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  • Perché le grandi città sono in sfacelo

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  • Perché le grandi città sono in sfacelo
  • Svegliatevi! 1976
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  • . . . minoranze
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Svegliatevi! 1976
g76 22/5 pp. 5-10

Perché le grandi città sono in sfacelo

NEL 1913, il sociologo inglese Patrick Geddes formulò la teoria che le grandi città attraversano cinque stadi:

1. Polis: città primitiva

2. Metropoli: città grande ma sana

3. Megalopoli: città malsana, troppo estesa e con illusioni di grandezza

4. Parassitopoli: città parassitica che dissangua la nazione

5. Patopoli: città malata, in abbandono, moribonda

Molti vedono in città come New York i sintomi del quarto stadio, poiché essa ha già cominciato a esaurire le risorse della nazione. Altri temono che siano evidenti anche aspetti dell’ultimo stadio. Come un cancro, il progressivo decadimento urbano sta corrodendo il cuore stesso di molte città americane, mentre famiglie a medio e ad alto reddito le abbandonano per trasferirsi nei sobborghi.

In alcune grandi città americane il numero degli abitanti da cui il comune riscuote le tasse è sceso in effetti “al livello più basso in questo secolo”, secondo i dati di un recente censimento. “Gli abitanti di Boston, Pittsburgh e Jersey City non erano mai stati così pochi dal 1900. . . . Il numero degli abitanti di New York è sceso quasi al livello del 1940”. — U.S. News & World Report, 1º settembre 1975, pag. 64.

Spinti dalla crescente avversione per la vita nei grossi centri urbani i contribuenti — cittadini, imprese e industrie — abbandonano le vaste zone centrali delle città per trasferirsi nei sobborghi e in altre zone più lontane dove non pagano le tasse. Un lato negativo dello sciopero dei poliziotti di San Francisco, ad esempio, fu che oltre la metà di coloro che chiedevano un aumento salariale abitavano fuori della zona in cui gli abitanti sono soggetti a tassazione. E benché il numero dei contribuenti abitanti a New York sia sceso al di sotto degli otto milioni, alcuni calcolano che altri dieci milioni di persone abitanti fuori della città ne traggano in qualche modo un vantaggio economico.

Un circolo vizioso

È dunque venuto a crearsi un “circolo vizioso” che si perpetua, costituito da contribuenti che se ne vanno, tasse più elevate, altri contribuenti che se ne vanno, e così via. Quando le famiglie e le industrie più prospere si trasferiscono, il gettito delle tasse e il numero degli impieghi diminuiscono, mentre rimangono i poveri, i disoccupati, i vecchi e le minoranze che sono meno in grado di pagare le tasse. Il sindaco di Milwaukee, Maier, disse: “Nella nostra città, e in altre città americane, c’è la tendenza sempre più marcata . . . ad avere nel centro cittadino una crescente concentrazione di persone povere e relativamente povere”.

Nel frattempo, i regolari servizi pubblici municipali, nonché i programmi per assistere il crescente numero di poveri e di disoccupati, sono sempre più costosi. Mentre negli scorsi dieci anni le spese generali della città di New York furono triplicate, i costi dell’assistenza pubblica salirono di quasi due volte tanto!

Per far fronte alla situazione, le città aumentano le tasse sui proprietari di immobili, sulle imprese commerciali e sulle industrie che rimangono, ciò che incoraggia anche questi ultimi ad andarsene. Dal 1950 la città di San Francisco è stata costretta ad aumentare in media di oltre il quadruplo le tasse sugli immobili; in pratica le tasse sono aumentate due volte di più del costo della vita.

Ma a causa di tale alta tassazione il possesso di immobili diventa un affare in perdita per alcuni, e questo, a sua volta, affretta il decadimento urbano. Si prevede che nel 1976 a New York i proprietari di appartamenti abbandoneranno circa 50.000 abitazioni, dopo averne abbandonate negli ultimi anni circa 35.000 l’anno! Non solo nelle casse del comune non entrano più le tasse derivanti da questi immobili, ma un isolato dopo l’altro si svuota dei suoi precedenti occupanti; restano gli edifici in rovina e destinati a essere demoliti. E così il “circolo vizioso” si perpetua.

Quando anche le imprese e le industrie fortemente tassate decidono di andarsene, il gettito delle tasse non è l’unica cosa a diminuire. Per esempio, si afferma che dal 1969, a causa del trasferimento di imprese, la città di New York ha perduto circa mezzo milione di posti di lavoro nelle industrie manifatturiere e di lavoratori che pagavano le tasse. Ma secondo le autorità cittadine, il comune anziché aumentare le tasse dovrebbe ridurre i servizi pubblici. Questo fa delle grandi città un luogo ancor meno piacevole in cui vivere, e altri contribuenti, sia persone della borghesia che industrie, sono spinti ad andarsene.

Pertanto i problemi urbani tendono ad accentrarsi nelle grandi città e a divenire sproporzionati rispetto ai soli problemi causati da una maggiore densità di popolazione. Ma ci sono altre difficoltà che pure alimentano il “circolo vizioso” dei problemi economici delle grandi città. Fra queste ci sono . . .

. . . minoranze

Nelle grandi città le minoranze e le persone economicamente meno privilegiate tendono a raggrupparsi insieme in abitazioni vecchie e cadenti e in case popolari dove l’affitto è basso, o, in alcuni paesi, in bidonville che esse stesse hanno costruite. È noto quali effetti produce tale concentrazione di minoranze. Secondo una notizia proveniente dalla Svezia, ad esempio, la zona che circonda i complessi edilizi di “rinnovamento urbanistico” delle grandi città è “tradizionalmente una zona di bassifondi in rovina dove sono destinati a vivere coloro che sono socialmente ed economicamente andicappati e gli immigranti appena arrivati. Queste zone diventano il ritrovo di alcolizzati e drogati”, ed esauriscono le risorse cittadine.

Il sorgere di comunità negre e di altri gruppi etnici nelle città americane ha creato problemi di alloggi di non facile soluzione. Pregiudizi e timori profondamente radicati hanno accelerato l’esodo dei bianchi verso i sobborghi, creando un altro problema nelle grandi città: la segregazione de facto. Per dare ai negri uguali opportunità di istruzione, sono stati stabiliti servizi di autobus per trasportare gli alunni da una comunità all’altra, ma il successo è stato solo limitato, mentre parecchi bianchi si sono trasferiti in zone periferiche più esterne e anche più lontano.

. . . delinquenza

Quando gli alloggi sono scadenti e le persone vivono ammucchiate le une sulle altre, la criminalità è in genere molto più elevata nelle grandi città che nelle zone periferiche. La Germania Occidentale, ad esempio, comunica che vi sono in media due volte più vittime di reati nelle zone densamente popolate che in tutto il paese nel suo insieme. Ma in media i poliziotti in servizio per proteggere quelle stesse persone abitanti nelle città sono il triplo! Riuscite a capire perché molti preferiscono “scappare” dalle grandi città?

I tribunali delle grandi città, avendo troppe cause da dibattere, hanno aggravato il problema della criminalità nelle metropoli, accelerandone il “circolo vizioso”. L’alto tasso della criminalità produce un tale accumulo di cause che in molte città degli U.S.A. si considera assolutamente necessario venire a un compromesso con i delinquenti. Si permette loro di dichiararsi colpevoli di reati minori di quelli di cui erano stati prima accusati per evitare un considerevole numero di processi che porterebbero via molto tempo. Di conseguenza, dopo breve tempo i delinquenti — perfino gli omicidi — sono spesso nuovamente in circolazione.

. . . dipendenti pubblici più combattivi

La criminalità in aumento e il decadimento urbano richiedono che ci siano più poliziotti e più pompieri, nonché più impiegati che si occupino del crescente numero di programmi assistenziali e d’altro genere. Prima delle recenti riduzioni di personale, ad esempio, il numero dei dipendenti comunali a New York era salito nel giro di quindici anni da circa 200.000 a oltre 300.000; tuttavia la popolazione della città era rimasta quasi la stessa!

Per farsi compensare degli accresciuti pericoli a cui vanno incontro, oltre che per far fronte all’aumentato costo della vita, coloro che tutelano la sicurezza pubblica come i poliziotti e i pompieri, e anche gli spazzini, si sono serviti della natura assolutamente necessaria dei loro servizi come di un potente strumento di contrattazione per ottenere salari e indennità più elevati. La semplice minaccia del caos che nascerebbe qualora i loro servizi venissero a mancare di solito ha fatto aumentare il loro salario molto più in fretta di quello della maggioranza di altri lavoratori. Per esempio, mentre in venticinque anni il costo della vita è salito di circa due volte e un quarto rispetto a quello del 1950, i salari e le indennità dei poliziotti e dei pompieri di San Francisco si sono quasi settuplicati rispetto a quelli del 1950! Molte altre città sono state quasi altrettanto generose, ma qualcuno deve sborsare il denaro.

. . . inquinamento

Coloro che si trasferiscono nei sobborghi per sottrarsi all’inquinamento e ad altri problemi delle città hanno in effetti aggravato il problema. Il traffico dei pendolari diventa “sempre più intenso e sempre più lento”, dice una recente notizia proveniente dalla Svezia, ma tipica di molte città. I progetti per i trasporti collettivi hanno fatto poco per frenare l’inquinamento. “I continui ingorghi del traffico infrangono un sogno degli urbanisti: che i pubblici mezzi di trasporto rapido ‘inducessero le persone ad abbandonare le auto e le autostrade’”. — Times Magazine di New York, 19 ottobre 1975, pag. 84.

Un resoconto dell’Accademia nazionale delle scienze osserva che anche se le norme federali degli U.S.A. hanno portato un certo miglioramento, l’aria che si respira in campagna è ancora ‘molto più buona di quella che si respira nella maggioranza delle città’. La concentrazione delle industrie contribuisce a inquinare le grandi città. Ma queste hanno bisogno delle industrie per mantenere i posti di lavoro e gli introiti fiscali. Per sopravvivere, molte imprese colpite dalla recessione chiedono che siano ridotte le misure contro l’inquinamento atmosferico, perché costose da soddisfare; in tal modo l’inquinamento continua ad alimentare il “circolo vizioso” del decadimento urbano.

. . . svanisce lo spirito umanitario

Pare che ammassando insieme gli uomini si accentuino in molti di essi i lati peggiori. Anziché stringere calorose relazioni personali perché vivono gli uni vicino agli altri, spesso accade proprio l’opposto. Una notizia da Londra dice che “malati e vecchi muoiono soli nel loro appartamento e non sono trovati che dopo settimane perché nessuno andava mai a trovarli”. La notizia aggiunge: “Questo sarebbe stato assolutamente impossibile vent’anni fa”. Gli abitanti di altri grossi centri urbani sanno che questo non succede solo a Londra.

Imprigionati in appartamenti angusti e nelle strade strette delle città, anche i bambini soffrono. Perdono gran parte della gioia che si prova vivendo all’aria aperta, facendo scoperte e stando a contatto con la natura, ciò che è possibile nelle zone rurali. Spesso il modo in cui soddisfano il loro bisogno di provare eccitazione e di fare esperienze è quello di distruggere, infrangere e rompere le cose. I conseguenti atti di vandalismo e gli scarabocchi sui muri causano un ulteriore deterioramento delle città, e si piantano altri semi di delinquenza.

Così molte grandi città del mondo sono prese in un circolo vizioso di forze degeneratrici che apparentemente si alimentano da sé, peggiorando sempre. Ma le amministrazioni delle grandi città non cercano forse di migliorare la situazione?

Amministrazione comunale

“Oggi nessuna grande città americana è amministrata bene”, asserisce Milton Rakove, professore di scienze politiche all’Università dell’Illinois, “ed è improbabile che qualsiasi grande città possa esserlo, se si considerano i problemi in cui si dibattono le nostre città, le esigenze che i loro sistemi politici e amministrativi devono soddisfare, e l’incapacità di quei sistemi di soddisfarle”. — Times di New York, 23 ottobre 1975, pag. 39.

La mancanza di una direttiva permanente e stabile ostacola l’amministrazione di molte grandi città. Business Week dice di una città nei guai: “È amministrata da funzionari eletti che, per la natura stessa della politica, seguono spesso questa filosofia ‘Oggi ci siamo, domani non ci saremo più’”.

Il fatto che la classe dirigente è di passaggio può avere un effetto corrosivo sulle abitudini dei dipendenti municipali, la cui produttività si dice sia inferiore a quella di altri lavoratori. Si devono pagare lavoratori extra per fare lo stesso lavoro, esaurendo ulteriormente le finanze del comune. Perché? Un funzionario di uno dei più grandi sindacati di dipendenti municipali degli U.S.A. disse questo: “Quando il dipendente municipale scopre che il comune non si interessa di come fa il lavoro, anche lui perde l’interesse. . . . Vogliamo sentire la disciplina. La disciplina indica che qualcuno si interessa. Manca la direttiva”.

Anziché mostrare vero interesse, molti funzionari con moventi politici hanno la tendenza a “gettare denaro” sui problemi del comune con la speranza che spariscano. Invece di andare alla radice dei problemi, i loro programmi superficiali che hanno lo scopo di ottenere fondi spesso raggiungono proporzioni enormi e succhiano la linfa vitale delle città. Le disastrose conseguenze di tale politica sono ora evidenti in alcune grandi città del mondo.

Anche se le cose stanno così, la maggioranza dei governi nazionali è pronta a correre in aiuto delle città che si trovano nei guai, trasferendo così il peso sull’intera nazione. Sarebbe dunque un’esagerazione dire che tutte le grandi città rischino l’imminente crollo economico. Sembra che alcune facciano fronte alla situazione. Ma il tempo non è dalla loro parte.

La situazione di molte grandi città d’oggi potrebbe essere appropriatamente descritta da questa notizia sulla condizione di quelle inglesi:

“La loro struttura è strappata e a brandelli. La portata e l’efficacia dei loro servizi sono generalmente ridotte in un tempo in cui si chiede loro di più. È improbabile che il governo nazionale rifiuti di tirare fuori dei guai quelle città che sono così indebitate come lo è New York. È dunque probabile che le città continueranno a lottare, avendo servizi sempre meno efficienti a un costo sempre più elevato. Il tenore di vita nelle città diverrà sempre più basso, e lo stesso dicasi dei valori umani. Probabilmente la vita, come il traffico nelle città, andrà sempre più rallentando”.

Significa questo che la patopoli della teoria di Patrick Geddes, la città malata, in decadenza e in abbandono, sia l’unica prospettiva che si presenta alle odierne metropoli? Le grandi città non hanno dunque nessuna via d’uscita?

[Immagine a pagina 6]

Ogni anno migliaia di abitazioni vengono abbandonate dai proprietari a causa delle tasse elevate

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