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EcclesiasteAusiliario per capire la Bibbia
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Dio farà in modo che vada a finir bene per quelli che lo temono, mentre i malvagi scompariranno come un’ombra. — Eccl. cap. 8; confronta II Pietro 3:9; 2:12.
Salomone capisce che in questo sistema di cose la stessa eventualità si presenta sia al giusto che al malvagio. Per questo coloro che non temono Dio sono più che mai inclini a fare il male. Ma la loro fine sarà la morte. Si rendono conto che per ciò che concerne questo sistema di cose, i vivi sanno che morranno. Una volta morti sono inconsci e non hanno parte alcuna in ciò che avviene. Ma è sbagliato darsi per questo al materialismo. La cosa importante è rimanere immacolati e conservare la propria gioia in Dio, amando la propria moglie, ponendo mano con tutte le proprie forze per fare ciò che si deve durante la propria vita. Attualmente né sapienza, potenza o velocità, né conoscenza assicureranno lunga vita, sicurezza, vittoria o speciale favore, perché il tempo e l’avvenimento imprevisto accadono a tutti in questo mondo. La sapienza invece è preziosa quando serve a chi è nel bisogno per aiutare altri, anche se il mondo lo dimentica, avendolo in dispregio. Comunque la sapienza può fare molto più delle armi. D’altra parte un peccatore può annullare molte cose buone. — Eccl. cap. 9; confronta I Corinti 5:6; Galati 5:9.
Un po’ di stoltezza può fare molto danno all’uomo tenuto in gran conto per la sua saggezza e gloria. Il saggio non si agiterà troppo né perderà l’equilibrio, ma rimarrà calmo e non abbandonerà il suo giusto posto quand’è castigato da chi ha autorità. Nel mondo invece la stoltezza ha raggiunto molte posizioni elevate, e a volte ci sono cose che vanno proprio al contrario di come dovrebbero andare. Comunque il saggio sarà calmo e cauto e la sua saggezza gli farà avere successo. (Confronta Matteo 10:16). Altrimenti dissiperà le sue energie senza alcun risultato. Chi è saggio parlerà inoltre con tatto, con giudizio. Al contrario gli stolti parlano senza ritegno e provocano guai, calamitosa pazzia per loro stessi. Salomone rileva poi il pericolo dei frutti nocivi, anche per i sovrani, di seguire un cattivo consiglio, di non pensare che a mangiare e bere, e della pigrizia. Sottolinea come sia poco saggio parlare male di un sovrano anche se uno pensa di non essere udito. Dobbiamo sempre usare la lingua in modo giusto onde evitare guai. — Eccl. cap. 10; confronta II Re 6:12; Proverbi 21:23.
Seguono esortazioni a industriarsi, a fare buon uso di ciò che si ha e a essere diligenti nelle proprie faccende. Si dovrebbe svolgere il proprio lavoro indipendentemente dalle circostanze, dal tempo o dall’ora del giorno, contando e aspettando che Dio conceda di avere successo, perché nessuno può sapere tutto quello che Dio porterà a termine. Chi è giovane può avere la tendenza a sciupare la sua giovinezza camminando nelle vie del suo cuore e nel desiderio degli occhi. Ma ricordi che in tal caso impiegherà il meglio della sua vita, coi suoi vani desideri, in modo errato e che sarà giudicato dal vero Dio anche per le azioni compiute in gioventù. — Eccl. cap. 11.
Tutto considerato, Salomone consiglia al giovane di ricordarsi del grande Creatore mentre è ancora in grado di servirlo con vigore. Verrà infatti il tempo in cui il suo corpo s’indebolirà, perderà i denti, gli occhi si offuscheranno, il sonno sarà leggero e facilmente disturbato le gambe gli tremeranno e avrà paura di cadere, avrà i capelli bianchi e perderà l’appetito, le sue mani non saranno più in grado di aiutarlo e infine la forza vitale tornerà al vero Dio e il suo corpo tornerà alla polvere. Cosa potrà presentare allora a Dio? — Eccl. 12:1-7.
Dopo aver passato in rassegna tutti questi punti, Salomone giunse alla conclusione che in questo sistema di cose tutto è vanità. Però non era amareggiato o scoraggiato, perché aveva fatto il possibile per tenere il popolo unito nel timore di Dio, per insegnare la conoscenza. Aveva formulato molti proverbi grazie a un profondo studio delle cose e cercato di trovare piacevoli e corrette parole di verità. Ci dice che c’è un solo pastore che pronuncia parole sagge che sono qualche cosa di sicuro a cui aggrapparsi. A queste dovremmo pensare. Dedicare il nostro tempo a libri mondani di sapienza e filosofia non sarà di alcun ristoro, come lo sono invece le parole del saggio, anzi sarà faticoso per la carne. Tutte le osservazioni di Salomone si possono riassumere nel comando: “Temi il vero Dio e osserva i suoi comandamenti. Poiché questo è l’intero obbligo dell’uomo”. La vita presente non è dunque tutto, anche se vissuta saggiamente, perché il vero Dio stesso porterà in giudizio ogni sorta di opera in relazione a ogni cosa nascosta, sia buona che cattiva. — Eccl. 12:8-14; vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 111-113.
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EconomoAusiliario per capire la Bibbia
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Economo
[ebr. sokhèn; gr. oikonòmos].
Individuo preposto alla casa o a certe proprietà appartenenti a un altro. L’economo poteva essere un uomo libero o uno schiavo fidato. L’‘economo malvagio’ menzionato da Gesù in una delle sue parabole sembra fosse un uomo libero. (Luca 16:1, 2, 4) Re e molti altri personaggi ricchi o influenti avevano un economo, il cui grado di autorità poteva variare. Il termine greco epìtropos, tradotto ‘incaricato’ o ‘amministratore’, ha un significato molto simile, poiché spesso l’economo amministrava la proprietà e aveva la direzione della casa e degli altri servitori, e a volte si occupava di affari. — Gal. 4:1-3; Luca 16:1-3.
I compiti e le mansioni amministrative di un economo ben descrivono il ministero che Geova Dio ha affidato ai cristiani. Gesù descrive l’insieme dei fedeli unti sulla terra come lo “schiavo fedele e discreto”, ma in qualità di schiavo essi prestano servizio anche come economo, poiché negli “ultimi giorni” sono stati loro affidati “tutti i suoi averi”, incluso l’incarico di predicare “questa buona notizia del regno” in tutta la terra, e ammaestrare coloro che desiderano udire. (Matt. 24:14, 45; Luca 12:42-44) Nella congregazione cristiana i sorveglianti sono “economi”, e da loro è richiesta la massima fedeltà. (Tito 1:7; I Cor. 4:1, 2) A Paolo, in qualità di apostolo, specialmente di apostolo dei gentili, fu affidato uno speciale incarico o “gestione”. (I Cor. 9:17; Efes. 3:1, 2) Pietro fa notare a tutti i cristiani, sorveglianti o no, che sono economi dell’immeritata benignità di Dio espressa in vari modi, e spiega che ciascuno deve assolvere fedelmente l’incarico nel campo o posto che gli compete nella disposizione di Dio. — I Piet. 4:10.
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EcronAusiliario per capire la Bibbia
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Ecron
(Ècron) [svellere].
Importante città filistea, evidentemente la sede più settentrionale di uno dei cinque signori dell’asse. (Gios. 13:3) La posizione esatta è incerta, ma fra le probabili località moderne, cioè ‘Aqir, Qatra e Khirbet el-Muqanna, recenti scavi compiuti in quest’ultima, circa 20 km a E–NE di Asdod, hanno riportato alla luce la maggiore città dell’epoca e il probabile luogo dell’antica Ecron.
Quella di Ecron è una storia di continui passaggi di potere. La conquista di Giosuè non incluse Ecron. Solo più tardi gli abitanti di Giuda la catturarono. (Gios. 13:2, 3; Giud. 1:18) Nell’iniziale divisione della Terra Promessa Ecron si trovava al confine fra Giuda e Dan, ma nel territorio della tribù di Giuda. (Gios. 15:1, 11, 45, 46; 19:40-43) Quando i filistei s’impadronirono dell’arca del patto, Ecron era tornata in loro possesso. La presenza dell’Arca fece scoppiare nella città “una confusione letale”, e proprio da Ecron l’Arca fu alla fine restituita agli ebrei. (I Sam. 5:10-12; 6:16, 17) Dopo un altro periodo di dominazione israelita, quando Davide uccise Golia pare che Ecron fosse di nuovo sotto i filistei. (I Sam. 7:14; 17:52) All’inizio del X secolo a.E.V. Sisac faraone d’Egitto affermava di aver conquistato Ecron. Circa due secoli più tardi, secondo gli Annali di Sennacherib, Padi re di Ecron era fedele agli assiri.
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EdenAusiliario per capire la Bibbia
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Eden
(Èden) [piacere, delizia].
Regione in cui il Creatore piantò un giardino o parco, dimora originale della prima coppia umana. La precisazione che il giardino era “in Eden, verso oriente”, sembra indicare che occupasse solo una parte della regione chiamata Eden. (Gen. 2:8) Comunque, in seguito si parla del giardino come del “giardino di Eden” (Gen. 2:15), e in altri versetti è chiamato “Eden, il giardino di Dio” (Ezec. 28:13) e “il giardino di Geova”. — Isa. 51:3.
La Settanta traduce il termine ebraico per “giardino” (gan) col termine greco paràdeisos, preso dall’antico persiano pairidaeza, che significava “recinto” e, in seguito, “parco” o “luogo piacevole”. Per questo il termine italiano “paradiso” viene collegato col giardino di Eden.
Genesi 2:15 dichiara che “Dio prendeva l’uomo e lo poneva nel giardino di Eden”. Questo potrebbe voler indicare che la creazione dell’uomo sia avvenuta fuori del giardino, ma potrebbe anche riferirsi semplicemente al fatto che Dio ‘prese’ l’uomo nel senso che lo creò e lo formò dagli elementi della terra, e poi gli diede come dimora iniziale il giardino in cui era venuto alla luce. L’uomo ebbe l’incarico di coltivare e curare il giardino. Fra gli alberi e le piante che crescevano in Eden c’erano tutti quelli che contribuivano alla bellezza panoramica e anche quelli che provvedevano nutrimento in gran varietà. (Gen. 2:9, 15) Questo fatto di per sé indicherebbe che il giardino era piuttosto vasto.
La fauna del giardino era molto varia. Dio condusse davanti ad Adamo “tutti gli animali domestici e . . . [i] volatili dei cieli e . . . ogni bestia selvaggia del campo”, poiché uno dei primi compiti di Adamo fu quello di dare un nome a ciascuno. (Gen. 2:19, 20) Il terreno dell’Eden era ben irrigato non dalla pioggia, ma dalle acque del fiume “che usciva dall’Eden”, e anche dal “vapore” che saliva dalla terra. (Gen. 2:5, 6, 10) Dal momento che l’uomo era nudo, evidentemente il clima era molto mite e piacevole. — Gen. 2:25.
COSA ACCADDE IN EDEN
L’uomo poteva mangiare “a sazietà” di tutti gli alberi da frutto dell’Eden. (Gen. 2:16) Ma un albero, quello “della conoscenza del bene e del male”, era precluso alla coppia umana. Eva menzionò che Geova aveva proibito al marito persino di “toccare” l’albero, con conseguente pena di morte in caso di mancato rispetto e violazione della legge di Dio. — Gen. 2:17; 3:3; vedi ALBERI.
Anche se alcuni critici moderni inorridiscono alla semplicità del racconto edenico, dovrebbe essere ovvio che le reali circostanze richiedevano e rendevano del tutto appropriata una prova semplice. La vita dell’uomo e della donna appena creati era semplice, non complicata e travagliata da tutti i complessi problemi, difficoltà e perplessità che la disubbidienza a Dio ha recato poi alla razza umana. Nondimeno, in tutta la sua semplicità, la prova esprimeva in modo ammirevole e conciso la verità universale della sovranità di Dio, della dipendenza dell’uomo da Lui e del suo dovere nei confronti di Dio. E bisogna dire che, per quanto semplice, la descrizione di ciò che accadde in Eden pone la cosa su un livello infinitamente più elevato delle teorie che vorrebbero l’inizio dell’uomo non in un giardino, ma in una caverna, e lo rappresentano come un bruto ignorante, privo di senso morale. La semplicità della prova edenica illustra il principio affermato secoli dopo dal Figlio di Dio: “Chi è fedele in ciò che è minimo è anche fedele nel molto, e chi è ingiusto in ciò che è minimo è anche ingiusto nel molto”. — Luca 16:10.
Tuttavia, il fatto che in Eden esisteva l’albero proibito non doveva costituire per la coppia umana una ‘spina nella carne’, né doveva far sorgere problemi o essere oggetto di dibattiti. Se avessero tenuto conto della volontà di Dio al riguardo e ne avessero rispettato le istruzioni, la loro dimora paradisiaca sarebbe rimasta inalterata, un luogo piacevole e delizioso. La Bibbia rivela che fu l’avversario di Dio a creare il problema e la controversia dell’albero, ponendo l’umanità di fronte alla tentazione di violare il decreto di Dio. (Gen. 3:1-6) Essendo dotati di libero arbitrio, l’esercizio della loro libertà per ribellarsi contro la legittima sovranità di Dio provocò la perdita della dimora paradisiaca e della felicità di cui godevano entro i suoi confini. E, conseguenza ancora più grave, persero l’opportunità di mangiare di un altro degli alberi dell’Eden, che rappresentava il diritto alla vita eterna. — Gen. 3:22-24.
UBICAZIONE DELL’EDEN
La posizione originale del giardino di Eden è ipotetica. Il mezzo principale per identificarne la posizione geografica è la descrizione del fiume “che usciva dall’Eden”, e che poi si divideva in quattro “capi”, formando i fiumi Eufrate, Iddechel, Pison e Ghihon. (Gen. 2:10-14) L’Eufrate (ebr. Peràth) è noto, e “Iddechel” è il nome del Tigri in iscrizioni antiche. (Confronta anche Daniele 10:4). Gli altri due fiumi, il Pison e il Ghihon, però, non sono stati identificati.
A sostegno dell’ubicazione dell’Eden in una regione montuosa sta il fatto che l’arca con i superstiti si posò “sui monti di Ararat”. (Gen. 8:4) Dal momento che l’arca non era fatta per navigare ma semplicemente per galleggiare, era ragionevole che finisse per depositarsi pressappoco nel punto in cui le acque del diluvio l’avevano sollevata. L’Eden poteva esser circondato da qualche barriera naturale, per esempio montagne, come potrebbe suggerire il fatto che i cherubini vennero posti solo a E del giardino, di dove erano usciti Adamo ed Eva. (Gen. 3:24) Quindi l’ubicazione tradizionale del giardino di Eden è da tempo ritenuta una zona circa 225 km a SO del monte Ararat e alcuni chilometri a S del Lago di Van, nella parte orientale della moderna Turchia.
Dopo l’espulsione di Adamo dal giardino paradisiaco, senza nessuno che “lo coltivasse e ne avesse cura”, si può presumere che vi crescesse una vegetazione lussureggiante e vi rimanessero solo gli
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