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  • Manoa
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • nascita di un figlio che sarebbe stato un nazireo di Dio. Informato di ciò, Manoa supplicò Geova di mandare di nuovo il messaggero per istruirli su come allevare il bambino. Geova esaudì la preghiera e inviò l’angelo una seconda volta. Quando Manoa offrì di imbandire un pranzo per il messaggero, gli fu detto di presentare invece un olocausto a Geova, il che egli fece. Dopo che il messaggero era asceso nella fiamma che saliva dall’altare, Manoa riconobbe che era un angelo di Geova. Avendo avuto questa esperienza, Manoa temeva che lui e la moglie sarebbero morti. Ma questa dissipò il suo timore dicendo: “Se Geova si fosse dilettato solo di metterci a morte, non avrebbe accettato l’olocausto e l’offerta di grano dalla nostra mano, e non ci avrebbe mostrato tutte queste cose, e non ci avrebbe fatto udire come ora alcuna cosa simile a questa”. — Giud. 13:2-23.

      Anni dopo, Manoa e sua moglie, ‘non sapendo che questo era da Geova’, si opposero al desiderio di Sansone di sposare una filistea di Timna. (Giud. 14:1-4; confronta Deuteronomio 7:3, 4). Poi Manoa e sua moglie si recarono a Timna insieme a Sansone, ma non lo accompagnarono fino alla casa della donna. Perciò non erano presenti quando Sansone uccise un giovane leone con le sole mani. Un’altra volta Sansone, intendendo portarsi a casa la donna filistea, tornò coi genitori a Timna. Fece una deviazione per esaminare la carcassa del leone ucciso in precedenza e vi trovò uno sciame di api e del miele. Raggiunti i genitori, offrì loro un po’ del miele che aveva estratto dalla carcassa del leone ed essi lo mangiarono. Dopo di che la famiglia si rimise evidentemente in cammino, e senza dubbio entrambi i genitori erano presenti al banchetto imbandito da Sansone a Timna. — Giud. 14:5-10.

      Manoa precedette il figlio nella morte, infatti Sansone venne seppellito nel sepolcro di Manoa fra Zora ed Estaol. — Giud. 16:31.

  • Manoscritti della Bibbia
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Manoscritti della Bibbia

      Le Sacre Scritture hanno origine sovrumana in quanto al contenuto, mentre umana è la storia della loro stesura e preservazione. Mosè, divinamente ispirato, cominciò a metterle per iscritto nel 1513 a.E.V. e l’apostolo Giovanni ne scrisse l’ultima parte più di 1.600 anni dopo. Dato che la Bibbia non era in origine un solo volume, il suo canone si formò col passar del tempo e con la richiesta di copie dei suoi vari libri. Questo è avvenuto per esempio dopo l’esilio in Babilonia, poiché non tutti gli ebrei affrancati tornarono in Palestina. Molti si stabilirono altrove e sinagoghe sorsero in tutta la diaspora. Scribi fecero copie delle Scritture per le sinagoghe, dove gli ebrei si radunavano per ascoltare la lettura della Parola di Dio. (Atti 15:21) Successivamente, fra i seguaci di Cristo, coscienziosi copisti si impegnarono per riprodurre gli scritti ispirati necessari alle congregazioni cristiane che si moltiplicavano, affinché questi circolassero e si diffondessero. — Col. 4:16.

      Prima dell’introduzione della stampa a caratteri mobili (nel XV secolo E.V.), sia gli scritti originali della Bibbia che le loro copie erano scritti a mano, e quindi si chiamavano “manoscritti”. Per manoscritto biblico s’intende una copia scritta a mano, completa o parziale, delle Scritture, contrapposta a una stampata. I manoscritti biblici erano principalmente in forma di rotoli e codici.

      MATERIALI

      Esistono manoscritti delle Scritture su pergamena, papiro e velino, e anche palinsesti. Il famoso rotolo del Mar Morto di Isaia, per esempio, è di pergamena. Il papiro, una specie di carta fatta con le fibre dell’omonima pianta acquatica, fu usato per i manoscritti biblici nelle lingue originali e per loro traduzioni fin verso il IV secolo E.V. In quell’epoca cominciò a essere sostituito per i manoscritti biblici dal velino, pergamena più fine ricavata generalmente da pelli di vitellini, agnelli o capretti, un ulteriore perfezionamento del precedente uso di pelli di animale come materiale scrittorio. Manoscritti come i famosi Codex Sinaiticus (Manoscritto Sinaitico) e Codex Vaticanus (Manoscritto Vaticano 1209) del IV secolo E.V. sono codici in fine pergamena o velino. Palinsesto (lat. palimpsestus; gr. palìmpsestos, che significa “raschiato di nuovo”) è una pergamena da cui lo scritto primitivo è stato cancellato o raschiato via per far posto a uno scritto successivo. Un famoso palinsesto biblico è il Codex Ephraemi Syri rescriptus del V secolo E.V. Se lo scritto primitivo (quello raschiato via) è il più importante, gli esperti riescono spesso a leggerlo ricorrendo a mezzi tecnici fra cui l’uso di reagenti chimici e la fotografia. Alcuni manoscritti delle Scritture Greche Cristiane sono lezionari, brani biblici scelti da leggere durante le funzioni religiose.

      TIPI DI SCRITTURA

      I manoscritti biblici in greco (traduzioni delle Scritture Ebraiche oppure copie delle Scritture Greche Cristiane, o entrambe le cose) si possono dividere o classificare secondo il tipo di scrittura, su cui si basa pure la loro datazione. La Scrittura più antica (usata specialmente fino al IX secolo E.V.) è quella onciale, dai grossi caratteri maiuscoli separati. In genere non c’è separazione fra le parole, e mancano anche la punteggiatura e gli accenti. Il Codex Sinaiticus è un manoscritto onciale. Un diverso tipo di scrittura cominciò ad affermarsi nel VI secolo, e portò all’adozione (nel IX secolo) della scrittura corsiva o minuscola, dai caratteri più piccoli, molti dei quali collegati fra loro. La maggior parte dei manoscritti delle Scritture Greche Cristiane pervenutici sono scritti in corsivo. La scrittura corsiva rimase in voga fino all’avvento della stampa.

      COPISTI

      A quanto si sa attualmente, non esistono manoscritti originali o autografi della Bibbia. Eppure la Bibbia è stata preservata in forma accurata, degna di fiducia perché in generale i copisti, riconoscendo che le Scritture erano divinamente ispirate, ricercavano la perfezione nell’arduo lavoro di produrre copie manoscritte della Parola di Dio. Gli uomini che copiavano le Scritture Ebraiche all’epoca del ministero terreno di Gesù Cristo e anche nei secoli precedenti erano chiamati “scribi” (ebr. sohphrìm). Uno dei primi scribi fu Esdra, definito nelle Scritture “esperto copista”. (Esd. 7:6) Scribi successivi apportarono deliberatamente alcune modifiche al testo ebraico. Ma i loro successori, i masoreti, si accorsero di tali cambiamenti e li indicarono nella masora, o note fatte in margine al testo ebraico masoretico da loro prodotto. Anche i copisti delle Scritture Greche Cristiane hanno fatto sinceri sforzi per riprodurre fedelmente il testo delle Scritture.

      MANOSCRITTI DELLE SCRITTURE EBRAICHE

      Oltre 1.700 manoscritti di parti delle Scritture Ebraiche sono attualmente conservati in varie biblioteche. In gran parte contengono il testo masoretico e sono del X secolo E.V. o più recenti. I masoreti (della seconda metà del primo millennio E.V.) cercarono di riprodurre fedelmente il testo ebraico senza apportare cambiamenti al testo stesso. Tuttavia, per preservare la pronuncia tradizionale del testo consonantico privo di vocali, escogitarono un sistema di segni vocalici e accenti. Inoltre nella masora, o note marginali, richiamarono l’attenzione su particolarità testuali e, dove lo ritennero necessario, indicarono la lezione corretta. Tale testo masoretico è quello delle Bibbie ebraiche stampate attualmente.

      Quando i manoscritti delle Scritture Ebraiche usati nelle sinagoghe erano rovinati, venivano sostituiti con copie autenticate e i manoscritti illeggibili o rovinati venivano conservati in una genizàh (deposito o ripostiglio della sinagoga). Quando questo alla fine era pieno, i manoscritti venivano tolti e seppelliti. Senza dubbio in tal modo andarono distrutti molti antichi manoscritti. Tuttavia il contenuto della genizàh dell’antica sinagoga del Cairo fu risparmiato, probabilmente perché rimase murato e dimenticato per secoli. In seguito alla ricostruzione della sinagoga nel 1890 E.V. i manoscritti della sua genizàh vennero riesaminati e di là frammenti e manoscritti quasi completi delle Scritture Ebraiche (alcuni pare del VI secolo E.V.) furono accolti in varie biblioteche.

      Uno dei più antichi frammenti contenenti brani biblici che ci siano pervenuti è il papiro di Nash, scoperto in Egitto e conservato a Cambridge, in Inghilterra. È del II o I secolo a.E.V. e consiste di soli quattro frammenti di ventiquattro righe di un testo premasoretico dei Dieci Comandamenti e di alcuni versetti dei capitoli 5 e 6 di Deuteronomio.

      Dal 1947 in poi molti rotoli biblici e non biblici sono stati rinvenuti in varie località a O del Mar Morto e vanno generalmente sotto la designazione di rotoli del Mar Morto. Fra questi i più importanti sono i manoscritti scoperti in alcune caverne del Wadi Qumran e dintorni, detti anche Testi di Qumran, un tempo evidentemente appartenuti a una comunità religiosa ebraica che aveva il suo centro nella vicina Khirbet Qumran. La prima scoperta è stata fatta da un beduino in una caverna situata circa 13 km a S di Gerico, dove si trovavano alcune giare di terracotta contenenti antichi manoscritti. Uno di questi è l’ormai famoso rotolo del Mar Morto di Isaia (1QIsa), un rotolo di pergamena in buono stato di conservazione che contiene l’intero libro di Isaia e presenta solo poche lacune. Si tratta di un testo ebraico premasoretico che risale alla fine del II secolo o all’inizio del I secolo a.E.V. e precede dunque di circa mille anni il più antico manoscritto esistente del testo masoretico. Ma, a parte qualche diversità di ortografia o di costruzione grammaticale, dottrinalmente non si discosta dal testo masoretico. Fra i documenti rinvenuti nella zona di Qumran ci sono un centinaio di rotoli che contengono parti di tutti i libri delle Scritture Ebraiche tranne Ester, e alcuni in più copie. Si dice che questi manoscritti risalgano a un periodo che va dagli ultimi secoli a.E.V. all’inizio del I secolo E.V., e presentano più di un tipo di testo ebraico, per esempio un testo protomasoretico e un altro servito come base della traduzione dei Settanta. Lo studio di tale materiale è ancora in corso.

      Fra i più notevoli manoscritti delle Scritture Ebraiche su velino è il Codice caraitico dei Profeti che si trova al Cairo. È corredato di masora e segni vocalici, e il suo colofone indica che fu completato verso l’895 E.V. dal famoso masoreta Mosè ben Aser di Tiberiade. Un altro importante manoscritto (del 916 E.V.) è il Codice di Leningrado dei Profeti Posteriori noto come Codex Babylonicus Petropolitanus. Il Codice sefardita di Aleppo, un tempo conservato ad Aleppo in Siria, e ora in Israele, contiene le Scritture Ebraiche per intero. Il suo testo originale consonantico è stato corretto e corredato di segni vocalici e di masora verso il 930 E.V. da Aaronne ben Aser, figlio di Mosè ben Aser. Il più antico manoscritto datato delle intere Scritture Ebraiche in ebraico è il Codice di Leningrado B 19A, conservato nella biblioteca di Leningrado. È stato copiato nel 1008 E.V. “dai libri chiaramente corretti a cura del maestro Aaronne ben Mosè ben Aser”. Un altro manoscritto ebraico degno di nota è un codice del Pentateuco conservato nel British Museum (Codice orientale 4445), che va da Genesi 39:20 a Deuteronomio 1:33 e probabilmente risale al X secolo E.V.

      Molti manoscritti delle Scritture Ebraiche della Bibbia sono scritti in greco. Fra questi di particolare rilievo è un papiro della collezione Fouad (numero d’inventario 266, appartenente alla Société Royale de Papyrologie del Cairo), che contiene brani dell’ultima parte di Deuteronomio secondo la Settanta. È del II o I secolo a.E.V. e nel testo greco ricorre più volte il tetragramma del nome divino in antichi caratteri ebraici. Frammenti di Deuteronomio, capitoli da 23 a 28, si trovano nel papiro Rylands (cat. vol. III, n. 458) del II secolo a.E.V., conservato a Manchester in Inghilterra. Un altro importante frammento papiraceo della Settanta, pubblicato dall’École Pratique d’Ètudes Bibliques di Parigi, contiene Michea 4:3-7 e Abacuc 1:14-2:5; 2:13-15, ed è del I secolo E.V.

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