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  • Il rimedio divino contro il peccato
    La Torre di Guardia 1960 | 15 giugno
    • pone freno, potrebbe condurre al grave peccato di infedeltà a Dio. Egli studia i comandamenti di Dio; li inculca profondamente nel cuore e nella mente. Addestra la sua coscienza mediante la legge di Dio. Il suo amore per Dio e per la legge divina lo spinge a fuggire le tentazioni, come fece Giuseppe, fedele servitore di Dio. — Gen. 39:10-12.

      Traete beneficio dal rimedio di Dio contro il peccato. Mostrate fede nel sacrificio di riscatto dal peccato offerto da Gesù Cristo e riponete la speranza nel regno di Dio. Cercate di meritare la vita eterna nel nuovo mondo di Dio, ove non vi sarà peccato, facendo ora la volontà di Dio. Ad imperitura gloria di Geova, nessun ereditario peccato mortale rimarrà a corrompere quel nuovo mondo, perché allora saranno adempiute le parole ispirate: “Egli asciugherà ogni lagrima dai loro occhi, e la morte non sarà più, né ci sarà più lutto, né grido, né dolore. Le cose di prima sono passate”. — Apoc. 21:4.

  • I due comandamenti da cui dipende la Legge
    La Torre di Guardia 1960 | 15 giugno
    • I due comandamenti da cui dipende la Legge

      “MAESTRO, qual è il più grande comandamento della Legge?” chiese un Fariseo. Gesù gli rispose: “‘Devi amare Geova il tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la mente tua’. Questo è il più grande e primo comandamento. Il secondo, simile ad esso, è questo: ‘Devi amare il tuo prossimo come te stesso’. Da questi due comandamenti dipende l’intera Legge, e i Profeti”. — Matt. 22:34-40.

      Qui Gesù mise in risalto i requisiti fondamentali della Legge, non dei Dieci Comandamenti soltanto, ma dell’intero patto della Legge comprendente più di seicento leggi date da Dio, e dei Profeti. È degno di nota il fatto che i due comandamenti scelti da Gesù per la loro massima importanza non furono presi dal Decalogo, ma facevano parte della Legge, che secondo Gesù dipende tutta da questi due.

      Il più grande comandamento si trova in Deuteronomio 6:5, ma non si trova soltanto qui. L’idea è ripetuta spesso essendo fondamentale perché gli Israeliti accettassero tutti i comandamenti dati loro da Dio. Nell’incitare il popolo ad ubbidire a tutte le leggi di Dio, Mosè dichiarò: “O Israele, che cosa chiede a te Geova Dio tuo se non che tu tema Geova Dio tuo, affinché tu cammini in tutte le sue vie e lo ami, e tu serva Geova Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima”. — Deut. 10:12.

      Certamente, se gli Israeliti avessero amato Geova loro Dio, non si sarebbero mai rivolti ad altri dèi, non avrebbero mai tributato ad un’immagine scolpita la devozione che apparteneva a lui, non avrebbero usato il nome di Geova in modo indegno, né avrebbero trasformato il giorno di sabato, dedicato essenzialmente alla sua adorazione, in un giorno di guadagno egoistico. La violazione di uno qualsiasi di questi comandi, o di qualunque altro giusto regolamento di Dio, avrebbe rivelato mancanza di amore da parte loro. Quindi si può ben dire che questo è “il più grande comandamento nella Legge”.

      Lo stesso si può dire del comandamento di amare il prossimo, riferito in Levitico 19:18: “Devi amare il tuo prossimo come te stesso”. Ma il comando è fondamentale ed è menzionato in relazione ad altri obblighi. Per esempio, al trentaquattresimo versetto dello stesso capitolo si fa riferimento a questo comando in relazione al trattamento dei residenti temporanei nel paese. La natura fondamentale del requisito di amare il prossimo è anche evidente in quanto chi ama il prossimo non disonorerà i propri genitori, non ucciderà, né commetterà adulterio, non ruberà ciò che appartiene ad altri, né danneggerà il prossimo dando falsa testimonianza, né bramerà ciò che appartiene ad altri. La violazione di uno qualsiasi di questi comandamenti costituirebbe un’infrazione all’obbligo ancora più importante di amare il prossimo. “L’amore non fa male al prossimo; perciò l’amore è l’adempimento della legge”. — Rom. 13:8-10.

      EVIDENZA DELL’AMORE DI DIO

      I comandamenti citati da Gesù indicano chiaramente l’obbligo che l’uomo ha di amare Geova Dio e il prossimo. Tuttavia questo mette in risalto in modo preminente l’amore di Geova per l’umanità. L’amore non ha origine dall’uomo. È una qualità di cui il Creatore ha dotato l’uomo. La nostra capacità d’amare è quindi il risultato di ciò che Dio ha fatto per noi. La sua espressione d’amore per noi richiede da parte nostra una dimostrazione d’amore per lui. “In quanto a noi, amiamo perché egli ci amò per primo”. (1 Giov. 4:19) Perciò quando impariamo che dai comandamenti di amare Dio e il prossimo dipende tutta la Legge, siamo indotti ad esaminare i modi in cui Dio stesso ha manifestato amore in relazione alla Legge.

      Ad Abrahamo, progenitore della nazione d’Israele, Geova aveva promesso che i suoi discendenti si sarebbero moltiplicati e avrebbero abitato nella terra di Canaan come se fosse loro. Egli disse inoltre: “Per mezzo della tua progenie tutte le nazioni della terra si benediranno certamente”. — Gen. 22:18.

      Circa quattrocento anni dopo Geova liberò miracolosamente gli Israeliti dalla schiavitù in Egitto, e al monte Sinai provvide il patto della Legge come costituzione della nuova nazione. A proposito della Legge disse: “Qual nazione vi è mai, per quanto grande, che abbia leggi e prescrizioni così giuste com’è tutta la legge che io vi propongo in questo giorno?” — Deut. 4:8, Na.

      Queste non erano soltanto giuste leggi date da Dio per regolare dovutamente la relazione dell’uomo col suo Dio e col prossimo, ma avevano un significato ben maggiore. L’apostolo Paolo fu ispirato a dire che “la Legge ha un’ombra delle buone cose avvenire”. Gesù stesso mise in risalto che la Legge doveva essere adempiuta. (Ebr. 10:1; Matt. 5:17, 18) E in Galati 3:19, 24 lo scopo della Legge è specificamente dichiarato con queste parole: “Perché dunque la Legge? Essa fu aggiunta [al patto con Abrahamo] per rendere manifeste le trasgressioni, fino a che fosse venuta la progenie alla quale era stata fatta la promessa, e fu trasmessa per mezzo di angeli dalle mani di un mediatore. Quindi, la Legge è stata il nostro tutore per condurci a Cristo, affinché fossimo dichiarati giusti a causa della fede”. La Legge ricordava costantemente ai Giudei la loro imperfezione e imprimeva nella loro mente la necessità di un sacrificio perfetto che potesse realmente togliere i peccati. Ma ciò richiedeva che Dio mostrasse il suo amore ancora provocando l’adempimento delle ‘buone cose avvenire’ e mandasse “suo Figlio, che nacque da una donna e si trovò sotto la legge, perché liberasse mediante acquisto quelli che erano sotto la legge”. (Gal. 4:4, 5) A tale amore si riferì l’apostolo Giovanni nel dire: “L’amore è in questo, non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ci amò e mandò suo Figlio come sacrificio propiziatorio per i nostri peccati”. (1 Giov. 4:10) Quindi l’amore che è alla base della Legge, che provocò l’adempimento dei suoi tipi profetici e che richiedeva da parte degli Israeliti amore per Dio e per il prossimo, è l’amore che Dio stesso ha mostrato.

      UBBIDIENZA ALLA LEGGE

      Non bastava che coloro che erano sotto la Legge facessero a parole professione d’amore per Dio, né bastava che ubbidissero in parte. Dovevano manifestare amore a Dio con tutto il cuore e tutta la mente e tutta l’anima. L’adorazione resa solo con le labbra non era accettevole. Geova dice: “Giacché questo popolo s’avvicina a me colla bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lungi da me, e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini, ecco . . . la saviezza de’ suoi savi perirà, e l’intelligenza degl’intelligenti di esso sparirà”. — Isa. 29:13, 14, VR.

      Gesù rimproverò i religiosi scribi e Farisei per l’importanza che davano egoisticamente a certi particolari della Legge mentre non la osservavano in ciò che avrebbe richiesto una giusta condizione di cuore. Egli disse: “Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti! che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cimino, e trascurate le cose più essenziali della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste son cose che bisognava fare, senza trascurare quelle. Guide cieche, scolate il moscerino e inghiottite il cammello!” (Matt. 23:23, 24, Na) Considerandosi giusti erano ciechi ed erano venuti meno allo scopo della Legge. Non avevano amore per Dio e per la giustizia. Considerando il popolo comune inferiore a loro, non avevano amore per il prossimo. Non riconoscevano la propria condizione peccaminosa e la necessità di un Redentore, e benché i profeti l’avessero identificato, quando apparve essi rigettarono il Messia. D’altra parte, quelli che permisero alla Legge d’essere il tutore che li conducesse a Cristo erano conosciuti per il loro amore: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli”, disse Gesù, “se avete amore gli uni per gli altri”. — Giov. 13:35.

      LA POSIZIONE DEL CRISTIANO

      Benché il patto della Legge sia finito, le verità fondamentali e i princìpi basilari su cui era fondato durano. Geova continua ad essere l’unico vero Dio, a cui le creature devono esclusiva devozione. Se gli Israeliti ebbero ragione di amare Geova ricambiando l’amore che egli mostrò loro, i cristiani oggi ne hanno ancora di più. Con la congregazione cristiana Dio ha fatto un nuovo patto. “Non come il patto che fermai coi loro padri il giorno che li presi per mano per trarli fuori dal paese d’Egitto: patto ch’essi violarono, benché io fossi loro signore, dice l’Eterno; ma questo è il patto che farò con la casa d’Israele [spirituale], dopo quei giorni, dice l’Eterno: io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. Ed essi non insegneranno più ciascuno il suo compagno e ciascuno il suo fratello, dicendo: ‘Conoscete l’Eterno!’ poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice l’Eterno. Poiché io perdonerò la loro iniquità, e non mi ricorderò più del loro peccato”. — Ger. 31:31-34, VR.

      Noi viviamo ora nel tempo in cui colui che diede la sua vita come sacrificio espiatorio, affinché potessimo avere la vita, governa da Re e presto distruggerà l’autore del peccato, Satana il Diavolo. Con tale gloriosa prospettiva, è ora tempo che mostriamo il nostro amore per Dio colmando la mente dell’accurata conoscenza della sua volontà. Dobbiamo aver la legge di Dio nel cuore ed essere pronti a mostrare amore per Dio ubbidendo ai suoi comandamenti. Avendo chiara conoscenza della volontà divina e intenso amore per Dio, non ci lasceremo sviare da qualsiasi apparente vantaggio egoistico né dalla pressione di coloro che ci perseguitano. Saremo fedeli a Dio perché l’amiamo. — 1 Giov. 5:3.

      E che dire dell’obbligo di amare il prossimo come noi stessi? Dopo aver sentito parlare di ciò uno che voleva dimostrarsi giusto disse a Gesù: “Chi è veramente il mio prossimo?” Gesù rispose con una parabola; raccontò di un uomo che era stato percosso e derubato sulla via di Gerico. Passò un sacerdote, e poi un levita, che non si fermarono per soccorrere il moribondo che giaceva sul ciglio della strada. Ma un Samaritano, impietosito, gli prestò i primi soccorsi, lo portò in una locanda e pagò per il suo mantenimento finché si sarebbe ristabilito. È ovvio chi dimostrò di essere il prossimo dell’uomo assalito dai briganti. Gesù disse: “Va’ e fa’ lo stesso”. — Luca 10:29-37.

      Non si guadagnerà nulla cercando di evitare la responsabilità e di persuadere noi stessi che vi sono ben pochi uomini meritevoli della nostra misericordia e del nostro aiuto. Gesù spiegò chiaramente questo punto dicendo: “Voi avete udito che fu detto: ‘Devi amare il tuo prossimo e odiare il tuo nemico’. Ma io vi dico: Continuate ad amare i vostri nemici e a pregare per quelli che vi perseguitano; affinché dimostriate d’esser figli del Padre vostro che è nei cieli, poiché egli fa levare il suo sole sugli empi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti se voi amate coloro che vi amano, che premio ne avete? Non fanno forse altrettanto anche gli esattori di tasse? E se voi salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno forse altrettanto anche le persone delle nazioni?” (Matt. 5:43-47) “Realmente dunque”, disse Paolo, “finché abbiamo il tempo favorevole per farlo, facciamo del bene a tutti, ma specialmente ai compagni di fede”. — Gal. 6:10.

      Questo non richiede che il cristiano creda ingenuamente le asserzioni di ogni associazione caritatevole che fa collette, e che dia ad essa il suo denaro. Nella parabola del buon Samaritano, colui che viene lodato non si limitò ad andare in città e pagare qualcuno perché si prendesse cura del bisognoso. Poiché era in ballo, lo aiutò personalmente e pagò egli stesso per lui il conto della locanda.

      Se si tratta delle necessità materiali della vita, i cristiani sanno che le loro parole d’amore devono essere accompagnate dai fatti secondo la loro possibilità. Come disse Giacomo: “Se un fratello o una sorella sono nudi e privi del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: ‘Andate in pace, riscaldatevi, nutritevi’, senza dar loro il necessario per il corpo, a che giova?” — Giac. 2:15, 16, Na.

      Tuttavia vi sono cose ben più importanti e che dimostrano amore ancora più grande. Gesù ci ricordò di non preoccuparci troppo delle cose materiali della vita. “Poiché il vostro Padre celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Continuate quindi a cercare prima il regno e la sua giustizia, e tutte queste altre cose vi saranno aggiunte”. (Matt. 6:32, 33) Si può mostrare il più grande amore del prossimo rivolgendo la sua attenzione verso il regno di Dio e la sua giustizia. Coloro che sono deboli e malati spiritualmente, che hanno fame e sete di giustizia, hanno bisogno di essere nutriti con la corroborante verità della Parola di Dio. Hanno bisogno che qualcuno mostri amorevole interesse per il loro benessere spirituale. Gesù ci istruì a fare questo quando disse: “Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni”. — Matt. 28:19.

      Sì, nella vita del cristiano l’amore è indispensabile come lo era l’ubbidienza alla Legge per gli Israeliti. Noi non siamo sotto la Legge, ma abbiamo l’obbligo di amare Geova, nostro Dio, con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta l’anima, e il nostro prossimo come noi stessi.

  • Vera sapienza nell’èra spaziale
    La Torre di Guardia 1960 | 15 giugno
    • Vera sapienza nell’èra spaziale

      “La sapienza ha il vantaggio di sempre riuscire”. — Eccl. 10:10, VR.

      1. Nonostante le recenti conquiste dell’uomo in questa “èra spaziale”, perché manca qualche cosa alla sua sapienza?

      RECENTEMENTE la sapienza dell’uomo l’ha lanciato in quella che egli chiama “l’èra spaziale”. Eppure la sua sapienza non gli ha aperto la via del cielo. Con i suoi strumenti l’uomo è penetrato per centinaia di migliaia di chilometri nello spazio per scoprire alcuni dei suoi segreti. Nonostante tutta questa sapienza, l’uomo non ha avuto accesso al cielo, alla dimora di Dio. Con tutti i suoi sondaggi nelle profondità infinite dello spazio, lo scienziato umano non si è neanche interessato di conoscere meglio Dio, il Creatore. Non manca dunque qualche cosa alla sapienza umana dell’“èra spaziale”? È pratica questa sapienza?

      2, 3. (a) In che modo lo scienziato umano che scruta lo spazio si dimostra simile alla mucca irragionevole? (b) A quali parole di Salomone non presta ascolto?

      2 Più l’uomo indagatore giunge lontano nello spazio con razzi e satelliti muniti di strumenti misuratori, più si trova dinanzi all’evidenza che vi è un Dio di tutta la creazione, che Dio esiste, che esiste il Creatore intelligente di tutto l’universo. L’uomo è obbligato a vedere e riconoscere la sapienza, l’intendimento, la conoscenza e il discernimento a cui tutto l’universo deve la sua esistenza. Ma la fiducia nella propria sapienza e l’orgoglio per i propri successi hanno reso l’uomo irragionevole, come una stupida bestia. La mucca che è nel prato guarda le meraviglie della terra e del cielo ma non può rendersi conto che vi è un supremo, onnipotente e onnisciente Creatore che ha fatto e disposto tutte queste cose meravigliose con tanto ordine ed armonia. Così è diventato l’orgoglioso uomo di scienza in questa èra spaziale. Egli vede, ma non ragiona e non capisce. Non vuole ammettere che c’è un Dio al quale egli deve rispondere e la cui volontà dovrebbe cercare di conoscere e di compiere. Perciò non usa egli stesso le qualità che vede manifestate nelle opere del creato, e dimostra che la sua sapienza materialistica non è pratica. Non dà ascolto alle seguenti parole vergate da un famoso re che possedeva effettiva sapienza migliaia d’anni prima dell’èra spaziale:

      3 “Geova stesso con sapienza fondò la terra. Fissò saldamente i cieli con discernimento. Per la sua conoscenza le crescenti acque furono divise, e i cieli nuvolosi stillarono una leggera pioggia. Figlio mio, non si dipartano queste cose [cioè sapienza, discernimento e conoscenza manifestati nella creazione di Dio] dai tuoi occhi.

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