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Centurione (ufficiale dell’esercito)Ausiliario per capire la Bibbia
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militare nel 56 E.V. accorsero nella contigua area del tempio e liberarono Paolo dalla folla. (Atti 21:32) In seguito Paolo evitò la flagellazione per ordine del comandante militare rivelando all’ufficiale dell’esercito presente che era cittadino romano. (Atti 22:25, 26) Informato di un complotto contro la sua stessa vita, Paolo chiese a un ufficiale dell’esercito di condurre suo nipote dal comandante militare perché glielo riferisse. Successivamente due ufficiali dell’esercito ricevettero l’ordine di preparare 470 soldati, cavalieri e lancieri per scortare Paolo fuori da Gerusalemme. — Atti 23:17, 23.
5. Giulio, centurione della coorte di Augusto (vedi AUGUSTO, COORTE DI), incaricato di accompagnare Paolo da Adramitta a Roma. Trattò bene Paolo, pur ignorandone dapprima i consigli. Comunque questo ufficiale dell’esercito imparò poi a rispettare il giudizio dell’apostolo e contribuì a salvargli la vita. — Atti 27:1, 6, 11, 31, 43.
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CeppiAusiliario per capire la Bibbia
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Ceppi
Antico strumento di coercizione e punizione, che consisteva di un telaio di legno in cui erano trattenuti i piedi del prigioniero seduto (II Cron. 16:10; Ger. 20:2, 3), spesso esposto agli sguardi e agli scherni del pubblico. I ceppi romani avevano diversi fori di modo che, in certi casi, le gambe potevano essere divaricate, rendendo più penosa la tortura. I ceppi che trattenevano i piedi erano chiamati sadh in ebraico (Giob. 13:27; 33:11) e, essendo di legno, erano indicati in greco dal termine xỳlon (legno). Mentre erano in prigione a Filippi, Paolo e Sila ebbero i piedi assicurati nei ceppi. — Atti 16:24.
Un altro termine, mahpèkheth, che ricorre nelle Scritture Ebraiche, viene tradotto “ceppi”. Poiché rendeva l’idea di torcere, sembra che il condannato messo in tal modo ai ceppi era costretto a stare chinato o in altra posizione innaturale. Tale strumento forse tratteneva i piedi, le mani e il collo, o poteva essere usato insieme a qualche altro mezzo per trattenere il collo e le braccia. I ceppi e la gogna potevano essere usati insieme per trattenere le gambe e anche il collo e le braccia. — Ger. 29:26; vedi anche LEGAME.
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CeraAusiliario per capire la Bibbia
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Cera
La cera menzionata nella Bibbia è senz’altro la cera prodotta dalle api, sostanza giallo scuro di cui sono fatte le pareti delle celle dell’alveare in cui le api depositano il miele o le larve. La cera è prodotta dalle api operaie che, dopo aver ingerito grandi quantità di miele, producono la cera in speciali glandole addominali. La cera esce attraverso minuscoli pori e forma piccole scaglie bianche all’esterno dell’addome. Le scaglie di cera sono poi trasferite nella bocca dell’ape, dove vengono masticate prima di essere impiegate per la costruzione. L’ape controlla la produzione della cera e la secerne solo quando ce n’è bisogno. — Vedi APE.
La cera si separa facilmente dal miele sciogliendolo a bagnomaria, in modo che la cera venga a galla per poterla schiumare. Poetiche illustrazioni scritturali ricorrono alla cera che si scioglie per descrivere la condizione di un cuore afflitto (Sal. 22:14), la scomparsa di montagne e pianure (Sal. 97:5; Mic. 1:4) e la distruzione dei nemici di Dio; infatti il salmista esclama: “Come la cera si strugge a causa del fuoco, periscano i malvagi d’innanzi a Dio”! — Sal. 68:1, 2.
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CervaAusiliario per capire la Bibbia
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Cerva
La femmina del cervo è un animale slanciato, grazioso e timido, dall’andatura sicura e veloce. Quando stanno per partorire le cerve si ritirano nei recessi della foresta, e rimangono appartate, per curare teneramente e proteggere i cerbiatti finché non sono in grado di badare a se stessi. — Giob. 39:1; Sal. 29:9.
La cerva graziosa ed elegante ricorre più volte nelle vivaci immagini della Bibbia. (Prov. 5:18, 19; Cant. 2:7; 3:5) Vien fatta allusione alla sicurezza e velocità con cui riesce a sfuggire ai nemici. (II Sam. 22:1, 34; Sal. 18:32, 33; Abac. 3:19) Forse a proposito della sua velocità e abilità in guerra, Giacobbe descrisse profeticamente la tribù di Neftali come “un’esile cerva”, “una cerva slanciata”. (Gen. 49:21, NM; CEI) Il salmista, impossibilitato a entrare liberamente nel santuario, paragona il vivo desiderio che aveva di Dio all’anelito della cerva per i corsi d’acqua. (Sal. 42:1-4) La figura di una cerva che abbandona il cerbiatto appena nato, così contraria alla ben nota sollecitudine che ha per i piccoli in condizioni normali, indica la gravità della siccità che si sarebbe abbattuta su Giuda. — Ger. 14:1, 2, 5.
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CervoAusiliario per capire la Bibbia
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Cervo
Il cervo, il daino e il capriolo, che si incontrano ancora nelle zone settentrionali del Medio Oriente, sono animali che un tempo dovevano essere comuni anche in Palestina. Benché attualmente siano scomparsi, fino al 1890 non era raro incontrare caprioli nel Libano meridionale e sul Carmelo. Essendo ruminanti dallo zoccolo spartito, secondo la Legge il cervo e il capriolo erano commestibili, se, come per gli altri animali, il sangue veniva versato per terra. (Deut. 12:15, 16, 22, 23; 14:4-6; 15:22, 23) La carne di cervo era fra quelle provvedute per la tavola del re Salomone. — I Re 4:22, 23.
Altri riferimenti scritturali al cervo sono illustrativi. La Sulammita paragonò il pastore suo innamorato a un cerbiatto alludendo alla velocità di questo animale. (Cant. 2:9, 17; 8:14) La facilità con cui il cervo si inerpica su ripidi declivi serve a illustrare la guarigione completa di coloro che sono spiritualmente zoppi. (Isa. 35:6; confronta Ebrei 12:12, 13). Di fronte all’assedio babilonese i principi di Sion erano come cervi troppo deboli per correre a motivo della mancanza di cibo. — Lam. 1:6.
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CesareAusiliario per capire la Bibbia
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Cesare
Cognome romano diventato un titolo. Nel 46 a.E.V. Gaio Giulio Cesare divenne dittatore di Roma, ma fu soppresso dai suoi oppositori nel 44 a.E.V. Cesare era il suo cognome, Gaio il nome personale e Giulio il nome della sua gente o famiglia. Il nome passò al figlio adottivo e successore, Gaio Giulio Cesare Ottaviano. Ottaviano affermò la sua supremazia nel 31 a.E.V., e nel 27 a.E.V. il senato romano gli accordò il titolo di Augusto, così che divenne noto come Cesare Augusto. — Luca 2:1-7.
Quindi i quattro successivi imperatori romani (Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone) rivendicarono tale nome sia per parentela effettiva che per adozione. Il cognome divenne così intimamente associato alla posizione di sovrano che, anche dopo la fine della dinastia dei Cesari, fu conservato come titolo regale equivalente a quello di imperatore, dando poi origine alle forme Kaiser (tedesco) e Zar (russo).
I Cesari che regnarono all’epoca delle Scritture Greche Cristiane, insieme alle date dei rispettivi regni e ai principali avvenimenti biblici contemporanei, sono elencati nell’accluso prospetto. Di questi solo tre sono menzionati per nome nella Bibbia: Augusto, Tiberio e Claudio. Per informazioni più complete, si vedano le voci sotto i rispettivi nomi.
DIO E CESARE
L’unica documentata menzione di Cesare da parte di Gesù è quella in cui espose il principio: “Rendete dunque a Cesare le cose di Cesare, ma a Dio le cose di Dio”. (Matt. 22:17-21; Mar. 12:14-17; Luca 20:22-25) La questione che provocò questa dichiarazione riguardava il pagamento del “tributo” allo stato romano da parte degli ebrei. Riguardava perciò una norma o legge stabilita e quindi né la domanda né la risposta si riferivano solo a Tiberio, allora regnante. (Confronta Matteo 17:25). “Cesare” era o simboleggiava l’autorità civile, lo stato, rappresentato dai suoi rappresentanti debitamente nominati, chiamati da Paolo “autorità superiori”, e, secondo l’espressione di Pietro, “re” e “governatori”. — Rom. 13:1-7; Tito 3:1; I Piet. 2:13-17; vedi AUTORITÀ SUPERIORI.
Le “cose” di Cesare erano dunque il pagamento dovuto per i servizi resi dal governo secolare e per cui il governo esigeva tasse o tributi. Nonostante la sua natura imperialista, lo stato romano provvedeva numerosi servizi ai popoli soggetti, fra cui la costruzione di strade, una forma di servizio postale e anche il mantenimento dell’ordine pubblico e la protezione contro elementi criminali. Il popolo pagava questi servizi con le tasse. Questo è sottolineato dall’accenno di Gesù alla moneta di Cesare, chiamata “la moneta del tributo”. — Matt. 22:19.
Che l’autorità “di Cesare” di esigere un tributo anche dai cristiani non dovesse interferire col servizio cristiano a Dio fu indicato dalle parole di Gesù: ‘Rendete a Dio le cose di Dio’. (Matt. 22:21) Gli apostoli di Gesù dimostrarono di aver capito che il loro dovere nei confronti delle autorità umane era limitato (relativo) e non assoluto, infatti quando furono poi portati davanti alla corte suprema ebraica dichiararono con fermezza: “Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini”, questo quando le leggi o i requisiti umani contrastavano con quelli di Dio. — Atti 5:29.
PROCESSO DI GESÙ
Quando fu portato in giudizio davanti al procuratore romano Ponzio Pilato, Gesù fu accusato dai capi religiosi di gravi reati: sovvertire la nazione ebraica, proibire di pagare le tasse a Cesare e dire che egli stesso era Cristo re. (Luca 23:1, 2) Questa triplice imputazione significava in effetti accusare Gesù di alto tradimento o, come dicevano i romani, di crimen laesae maiestatis (accusa di lesa maestà). Pilato ne prese atto nelle sue successive parole: “Mi avete condotto quest’uomo come uno che incita il popolo alla rivolta”. (Luca 23:13, 14) Nel 48 a.E.V. la cosiddetta Lex Iulia Maiestatis aveva dichiarato reato partecipare a qualsiasi attività contro il potere sovrano e lo stato romano. A questa legge era data ampia applicazione tanto che, all’epoca di Gesù, qualsiasi insulto a Cesare o qualsiasi attività che avesse l’apparenza di sedizione poteva giustificare l’accusa di tradimento. Tiberio Cesare, allora regnante, era particolarmente sensibile a critiche od opposizione, ed era noto per incoraggiare gli “informatori” che avrebbero denunciato presunti traditori.
In tutto l’impero romano nessun re poteva regnare senza il consenso di Cesare. Perciò Pilato, nell’interrogare Gesù, concentrò evidentemente l’interrogatorio sulla questione della regalità di Gesù stesso. (Matt. 27:11; Mar. 15:2; Luca 23:3; Giov. 18:33-37) Pilato voleva rimettere in libertà Gesù perché innocente, ma i capi ebrei gridarono: “Se liberi quest’uomo, non sei amico di Cesare. Chiunque si fa re parla contro Cesare”. (Giov. 19:12) L’espressione “amico di Cesare” era un titolo onorifico spesso conferito ai governatori delle province; ma qui i capi ebrei evidentemente lo usavano in senso generale, intendendo dire che Pilato si esponeva all’accusa di condonare un alto tradimento. Il timore di un imperatore geloso fu un fattore che indusse Pilato a pronunciare la condanna a morte di un innocente. Intanto i sacerdoti rifiutavano ogni governo teocratico proclamando a gran voce la loro lealtà al trono imperiale: “Non abbiamo nessun re eccetto Cesare”. (Giov. 19:13-16; confronta Isaia 9:6, 7; 33:22). Invano protestarono contro il titolo “Re dei Giudei” che Pilato aveva posto sul palo di Gesù (Giov. 19:19-22), secondo la consuetudine romana di affiggere una scritta indicante il reato per cui il criminale era condannato.
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