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Vi dispiace dare?La Torre di Guardia 1961 | 15 maggio
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Vi dispiace dare?
IL PUBBLICO è continuamente invitato a dare. Per posta, per telefono, di porta in porta e per le vie, si ode chiedere: ‘Date qualche cosa’. ‘Fate la carità’. ‘È necessario il vostro aiuto’. Le richieste son destinate a toccare le corde del cuore e a far aprire il portafoglio. I libretti degli assegni e i portafogli si aprono alla pressione dell’opinione pubblica. Si pone in risalto che dare sia un dovere religioso. Conseguentemente, nei soli Stati Uniti circa $ 5.000.000.000 sono versati ogni anno dalle tasche e dai portafogli privati alle organizzazioni assistenziali.
Benché la Bibbia dica: “Dio ama il donatore allegro”, e Gesù dichiarasse: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”, vien detto al pubblico di ‘dare finché non provi dispiacere’. Sotto la pressione, la gente dà, e spesso attesta di far questo con dispiacere. Ma perché dare è un’esperienza così penosa per tante persone dal momento che Gesù disse che avrebbe recato maggiore felicità? Avete riscontrato che anche a voi dispiace dare? — 2 Cor. 9:7; Atti 20:35.
Quella di spillare denaro al pubblico in nome di Dio è divenuta una grande impresa. Essa è fonte di dolore, e reca danno anziché felicità alle sue vittime. Il 3 aprile 1960, il Sunday Express di Londra aveva il grosso titolo “Esperti commerciali accrescono le collette della Chiesa C. R.”. L’organizzazione Cathos Ltd., che ha filiali in tutto il Canada, Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna, è specializzata esclusivamente nell’aumentare le entrate della Chiesa Cattolica Romana. Il giornale londinese descrisse la sua mèta, che era quella di raddoppiare le entrate delle chiese cattoliche romane in Gran Bretagna. Questa impresa ha la benedizione del primate cardinale cattolico romano Godfrey.
Parte del programma della Cathos sono visite di casa in casa a tutte le famiglie cattoliche d’una parrocchia, per far loro firmare una dichiarazione con la quale acconsentono di offrire alla chiesa un tanto alla settimana. È anche compreso un grande banchetto “di incoraggiamento”. La prima campagna fatta dalla Cathos in Gran Bretagna ebbe inizio nella primavera del 1960 in Potters Bar, nel Middlesex, con un grande banchetto per 300 parrocchiani. L’annunciata mèta era di portare la colletta parrocchiale annua da $ 4.900 a $ 10.080. Il sig. Harold Brinjes, presidente della Cathos, commentò: “La gente di Potters Bar darà fino a sentirsi un po’ dispiaciuta. Questo fa parte del normale accomodamento dopo il nostro inizio”.
Sì, dispiace dare quando si è spinti a far ciò, per quanto la causa possa essere meritoria. Quando si è costretti a dare, se si dà per non far aggrottare le ciglia e per non ricevere occhiate di disapprovazione o perfino parole, il dare non reca nessuna felicità ma fa dispiacere. Infatti la pratica religiosa di fare il giro col piatto della colletta, così che il povero si sente costretto a gareggiare con le grosse offerte del ricco, non promuove la felicità. Chi è ricco, facendo ostentatamente una grossa offerta, ottiene un’immediata ricompensa: ‘La gloria degli uomini’. Il povero, sentendo il bisogno di tenersi all’altezza della rispettabilità, ‘dà fino a provare dispiacere’. Nessuno dei due ottiene la felicità di cui parlò Gesù. — Matt. 6:2.
In un’occasione i membri della congregazione cristiana di Gerusalemme si trovarono nel bisogno materiale perché vi era carestia nel paese. Paolo comunicò che i loro fratelli cristiani di Macedonia, benché fossero poveri, chiesero “con viva istanza pregandoci di questa grazia di esser partecipi a questo ministero in favore dei santi”. Egli attestò che essi diedero “al di là delle loro forze”. Nessuno costrinse né svergognò i cristiani macedoni perché dessero, ma essi desiderarono dare, pregarono d’avere l’opportunità di dare. Essi furon felici di far questo perché sapevano che ne avrebbero ricevuto beneficio persone che amavano caramente. — 2 Cor. 8:1-4.
Come si può oggi ricevere la felicità nel dare? Per ottenere la felicità nel dare bisogna avere un’attitudine generosa; bisogna ubbidire ai due più grandi comandamenti: amare Geova Dio con tutto il cuore, con la mente, con tutta l’anima e con tutta la forza, e il prossimo come noi stessi. Avendo tale amore, diamo di cuore; diamo perché questo rende felici quelli che amiamo. Ci rallegriamo dell’opportunità di esprimere il nostro amore nel dare; otteniamo maggiore felicità, benché chi ha bisogno e riceve sia pure reso molto felice. Questo avvenne quando i cristiani macedoni diedero ai loro fratelli cristiani in Gerusalemme.
Quale esempio moderno, considerate i cristiani testimoni di Geova che uscirono dai campi di concentramento tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale. Come i cristiani di Gerusalemme essi avevano bisogno d’aiuto. I loro fratelli cristiani di tutto il mondo si rallegrarono del privilegio di contribuire per offrire cose necessarie ai fratelli tedeschi. Ora questi testimoni tedeschi hanno una certa quantità di beni materiali ed essi hanno altruisticamente offerto centinaia di migliaia di dollari, al di là di ciò che è necessario, per promuovere l’opera di predicazione nel loro paese. Questo denaro ha aiutato i loro fratelli e ha sostenuto i missionari inviati in molti paesi d’ogni parte del mondo. Chi può dire che i testimoni tedeschi non abbiano provato una felicità maggiore nel dare che non quando ricevettero dai loro fratelli alla fine della seconda guerra mondiale?
È vero che non tutti possiedono beni materiali da dare, ma possono tuttavia ottenere la maggior felicità del dare. Considerate l’esempio dell’apostolo Pietro. Fuori della porta del tempio era uno zoppo che chiedeva doni di misericordia. “Pietro disse: ‘Io non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo dò: Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina!’” L’uomo fu immediatamente sanato e saltò con gran gioia. Che felicità dovette provar Pietro, essendo stato in grado di dare la salute a quel grato zoppo! È una verità che noi possiamo dare oggi un dono più prezioso della salute. Gesù disse che acquistare conoscenza di lui e del suo Padre Geova significa vita eterna. Acquistate dunque questa conoscenza voi stessi e datela ad altri. Quale incomparabile gioia proverà il vostro cuore, vedendo illuminarsi gli occhi delle persone che acquisteranno intendimento ed esulteranno di gioia, allorché scorgeranno la visione del nuovo mondo che voi avrete additata loro come sicura speranza! Questo dare non vi farà provare dispiacere, ma vi farà veramente capire che cosa volle dire Gesù quando dichiarò: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”. — Atti 3:6; 20:35; Giov. 17:3.
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Vi fu una risurrezione?La Torre di Guardia 1961 | 15 maggio
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Vi fu una risurrezione?
VI FU una risurrezione dai morti al tempo della morte di Gesù? Molti commentatori della Bibbia dicono di sì. Basano la loro credenza su Matteo 27:52, 53. Quella che viene comunemente chiamata Versione di Nardoni, in questi versetti, dice: “Le tombe si aprirono, e molti corpi di santi che vi riposavano, risuscitarono; e, usciti dai loro sepolcri, dopo la risurrezione di Gesù, entrarono nella santa città e apparvero a molti”.
Secondo il cattolico Commentary on Holy Scripture, il terremoto, menzionato nel versetto 51 di Matteo 27 precedente, ruppe e aprì le tombe di pietra per preparare l’uscita dei corpi, i quali non risuscitarono che dopo la risurrezione di Cristo. Ma si noti che questo non è ciò che il testo effettivamente dichiara, né nelle versioni cattoliche romane né in quelle protestanti.
Su questi versetti uno dei preminenti commentari protestanti della Bibbia, quello di Adam Clarke, afferma: “È difficile render conto dell’avvenimento menzionato nei versetti 52 e 53 di Matteo 27. Alcuni hanno pensato che questi due versetti siano stati inseriti nel testo di Matteo dal vangelo dei Nazzareni, altri pensano che il semplice significato sia questo: col terremoto parecchi corpi che erano stati sepolti furon gettati fuori ed esposti alla vista, e rimasero alla superficie del suolo fin dopo la risurrezione di Cristo, e furono visti da molte persone nella città. Perché le tombe si sarebbero dovute aprire il venerdì e i corpi non sarebbero stati destati alla vita fino alla seguente domenica, è difficile a concepirsi. Il passo è estremamente oscuro”.
Un altro commentatore della Bibbia, il dott. Jenks, dice riguardo a questi versetti: “Questo fatto non è narrato così pienamente come la curiosità desidererebbe. . . . Noi possiamo fare al riguardo domande che non possiamo appagare”. Altri commentatori biblici si esprimono in modo simile.
Poteva l’avvenimento menzionato in questi due versetti essere veramente il principio della risurrezione dai morti di cui parlò Gesù, come narra Giovanni 5:28, 29? No, poiché Gesù disse che tutti quelli che sono nelle tombe commemorative sarebbero venuti fuori alla risurrezione di vita o alla risurrezione di giudizio. Siccome il racconto dice che questi erano “santi”, essi sarebbero stati destati alla risurrezione di vita. Furono destati alla risurrezione di vita? No, altrimenti sarebbero ancora vivi
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