era come una cornacchia che raccogliesse briciole di cibo lungo la via, come se egli avesse raccolto briciole di conoscenza qua e là ed ora tentasse di farle passare per sue. Ah, ma quei filosofi non erano in grado di rispondere alle domande di Paolo o di confutare i suoi argomenti intorno a Gesù e alla risurrezione. Pertanto, esasperati, “presolo con sé lo condussero su nell’Areopago, dicendo: Potremmo noi sapere qual sia questa nuova dottrina che tu proponi?” In quel tempo una legge romana disponeva che ‘nessuno potrà avere un dio particolare, o nuovo; né adorare privatamente alcun dio straniero salvo che non sia pubblicamente consentito’. Paolo urtò per la prima volta contro questa legge a Filippi, dove i suoi accusatori dissero ai magistrati: “Questi uomini, che sono Giudei, perturbano la nostra città, e predicano dei riti che non è lecito a noi che siam Romani né di ricevere, né di osservare”. — Atti 17:19; 16:19-40.

      18. Qual’è la differenza fra Atene e Gerusalemme?

      18 Ora Paolo si trovava nel luogo che a quel tempo e da molti secoli si vantava d’essere il centro della cultura e dell’istruzione, una città indipendente o libera, una democrazia modello. I suoi grandi filosofi, esibendo la loro cosiddetta saggezza, avevano attirato l’attenzione delle persone colte di tutto il mondo. Gli Ateniesi erano stati un popolo superbo e ricco. Ma ora anche Atene era soggetta alla sesta potenza mondiale, Roma. D’altra parte, Paolo veniva da Gerusalemme, città su cui Geova si era compiaciuto di apporre il suo nome e dove Gesù aveva insegnato al popolo ed aveva introdotta la vera religione. Inoltre, Paolo era un attivo cittadino della “Gerusalemme di sopra”, l’organizzazione di Geova veramente libera. (Gal. 4:26) Che cosa sarebbe venuto fuori da questo invito ad esporre la sapienza che viene dall’alto davanti ai sostenitori della saggezza di questo mondo? Vediamo:

      19-21. (a) Chi comprendeva l’uditorio di Paolo sul Colle di Marte, e come era egli addestrato per servirlo? (b) Come cominciò Paolo ad illuminare i suoi ascoltatori?

      19 L’Areopago o Colle di Marte, vecchio di secoli, una volta luogo di raduni all’aperto della corte suprema della famosa città, non era ora altro che un foro pubblico. Ai posti migliori sedevano allora i superbi Epicurei ben vestiti e ben nutriti. Dietro a loro venivano gli Stoici dal volto serio, seguiti dai loro allievi venuti da lontano e da vicino. Ecco pure Dionisio, un giudice, che prende posto dove potrà udire tutto quello che Paolo dirà. Finalmente si vede prender posto una signora di nome Damaris. (Il discorso di Paolo in questa occasione la convertì a divenire una seguace di Cristo). Quale uditorio! — rappresentanti del tribunale, intellettuali e la società di questa decadente metropoli della scienza e della cultura.

      20 Osserviamo ora l’oratore invitato, l’apostolo Paolo, servitore di Geova. È un uomo piccolo, non troppo vistoso né riccamente vestito. Ha già passato qualche tempo in prigione prima di giungere ad Atene, ed a causa dei suoi viaggi gli abiti mancano probabilmente di freschezza. Egli si presenta solo, senza aiuto o conforto umano. È scoraggiato o abbattuto? Impossibile, poiché è armato con la “spada dello spirito”, che è più acuta di qualsiasi spada materiale, e sa come maneggiarla perché possiede i requisiti necessari per il ministero. Guidato dallo spirito di Geova, Paolo parla:

      21 “Ateniesi, io veggo che siete in ogni cosa quasi troppo religiosi [dati al timore dei demoni, Co]. Poiché, passando, e considerando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al Dio Sconosciuto. Ciò dunque che voi adorate senza conoscerlo, lo ve l’annunzio”. (Atti 17:22, 23) Quale introduzione! Quale maniera di rivolgersi a questa riunione di filosofi! Queste parole pronunciate da un “chiacchierone” ebbero un effetto elettrizzante sui suoi curiosi ed austeri ascoltatori. Sicuramente non si aspettavano nulla di simile. Infatti, con una breve dichiarazione Paolo aveva capovolto la situazione. Ora i filosofi sapienti erano diventati i ’chiacchieroni’ ed apparivano stolti e ignoranti, mentre il piccolo ed insignificante uomo di Gerusalemme era divenuto l’erudito istruttore. Questi superbi Ateniesi ammettevano pubblicamente che adoravano nell’ignoranza un dio intorno al quale non sapevano nulla, mentre Paolo conosceva molto intorno a lui e di buon grado si mise a ragguagliarli. Non avrebbe potuto parlare così a questi uomini in piazza, dove si radunavano regolarmente per istruire altri, ma qui Paolo era oratore invitato da loro, libero di dire ciò che voleva.

      22, 23. Come Paolo identificò con tatto l’Iddio vivente?

      22 Potete immaginarvi il disagio di quei filosofi mentre si dicevano l’un l’altro: ‘Chi mai ebbe l’idea di portare qui quest’uomo per metterci in tanto imbarazzo?’ Ah, ma aspettate! Paolo ha soltanto cominciato a smascherare l’ignoranza di costoro. Egli continua: “L’Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi fatti d’opera di mano; e non è servito da mani d’uomini; come se avesse bisogno di alcuna cosa; Egli, che dà a tutti la vita, il fiato ed ogni cosa. Egli ha tratto da un solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, . . . benché Egli non sia lungi da ciascun di noi. Difatti, in lui viviamo, ci muoviamo e siamo, come anche alcuni de’ vostri poeti han detto: ‘Poiché siamo anche sua progenie’”. Quali parole escono dal piccolo “chiacchierone” di Gerusalemme! Sì, parole di vita! — Atti 17:24-28.

      23 Poi Paolo citò, come alcuni pretendono, da un poema di Arato di Cilicia ed anche da Cleanthes: “Cominciamo con Dio. Ogni mortale levi la sua voce per cantare l’infinita lode di Dio. Dio riempie il cielo, la terra, il mare, l’aria; sentiamo il suo spirito librarsi dovunque, e noi siamo la sua progenie”. Così l’oratore sostenne il suo sorprendente argomento, non citando profeti ebraici, che il suo uditorio non avrebbe accettato come autorità ma ricordando loro uno scritto del loro stesso genere. Ascoltate come egli prosegue: “Essendo dunque progenie di Dio, non dobbiamo credere che la Divinità sia simile ad oro, ad argento, o a pietra scolpiti dall’arte e dall’immaginazione umana”. Ora, come la vanità di tutti quei superbi filosofi diminuiva, e come si sentivano a disagio! Come desideravano che cessasse di parlare e come sarebbero stati lieti di uscire dall’aula senza essere veduti! — Atti 17:29.

      24, 25. (a) Continuando, quale requisito di Geova fu messo in risalto da Paolo? (b) Quale sana dottrina insegnò ai suoi ascoltatori e quali risultati finali ottenne dall’insolita assemblea pubblica?

      24 Ma abbiate pazienza, signori, Paolo ha altro da dirvi. Usando tatto teocratico le sue osservazioni successive sono gentili; e se questi cosiddetti “sapientoni” male informati fossero stati disposti ad ascoltare avrebbero potuto ottenere la vita. Egli aggiunge: “È vero che Dio ha passato sopra ai tempi di tale ignoranza, ma ora egli dice al genere umano che tutti, in ogni luogo, si ravvedano. Perché ha stabilito un giorno nel quale si propone di giudicare con giustizia la terra abitata per mezzo di un uomo che ha nominato, e ne ha dato a tutti una garanzia in quanto lo ha risuscitato dai morti”. — Atti 17:30, 31, NW.

      25 Risurrezione dei morti? Sbalorditivo, sì; ma per i filosofi ateniesi questo divenne immediatamente la via d’uscita. “Alcuni se ne facevano beffe; ed altri dicevano: Su questo noi ti sentiremo un’altra volta”. Così bruscamente e senza cerimonie la maggioranza democratica, con votazione orale, dichiarò chiusa la sessione. Essi, come uomini “sapienti”, pensavano che nessuna persona di una certa importanza in Atene credesse alla risurrezione. Ma, come sempre, si erano sbagliati di grosso. Come “Paolo uscì dal mezzo di loro . . . alcuni si unirono a lui e credettero”. Fra loro c’era il giudice Dionisio e una donna chiamata Damaris. (Atti 17:32-34) Una congregazione fu organizzata in Atene e, per l’immeritata benignità di Geova, anche oggi molti testimoni di Geova continuano a predicare in quella città. Con il libero ed intrepido uso della Parola di Dio, tutta la “saggezza” prodotta da quei filosofi ateniesi fu da Paolo dimostrata stoltezza, che non meritava seria considerazione, mentre fu dimostrato che la Parola di Geova contiene la via della vita. Soltanto essa sussiste in perpetuo. Con questa esperienza di Paolo ci viene ricordato che egli aveva i requisiti necessari per il ministero assegnatogli. In quel poderoso, chiaro, benché interrotto, discorso egli smascherò con tatto le sofisticherie dei curiosi sapientoni mondani e determinò anche la fede di alcuni che erano consapevoli del loro bisogno spirituale.

  • I veri ministri oggi
    La Torre di Guardia 1954 | 15 dicembre
    • I veri ministri oggi

      1. Di quale condotta giusta e sbagliata di ministro fu Mosè un esempio?

      I REQUISITI per il vero ministero potrebbero variare in certi tempi. Circa trentacinque secoli fa il profeta di Geova, Mosè, fu istruito in tutta la sapienza degli Egiziani, essendo stato allevato alla corte reale. Più tardi, da uomo maturo ubbidiente a Geova, Mosè seppe come avvicinare e trattare il superbo Faraone. Essendo d’indole mite ed umile, Mosè usò anche notevole indulgenza con i milioni d’Israeliti che, da poco liberati dalla schiavitù d’Egitto, erano irrequieti e non troppo facili a controllarsi. Come schiavi erano

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