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Il Benin sopprime la libertà di adorazioneSvegliatevi! 1976 | 22 dicembre
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Il Benin sopprime la libertà di adorazione
FORSE conoscete questo paese col nome di Dahomey. Ma nel novembre del 1975 questa piccola nazione dell’Africa Occidentale cambiò nome, chiamandosi Repubblica Popolare del Benin. Da allora il paese ha intensificato i suoi sforzi per sopprimere l’adorazione cristiana dei testimoni di Geova.
Decine di Testimoni sono stati arrestati e alcuni crudelmente picchiati. In aprile la sede filiale della Watch Tower Bible and Tract Society fu confiscata e il personale della filiale come pure i missionari furono espulsi dal paese. Tutte le Sale del Regno, dove si tengono le adunanze cristiane, sono state chiuse. E centinaia di Testimoni si sono messi in salvo fuggendo nei paesi vicini.
Perché i testimoni di Geova sono stati oggetto di attacchi così spietati nel Benin? Cosa succede in quel paese?
Una nazione che cambia
In questa ex colonia francese non è cambiato solo il nome. Da che nel 1960 il Dahomey ottenne l’indipendenza vi sono stati cinque colpi di stato. L’ultimo fu quello del 26 ottobre 1972, quando un governo militare con a capo il colonnello Mathieu Kerekou andò al potere nel Dahomey.
Nel tentativo di sviluppare questo paese prevalentemente agricolo, i suoi capi si sono rivolti all’Unione Sovietica e alla Cina per ricevere aiuto. Il Times di New York del 23 novembre 1975 scrisse:
“‘Il socialismo è la strada che abbiamo scelto, il marxismo leninista è la nostra guida’, è divenuto lo slogan dei capi del Dahomey da che un anno fa il paese intraprese un nuovo corso politico.
“I capi militari del Dahomey hanno deciso che il socialismo è il mezzo per favorire lo sviluppo di questo stato agricolo . . .
“Gli aiuti cinesi al Dahomey, che includono un prestito di 50 milioni di dollari, sono stati particolarmente evidenti nell’agricoltura . . .
“La conversione al socialismo risale al 30 novembre 1974”.
È significativo il fatto che l’annuncio del cambiamento di nome del paese fu dato il 30 novembre 1975. A quel tempo si tennero delle cerimonie per celebrare il primo anniversario della data in cui era stata proclamata l’adozione del “socialismo scientifico marxista-leninista” nel paese.
Specialmente sotto l’influenza dei comunisti cinesi, la vita nel Benin è stata sensibilmente riorganizzata, in particolare durante l’anno passato. Nei posti di lavoro sono stati stabiliti corsi ideologici, durante i quali viene impartita istruzione basata sul libretto rosso di Mao. In questi luoghi di lavoro si tengono anche cerimonie obbligatorie di saluto alla bandiera. Le persone devono salutarsi con slogan politici, anche quando rispondono al telefono. E chi non si conforma a queste esigenze è denunciato alle autorità.
Commentando il nuovo spirito nazionalistico del paese, il ministro dell’Interno Martin Dohou Azonhiho disse in un discorso il 16 aprile 1976: “Come sapete, quando siamo insieme come militanti, cantiamo l’inno nazionale, gridiamo gli slogan rivoluzionari e stiamo sull’attenti davanti all’emblema nazionale”.
Questo nuovo spirito nazionalistico prevalente nel Benin ha fomentato la spietata persecuzione dei testimoni di Geova. Perché?
Effetto sui testimoni di Geova
Nel suo discorso del 16 aprile il sig. Azonhiho spiegò:
“Se non cambiano atteggiamento, questi stranieri saranno espulsi dal territorio nazionale. Non si deve agire così. Ho già dato rigorose istruzioni alle autorità di quartiere che, se per la fine del mese i testimoni di Geova non gridano gli slogan rivoluzionari, non cantano l’inno nazionale, non rispettano la bandiera, espellerò tutti i rappresentanti stranieri dei testimoni di Geova, questi agenti autorizzati dalla C.I.A.”.
Pertanto i testimoni di Geova sono stati perseguitati perché non compiono gesti nazionalistici. Sono considerati nemici dello Stato, sia i Testimoni originari del posto che i missionari venuti da altri paesi. Ma pensate: Se fossero veramente nemici della Repubblica Popolare del Benin, e cercassero di abbatterla, sarebbero così stupidi da rifiutare di cantarne l’inno o di salutarne la bandiera? Le spie, i traditori e altri sovversivi non si fingono forse patriottici per poter continuare la loro attività sovversiva senza dare nell’occhio?
Si tratta dell’adorazione
Il fatto è che i testimoni di Geova non cantano inni né salutano emblemi di nessuna nazione, non solo quelli del Benin. E si comportano così a motivo delle loro convinzioni religiose, non perché preferiscano un regime politico piuttosto che un altro. Quanto accadde molto tempo fa nella nazione di Babilonia illustra appropriatamente questa controversia religiosa.
Il re babilonese Nabucodonosor eresse un’enorme immagine d’oro e ordinò che al suono di certi strumenti musicali tutti si prostrassero all’immagine. Tuttavia, tre servitori ebrei di Geova Dio rifiutarono di prostrarsi, benché sapessero che il loro rifiuto sarebbe stato punito con l’esecuzione in una fornace di fuoco. Tuttavia essi dissero: “Ti sia noto, o re, che i tuoi dèi non sono quelli che noi serviamo, e non adoreremo l’immagine d’oro che hai eretta”. — Dan. 3:1-18.
Oggi esiste una situazione analoga. Per fomentare lo spirito nazionalistico fra i popoli, le nazioni hanno scelto degli oggetti ai quali è resa effettivamente adorazione religiosa. Infatti, lo storico Carlton Hayes osserva nel suo libro What Americans Believe and How They Worship: “Il principale simbolo di fede e massimo oggetto di adorazione del nazionalismo è la bandiera, e sono state escogitate curiose forme liturgiche per ‘salutare’ la bandiera, ‘fare il saluto’ con la bandiera, ‘ammainare’ la bandiera e ‘issare’ la bandiera. Gli uomini si tolgono il cappello al passaggio della bandiera; i poeti scrivono odi e i ragazzi cantano inni in omaggio alla bandiera”. Fu per il rifiuto di partecipare a queste cerimonie religiose che al principio degli anni quaranta negli Stati Uniti i testimoni di Geova furono aspramente perseguitati.
Seguendo l’esempio dei servitori ebrei di Geova Dio nell’antica Babilonia, i testimoni di Geova non salutano nessun emblema nazionale né cantano nessun inno nazionale. Non è che non rispettino la bandiera della nazione in cui abitano, inclusa la bandiera della Repubblica Popolare del Benin. La rispettano. E mostrano questo rispetto con la propria onestà e l’esemplare ubbidienza alle leggi dei paesi in cui abitano. Nel Benin, i testimoni di Geova hanno dato prova d’essere cittadini bravi e laboriosi, come dovrebbe sapere lo stesso presidente Kerekou.
E in quanto all’accusa che i testimoni di Geova siano agenti autorizzati dalla C.I.A. (Servizio Segreto degli Stati Uniti), nulla potrebbe essere più lungi dalla verità. A chi conosce i testimoni di Geova, questo suona ridicolo, poiché essi si mantengono sempre rigorosamente neutrali verso le questioni politiche, seguendo l’esempio di Gesù Cristo, che disse dei suoi seguaci: “Essi non sono parte del mondo come io non sono parte del mondo”. — Giov. 17:16.
Quindi l’azione intrapresa contro gli oltre duemila Testimoni del Benin è davvero un’ingiustificata soppressione della libertà di adorazione. E gli atti di cui essi sono vittime sono molto gravi. Vi preghiamo di considerarli.
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L’attacco lanciato contro i testimoni di GeovaSvegliatevi! 1976 | 22 dicembre
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L’attacco lanciato contro i testimoni di Geova
A PARTIRE dal 1973 l’attacco contro i testimoni di Geova si intensificò gradualmente. Quell’anno le autorità rifiutarono loro il permesso di tenere alcune “assemblee di circoscrizione” in programma, assemblee in cui varie congregazioni cristiane si riuniscono insieme per ricevere istruzione biblica. Poi nel dicembre del 1973 l’Assemblea Internazionale dei testimoni di Geova “Vittoria Divina” che si doveva tenere a Cotonou fu annullata all’ultimo minuto. Al principio dell’anno successivo le autorità concessero nuovamente il permesso di tenere assemblee di circoscrizione, ma quella fu l’ultima volta che tale permesso venne accordato.
In quel periodo le adunanze nelle Sale del Regno o nelle case private si potevano tenere senza intralci. Ma alla fine del 1974 circolavano voci secondo cui sarebbero state imposte delle restrizioni sull’opera di predicazione pubblica, e al principio del 1975 questo fu ciò che avvenne nella zona di Mono. Poi in febbraio le autorità locali della città di Parakou vietarono l’opera di testimonianza di casa in casa. Ma in altre zone i Testimoni erano liberi di predicare e di riunirsi insieme per l’adorazione.
Attacco intensificato
Dopo le celebrazioni politiche del 30 novembre 1975, quando il paese cambiò nome e fu adottata la nuova bandiera, l’attacco contro i testimoni di Geova si intensificò. Gli slogan politici divennero più popolari e quando i Testimoni rifiutavano di gridarli venivano spesso interrogati dai locali comitati rivoluzionari.
Nel dicembre del 1975 un sorvegliante di circoscrizione fu arrestato mentre compiva l’opera di predicazione. Un poliziotto fuori servizio gli gridò lo slogan politico: “Pronto per la Rivoluzione!” Egli avrebbe dovuto rispondere: “E la lotta continua”. Poiché dopo ripetute sollecitazioni egli non rispose, fu portato al posto di polizia dove fu trattenuto.
Lì fecero ulteriori tentativi per costringerlo a pronunciare lo slogan politico e a cantare l’inno politico. Lo obbligarono a strisciare sulle ginocchia e sui gomiti per parecchie ore. Infine, al termine della giornata, dopo che alcuni Testimoni ebbero parlato alla polizia, egli fu rilasciato.
Sempre in dicembre la testimonianza di casa in casa fu vietata in vari altri luoghi, e per la prima volta le autorità vietarono le adunanze in alcune Sale del Regno, confiscando addirittura le Sale. K. E. G. stava facendo dei lavori davanti alla Sala del Regno di Dowa vicino a Porto Novo. Notò un uomo che fissava dei pali e prendeva delle misure. Quando gli chiese cosa stesse facendo, questi rispose: “Vi prendiamo la Sala del Regno. Il comitato rivoluzionario locale ha deciso di vietare le vostre adunanze, e da ora in poi nella Sala si terranno riunioni politiche”. Ed è quanto accadde, senza che venisse versato alcun indennizzo per la Sala.
Da gennaio a marzo del 1976 un crescente numero di autorità locali vietò le adunanze e la predicazione dei testimoni di Geova. Le Sale del Regno furono chiuse e alcune servirono alle autorità politiche locali per le loro riunioni politiche. Il giornale governativo (il solo del Benin), e la radio, chiamata “Voce della Rivoluzione”, cominciarono a fare energici annunci contro la religione in generale e contro i Testimoni in particolare.
Pressione nei posti di lavoro
Nella maggioranza dei posti di lavoro le autorità stabilirono che ogni settimana si tenessero cerimonie di saluto alla bandiera, si cantassero inni patriottici e si gridassero slogan politici. Oltre a ciò, furono predisposti “corsi ideologici”, che includevano anche addestramento premilitare.
In un distretto, durante il primo fine settimana di aprile i dipendenti di vari posti di lavoro dovevano riunirsi insieme per uno di questi corsi ideologici. In questi posti lavoravano circa 300 persone o più. Tutti ricevettero ordine di essere presenti, inclusi quattro dipendenti Testimoni. Gli uomini, S. A., C. A. e A. A., decisero che era meglio non assistervi. La donna, J. T., vi andò ma rifiutò di partecipare a quelle parti del corso che andavano contro la sua coscienza cristiana.
Il lunedì mattina successivo, al loro arrivo sul posto di lavoro i Testimoni S. A. e C. A. furono arrestati. Ancora in abito da lavoro furono costretti a correre davanti a un veicolo fino alla scuola di polizia. Poco dopo il loro arrivo, fu portata dentro la loro sorella cristiana J. T. Tentarono di costringerli a gridare slogan politici. Furono obbligati a strisciare sulle ginocchia e sui gomiti finché furono esausti. E furono sottoposti a un ‘corso ideologico’ nel tentativo di convincerli a gridare gli slogan.
Il Testimone A. A. non doveva presentarsi al lavoro che il lunedì pomeriggio. Al suo arrivo anch’egli fu arrestato e costretto a correre davanti a un veicolo fino alla scuola di polizia, dove fu picchiato e fatto strisciare per terra e costretto a fare altri “sport” forzati. In seguito un Testimone disse che era deciso a non cedere neppure se significava essere fedele sino alla morte. Disse che la speranza della risurrezione e della vita nel nuovo sistema di Dio in quel momento gli rafforzò la fede.
Questi Testimoni furono trattenuti per quattro giorni e sottoposti a questo tipo di trattamento. Poi vennero rilasciati e fu loro detto che potevano tornare al lavoro. Tuttavia, il Testimone A. A. fu subito sottoposto a ulteriori pressioni sul posto di lavoro. I superiori insisterono che prendesse la direttiva nelle cerimonie del saluto alla bandiera e nel gridare slogan politici. Infine, in seguito al suo rifiuto fu licenziato. Poi, per ragioni analoghe, furono licenziati anche i Testimoni S. A. e C. A., ed è stato comunicato che J. T. fu di nuovo arrestata e poi rilasciata.
Aumentano le difficoltà
Sempre ai primi di aprile, tutti i Testimoni maschi della Congregazione di Gouka, nel Benin settentrionale, furono arrestati e trattenuti per settantadue ore. Furono avvertiti di smettere la predicazione pubblica e, nello stesso tempo, furono compiuti sforzi per costringerli a dire slogan politici. Falliti questi sforzi, i Testimoni furono rilasciati. Tuttavia, dissero loro che se volevano continuare a tenere adunanze nella Sala del Regno, vi dovevano includere gli inni e gli slogan politici. Ma i Testimoni non potevano farsi coinvolgere in tali attività politiche, e così furono costretti a smettere di riunirsi nella Sala del Regno.
In un discorso trasmesso dalla radio il 16 aprile il ministro dell’Interno Martin Dahou Azonhiho lanciò questa minaccia: “Se questa gente non cambia i suoi metodi, ce ne occuperemo noi”. Egli proseguì dicendo che alla fine di aprile avrebbe espulso dal paese i rappresentanti dei testimoni di Geova.
Qualche giorno dopo una delegazione di quattro Testimoni si recò dal capo distrettuale di Cotonou II per rispondere alle accuse che erano state mosse. Tuttavia, non volendo questi Testimoni dire gli slogan politici, furono arrestati e portati alla scuola di polizia. Lì furono fatti altri tentativi per costringerli a rispondere allo slogan “Pronto per la Rivoluzione!” La risposta dovrebbe essere “E la lotta continua”.
Il Testimone D. S. spiegò che era pronto a lavorare, pronto a partecipare ai lavori agricoli di cui parlano le autorità, ma che non era pronto a combattere; non era pronto per la guerra. Quindi assunse una decisa posizione e rifiutò di rispondere a tali slogan. I quattro Testimoni furono trattenuti in stato di fermo per dieci giorni dopo di che vennero rilasciati.
Intanto, durante l’ultima settimana di aprile, fu tenuta a Cotonou una riunione di parecchie ore per stabilire quali provvedimenti adottare contro i testimoni di Geova. Il giornale Ehuzu del Benin del 30 aprile 1976 pubblicò un articolo intitolato: LA SETTA DEI “TESTIMONI DI GEOVA” MESSA AL BANDO NELLA REPUBBLICA POPOLARE DEL BENIN.
L’articolo diceva: “Da martedì 27 aprile 1976 la setta dei testimoni di Geova è al bando in tutto il territorio della Repubblica Popolare del Benin. . . .
“ — tutte le adunanze dei seguaci o degli appartenenti alla setta dei testimoni di Geova sono vietate;
“ — le visite domiciliari dei predicatori della setta dei testimoni di Geova sono vietate;
“ — Tutti gli immobili usati in passato dai rappresentanti e dai seguaci della summenzionata setta saranno inventariati dalle autorità locali e usati per scopi di pubblica utilità”.
Il giornale diceva pure: “I rappresentanti della summenzionata setta, e più precisamente gli stranieri di qualsiasi nazionalità, hanno solo poche ore per lasciare il paese dopo la pubblicazione degli attuali provvedimenti”.
La decisione di espellere i missionari dei testimoni di Geova fu messa in atto senza perdere tempo. Carlos Prosser spiega: “Verso le 10 del 27 aprile venne la polizia e, in qualità di direttore della filiale, fui interrogato. Mi portarono al posto di polizia di Cotonou Akpakpa e di lì alla Polizia di Stato dove fui sottoposto a ulteriore interrogatorio. Ricondotto al posto di polizia di Cotonou Akpakpa, mi permisero di tornare a casa, dove arrivai verso le 11,30. . . . Verso le 20 ci informarono che da quel giorno, 27 aprile, eravamo espulsi . . .
“Verso le 8,30 del 28 aprile venne la polizia che ci disse di fare i bagagli e caricarli sul nostro furgone per andare alla Polizia di Stato. . . . Ci diedero 30 minuti per prepararci e partire . . . Guidai il furgone della Watch Tower Society scortato da un soldato mentre gli altri missionari furono caricati su un’altra macchina dalla polizia. . . .
“Due missionari erano pronti per andare nel Togo e gli altri in Nigeria. Noi che andavamo in Nigeria fummo scortati fino alla frontiera dalla macchina della polizia e i due diretti nel Togo rimasero indietro”. Quindi a suo tempo dieci testimoni di Geova furono espulsi dal paese, e la proprietà della Watch Tower Bible and Tract Society fu confiscata dalle autorità.
Persecuzione
Il 10 maggio i Testimoni della Congregazione di Cana, circa 120 chilometri a nord di Cotonou, furono invitati a comparire il giorno dopo davanti al comitato rivoluzionario locale. Al loro arrivo, gli andò incontro il sindaco del posto, che prese una bandiera per fargliela salutare. Al loro rifiuto, cinque persone cominciarono a picchiare i Testimoni; picchiarono perfino un ragazzo di otto anni!
Il giorno seguente i Testimoni furono portati al più vicino posto di polizia, che si trova a Bohicon, dove vennero picchiati incessantemente per ore. Furono fatti sforzi per costringere i Testimoni a dire: “Onore, gloria e vittoria al popolo”. Ma essi risposero: “Onore, gloria e vittoria a Geova”. Fu pure chiesto loro: “Da chi dipende la nostra forza?” Dovevano rispondere: “Da noi stessi”, ma essi dissero: “Da Geova”. Quindi la polizia continuò a picchiarli per costringerli a cedere.
I Testimoni, incluse le donne e il ragazzo di otto anni, furono fermati per il resto di quel giorno e tutta la notte. La mattina dopo cercarono nuovamente di costringerli a dire gli slogan. Al loro rifiuto furono di nuovo picchiati. Infine, verso mezzogiorno, venne il capo della polizia il quale, visto che erano stati picchiati senza pietà, ordinò ai poliziotti di smettere perché voleva interrogare i Testimoni.
Egli chiese: “Perché non dite gli slogan? Qual è la ragione?” La ragione, essi risposero, è che non partecipano alle attività politiche di nessuna nazione, imitando l’esempio di Gesù Cristo. “Siamo neutrali e la nostra coscienza cristiana non ci permette di ripetere slogan politici”. Ma il capo della polizia disse: “Dev’esserci qualcos’altro. Dev’esserci un’altra ragione”. Gli dissero comunque di no.
Infine, il capo della polizia disse che sarebbero stati rilasciati, ma che non potevano tenere adunanze nella Sala del Regno né svolgere l’opera di predicazione. Disse però che andava bene se si radunavano in piccoli gruppi nelle loro case. I Testimoni chiesero: “Ce lo può mettere per iscritto, dicendo che potremo tenere le nostre adunanze?” Il capo della polizia rispose: “No, non posso mettervelo per iscritto”.
Nel villaggio di Awhangba Sekou, il Testimone G. A. fu avvicinato dai rivoluzionari del posto che gli gridarono alcuni slogan politici. Poiché egli non rispose, quattro persone si gettarono su di lui e lo picchiarono fino a fargli perdere i sensi. Egli cadde a terra ed essi corsero via, credendo evidentemente che fosse morto.
Qualche minuto più tardi, però, egli fece per rialzarsi e uno di quelli che lo avevano picchiato lo vide da lontano. Ma ancor prima che tornasse indietro, arrivarono sul posto altri armati di mazze e bastoni. Il Testimone fu allora picchiato da questo secondo gruppo ed egli cadde di nuovo coperto di sangue. Quelli del secondo gruppo si spaventarono, pensando di averlo ucciso. Quindi gettarono via i bastoni e fuggirono. Dopo che la turba se ne fu andata, il Testimone G. A. si alzò a fatica e tornò a casa sua.
Nel villaggio di Attogon, nella parte nordoccidentale del paese, i Testimoni notarono che i membri del comitato rivoluzionario locale si apprestavano ad arrestarli. Durante la notte fuggirono addentrandosi nel folto della boscaglia. Gli uomini prepararono un posto dove dormire per sé e per le loro famiglie servendosi di fogli di lamiera. A una quarantina di metri di distanza prepararono un altro posto per le adunanze. Si sedevano per terra e chi conduceva le adunanze poteva usare come tavolo una catasta di pezzi di legno legati insieme. In seguito questi Testimoni si sparpagliarono e alcuni fuggirono dal paese.
Ad Aissessa il comitato rivoluzionario chiuse una Sala del Regno, ma qualche giorno dopo il sindaco del posto andò dal sorvegliante che presiedeva e gli porse la chiave, dicendo: “Prenda la chiave e il prossimo sabato venite tutti alla sala per un’adunanza speciale”. Il sorvegliante si rifiutò di prendere la chiave se non gli venivano forniti i particolari sull’adunanza. Il sindaco non volle dir nulla, ma era evidente che le autorità volevano mettere i Testimoni in difficoltà, forse intendendo arrestarli tutti. Così i Testimoni fuggirono oltre il confine in Nigeria.
Ai primi di maggio, D. S., un pioniere speciale (un predicatore in servizio continuo dei testimoni di Geova), stava passando da Cotonou quando qualcuno riconobbe che era un Testimone. Al suo rifiuto di rispondere agli slogan politici che gli venivano gridati, fu portato al posto di polizia. Per diverse settimane fu crudelmente picchiato, quindi venne rilasciato. A causa delle percosse dovette sottoporsi a cure mediche.
Il 3 maggio due altri pionieri speciali che lavoravano a Kandi, circa 640 chilometri a nord di Cotonou, furono invitati a presentarsi quello stesso giorno al commissariato. Al loro arrivo, il capo della polizia, il sig. Dovonou, chiese loro la carta d’identità. Visto che alla loro carta d’identità erano attaccate le ricevute delle tasse pagate gli anni precedenti, disse: “Vedo che ubbidite alle autorità e che avete pagato le tasse”.
Il capo della polizia voleva che i pionieri dicessero il nome di altri Testimoni della zona. Tuttavia essi rifiutarono. Allora ricevettero l’ordine di togliersi la camicia e i pantaloni e il capo della polizia disse: “Credo che presto vorrete dirci i nomi e cooperare con noi”.
Furono quindi chiamati dei poliziotti che a turno picchiarono i pionieri con un randello per costringerli a rivelare il nome dei loro fratelli e delle loro sorelle cristiane. Nonostante questo crudele trattamento, i Testimoni non vollero mettere in pericolo la sicurezza dei loro amici fornendo il loro nome o indirizzo alla polizia.
Infine uno di questi pionieri speciali, I. K., fu portato a Cotonou in stato d’arresto. Lì si rese conto di non essere il solo Testimone trattenuto in prigione. C’erano alcuni altri che avevano rifiutato di cantare inni patriottici e di partecipare a cerimonie per il saluto alla bandiera e che erano stati picchiati in seguito a tale rifiuto.
Quando chiesero a un giovane: “Perché non canti e non partecipi a questa cerimonia di saluto alla bandiera?” egli rispose: “La mia coscienza cristiana non me lo permette e la Bibbia non approva tale adorazione”. Udendo ciò il poliziotto lo colpì alla testa facendogli sanguinare il naso.
Grazie all’aiuto del padre e di alcuni poliziotti amichevoli, il 19 maggio I. K. fu scarcerato. Qualche giorno più tardi poté attraversare il confine con la Nigeria, dove fu ricoverato in ospedale, trascorrendovi alcune settimane per riprendersi dalle percosse subite.
Riassunto della situazione
A causa delle cerimonie nazionalistiche tenute nelle scuole pochi figli di Testimoni hanno potuto frequentarle da che sono stati messi al bando. Il 20 maggio, però, un quindicenne frequentava ancora le lezioni. Poi un suo compagno di studi disse all’insegnante: “Come posso cantare l’inno se A. non lo canta?” Dopo essersi sentito dire questo per almeno due volte, l’insegnante fu obbligato a insistere che il Testimone cantasse l’inno. Egli rifiutò e nella zona si seppe dell’incidente. Avendo saputo che sarebbero stati presi seri provvedimenti, il giovane attraversò il confine della Nigeria.
Accade la stessa cosa riguardo al lavoro; i Testimoni sono costretti a lasciare il proprio posto di lavoro perché non vogliono partecipare alle cerimonie politiche. Si comunica che, dietro minaccia di arresto e imprigionamento, circa 600 di essi sono fuggiti in Nigeria e altri nel Togo. La polizia ha ricercato molti Testimoni, specialmente gli anziani cristiani più conosciuti, annunciandone perfino il nome per radio più volte.
Per dare un’idea di come i Testimoni sono sorvegliati, uno degli anziani cristiani rimasto a Cotonou cercava di rafforzare i fratelli invitandone alcuni a casa sua per prendere un pasto, e poi coglieva l’occasione per incoraggiarli. Aveva appena ricevuto la visita di un Testimone quando un membro locale per la ‘difesa della rivoluzione’ si presentò per vedere se teneva un’adunanza. L’anziano spiegò che aveva solo invitato alcuni amici a mangiare, e chiese se era contro la legge invitare amici anche per tale scopo.
Come abbiamo già detto, tutte le Sale del Regno del paese sono state chiuse e l’opera di predicazione è proibita in qualsiasi parte. In molti luoghi i Testimoni hanno difficoltà anche a radunarsi in piccoli gruppi, incluse le famiglie, poiché sono sorvegliati così strettamente. Alcuni Testimoni si alzano nel cuore della notte per studiare insieme la Bibbia.
D’altra parte, in certe zone del paese i Testimoni possono riunirsi più liberamente. Possono tenere regolari adunanze cambiando ogni volta l’ora e il posto. In un villaggio il sindaco ha detto che anche se sarà emesso un mandato d’arresto contro i Testimoni, egli farà tutto il possibile per proteggerli.
Il sindaco di questo villaggio è molto preoccupato avendo visto che alcuni Testimoni hanno lasciato il paese perché minacciati d’arresto. Ha avvertito gli abitanti del suo villaggio che se qualche testimone di Geova sarà molestato in qualsiasi modo, farà arrestare chi li molesta. Da allora nessuno ha dato fastidio ai Testimoni. Questo sindaco ha detto al capo distrettuale che i Testimoni sono i cittadini migliori, che pagano puntualmente le tasse e partecipano ai lavori della comunità.
Pertanto in alcune parti della Repubblica del Benin i testimoni di Geova hanno più difficoltà che in altre e di solito questo dipende dalle autorità locali. Ma la posizione ufficiale contro i testimoni di Geova è di far cessare ogni loro attività e cercare di costringere tutti a conformarsi alle ideologie seguite nel paese.
[Cartina a pagina 8]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
MAROCCO
ALGERIA
LIBIA
MAURITANIA
MALI
NIGER
BENIN
ALTO VOLTA
GHANA
NIGERIA
GABON
Oceano Atlantico
[Cartina a pagina 9]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
NIGER
ALTO VOLTA
BENIN
Kandi
Parakou
Gouka
Bohicon
Cana
Aissessa
Awhangba Sekou
Cotonou
Dowa
Porto Novo
TOGO
NIGERIA
GHANA
GOLFO DI GUINEA
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Cosa si può fare?Svegliatevi! 1976 | 22 dicembre
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Cosa si può fare?
IN OGNI luogo chi ama la libertà converrà che il governo del Benin dovrebbe concedere ai suoi cittadini la libertà di adorazione; e che si dovrebbe smettere di infliggere ai testimoni di Geova tale trattamento crudele. E i funzionari governativi, particolarmente il presidente Mathieu Kerekou, possono fare queste cose. Perché allora non le fanno?
Il governo afferma di non essere contro la religione. Il fatto è che la Repubblica Popolare del Benin professa di concedere la libertà di adorazione. Nel nono punto del suo discorso sull’Orientamento nazionale pronunciato il 30 novembre 1974 il presidente Kerekou disse:
“La Rivoluzione del popolo del Benin si mantiene strettamente neutrale nei riguardi della fede religiosa, fintantoché l’espressione di tale fede non costituisce un intralcio al progresso della nostra Rivoluzione”.
Tuttavia nel Benin la radio trasmette che i testimoni di Geova “calpestano deliberatamente il nono punto del nostro discorso del 30 novembre 1974 sull’Orientamento nazionale”. Pertanto i Testimoni sono detti “nemici giurati della nostra rivoluzione democratica popolare”. Ma questo non è assolutamente vero, come possono confermare tutti quelli che, in ogni luogo, conoscono i testimoni di Geova. Come abbiamo già detto, un capo locale nel Benin ha dichiarato che i Testimoni sono i cittadini migliori. Pagano le tasse e partecipano ai lavori della comunità.
In varie parti del mondo i testimoni di Geova si sono fatti una reputazione di gente per bene. L’African Weekly, nel numero del 30 agosto 1950, osservò: “Quando si uniscono alla Torre di Guardia . . . questi cristiani non combattono fra loro, . . . Anche se non si è seguaci della loro Chiesa bisogna dire che essi hanno amore nel loro cuore”. Un’altra pubblicazione africana intitolata “Personality” fece notare nel numero del 21 novembre 1968: “A quanto pare i testimoni di Geova sono pieni di buone qualità e non conoscono quasi il male”.
Utili al Benin
Anziché indebolire il governo, il buon comportamento e la moralità dei testimoni di Geova sono un vantaggio per le nazioni in cui abitano. Dopo che, secondo le notizie, il ministro dell’Interno del Benin, Michel Aikpe, fu sorpreso a commettere adulterio con la moglie del presidente Kerekou e ucciso l’anno scorso, una trasmissione radiofonica disse: “Tutti i militanti, uomini e donne, dovrebbero imparare una lezione da questo. Alcuni non hanno ancora compreso che le esigenze della rivoluzione si estendono a ogni campo, inclusa la propria vita e le proprie abitudini morali nella società”. Dove i cosiddetti patrioti vengono meno, i testimoni di Geova, con l’esempio e la condotta, esercitano una buona influenza e contribuiscono notevolmente a diffondere sane abitudini morali nella società.
Inoltre, non c’è nessun pericolo che i testimoni di Geova siano coinvolti in rivalità o cospirazioni politiche, come quella dell’ottobre 1975, quando l’ex presidente Emile Zinsou avrebbe complottato di rovesciare il governo del Benin. Invece, i testimoni di Geova si mantengono rigorosamente neutrali verso le questioni politiche. Ubbidiscono al comando biblico d’essere ‘sottoposti alle autorità superiori’, che sono i governanti della terra. (Rom. 13:1, 2) L’Onnipotente Dio permette a questi governanti terreni di esercitare autorità fino al tempo in cui il re celeste da lui costituito, Gesù Cristo, assumerà il controllo della terra.
Solo quando si tratta di questioni che riguardano le leggi di Dio i testimoni di Geova hanno l’obbligo di ubbidire all’Onnipotente Dio anziché agli uomini. (Atti 5:29) Questo significa che non possono rendere a nessun uomo, emblema o nazione l’onore e l’adorazione che credono sinceramente spettino solo a Dio.
Speriamo sinceramente che il presidente Kerekou esamini personalmente questa grave situazione e si accerti che siano presi provvedimenti a favore del decoro e della libertà di adorazione. Se provate compassione per quelli che soffrono perché si attengono alle proprie convinzioni religiose, potete inviare se lo desiderate un telegramma o una lettera di supplica al presidente Kerekou e a uno o più funzionari della Repubblica Popolare del Benin i cui nomi sono nell’elenco che accompagna questo articolo.
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