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  • Scegliamo il miglior modo di vivere
    La Torre di Guardia 1980 | 1° settembre
    • Scegliamo il miglior modo di vivere

      “Siete custoditi dalla potenza di Dio a mezzo della fede”. — I Piet. 1:5.

      1, 2. In quale situazione ci trovavamo tutti prima di accettare la “buona notizia”, e perché possiamo quindi rallegrarci?

      L’APOSTOLO Paolo scrisse ai cristiani di Efeso, città dell’Asia Minore: “Un tempo camminaste secondo il sistema di cose di questo mondo . . . Sì, fra loro noi tutti ci comportammo un tempo in armonia con i desideri della nostra carne, facendo le cose che volevano la carne e i pensieri, ed eravamo naturalmente figli d’ira come gli altri. Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il suo grande amore col quale ci amò, ci rese viventi insieme al Cristo, quando eravamo morti nei falli — per immeritata benignità siete stati salvati”. — Efes. 2:2-5.

      2 Prima di conoscere la verità, tutti noi che desideriamo servire Dio ci comportavamo secondo i desideri della carne. Ma non siamo felici di aver usato il libero arbitrio di cui Dio ci ha benignamente dotati e quindi di aver scelto il modo di vivere che ci libera dalla schiavitù, che ci promette la vita eterna?

      3. (a) Cosa dobbiamo fare se vogliamo veder realizzata la nostra speranza basata sulla Bibbia? (b) Come abbiamo fatto la nostra scelta, e quali domande sorgono in quanto a portarla a compimento?

      3 L’apostolo Pietro disse ai cristiani del primo secolo che Dio aveva dato loro una “speranza viva”. (I Piet. 1:3) Anche noi speriamo realmente in cose future. Poiché quello in cui speriamo non si è ancora realizzato — non vediamo adempiuta la speranza — dovremmo darci per vinti? L’apostolo Paolo disse: “Se speriamo in ciò che non vediamo, continuiamo ad aspettarlo con perseveranza”. (Rom. 8:25) Se dunque le cose non sembrano andare come ci aspettiamo, c’è ancor più ragione di mostrare perseveranza e di rafforzare la speranza. Vale a dire che, avendo scelto la via della vera vita, la via migliore, anzi, l’unica via, dobbiamo attenerci a tale scelta. Non possiamo credere di realizzare tale speranza se siamo irresoluti e incostanti. (Giac. 1:6-8) Abbiamo preso un impegno e fatto la grande scelta iniziale quando ci siamo battezzati, ma ogni giorno dobbiamo affrontare problemi che richiedono decisioni e scelte minori in armonia con quella prima grande decisione. Possiamo continuare ogni giorno a fare le scelte giuste che ci permettono di rimanere nella via della vita? Possiamo esser certi che a suo tempo realizzeremo appieno la nostra speranza?

      Atteniamoci alla scelta fatta!

      4. (a) Perché non dovremmo permettere che la delusione dovuta a certi errori scuota la nostra determinazione a perseverare nella via che abbiamo scelto? (b) Per il desiderio di veder realizzata la loro speranza, in quale errore sono caduti i cristiani nel passato?

      4 Se rimaniamo fedeli, Dio non permetterà che commettiamo errori irrimediabili. Ma a volte ci permette di essere in errore per farci capire la necessità di rivolgerci sempre a lui e alla sua Parola. Ciò rafforza la nostra relazione con lui e la nostra perseveranza mentre aspettiamo. Dai nostri sbagli impariamo che è necessario stare più attenti in futuro. Nel corso dei secoli il desiderio che il nuovo sistema di cose assumesse pienamente il controllo della terra è sempre stato molto forte nei cristiani. E a motivo della brevità della vita, essi indubbiamente speravano che venisse mentre erano vivi loro. Più di una volta nel corso della storia coloro che hanno cercato di tenere “bene in mente” il tempo del giudizio di Dio sono diventati eccessivamente ansiosi che quel giorno arrivasse, cercando di affrettare nella loro mente gli avvenimenti desiderati. (II Piet. 3:12) Per esempio, nel primo secolo l’apostolo Paolo ritenne necessario scrivere quanto segue ai cristiani di Tessalonica come leggiamo in II Tessalonicesi 2:1-3: “Comunque, fratelli, rispetto alla presenza del nostro Signore Gesù Cristo e al nostro radunamento presso di lui, vi preghiamo di non essere presto scossi dalla vostra ragione né d’eccitarvi sia per un’espressione ispirata che per un messaggio verbale o per una lettera come se venisse da noi, secondo cui il giorno di Geova sia venuto. Nessuno vi seduca in alcuna maniera, perché esso non verrà se prima non viene l’apostasia e non è rivelato l’uomo dell’illegalità, il figlio della distruzione”.

      5. (a) Come si svilupparono grandi aspettative per l’anno 1975? (b) Perché le dichiarazioni cautelative pubblicate non riuscirono a limitare il notevole interesse per quella data?

      5 In tempi moderni tale premura, lodevole in se stessa, ha provocato tentativi di stabilire date per l’auspicata liberazione dalle sofferenze e difficoltà che colpiscono tutti sulla terra. Con la pubblicazione del libro Vita eterna, nella libertà dei figli di Dio, e l’osservazione che sarebbe stato appropriato che il regno millenario di Cristo scorresse parallelo al settimo millennio d’esistenza umana, venne suscitata considerevole aspettativa per il 1975. Allora e in seguito si disse che questa era solo una possibilità. Purtroppo però, insieme a tali informazioni cautelative, furono pubblicate altre dichiarazioni che lasciavano intendere che tale realizzazione delle speranze in quell’anno era più una probabilità che una semplice possibilità. Dispiace che queste ultime dichiarazioni abbiano evidentemente adombrato quelle che invitavano alla cautela e abbiano contribuito ad accrescere l’aspettativa che c’era già.

      6. Quanto detto nella Torre di Guardia del 1º gennaio 1977 intendeva forse addossare la responsabilità di quell’aspettativa esclusivamente o principalmente sui lettori? Spiegate.

      6 La Torre di Guardia del 1º gennaio 1977, parlando dell’inopportunità di tenere lo sguardo fisso su una certa data, diceva: “Se qualcuno è rimasto deluso non avendo seguito questo ragionamento, ora deve fare di tutto per modificare la sua mentalità, comprendendo che non è stata la Parola di Dio a venire meno o a ingannarlo e a deluderlo, ma che il suo intendimento si basava su premesse errate”. Dicendo “qualcuno”, La Torre di Guardia includeva tutti i testimoni di Geova delusi, compresi dunque i responsabili della pubblicazione delle informazioni che contribuirono ad accrescere le speranze accentrate su quella data.

      7. (a) Che effetto dovrebbero avere simili errori umani sulla nostra fede nelle promesse di Dio stesso? (b) In effetti, qual è il fattore importante ribadito nella Parola di Dio?

      7 Comunque non c’è ragione che la nostra fede nelle promesse di Dio sia scossa. Piuttosto, come conseguenza, siamo tutti spinti a fare un più attento esame delle Scritture a proposito di questo giorno di giudizio. Così facendo, riscontriamo che la cosa importante non è la data. La cosa importante è ricordare che tale giorno esiste — e si avvicina sempre più — il giorno in cui tutti dovremo rendere conto. Pietro disse che i cristiani dovrebbero giustamente ‘aspettare e tenere bene in mente la presenza del giorno di Geova’. (II Piet. 3:12) L’importante non è una data futura, ma la vita del cristiano giorno per giorno. Non deve lasciar passare un solo giorno senza ricordare che è sotto l’amorevole protezione e direttiva di Geova e deve dunque sottomettervisi, ricordando che deve anche render conto delle sue azioni.

      8. (a) In che modo le parole di Gesù e di Paolo fanno capire la saggezza di questo punto di vista? (b) Dobbiamo perseverare sino alla fine; ma quando viene quella “fine”, e possiamo determinarne il tempo?

      8 Gesù ne spiegò la ragione: “Poiché il Figlio dell’uomo è destinato a venire nella gloria del Padre suo con i suoi angeli, e allora ricompenserà ciascuno secondo la sua condotta”. (Matt. 16:27) E l’apostolo Paolo aggiunse: “Tutti compariremo davanti al tribunale di Dio . . . Così, dunque, ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio”. (Rom. 14:10-12) “Dobbiamo tutti esser resi manifesti dinanzi al tribunale del Cristo, affinché ciascuno riceva il suo giudizio per le cose fatte mediante il corpo, secondo le cose che ha praticate, sia una cosa buona che una vile”. (II Cor. 5:10) Quanto tempo ci resta prima della resa dei conti? Gesù disse: “Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato”. (Matt. 24:13) Quando verrà “la fine”? Tale fine può venire sia al termine di questo sistema di cose che alla morte dell’individuo prima della fine. Quanto tempo rimane dunque a ciascuno di noi? Nessuno può calcolare il giorno in cui morrà. Allo stesso modo, Gesù disse agli apostoli a proposito del tempo dell’istituzione del regno di Dio: “Non appartiene a voi d’acquistar conoscenza dei tempi o delle stagioni che il Padre ha posti nella propria autorità”. (Atti 1:7) È impossibile per noi calcolare in anticipo la fine del mondo.

      L’adempimento della nostra speranza

      9. Quali parole di Pietro ci infondono fiducia che possiamo attenerci alla scelta fatta?

      9 Se qualcuno ha paura che, a causa delle prove che possono presentarsi, non sarà fedele alla decisione di servire Dio e Cristo, presti ascolto alle parole dell’apostolo Pietro. Questo apostolo ci assicura che la nostra speranza è certa se ci atteniamo saldamente ad essa per mezzo della fede in Dio e nelle sue sicure promesse: “[Voi] siete custoditi dalla potenza di Dio a mezzo della fede per una salvezza pronta ad esser rivelata nell’ultimo periodo di tempo”. (I Piet. 1:3-5) Cosa apprendiamo da queste parole?

      10, 11. (a) A chi spetta in effetti il merito se abbiamo accettato la “buona notizia”, e perché? (b) In che modo Dio rende possibile agli uomini riconoscere la luce della verità? (c) Cosa mostra I Corinti 2:9 in quanto alla capacità umana di discernere senza aiuto le verità divine?

      10 Ebbene, ricordando quando per la prima volta abbiamo ascoltato e accettato la “buona notizia” che ci era proclamata, possiamo forse attribuire a noi stessi il merito di avere avuto il buon senso di capirne il valore e di afferrarla immediatamente? No. “Mentre eravamo ancora deboli”, incapaci di salvare noi stessi, “mentre eravamo ancora peccatori”, cioè mentre eravamo ancora nemici siamo stati “riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio”. (Rom. 5:6-10) Chi dunque dobbiamo ringraziare per la posizione di favore che ora abbiamo? Gesù disse ai discepoli: “Nessun uomo può venire a me se il Padre, che mi ha mandato, non lo attira”. (Giov. 6:44) Di nostra propria iniziativa non saremmo mai giunti alla conoscenza di Dio. La nostra natura umana imperfetta, peccaminosa, non ce l’avrebbe mai permesso.

      11 Possiamo però cercare Dio, poiché ‘non è lontano da ciascuno di noi’. (Atti 17:27) Se solo cerchiamo Dio brancolando, questo gli fa piacere. Egli allora si avvicina a noi. (Giac. 4:8) Dio conosce l’intimo desiderio di chi lo cerca e manda qualcuno a portargli la “buona notizia”, o può fare in modo che venga in contatto con il messaggio del Regno. Udendo la “buona notizia” ed esaminando la Parola di Dio, con l’aiuto dello spirito santo dato da Dio, chi cerca si rende conto della propria situazione. Quindi esercita fede in quello che Dio dice e può uscire dalle tenebre. In quanto alla capacità umana, la Bibbia dice: “Occhio non ha veduto e orecchio non ha udito, né sono state concepite nel cuore dell’uomo le cose che Dio ha preparate per quelli che l’amano”. (I Cor. 2:9) Con i nostri pensieri e desideri umani non avremmo mai capito la verità se Dio non avesse avuto pietà di noi e non ci avesse aiutati personalmente.

      12. (a) Per attenerci alla scelta iniziale, cosa dobbiamo continuamente ricordare? (b) Come può Dio proteggerci dai pericoli dovuti alla nostra scarsa avvedutezza?

      12 Sapendo che Dio vede la nostra triste condizione e ci aiuta sin dall’inizio, possiamo renderci conto di come sia possibile col passar degli anni attenerci alla nostra decisione iniziale. Infatti Dio ci può far crescere spiritualmente. Come dice Pietro, siamo custoditi dalla potenza di Dio. Dobbiamo riconoscere che, una volta diventati cristiani, non è per nostra forza, sapienza o intelligenza che siamo in grado di perseverare fino alla vittoria; da soli non ci riusciremmo mai. Per esempio, spesso siamo duri di comprendonio. Molte volte, senza rendercene conto, ci troviamo in situazioni e circostanze che mettono in grave pericolo la nostra integrità cristiana. (Gal. 6:1) Forse stiamo per fare un passo che potrebbe portarci alla rovina. Ma Dio, osservandoci, prova amore e pietà per noi, mantiene le sue promesse, e al momento giusto può liberarci dal pericolo. Davide, re dell’antico Israele, dopo esser stato ‘custodito’ da Dio nella sua vigile cura, disse: “Hai liberato la mia anima dalla morte — non hai liberato tu il mio piede dall’inciampo? — affinché io cammini dinanzi a Dio alla luce di quelli che vivono”. — Sal. 56:13.

      Protetti contro la colpa del sangue

      13, 14. (a) Come fu che Davide si trovò pericolosamente vicino al peccato di spargimento di sangue innocente? (b) In che modo Abigail servì a trattenerlo dal male?

      13 Un episodio in cui Dio custodì e protesse Davide dai suoi stessi ragionamenti e impulsi imperfetti è narrato in I Samuele capitolo 25. Quando Davide viveva come un fuorilegge, braccato dal re Saul che voleva ucciderlo, Davide e i suoi uomini aiutavano e proteggevano gli israeliti ogni volta che ne avevano l’opportunità. Uno di quelli che aiutarono fu un israelita molto ricco di nome Nabal. Una volta che Davide e i suoi uomini erano accampati nelle vicinanze dei pastori e delle greggi di Nabal, gli uomini di Davide furono per loro come un muro di protezione contro i predoni, e non chiesero né presero nulla in cambio. In seguito, quando gli uomini di Davide erano a corto di provviste, Davide chiese gentilmente a Nabal, come a un fratello israelita, di aiutarlo dandogli del cibo. Invece di manifestare la gratitudine e l’altruismo prescritti dalla legge mosaica, Nabal gridò impropèri e insulti agli uomini di Davide.

      14 Quest’azione malvagia e ingrata fece così infuriare Davide che con 400 uomini si accinse a sfogare la sua vendetta contro Nabal e la sua famiglia. Ma Abigail, moglie di Nabal, sapendo dell’indegna condotta del marito, si affrettò a raggiungere Davide portandogli in dono molte cibarie. Supplicò Davide in base alla sua relazione con Geova di non vendicarsi come intendeva fare: “Non ti sia questo causa di esitazione né pietra d’inciampo al cuore del mio signore, con lo spargimento di sangue senza causa e facendo venire la stessa mano del mio signore alla sua salvezza”. Davide, rientrando in sé, rispose: “Benedetto sia Geova l’Iddio d’Israele, che ti ha mandata in questo giorno incontro a me! E benedetto il tuo senno, e benedetta tu che mi hai trattenuto dall’entrare in questo giorno nella colpa del sangue e dal far venire la mia propria mano alla mia salvezza”. — I Sam. 25:31-33.

      15, 16. (a) Se Davide avesse proseguito, di quali due peccati si sarebbe reso colpevole, e cosa lo salvò da questo? (b) Quale lezione ne traiamo e quale effetto dovrebbe avere su di noi?

      15 Davide, da un punto di vista umano, si era sentito giustificato nell’accingersi a ripagare Nabal per la sua nefandezza. In tal modo però si sarebbe fatto vendetta da solo, e sarebbe incorso nella colpa del sangue uccidendo innocenti familiari di Nabal. Che cosa lo salvò? Geova Dio osservava, e lo protesse da quel terribile peccato.

      16 Da questo esempio vediamo che non possiamo fare affidamento su noi stessi per continuare nella condotta che porta alla salvezza, ma dobbiamo sempre rivolgerci a Dio, che ci protegge e ci dà una via d’uscita. Questo dovrebbe infonderci grande fiducia e renderci anche molto umili.

      17. (a) Dovremmo pensare che Dio non farà altrettanto per un suo umile servitore d’oggi? (b) In quali modi Dio ci può proteggere dal commettere gravi errori?

      17 Ma qualcuno potrebbe dire: ‘Quello era Davide, l’unto re di Geova, con cui Dio aveva fatto un patto per il regno. Forse a noi non presterebbe tanta attenzione’. Possiamo davvero dire che Dio, dopo averci acquistati col prezioso sangue di suo Figlio, non protegga altrettanto gelosamente la nostra vita? Certo che la protegge. Come liberò Davide da un’azione avventata e calamitosa per mezzo di Abigail, così Dio libererà senz’altro anche noi. Come spinse Abigail a salvare Davide, così può usare la sua Parola, la Bibbia, o i suoi angeli o un altro cristiano o circostanze provvidenziali per impedirci di compiere una stoltezza, sempre che abbiamo fede e continuiamo ad affidarci a lui con devozione e umiltà.

      18, 19. In che modo queste informazioni possono incoraggiarci a perseverare fedelmente nella condotta intrapresa, e a quale domanda dobbiamo ancora dare risposta?

      18 Com’è confortante e incoraggiante vedere le cose da questo punto di vista! Dio non dice: ‘Be’, ora sai quel che devi fare, perciò arrangiati’. Al contrario, egli si interessa amorevolmente della nostra salvezza e ci protegge attivamente finché continuiamo ad aver fede in lui e nel riscatto provveduto tramite suo Figlio. Egli “conosce bene come siamo formati, ricordando che siamo polvere”, e sapendo che, con le nostre sole forze, saremmo destinati a fallire, nonostante gli sforzi per attenerci alla giusta condotta sino alla fine. — Sal. 103:10-14, 17, 18; confronta Salmo 38:4, 22; 40:12, 13; 130:3, 4.

      19 Significa questo che essere fedeli nella vita praticamente non dipende da noi, che tutto dipende da Dio? Niente affatto, come sarà chiarito in modo scritturale nell’articolo che segue.

  • Viviamo secondo la scelta fatta
    La Torre di Guardia 1980 | 1° settembre
    • Viviamo secondo la scelta fatta

      1. Di cosa abbiamo bisogno per attenerci alla scelta fatta, come indicano Proverbi 16:9 e I Pietro 1:13?

      SCEGLIENDO la vita che Dio offre scegliamo anche di camminare pienamente nella via di Dio, la retta via cristiana. Dobbiamo attenerci a quella via, una via che richiede fede nelle promesse di Dio, insieme a sforzo e perseveranza. Ma per far questo chiediamo a Dio di guidare le nostre decisioni, mentre ci atteniamo di continuo alla ben meditata scelta iniziale. Le Scritture dicono: “Il cuore dell’uomo terreno può ideare la sua via, ma Geova stesso dirige i suoi passi”. (Prov. 16:9) E Pietro dice al riguardo: “Cingete dunque le vostre menti per l’attività, siate completamente assennati; riponete la vostra speranza nell’immeritata benignità che vi sarà recata alla rivelazione di Gesù Cristo”. — I Piet. 1:13.

      2, 3. Cosa può aiutarci grandemente a ‘cingere la nostra mente’ per agire in modo positivo?

      2 Qual è il modo migliore per ‘cingere la nostra mente’? Come possiamo esser sicuri di essere “completamente assennati” e di non perdere l’equilibrio?

      3 Prima di tutto possiamo meditare sull’incomparabile benedizione che abbiamo essendo a conoscenza della verità di Dio. Viviamo meglio ora, con maggiore libertà da ansietà, dolori e guai che affliggono il mondo. Se soffriamo, sappiamo il perché di tale sofferenza, e ci rendiamo conto che, se perseveriamo con piena fede e fiducia, ne usciremo cristiani migliori. E la speranza della risurrezione elimina in gran parte il timore della morte, e allevia il dolore per i nostri cari che muoiono. Tutte le cose spiacevoli diventano nulla in paragone con la vita eterna avvenire. Gesù disse ai discepoli: “Felici gli occhi che vedono le cose che voi vedete. Poiché vi dico: Molti profeti e re desiderarono vedere le cose che voi vedete ma non le videro, e udire le cose che voi udite ma non le udirono”. — Luca 10:23, 24.

      4, 5. (a) Cosa spinge gli angeli a mostrare notevole interesse per la salvezza dell’uomo, come indica I Pietro 1:12? (b) Conoscendo il loro punto di vista, come dovremmo sentirci noi?

      4 La nostra salvezza è un premio inestimabile, e Dio la offre agli uomini in modo meraviglioso. Pietro dice che i profeti desideravano sapere come avviene, e che “in queste cose gli angeli desiderano penetrare con lo sguardo”. (I Piet. 1:10-12) Sappiamo che gli angeli esistevano già quando la terra fu formata, e anche innumerevoli anni prima. (Giob. 38:7) Avevano visto la gloria, la sapienza e la potenza di Dio e altri aspetti della sua personalità in miliardi di opere creative. Ma qui sulla terra c’era qualcosa di nuovo. In che modo Dio poteva salvare l’umanità peccatrice? Gli angeli se ne interessavano molto. Desideravano sapere come poteva essere perdonato il peccato dell’uomo in base a un sacrificio umano, perché non avevano mai visto accadere una cosa del genere. La mirabile qualità della misericordia, uno dei migliori aspetti della personalità di Dio, più attraente e rincorante della potenza o anche della sapienza, fu manifestata inviando Cristo a riscattare l’umanità. E il suo amore per i peccatori fu dimostrato guidando quelli che hanno fede nel Figlio.

      5 Ora, se gli angeli considerano questa misericordia di Dio come una delle cose più grandi dell’universo, quanto più noi a cui è mostrata tale misericordia e che la proviamo ogni giorno, dovremmo rallegrarcene ed apprezzarla sopra ogni altra cosa! Quale miglior motivo possiamo avere per essere felici della nostra scelta e attenerci ad essa!

      Importanza dello studio biblico

      6. In armonia con I Pietro 2:2, 3, che ruolo dovrebbero avere nella nostra vita la lettura e lo studio della Bibbia?

      6 Cosa possiamo accingerci a fare oggi per rendere sicura la nostra speranza? Pietro risponde: “Come bambini appena nati, nutrite grande desiderio del latte non adulterato che appartiene alla parola affinché per mezzo d’esso cresciate verso la salvezza, se avete gustato che il Signore è benigno”. (I Piet. 2:2, 3) Solo leggendo e studiando la Bibbia con sincerità e attenzione possiamo avere la forza spirituale che dobbiamo avere. Non c’è nessun altro modo. Dobbiamo leggere la Bibbia noi stessi, riflettere su quello che dice, leggerla con la nostra famiglia e parlare delle sue verità. Così facendo crescerà in noi l’amore per la parola e il desiderio di conoscerla meglio. Se i re d’Israele dovevano secondo la legge di Dio scrivere personalmente una copia della Legge che avevano a quel tempo e leggerla sottovoce ogni giorno, possiamo noi, avendo le Scritture complete che ci possono rendere saggi per la salvezza, fare di meno? — Deut. 17:19, 20; II Tim. 3:15.

      7, 8. (a) Cosa fecero i presenti nella sinagoga di Berea che meritò loro una lode da Dio? (b) Perché è così essenziale l’effettiva lettura delle verità direttamente nella Bibbia?

      7 Quali persone vissute ai tempi in cui gli apostoli proclamavano la “buona notizia” sono lodate da Dio nella sua Parola? I presenti nella sinagoga di Berea, poiché, dice la Bibbia, “ricevettero la parola [la buona notizia portata da Paolo e Sila] con la massima premura di mente, esaminando attentamente le Scritture ogni giorno per vedere se queste cose [che l’apostolo Paolo aveva dette] stessero così”. (Atti 17:10, 11) Essi fecero proprie quelle cose non solo ascoltando compiaciuti, ma anche esaminando la solida base scritturale delle informazioni che assimilavano premurosamente con la mente e col cuore.

      8 Anche noi dovremmo fare la stessa cosa. Perché? Perché possiamo udire la verità predicata o insegnata da insegnanti umani, ma solo quando la leggiamo nella Bibbia diventa nel nostro cuore una forza motivante, ben fondata e permanente, in quanto “la parola di Dio è vivente ed esercita potenza ed è più tagliente di qualsiasi spada a due tagli e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito, e delle giunture e del loro midollo, e può discernere i pensieri e le intenzioni del cuore”. (Ebr. 4:12) Il costante studio della Bibbia ci impedisce di rimanere spiritualmente bambini. La Parola di Dio infonde il suo spirito nel nostro cuore rendendoci forti, maturi. Lo stesso principio si attua quando noi proclamiamo la “buona notizia” ad altri. Ha più forza quando gliela facciamo leggere nella Bibbia che quando usiamo parole nostre.

      9. Quale effetto negativo potrebbero produrre su di noi le prove e le difficoltà, e cosa ci aiuterà ad evitarlo?

      9 Descrivendo quello che dobbiamo fare come cristiani per rendere decisamente sicura la nostra salvezza e poter ricevere da Dio una ricompensa, l’apostolo Pietro ci consiglia nella sua prima lettera di non lasciarci scoraggiare da difficoltà, prove o persecuzioni. Non dobbiamo lasciare che queste cose ci amareggino e ci rendano disubbidienti o sfrenati. Poiché siamo stati comprati con la cosa di maggior valore, il sangue di Gesù Cristo che si addossò i nostri peccati quando morì per noi, dobbiamo essere “morti” in quanto ai peccati. Accettando il sacrificio espiatorio di Cristo per i nostri peccati riconosciamo di non dover più continuare a peccare. Quindi non bisogna soffermarsi o indulgere neanche per un momento in alcuna forma di malizia, inganno, ipocrisia, invidia o maldicenza. — I Piet. 2:1.

      10. Come possiamo seguire il consiglio apostolico di non ‘menzionare nemmeno’ le impure pratiche del mondo?

      10 L’apostolo Paolo si esprime in modo molto vigoroso dicendo che le cose che il mondo fa e che forse il cristiano ha fatto prima di venire a conoscenza della verità sono così riprovevoli che non dovrebbero neanche essere “menzionate” fra i cristiani. (Efes. 5:3) Naturalmente Paolo ‘menzionò’ cose non scritturali, ma solo per spiegare che erano riprovevoli. Consigliava ai cristiani di non soffermarsi su tali cose, di non descriverle nei torbidi particolari, parlando del modo in cui vengono compiute o facendone un soggetto di conversazione. Chi in passato praticava tali cose non dovrebbe ricordarle con un senso di soddisfazione carnale, ma dovrebbe vergognarsene. — Rom. 6:21.

      11. In I Pietro 4:8, 9, quali positive espressioni di fede l’apostolo Pietro ribadisce come di primaria importanza per noi, e in che modo si possono manifestare?

      11 Inoltre la vita del cristiano proteso verso la meta futura implica più che semplicemente evitare le cose cattive, negative. L’apostolo Pietro, in I Pietro 4:8, 9, scrive: “Soprattutto, abbiate intenso amore gli uni per gli altri, perché l’amore copre una moltitudine di peccati. Siate ospitali gli uni verso gli altri senza brontolii”. Abbiamo un costante dovere verso il prossimo, particolarmente verso coloro che hanno relazione con noi nella fede. Il nostro amore passerà sopra a molti errori e peccati dei nostri fratelli. I cristiani non vanno in giro a cercare i difetti altrui né diventano sospettosi o condannano un altro perché vedono in lui dei difetti. Siamo ansiosi di mostrare ospitalità? Siamo pronti a farci in quattro per essere benigni e soccorrevoli? Oppure quando si presenta un’occasione del genere brontoliamo? In tal caso ci priviamo di tutta la gioia che potremmo altrimenti avere e perdiamo anche la ricompensa che avremmo avuto facendo il bene. Le cose che non vengono dal cuore non piacciono a Dio.

      Usiamo bene il nostro dono

      12. (a) Chi riceve utili ‘doni’ nella congregazione, e ci si attende che tutti abbiano le stesse capacità? (b) In che senso questi divengono “economi” di Dio, e quale responsabilità hanno?

      12 Pietro parla anche dell’uso dei nostri doni. Ciascuno ha una o più doti, ma nessuno le ha tutte. E alcuni hanno certi doni in misura maggiore di altri. Non possiamo aspettarci che altri si comportino proprio come noi, o che siano tutti, per così dire, dello stesso stampo. Pietro dice: “Nella proporzione in cui ciascuno ha ricevuto un dono, usatelo, servendo gli uni gli altri, quali eccellenti economi dell’immeritata benignità di Dio espressa in vari modi”. (I Piet. 4:10) Se uno ha una dote che è utile alla congregazione, deve considerarsi un economo di Dio nell’usare quel dono. Sa che il dono viene da Dio, il Datore di ogni regalo buono e perfetto. Chi ha il dono diventa un economo, responsabile verso il suo signore e datore del dono dell’uso che ne fa. (I Cor. 4:2; Giac. 1:17) L’ha ricevuto per immeritata benignità di Dio, e questa immeritata benignità provvede le cose necessarie alla congregazione cristiana. Questa immeritata benignità si esprime in molti modi, con persone diverse che forniscono quello che è necessario alla congregazione. Se uno di noi ha una dote e non la usa per il bene della congregazione, viene meno come economo.

      13. In che modo quelli che parlano nella congregazione sono chiamati a ‘parlare come se fossero i sacri oracoli di Dio’?

      13 L’apostolo prosegue descrivendo i vari doni e come si devono usare: “Se uno parla, parli come se fossero i sacri oracoli di Dio”. (I Piet. 4:11a) Questo non significa che quando parla pensa di aver sempre ragione e che tutti devono fare quello che dice. Ma quando parla non dovrebbe esprimere la propria opinione o fare asserzioni infondate. Dovrebbe essere sicuro che quello che dice è la verità — che è solidamente basato sulle dichiarazioni di Dio e in armonia con lo spirito della Bibbia — che può provare quello che dice con la Bibbia. Solo in tal modo può essere d’aiuto a qualcuno.

      14. (a) In armonia con I Pietro 4:11, come si possono ‘servire’ altri nella congregazione? (b) Cosa dovrebbe sempre ricordare colui che serve in tal modo, e come sarà ricompensato?

      14 Dal modo di parlare, Pietro passa alle azioni: “Se uno serve, serva come dipendendo dalla forza che Dio fornisce”. (I Piet. 4:11a) Nella congregazione chi ha i mezzi materiali per aiutare un fratello o un vicino, o ha l’opportunità di compiere qualche servizio utile, può promuovere tra i fratelli la qualità dell’amore. Se è in grado di farlo, deve offrire aiuto, riconoscendo che l’opportunità e i mezzi gli sono stati forniti da Dio. Questo non solo è grato a Dio, ma rende efficace il ministero cristiano, perché Dio benedirà chi serve con umiltà. La persona stessa sarà ricompensata con una maggior misura di fede e l’opportunità di rendersi utile, come dice il proverbio: “L’anima generosa sarà essa stessa resa grassa, e chi innaffia liberalmente altri sarà anche lui liberalmente innaffiato”. — Prov. 11:25.

      15. Come può essere glorificato Dio, tramite Gesù Cristo, quale risultato del nostro fedele impiego dei doni ricevuti?

      15 Qual è il risultato principale dell’usare in tal modo i nostri doni o le nostre doti? Ci avvicina maggiormente alla piena realizzazione della nostra speranza? Sì, perché determina la cosa principale per cui abbiamo fatto la scelta di servire Dio, cioè: “In ogni cosa Dio sia glorificato per mezzo di Gesù Cristo”. (I Piet. 4:11b) Quando compiamo opere eccellenti che sono in armonia con la Bibbia, Cristo è glorificato, perché è per mezzo suo che possiamo avere l’approvazione di Dio, in vista della salvezza. E Dio è glorificato, essendo Lui che ha mandato suo Figlio; così glorificando Cristo glorifichiamo anche Dio.

      Come la sofferenza opera per il nostro bene

      16. Perché il cristiano può provare gioia anche quando è sottoposto a pressioni o persecuzioni?

      16 Questo modo di vivere glorifica sia Geova Dio che suo Figlio Gesù Cristo, e ci dà ora la gioia di servirli. Sapendo questo possiamo essere gioiosi e soddisfatti. Possono esserci molte pressioni, difficoltà e persecuzione. Ciò nonostante possiamo essere felici del nostro modo di vivere. L’apostolo Pietro, nelle sue due lettere, parla molto della sofferenza, della causa, della ragione e del risultato quando la si sopporta fedelmente. Scrisse ai cristiani del suo tempo in merito alla speranza e alla protezione che Dio dava loro: “Di questo fatto voi vi rallegrate grandemente, essendo al presente per poco tempo, se necessario, addolorati da varie prove, onde la provata qualità della vostra fede, di valore assai più grande dell’oro che perisce malgrado sia provato dal fuoco, sia trovata causa di lode e gloria e onore alla rivelazione di Gesù Cristo”. — I Piet. 1:6, 7.

      17, 18. (a) Perché l’apostolo Pietro, parlando della sofferenza del cristiano, dice: “Se la volontà di Dio lo desidera”? (b) Come l’apostolo Paolo, in che modo gli odierni cristiani dovrebbero considerare la sofferenza derivante dall’attenersi saldamente alla scelta fatta?

      17 Nel terzo capitolo della sua prima lettera Pietro richiama l’attenzione sulla sofferenza del cristiano: “È meglio soffrire perché fate il bene, se la volontà di Dio lo desidera, anziché perché fate il male”. (V. 17) Perché a proposito di tale sofferenza dice: “Se la volontà di Dio lo desidera”? Egli spiega: “Diletti, non siate perplessi per l’incendio che vi è tra voi, che vi accade per una prova, come se vi avvenisse una cosa strana. Al contrario, continuate a rallegrarvi, visto che siete partecipi delle sofferenze del Cristo, affinché vi rallegriate ed esultiate anche durante la rivelazione della sua gloria. Se siete biasimati per il nome di Cristo, felici voi, perché lo spirito della gloria, lo spirito di Dio, riposa su di voi”. — I Piet. 4:12-14; confronta Atti 5:41, 42.

      18 Anche se preferisce non soffrire e non cerca di essere un martire, il cristiano è felice se deve soffrire per aver seguito fedelmente il suo Maestro, Cristo. Per il cristiano non c’è onore più grande che morire per la sua fede. Prima di scegliere la strada del seguace di Cristo, che comportava molta sofferenza, l’apostolo Paolo aveva le più luminose prospettive di fama, onore e posizione. Notate come espresse i suoi sentimenti al riguardo: “Le cose che per me eran guadagni, le ho considerate perdita a motivo del Cristo. Infatti, per questo in realtà pure considero ogni cosa esser perdita a motivo dell’eccellente valore della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore. A motivo di lui ho accettato la perdita di tutte le cose e le considero come tanti rifiuti, affinché guadagni Cristo . . . per conoscere lui e la potenza della sua risurrezione e la partecipazione alle sue sofferenze, sottomettendomi a una morte simile alla sua”. (Filip. 3:7-10) Paolo desiderava essere simile a Cristo sotto ogni aspetto, considerando gloria maggiore il dover eventualmente morire come Cristo.

      19, 20. (a) Fino a che punto Dio permette che i suoi servitori soffrano per tale motivo? (b) Come può il furore degli oppositori e dei persecutori operare infine alla lode di Dio? (c) Quale altro fattore riguardante la sofferenza che Dio permette può incoraggiarci a perseverare?

      19 Pietro fa notare non solo che c’è una ricompensa, ma che quando Dio permette la sofferenza, la permette solo per quel tanto che ci provvede addestramento e disciplina secondo i bisogni di ciascuno. Il salmista scrisse: “Il medesimo furore dell’uomo ti loderà”. (Sal. 76:10) Se Dio permette all’uomo d’infuriarsi contro di noi, possiamo esser certi che la nostra sofferenza o la nostra morte produrrà del bene. Non solo sarà per noi un addestramento, ma Dio renderà inoltre vano l’intento dei malvagi, inducendo altri a glorificare Dio per aver osservato la nostra fedele sofferenza per il suo nome. Inoltre la sofferenza è per un tempo relativamente breve e avrà fine.

      20 Pietro conforta dunque i cristiani: “Dopo aver sofferto per un po’, l’Iddio d’ogni immeritata benignità, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna unitamente a Cristo, completerà egli stesso il vostro addestramento, vi renderà fermi, vi renderà forti”. — I Piet. 5:10.

      21. (a) Quali domande è bene che ciascuno di noi si faccia? (b) Alla fine della sua seconda lettera, cosa dice l’apostolo Pietro per rafforzarci?

      21 Pensate di aver fatto la scelta giusta? Pensate di potervi attenere a tale scelta, non solo sopportando passivamente quello che capita, ma anche servendo attivamente? Siete pronti a prodigarvi usando i vostri doni per aiutare i fratelli? Sentite il desiderio, sì, lo zelo, di aiutare altri a conoscere la “buona notizia” e a fare anche loro la stessa scelta? Siete pronti ad aiutarli a essere forti nell’aderire alla scelta fatta? Pietro ci conforta e ci rafforza con le parole conclusive della sua seconda lettera: “Voi perciò, diletti, avendo questa anticipata conoscenza, state in guardia, affinché non siate trascinati con loro dall’errore delle persone che sfidano la legge e non cadiate dalla vostra propria saldezza. No, ma continuate a crescere nell’immeritata benignità e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. A lui sia la gloria ora e nel giorno dell’eternità”. — II Piet. 3:17, 18.

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