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  • Emmanuele
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • grandiosità poetica, il profeta Isaia avverte tutti coloro che si oppongono a Geova: Anche se vi cingete per la guerra, anche se fate piani, se pronunciate una parola qualsiasi contro Geova, “non avrà effetto, poiché Dio è con noi [‘Immànu’el]!” — Isa. 8:5-10.

      La piena e completa identità di Emmanuele si trova nell’incarico e nella persona del Signore Gesù Cristo. L’uso perciò del termine ebraico ‘almàh nella profezia si adatterebbe sia al tipo (se si trattava della giovane moglie di Acaz o di Isaia) che all’antitipo (la promessa sposa e ancora vergine Maria). Nel caso di Maria non c’era dubbio che fosse vergine quando rimase “incinta per opera dello spirito santo”, dato che sia Matteo che Luca riportano questo come un fatto storico. (Matt. 1:18-25; Luca 1:30-35) “Tutto questo effettivamente accadde, affinché si adempisse ciò che era stato dichiarato da Geova per mezzo del suo profeta”, osserva Matteo. Era un segno che identificava il tanto atteso Messia. Quindi in stretta attinenza con la realtà dei fatti, nel Vangelo di Matteo (dove si cita Isaia 7:14) troviamo il termine greco parthènos, nel senso di “vergine”, che traduce ‘almàh: “Ecco, la vergine [parthènos] sarà incinta e partorirà un figlio, e gli sarà posto nome Emmanuele!” (Matt. 1:22, 23) Non si trattava affatto di prendersi delle libertà o di alterare il testo. Più di un secolo prima anche i traduttori ebrei della Settanta greca avevano usato parthènos nel tradurre Isaia 7:14.

      Tale identità di Gesù Cristo quale Emmanuele non significa che fosse l’incarnazione di Dio, come i fautori della dottrina trinitaria sostengono sia implicito nel significato di Emmanuele, cioè: “Con noi è Dio”. Presso gli ebrei era consuetudine comune incorporare il termine Dio, o anche Geova, nei nomi propri ebraici. Tuttora molti si chiamano Emmanuele, ma nessuno è un’incarnazione di Dio.

      Se sembra esserci una contraddizione fra le istruzioni dell’angelo a Maria (“dovrai mettergli nome Gesù”) e la profezia di Isaia (“per certo gli metterà nome Emmanuele”), si ricordi che il Messia doveva avere anche altri nomi. (Luca 1:31; Isa. 7:14) Per esempio, Isaia 9:6 diceva di lui: “Si chiamerà Consigliere meraviglioso, Dio possente, Padre eterno, Principe della pace”. Eppure nessuno di questi nomi venne dato come nome proprio al primogenito di Maria, né quando era piccolo né dopo che intraprese il suo ministero. Erano tutti nomi o titoli profetici con cui sarebbe stato identificato il Messia. La vita di Gesù fu sotto ogni aspetto all’altezza del significato di quei nomi, e in quel senso gli furono dati profeticamente, per indicare le qualità e le mansioni che avrebbe svolto a favore di tutti coloro che l’avrebbero riconosciuto come Messia. Lo stesso dicasi del titolo Emmanuele. Ne fu all’altezza e ne adempì il significato.

      Gli adoratori di Geova hanno sempre desiderato che Dio fosse con loro, al loro fianco per sostenerli nelle loro imprese, e spesso egli li rassicura che è effettivamente al loro fianco, a volte dandone segni visibili. (Gen. 28:10-20; Eso. 3:12; Gios. 1:5, 9; 5:13–6:2; Sal. 46:5-7; Ger. 1:19) Se l’identità personale dell’Emmanuele dei giorni di Acaz rimane tuttora incerta, può darsi che Geova abbia disposto così per non distrarre l’attenzione di successive generazioni dal più grande Emmanuele, quando fece la sua comparsa come segno dal cielo. Con la venuta del suo diletto Figlio sulla terra come promesso “seme” messianico (Gen. 3:15) e legittimo erede al trono di Davide, Geova diede il più grande segno che non aveva dimenticato il genere umano né il patto del Regno. Il nome o titolo Emmanuele era dunque particolarmente adatto a Cristo, poiché la sua presenza fu senz’altro un segno dal cielo. Ed essendo il massimo rappresentante di Dio presente in mezzo agli uomini, Matteo, ispirato, poté veracemente dire: “Con noi è Dio”.

  • Emmaus
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    • Emmaus

      (Èmmaus).

      Villaggio dov’erano diretti Cleopa e un altro discepolo quando, il giorno della sua risurrezione, si unì a loro il materializzato Gesù Cristo. Tuttavia, solo dopo esser giunti a Emmaus e mentre Gesù “giaceva con loro al pasto”, essi lo riconobbero. Dopo che Gesù scomparve di nuovo i due discepoli tornarono a Gerusalemme quella sera stessa. (Luca 24:13-33) L’ubicazione di Emmaus è incerta.

  • Emorroidi
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    • Emorroidi

      Rigonfiamento delle vene dell’ano, spesso accompagnato da fuoriuscita di sangue. Questo disturbo spesso doloroso è provocato da tumefazioni vascolari sotto la mucosa rettale, sia al di sopra dello sfintere esterno (emorroidi interne) che al di sotto (emorroidi esterne), o da entrambe le parti. Quello delle emorroidi era uno dei disturbi di cui Geova avvertì gli israeliti che avrebbero sofferto per la loro disubbidienza. (Deut. 28:15, 27) Egli colpì con emorroidi i filistei di Asdod e dei territori vicini, di Gat ed Ecron, mentre la sacra Arca era in loro possesso. — I Sam. 5:6-12.

  • En-Dor
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    • En-Dor

      [sorgente di generazione].

      Città di pianura situata nel territorio di Issacar ma attribuita a Manasse. I cananei non vi furono interamente spodestati ma sottoposti a lavoro forzato. (Gios. 17:11-13) En-Dor di solito è identificata con la località moderna che porta lo stesso nome, circa a metà strada fra Meghiddo e l’estremità meridionale del Mar di Galilea.

      Nel Salmo 83:9, 10, En-Dor è menzionata in relazione alla vittoria di Geova su Sisera. Anche se non ricorre nel resoconto della battaglia contenuto in Giudici, capp. 4, 5, si trovava solo pochi chilometri a S del monte Tabor da cui scese l’esercito di Barac. (Giud. 4:6, 12) Si trovava inoltre nelle vicinanze di Taanac e Meghiddo e della valle del torrente Chison, dove gli eserciti di Sisera furono miracolosamente sgominati. (Gios. 17:11; Giud. 5:19) Perciò qualche fase della battaglia evidentemente si svolse vicino a En-Dor, e il salmista, ben a conoscenza dei particolari storici e geografici, poteva parlare di En-Dor come del luogo dove molti cananei in fuga furono annientati. — Sal. 83:10.

  • En-Ghedi
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    • En-Ghedi

      (En-Ghèdi) [sorgente del capretto].

      Nome di una città e del deserto circostante, nel territorio di Giuda. (Gios. 15:62; I Sam. 24:1) La città è di solito identificata col moderno insediamento situato sulla riva del Mar Morto quasi 40 km a SE di Gerusalemme.

      La Sulammita alludeva alla fertilità della regione, parlando di “un grappolo di henna, fra le vigne di En-Ghedi”. (Cant. 1:14) Ma queste parole descrivono solo in parte la ricca vegetazione che vi cresce tuttora rigogliosa. La posizione particolare di En-Ghedi nella depressione del Mar Morto favorisce la crescita di vegetazione semitropicale, palme e piante balsamiche, oltre a una varietà di alberi da frutto, che fanno di En-Ghedi un’oasi che si distingue nettamente dal vicino Deserto di Giuda, veramente desolato. — Vedi GIUDA, DESERTO DI.

      Non solo l’abbondante vegetazione, ma anche l’inaccessibilità di En-Ghedi ne fece un nascondiglio ideale per Davide, inseguito dal re Saul. Infatti la Bibbia parla di certi “luoghi cui era difficile appressarsi in En-Ghedi”. (I Sam. 23:29) Tuttora alcuni visitatori descrivono in modo simile i pericolosi e scoscesi valichi rocciosi della zona. L’asperità di parte del terreno è indicata anche dalla menzione di “nude rocce delle capre di montagna”. (I Sam. 24:2) Alcuni traduttori lo considerano il nome proprio — “Balze dei Camosci” (Nardoni), “Rocce dei Camosci” (Con; Mar) — di qualche località particolare dove probabilmente si radunavano capre selvatiche, come fanno tuttora nella zona di En-Ghedi. Altri invece la considerano semplicemente un’espressione descrittiva che ben si adatta a quei crinali e cocuzzoli impervi abitati da capre. Le rocce di En-Ghedi sono costellate di spaziose caverne. Davide e i suoi uomini forse si nascosero in una di queste. (I Sam. 24:3) Alcuni avanzano l’ipotesi che i “recinti di pietra per le pecore” dove si fermò Saul potessero riferirsi a queste caverne, con un rozzo muretto davanti per proteggersi dalle intemperie. — I Sam. 24:2-10.

  • En-Mispat
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    • En-Mispat

      Vedi CADES, CADES-BARNEA.

  • En-Roghel
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    • En-Roghel

      (En-Ròghel) [sorgente del follatore].

      Sorgente o pozzo presso Gerusalemme che segnava il confine fra Giuda e Beniamino. (Gios. 15:7; 18:16) Gionatan e Ahimaaz, spie di Davide, attesero a En-Roghel informazioni sulla ribellione di Absalom. (II Sam. 17:17) Nei pressi l’altro figlio ribelle di Davide, Adonia, tenne in seguito un convito onde procurarsi sostenitori per la sua usurpazione del trono. — I Re 1:9.

      È generalmente accettato che En-Roghel corrisponda al moderno Bir Ayyub, o pozzo di Giobbe, che si trova a S dell’estremità SE delle mura di Gerusalemme, ai piedi della scarpata orientale della valle del Chidron, circa 180 m a S della confluenza con la valle di Innom. Il pozzo è profondo quasi 40 m; la parte inferiore è scavata nella viva roccia e la parte superiore è rivestita internamente di pietra. Raggiunge una sorgente o un corso d’acqua sotterraneo che, dopo una pioggia, a volte si ingrossa al punto che il livello dell’acqua sale fino in superficie.

  • Enigma
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    • Enigma

      Espressione oscura da decifrare. Enigmi sono messi in contrasto con espressioni chiare, facilmente comprensibili. (Num. 12:8) Questo termine a volte è usato come un’espressione parallela a proverbio, perché un enigma può anche essere un detto pieno di significato ma espresso in linguaggio oscuro. (Sal. 49:4) Lo stesso termine ebraico reso “enigmi”, in un diverso contesto, è tradotto “domande da render perplessi”. (II Cron. 9:1) Formulare un enigma, che spesso racchiude un’oscura ma accurata analogia, richiede una mente pronta, e per risolvere un enigma del genere bisogna saper vedere le cose in relazione l’una con l’altra; perciò la Bibbia si riferisce agli enigmi come all’espressione dei saggi e a qualche cosa che può essere ben compreso dall’uomo d’intendimento. — Prov. 1:5, 6.

      La Bibbia stessa contiene enigmi relativi ai propositi di Geova. (Sal. 78:2-4) Sono dichiarazioni che in un primo momento possono rendere perplesso il lettore; possono essere volutamente oscure, facendo ricorso a paragoni densi di significato che non dovevano esser compresi all’epoca in cui furono scritti. Per esempio, in Zaccaria 3:8 Geova parla profeticamente del “mio servitore Germoglio”, ma non spiega che si tratta di un germoglio o progenie della discendenza reale di Davide; che in effetti è il Figlio stesso di Dio allora nei cieli che sarebbe nato da una vergine discendente del re Davide. E in Rivelazione 13:18 si legge che “il numero della bestia selvaggia” è “seicentosessantasei”, ma non viene spiegato il significato di tale numero.

      A volte gli enigmi servivano non per confondere le idee degli ascoltatori, ma anzi per suscitare interesse e rendere il messaggio più vivace. Tale fu l’enigma delle due aquile e della vite, proposto alla casa d’Israele dal profeta Ezechiele. (Ezec. 17:1-8) Immediatamente dopo aver presentato l’enigma, Ezechiele ricevette da Geova l’ordine di chiedere al popolo se l’avevano capito e poi di spiegarlo loro.

      Alcuni enigmi si dovevano indovinare, e spesso erano in versi, come quello proposto da Sansone ai filistei. (Giud. 14:12-18) Deliberatamente egli ricorse a dei paragoni che non sarebbero stati facilmente comprensibili quando disse: “Da colui che mangia è uscito qualche cosa da mangiare, e dal forte è uscito qualche cosa di dolce”. Tale enigma si basava su un’esperienza che aveva personalmente avuta di recente quando aveva raccolto del miele dalla carcassa di un leone, dove era stato depositato da uno sciame di api. — Giud. 14:8, 9.

  • Enoc
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    • Enoc

      (Ènoc) [iniziato, dedicato].

      Figlio nato a Iared quando aveva 162 anni; il settimo uomo della discendenza di Adamo. Oltre a Metusela, nato quando aveva 65 anni, Enoc ebbe altri figli e figlie. Enoc fu uno del “così gran nuvolo di testimoni” che avevano dato notevole esempio di fede nell’antichità. “Enoc continuò a camminare col vero Dio”. (Gen. 5:18, 21-24; Ebr. 11:5; 12:1) Profeta di Geova, predisse la venuta di Dio con le Sue sante miriadi per eseguire il giudizio contro gli empi. (Giuda 14, 15) Le sue profezie attirarono probabilmente su di lui la persecuzione. Dio però non permise agli oppositori di uccidere Enoc. Anzi, Geova “lo prese”, cioè troncò la sua vita a un’età molto inferiore a quella di gran parte dei suoi contemporanei. Enoc fu “trasferito” in quanto evidentemente non provò le doglie della morte, anche se morì all’età di 365 anni. (Gen. 5:24; Ebr. 11:5, 13) Comunque non fu portato in cielo, come fanno notare le chiare parole di Gesù in Giovanni 3:13. Sembra che, come nel caso del corpo di Mosè, Geova abbia eliminato il corpo di Enoc, infatti “non fu trovato in nessun luogo”. — Deut. 34:5, 6; Giuda 9.

      Enoc non è lo scrittore del “Libro di Enoc”, libro apocrifo, non ispirato, scritto molti secoli più tardi, probabilmente nel II e I secolo a.E.V.

  • Enos
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    • Enos

      (Ènos) [uomo].

      Figlio di Set, natogli quando aveva 105 anni. Enos aveva 90 anni quando divenne padre di Chenan, e visse 905 anni in tutto. (Gen. 5:6-11) Il suo nome è pure menzionato nelle genealogie in I Cronache 1:1 e Luca 3:38. Ai suoi giorni “si cominciò a invocare il nome di Geova”. (Gen. 4:26) Evidentemente questa non era un’invocazione di Geova fatta con fede e secondo la pura adorazione come quella praticata da Abele più di centocinque anni prima della nascita di Enos. Dotti ebrei sostengono che il versetto dovrebbe leggersi “cominciò in modo profano” o “allora iniziò la profanazione”. Dei giorni di Enos il Targum palestinese dice: “Quella fu la generazione ai cui giorni cominciarono a errare, e a farsi idoli, e chiamarono i loro idoli col nome della parola del Signore”. Secondo Maimonide, “Enos stesso fu (uno) di quelli che errarono”. Sembra dunque che del nome di Geova si facesse un uso errato o non appropriato. Alcuni poterono usare il Suo nome riferendosi a se stessi o ad altri uomini per mezzo dei quali pretendevano di rivolgersi in adorazione a Dio; oppure davano il Suo nome a oggetti idolatrici.

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