-
CompensoAusiliario per capire la Bibbia
-
-
(Se il marito faceva una richiesta esorbitante, i giudici dovevano stabilire la somma da pagare). — Eso. 21:22.
Se un toro aveva l’abitudine di cozzare e il proprietario era stato avvertito del fatto ma non aveva sorvegliato l’animale, allora, nel caso questo colpisse a morte uno schiavo, il padrone dello schiavo doveva ricevere trenta sicli in compenso dal proprietario del toro. Secondo alcuni commentatori ebrei, questo si riferiva agli schiavi stranieri, non agli israeliti. Se il toro cozzava un uomo libero, il proprietario doveva morire. Tuttavia se agli occhi dei giudici le circostanze o altri fattori giustificavano una pena più lieve, si poteva imporgli un riscatto. In tal caso il proprietario del toro doveva pagare la somma imposta dai giudici, qualunque fosse. Inoltre il proprietario subiva la perdita del toro, che veniva lapidato. La sua carne non si poteva mangiare. (Eso. 21:28-32) Questa legge si applicava evidentemente anche nel caso di altri animali capaci di infliggere ferite mortali.
Se un uomo seduceva una vergine non fidanzata, doveva prenderla in moglie; oppure se il padre rifiutava recisamente di dargliela, doveva versare al padre di lei il prezzo d’acquisto per le vergini (50 sicli), il normale prezzo della sposa, perché ora si doveva compensare il minor valore della ragazza come sposa. — Eso. 22:16, 17; Deut. 22:28, 29.
CALUNNIA
L’uomo che accusava falsamente la moglie di aver mentito dichiarandosi vergine all’epoca del matrimonio doveva pagare al padre di lei due volte il prezzo per le vergini (due volte 50 sicli), perché aveva calunniato una vergine d’Israele. — Deut. 22:13-19.
Una forma di compenso si esigeva anche dall’uomo che accusava falsamente la moglie di infedeltà. Se l’accusa fosse stata vera, gli organi riproduttivi della donna si sarebbero esauriti, e avrebbe perso il privilegio di avere figli. Se invece era innocente, il marito doveva renderla incinta, così lei avrebbe avuto la benedizione di avere un figlio. — Num. 5:11-15, 22, 28.
FURTO
La Legge scoraggiava il furto. Infatti si legge: “Il ladro dovrà risarcire il danno; se non ha di che risarcirlo, sarà venduto per ciò che ha rubato. Se il furto, bue o asino o pecora che sia, gli è trovato vivo nelle mani, restituirà il doppio” (VR). Erano inclusi denaro o altri beni e anche animali. Se il ladro aveva macellato l’animale rubato, o l’aveva venduto, gli si doveva imporre un compenso maggiore, cioè cinque della mandra per un toro e quattro del gregge per una pecora. (Eso. 22:1, 3, 4, 7) Questa legge aveva l’effetto di proteggere e risarcire la vittima e costringeva il ladro a lavorare per pagare ciò che aveva rubato, invece di starsene in ozio in prigione essendo economicamente di peso alla comunità, e lasciando la vittima senza compenso per la perdita subita.
DANNI ALLA PROPRIETÀ
L’uomo che uccideva l’animale di un altro doveva pagarlo. (Lev. 24:18, 21). Quando un animale ne uccideva un altro, quello vivo veniva venduto e il prezzo di questo e dell’animale morto era diviso in parti uguali fra i proprietari. Ma se si sapeva che l’animale era pericoloso, il proprietario compensava l’altro dandogli un toro vivo e tenendosi quello morto, quindi di molto minor valore. — Eso. 21:35, 36.
Il meglio del proprio campo o della vigna si doveva dare come compenso del danno provocato da un animale che era entrato e si era messo a pascolare nel campo altrui. Se uno accendeva un fuoco che si propagava nel campo di un altro, provocando danni, il proprietario doveva esser compensato in ugual misura. La pena più severa per il danno provocato da un animale dipendeva dal fatto che era più facile domare gli animali che il fuoco, e anche perché l’animale che pascolava prendeva qualche cosa che non gli spettava come un ladro; perciò si esigeva un compenso maggiore. — Eso. 22:5, 6.
CUSTODIA
Quando oggetti o beni erano lasciati in custodia a qualcuno e nel frattempo venivano rubati, il ladro, se scoperto, doveva dare il solito compenso doppio. Cose come denaro, oggetti, ecc., non richiedevano cure speciali, ma si dovevano semplicemente tenere in luogo sicuro. Se si doveva custodire un animale domestico per qualcun altro, chi teneva l’animale (il custode) doveva avere la stessa cura che aveva per il proprio gregge. Al custode di solito si doveva pagare il cibo necessario agli animali, e a volte si doveva pagare anche il disturbo di custodire gli animali. Se un animale moriva di morte naturale, era sbranato da una bestia selvatica o era portato via da una banda di predoni, il custode era libero da accusa. Il danno non dipendeva da lui. La stessa cosa poteva accadere anche ai suoi animali. Ma se veniva rubato (da qualcuno a cui poteva impedirlo o per sua negligenza) il custode era responsabile e doveva risarcire i danni. — Eso. 22:7-13; vedi Genesi 31:38-42.
L’uomo che prendeva a prestito un animale da un altro per il proprio uso, doveva compensare per qualunque eventuale danno. (Eso. 22:14) Se il proprietario era presente, non era richiesto alcun compenso, secondo il principio che poteva sorvegliare personalmente la sua proprietà. Se era qualcosa di affittato, il proprietario doveva subire il danno, perché si supponeva che avesse tenuto conto del rischio nel pattuire l’ammontare dell’affitto. — Eso. 22:15.
-
-
CompleannoAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Compleanno
Anniversario della nascita. Gli ebrei tenevano una registrazione delle date di nascita, come rivelano i dati genealogici e cronologici della Bibbia. (Num. 1:2, 3; Gios. 14:10; II Cron. 31:16, 17) L’età dei leviti, dei sacerdoti e dei re non si basava su congetture. (Num. 4:3; 8:23-25; II Re 11:21; 15:2; 18:2) Lo stesso dicasi nel caso di Gesù. (Luca 2:21, 22, 42; 3:23) Secondo le Scritture quello in cui nasceva un bambino era di solito un giorno di gioia e rendimento di grazie da parte dei genitori, e ciò era giusto poiché “i figli sono un’eredità da Geova; il frutto del ventre è una ricompensa”. (Sal. 127:3; Ger. 20:15; Luca 1:57, 58) Tuttavia nelle Scritture non c’è alcuna indicazione che i fedeli adoratori di Geova seguissero l’usanza pagana di festeggiare il compleanno. Giuseppe Flavio scrive che Erode Agrippa I celebrava il proprio compleanno, come pure suo zio Antipa, ma questi presunti proseliti ebrei erano noti per le usanze pagane che imitavano invece di attenersi alle Scritture Ebraiche. — Antichità giudaiche, Libro XIX, cap. VII, 1.
La Bibbia contiene riferimenti diretti solo a due celebrazioni di compleanni, quello del Faraone d’Egitto (XVIII secolo a.E.V.) e quello di Erode Antipa (I secolo E.V.). I due avvenimenti sono simili in quanto in entrambi i casi ci furono grandi banchetti e vennero concessi favori; entrambi sono ricordati per delle esecuzioni capitali, l’impiccagione del capo dei panettieri del faraone nel primo caso, la decapitazione di Giovanni il Battezzatore nel secondo. — Gen. 40:18-22; 41:13; Matt. 14:6-11; Mar. 6:21-28.
Quando i figli di Giobbe tenevano “un banchetto nella casa di ciascuno nel suo proprio giorno” non c’è ragione di supporre che celebrassero i rispettivi compleanni. (Giob. 1:4) In questo versetto “giorno” traduce la parola ebraica yohm, forse da una radice che significa “esser caldo”, e perciò si riferisce al periodo di tempo dall’alba al tramonto. Invece la parola “compleanno” corrisponde alla parola composta di due termini ebraici yohm (giorno) e hullèdheth, da yalàdh, radice che significa “avere figli”, e si riferisce quindi al giorno della nascita. Questa distinzione fra “giorno” e giorno del compleanno o genetliaco si può notare in Genesi 40:20, dove compaiono entrambi: “Ora il terzo giorno [yohm] era il genetliaco [lett. “il giorno (yohm) della nascita (hullèdheth)”] di Faraone”. È dunque certo che Giobbe 1:4 non si riferisce a un compleanno, com’è invece senza dubbio il caso in Genesi 40:20. Sembrerebbe che i sette figli di Giobbe tenevano una riunione di famiglia (forse una festa della primavera o della mietitura) e nel giro di una settimana ciascun figlio teneva un banchetto in casa sua “nel suo proprio giorno”.
Con l’introduzione del cristianesimo la veduta delle celebrazioni del compleanno non è cambiata. Gesù istituì la Commemorazione non della sua nascita, ma della sua morte, dicendo: “Continuate a far questo in ricordo di me”. (Luca 22:19) Se i primi cristiani non celebravano o commemoravano il giorno della nascita del loro Salvatore, tanto meno avrebbero celebrato il proprio compleanno. Lo storico tedesco Augustus Neander scrive: “La nozione della festa del compleanno era lungi dalle idee dei cristiani di questo periodo”. (The History of the Christian Religion and Church, During the First Three Centuries, nella traduzione di Henry John Rose, New York, 1848, p. 190). “Origene [scrittore del III secolo E.V.]. . . insiste che ‘di tutte le sante persone menzionate nelle Scritture, non si narra di nessuna che osservasse una festa o che tenesse un grande banchetto nel suo genetliaco. Solo i peccatori (come Faraone ed Erode) si rallegrano grandemente del giorno in cui vennero in questo basso mondo’”. — The Catholic Encyclopedia, 1911, Vol. X, p. 709.
È chiaro dunque che la celebrazione del compleanno non ha origine né nelle Scritture Ebraiche né in quelle Greche.
-
-
Conchiglia odorosaAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Conchiglia odorosa
[LXX, ònykha: unghia, artiglio, guscio, lembo o qualcosa che pende].
Ingrediente dell’incenso destinato esclusivamente al santuario. (Eso. 30:34-37) Secondo alcuni tale ingrediente veniva estratto dalle valve di un certo mollusco. Ma dal momento che serviva per uno scopo sacro, altri ritengono che si trattasse di un prodotto vegetale e non di qualcosa ricavato da un animale impuro.
-
-
ConciatoreAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Conciatore
Chi è esperto nel conciare le pelli di animali trasformandole in cuoio che può essere usato per fare cose di vario genere. (II Re 1:8; Matt. 3:4) Senza dubbio nel passato la concia avveniva come avviene tuttora in Medio Oriente, in una conceria che consiste di uno o due locali in cui sono sistemati gli arnesi necessari e le tinozze per preparare le pelli. Il procedimento richiedeva di (1) sciogliere il pelo con una soluzione di calce, (2) eliminare pelo, frammenti di carne e grasso che aderiscono alla pelle, e (3) immergere la pelle in una soluzione di tannino vegetale estratto dalle foglie di sommacco, dalla corteccia di quercia o da altre piante.
Pietro trascorse parecchi giorni a Ioppe in casa di un certo Simone, un conciatore, che abitava vicino al mare. — Atti 9:43; 10:32.
-
-
ConcubinaAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Concubina
Presso gli ebrei la concubina occupava una posizione simile a quella della moglie, e a volte se ne parlava come di una moglie. Pare che le concubine fossero schiave, di uno di questi tre tipi: (1) una ragazza ebrea venduta dal padre (Eso. 21:7-9), (2) una schiava straniera acquistata o (3) una ragazza straniera catturata in guerra. (Deut. 21:10-14) Alcune erano schiave o serve della moglie libera, come quelle di Sara, Lea e Rachele. — Gen. 16:3, 4; 30:3-13; Giud. 8:31; 9:18.
Il concubinato esisteva già prima del patto della Legge ed era riconosciuto e regolato dalla Legge, che proteggeva i diritti sia delle mogli che delle concubine. (Eso. 21:7-11; Deut. 21:14-17) In seno alla famiglia le concubine non avevano tutti i diritti che aveva la moglie regolare, e un uomo poteva avere più mogli e anche concubine. (I Re 11:3; II Cron. 11:21) Se la moglie era sterile a volte dava la sua serva come concubina al marito, e il figlio della concubina sarebbe stato considerato figlio della moglie libera, sua padrona. (Gen. 16:2; 30:3) I figli delle concubine erano figli legittimi, non bastardi, e potevano ricevere un’eredità. — Gen. 49:16-21; confronta Genesi 30:3-12.
-
-
Condotta dissolutaAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Condotta dissoluta
Il termine ebraico corrispondente a questa espressione ricorre particolarmente a proposito di questioni sessuali. Il termine greco significa sregolatezza, che offende la morale pubblica; condotta spudorata, specie riguardo al sesso.
Nella Bibbia l’espressione “condotta dissoluta” si riferisce a fornicazione, adulterio, sodomia e altre forme di immoralità fisica. È usata anche in senso simbolico per descrivere l’infedeltà spirituale.
ALCUNI SEGUONO UNA CATTIVA STRADA
La condotta dissoluta è una delle “opere della carne”, uno dei desideri carnali che “causano un conflitto contro l’anima” e portano alla disapprovazione divina. (Gal. 5:19-21; I Piet. 2:11) Quasi tutti gli atti di condotta dissoluta sono compiuti di notte da persone che amano le tenebre. Perciò i cristiani dovrebbero abbandonare completamente ogni condotta dissoluta. (Rom. 13:13; Giov. 3:19-21) Comunque, alcuni che si dicono servitori di Dio e di Cristo si allontanano dalla via della luce. Paolo era addolorato a motivo di quelli della congregazione di Corinto che non si erano pentiti dell’“impurità e fornicazione e condotta dissoluta che han praticate”, nonostante le precedenti ammonizioni. (II Cor. 12:21) Pietro avvertì i primi cristiani che fra loro sarebbero sorti falsi insegnanti, e che molti avrebbero imitato i loro atti di condotta dissoluta, recando biasimo alla via della verità. (II Piet. 2:1, 2) Le parole rivolte da Gesù alle congregazioni di Pergamo e Tiatira, scritte dall’apostolo Giovanni verso il 96 E.V., indicano che la profezia di Pietro si stava già adempiendo in quel tempo. (Riv. 2:12, 14, 18, 20) Sia Pietro che Giuda parlano del giudizio che si sarebbe abbattuto su coloro che praticano una condotta dissoluta. — II Piet. 2:17-22; Giuda 7.
-