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  • Tormento
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • basanistès finì per indicare i carcerieri. A proposito dell’uso di questo termine da parte di Gesù in Matteo 18:34, un’enciclopedia biblica (The International Standard Bible Encyclopædia, Vol. V, p. 2999) osserva: “Probabilmente la detenzione stessa era considerata un ‘tormento’ (e senza dubbio lo era), e i ‘tormentatori’ dovevano essere nient’altro che carcerieri”. Quindi in Rivelazione 20:10 quelli che saranno “tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli” evidentemente si troveranno in una condizione di restrizione. — Vedi LAGO DI FUOCO.

      Alcuni commentatori hanno citato i passi biblici in cui ricorre il termine “tormento” per sostenere la dottrina della sofferenza eterna nel fuoco. Ma, come si è detto, c’è ogni ragione scritturale per ritenere che Rivelazione 20:10 non abbia questo significato. Infatti il versetto 14 mostra che il “lago di fuoco” in cui avviene il tormento in effetti significa “la seconda morte”. E per quanto Gesù abbia parlato di un “ricco” che era “nei tormenti” (Luca 16:23, 28), alla voce LAZZARO (n. 2) viene spiegato che non stava descrivendo l’esperienza letterale di una persona reale, ma piuttosto stava facendo un’illustrazione. In Rivelazione ci sono diversi altri casi in cui “tormento” ha chiaramente significato illustrativo o simbolico, come risulta dal contesto. — Riv. 9:5; 11:10; 18:7, 10.

  • Toro
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    • Toro

      Diversi termini, per esempio l’ebraico par, sono stati tradotti “toro”, “manzo”, “vitello” e “bue”. Nell’uso moderno “bue” si riferisce in particolare a un toro castrato, ma i termini originali spesso tradotti “bue” e “buoi” in diverse versioni non hanno questo significato ristretto. Benché quello di castrarli sia il metodo seguito normalmente per domare i tori e impiegarli come animali da lavoro, evidentemente questa non era l’usanza degli israeliti, dato che un animale mutilato non poteva essere offerto in sacrificio. (Lev. 22:23, 24; Deut. 17:1; confronta I Re 19:21). È stata perciò avanzata l’ipotesi che i tori usati dagli israeliti fossero di razza mansueta.

      Il maschio dei bovini ha avuto una parte importante nella religione di molti popoli pagani. Sia per la grande forza sia per il potenziale di generare una progenie numerosa, il toro è stato onorato e anche adorato. Per i babilonesi era simbolo del dio principale, Marduk. In Egitto tori vivi, come Api a Menfi e Mnevi a Eliopoli, erano venerati come incarnazioni di un dio. In Grecia il toro primeggiava nell’adorazione di Dioniso. Il fatto che il Toro sia uno dei principali segni dello zodiaco è un’ulteriore prova che il toro aveva un posto importante nelle religioni pagane.

      Poco dopo l’Esodo persino gli israeliti, probabilmente contaminati dai concetti religiosi con cui erano venuti in contatto in Egitto, scambiarono la gloria di Geova per una “rappresentazione di un toro”. (Sal. 106:19, 20) In seguito il primo re del regno delle dieci tribù, Geroboamo, istituì l’adorazione dei vitelli a Dan e Betel. — I Re 12:28, 29.

      Secondo la legge data da Dio a Israele, nessuna venerazione, neanche in modo rappresentativo, si doveva in alcun modo tributare al toro o a qualsiasi altro animale. (Eso. 20:4, 5; confronta Esodo 32:8). Naturalmente tori venivano offerti in sacrificio (Eso. cap. 29; Lev. 22:27; Num. cap. 7; I Cron. 29:21), e in certe occasioni la Legge specificava che si dovevano sacrificare tori. Se il sommo sacerdote commetteva un peccato la cui colpa ricadeva sul popolo, egli doveva immolare un toro, la vittima più grande e di maggior valore, e questo senza dubbio a motivo della responsabilità che aveva di guidare Israele nella vera adorazione. Si doveva immolare un toro anche quando l’intera assemblea di Israele commetteva un errore. (Lev. 4:3, 13, 14) Il giorno d’espiazione veniva immolato un toro a favore della casa sacerdotale di Aaronne. (Lev. cap. 16) Nel settimo mese del calendario sacro gli israeliti dovevano offrire in olocausto più di settanta tori. — Num. cap. 29.

      Il toro veniva pure impiegato dagli israeliti nei lavori agricoli, per arare e trebbiare. (Deut. 22:10; 25:4) Si doveva trattarlo bene. L’apostolo Paolo applicò ai cristiani servitori di Dio il principio incluso nella Legge secondo il quale non si doveva mettere la museruola al toro mentre trebbiava, per indicare che come il toro che lavorava aveva diritto di mangiare il grano che trebbiava, così pure chi condivide cose spirituali con altri merita che si provveda al suo sostentamento. (Eso. 23:4, 12; Deut. 25:4; I Cor. 9:7-10) Nella Legge erano contemplati casi di furto di un toro e del danno causato a persone e cose da un toro incustodito. — Eso. 21:28-22:15.

      I tori immolati dagli israeliti simboleggiavano l’offerta incontaminata di Cristo quale unico sacrificio adeguato per i peccati del genere umano. (Ebr. 9:12-14) I tori sacrificali rappresentavano inoltre un sacrificio superiore, di cui in ogni tempo e circostanza Geova si compiace, cioè lo spontaneo frutto di labbra che, come vigorosi giovani tori, serve a lodare il nome di Dio. — Sal. 69:30, 31; Osea 14:2; Ebr. 13:15.

      Nel simbolismo biblico il toro indica potenza e forza. Il mare fuso, davanti al tempio di Salomone, poggiava su rappresentazioni di dodici tori, rivolti in gruppi di tre verso i quattro punti cardinali. (II Cron. 4:2, 4) Le quattro creature viventi, viste in visione dal profeta Ezechiele accanto al trono di Geova simile a un carro, avevano quattro facce ciascuna, fra cui una di toro. (Ezec. 1:10) Nella visione dell’apostolo Giovanni, una delle quattro creature viventi intorno al trono era simile a un giovane toro. (Riv. 4:6, 7) Il toro infatti ben rappresentava uno dei fondamentali attributi di Geova: l’illimitata potenza. “La forza appartiene a Dio”, dichiara il salmista. — Sal. 62:11.

      Nelle Scritture il toro compare anche come simbolo degli aggressivi nemici di Geova e dei suoi adoratori, i quali avrebbero cercato di ridurre in schiavitù o annientare i servitori di Dio, ma sarebbero stati distrutti nel giorno di vendetta di Geova. — Sal. 22:12; 68:30; Isa. 34:7, 8; Ezec. 39:18.

      TORO SELVAGGIO

      C’è buona ragione di tradurre “toro selvaggio” il termine ebraico re’èm, trattandosi dell’animale indicato dall’assai simile termine accadico rimu. Raffigurazioni del rimu nell’arte assira indicano che si trattava dell’uro, feroce e imponente bovino alto quasi due metri al garrese. Resti di tali possenti animali sono stati rinvenuti in varie parti d’Europa, mentre la loro esistenza in Palestina in epoche remote è indicata dalla scoperta di loro denti in caverne del Libano. Gli antichi evidentemente consideravano il toro selvaggio un animale molto feroce. Un archeologo inglese (Austen Layard, Niniveh and Its Remains, p. 326) osserva: “Il toro selvaggio, spesso rappresentato nei bassorilievi, sembra fosse considerato una preda poco meno formidabile e ambita del leone. Spesso si vede il re che lo affronta, e guerrieri che lo inseguono a piedi o a cavallo”.

      Che il toro selvaggio fosse molto più grosso e pericoloso dei più grossi tori domestici è confermato dalle parole di Giulio Cesare nel De bello gallico: “Sono di poco inferiori per grandezza agli elefanti; sono tori per natura, colore e figura. Grande è la loro forza e grande la loro velocità, non risparmiano né uomo né bestia che siano riusciti a scorgere.... Non possono assuefarsi all’uomo, né divenire docili, neanche quando sono presi molto piccoli. La grande apertura delle corna e anche la loro forma e qualità sono ben diverse dalle corna dei nostri buoi”.

      Nelle Scritture si fa allusione a parecchie caratteristiche del toro selvaggio: la sua natura intrattabile (Giob. 39:9-12), la sua velocità e indomabilità (Num. 23:22; 24:8), la possanza delle sue grandi corna (Deut. 33:17; Sal. 22:21; 92:10) e l’agilità che ha da giovane nel saltare. (Sal. 29:6) Tori selvaggi sono usati anche per rappresentare gli indomiti nemici di Geova contro i quali sarà eseguito il suo giudizio. — Isa. 34:7.

      Il termine ebraico te’òh, che ricorre in Deuteronomio 14:5 riferito a un animale commestibile secondo la Legge, è stato variamente inteso come “toro selvaggio”, “antilope” o forse “pecora selvatica”.

  • Torre
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    • Torre

      La costruzione di torri ha una storia che risale a epoca di poco posteriore al Diluvio, quando gli uomini della pianura di Sinar annunciarono: “Suvvia! Edifichiamoci una città e anche una torre con la sua cima nei cieli”. (Gen. 11:2-4) Si pensa che quella torre fosse di forma piramidale come le ziqqurat scoperte in quella parte della terra. — Vedi BABELE.

      Semplici torri costruite nei vigneti servivano ai guardiani per sorvegliare le viti da ladri e animali. — Isa. 5:1, 2; Matt. 21:33; Mar. 12:1.

      Come difesa militare, si costruivano torri nelle mura delle città, di solito quelle più alte agli angoli e accanto alle porte. (II Cron. 26:9; 32:5; Ezec. 26:4, 9; Sof. 1:16; 3:6) In alcuni casi torri servivano come una serie di avamposti lungo la frontiera, o come rifugio per pastori e altri in luoghi isolati. — II Cron. 26:10; 27:4; vedi FORTIFICAZIONI.

      Spesso una torre all’interno della città serviva come fortezza. Tali erano le torri di Sichem, Tebez e Penuel. (Giud. 8:9, 17; 9:46-54) Rovine di altre torri cittadine sono state rinvenute anche a Gerico, Bet-San, Lachis, Meghiddo, Mizpa e Samaria.

      Torri d’assedio venivano a volte erette dagli eserciti nemici che assalivano città fortificate. Su queste posizioni elevate si appostavano arcieri e tiratori. Alcune torri d’assalto, inoltre, erano munite di arieti e offrivano protezione a coloro che li azionavano. — Isa. 23:13.

      LE TORRI DI GERUSALEMME

      La Torre dei Forni si trovava a NO della città presso la Porta dell’Angolo o nelle vicinanze. (Nee. 3:11; 12:38) Non si sa perché si chiamasse così, ma è assai probabile che nei pressi ci fossero botteghe di fornai. Poteva essere una delle torri costruite da Uzzia, che regnò a Gerusalemme dal 829 al 777 a.E.V. (II Cron. 26:9) Lungo le mura a N della città c’erano altre due torri importanti. All’estremità più settentrionale delle mura c’era la Torre di Ananel, (Zacc. 4:10) anch’essa restaurata e santificata ai giorni di Neemia. (Nee. 3:1; 12:39; Ger. 31:38; vedi la piantina a pagina 1000). Un po’ più a E, vicino alla Porta delle Pecore c’era la Torre di Mea. Si ignora la ragione del nome Mea (ebr. meàh), che significa “cento”. — Nee. 3:1; 12:39.

      Lungo le mura orientali a S dell’area del tempio c’era la Torre Sporgente, e ancora più a S nei pressi del palazzo reale di Davide, c’era la Torre della Casa del Re vicino al Cortile della Guardia. (Nee. 3:25-27) Alcuni ritengono che quest’ultima torre fosse quella che nel Cantico di Salomone viene chiamata “torre di Davide, edificata in strati di pietre, su cui sono appesi mille scudi, tutti gli scudi circolari degli uomini potenti”. (Cant. 4:4) Questa torre non va confusa con la più recente “Torre di Davide”, in cui è incorporata la torre di Fasael, distrutta in parte da Tito nel 70 E.V. La torre di Fasael era una delle tre torri costruite da Erode il Grande per proteggere il suo nuovo palazzo costruito presso il luogo dove si trovava l’antica Porta dell’Angolo nella parte O della città.

      La Torre di Siloam (Siloe) si trovava probabilmente nei pressi della piscina omonima nella zona sudorientale di Gerusalemme. Gesù menzionò che quella torre era crollata, uccidendo diciotto uomini, avvenimento che doveva essere fresco nella memoria dei suoi ascoltatori. — Luca 13:4.

      USO FIGURATIVO

      Coloro che ripongono fede in Geova e gli ubbidiscono sono veramente protetti, come cantò Davide: “Tu [Geova] hai mostrato d’essere per me un rifugio, una forte torre in faccia al nemico”. (Sal. 61:3) Coloro che riconoscono ciò che il suo nome rappresenta, che confidano in quel nome e gli sono fedeli, non hanno infatti nulla da temere: “Il nome di Geova è una forte torre. Il giusto vi corre e gli è data protezione”. — Prov. 18:10; confronta I Samuele 17:45-47.

  • Torre di Babele
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    • Torre di Babele

      VEDI BABELE.

  • Torre di guardia
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Torre di guardia

      Nelle città o lungo le mura spesso venivano costruiti posti di osservazione o di vedetta. (Vedi TORRE). Altri venivano costruiti in luoghi desertici o alle frontiere. Avevano più che altro scopi militari, per proteggere una città o un confine, e servivano anche come rifugio per pastori e agricoltori in luoghi isolati, e anche per permettere a un guardiano di avvertire se si avvicinavano predoni al fine di proteggere le greggi o le messi della zona. — II Cron. 20:24; Isa. 21:8; 32:14.

      Alcune città si chiamavano Mizpe (ebr. mitspèh, “torre di guardia”), probabilmente perché sorgevano su alture o vi erano importanti torri. A volte la Bibbia distingueva queste città indicandone l’ubicazione, come “Mizpe di Galaad” (Giud. 11:29) e “Mizpe di Moab” (I Sam. 22:3).

      Giacobbe innalzò un mucchio di pietre e lo chiamò “Galeed” (“Mucchio di testimonianza”) e “La Torre di Guardia”, affinché, come disse poi Labano: “Geova vigili fra me e te quando non ci potremo vedere l’un l’altro”. (Gen. 31:45-49) Quel mucchio di pietre avrebbe attestato che Geova osservava per vedere che Giacobbe e Labano rispettassero il loro patto di pace.

  • Tortora
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    • Tortora

      [ebr. tor, tohr; gr. trygòn].

      Piccolo uccello dei Columbidi, che di solito ha spiccate abitudini migratorie. Il nome ebraico imita evidentemente il suo grido lamentoso “tor-r-r tor-r-r”, e questo suono è ripetuto pari pari nel nome latino turtur.

      Le varietà più comuni in Palestina sono la Streptopelia turtur o “tortora comune” e la Streptopelia risoria, dal caratteristico collarino nero sulla parte posteriore del collo.

      Un’altra varietà, la “tortora delle palme”, non migra, ma trascorre tutto l’anno nel clima tropicale della valle del Mar Morto. Le altre invece migrano ogni anno, e questo è evidente dai riferimenti a tortore e altri uccelli e al “tempo della venuta di ciascuno” in Geremia 8:7. In

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