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  • Chi vede il Re del nuovo mondo nel tempio?
    La Torre di Guardia 1951 | 15 settembre
    • NM) Era qui implicata la necessità di predicatori, ambasciatori, profeti, proclamatori. Ecco perché fu messa in risalto la condizione delle labbra. In quel tempo gran parte del rimanente si offriva per distribuire trattati biblici gratuiti, parecchie centinaia erano proclamatori pionieri in servizio continuo, gli anziani elettivi delle congregazioni erano principalmente gli oratori pubblici, e molti erano semplici frequentatori delle adunanze. Ma ora tutti devono essere testimoni attivi con le loro labbra libere da ogni paura.

      25. Come avvenne la purificazione, e perché con mezzi appropriati?

      25 La visione d’Isaia mostra che la nostra purificazione non doveva avvenire con mezzi umani, ma con mezzi serafici o sovrumani. Gli umani, essi stessi impuri, non potevano portare la necessaria purificazione. L’uso fatto da Geova del serafino ci ricorda come, quando nella parabola Lazzaro morì alla sua condizione di mendico, gli angeli lo portarono nella posizione del seno d’Abrahamo. Le molle d’oro adoperate dal serafino per togliere la pietra arroventata o carbone ardente provenivano dal candelabro d’oro nel santo scompartimento del tempio. (1 Re 7:49; 2 Cron. 4:21; Eso 25:38; 37:23; Num. 4:9) Quindi facevano parte degli arredi d’illuminazione. Per purificare le nostre labbra in rapporto a ciò che dicono e come lo dicono ci dev’essere illuminamento spirituale, simbolizzato dal candelabro d’oro. Il carbone ardente che fu applicato alle labbra del profeta non veniva da fuoco ordinario, ma dal fuoco che si trovava sotto l’altare del sacrificio nel cortile del tempio, che non si doveva lasciar estinguere. (Lev. 6:12, 13) L’altare rappresenta il sacrificio di Cristo. Dunque il carbone ardente veniva dal giusto luogo per purificare le labbra come mediante fuoco. Esso raffigurava il messaggio purificatore, il quale distrugge le tradizioni e i precetti degli uomini e infonde intrepidezza e zelo affinché il messaggio del Regno diventi un fuoco ardente entro le ossa. Gesù disse: ‘Voi siete già mondi a motivo della parola che v’ho annunziata”. (Giov. 15:3) È in armonia con questo che, quando Geova ordinò Geremia come suo profeta, egli stese la sua mano e toccò le labbra di Geremia e gli disse: “Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca”. — Ger. 1:9; Isa. 51:16.

      26. Quale fu il peccato del rimanente, come fu coperto, e a quale scopo avvenne la sua purificazione?

      26 Qualsiasi impurità di labbra in questi giorni dopo il 1914, quando Geova cominciò a regnare come Re, è cattiva ed è un peccato. Perciò quando il serafino toccò le labbra d’Isaia con il carbone arroventato gli disse: “Ecco, questo ti ha toccato le labbra, la tua iniquità è tolta e il tuo peccato è espiato”. Oppure, come la traduzione di Rotherham meglio esprime il senso delle parole del serafino: “Il tuo peccato [sarà] coperto mediante propiziazione”. Il peccato del rimanente fu coperto dal sacrificio propiziatorio di Gesù, rappresentato dall’altare dal quale il serafino tolse il carbone arroventato. Cosicché invece d’esser colpito da una maledizione mortale come il presuntuoso re Uzzia, il rimanente fu benignamente perdonato mediante Cristo a causa del suo pentimento e non fu distrutto. La purificazione delle loro labbra non fu una loro preparazione perché entrassero subito in casa nel cielo. Fu una loro preparazione per il servizio terreno nel più critico tempo della storia umana. Quindi essi furono preservati affinché adoperassero le loro labbra purificate con franchezza di parola in questo giorno di giudizio. — 1 Giov. 4:17, 18.

      27. Perciò, come doveva comportarsi il rimanente da allora in avanti?

      27 Come possiamo esser grati per questa purificazione! Essa ci ha resi diversi da tutta la Cristianità, che va peggiorando sempre più nell’impurità di labbra. Noi non dobbiamo mai subire una ricaduta, cedendo nuovamente alla paura delle creature, ma dobbiamo avanzare verso la perfezione della conoscenza, della fede, della capacità nel servizio. La nostra trascorsa “iniquità” o trascorso peccare è stato tolto dal reale messaggio di Dio per questo “tempo della fine”, poiché ha operato come correttivo di ciò che pensiamo e diciamo. Questo è il felice effetto della nostra visione di lui nel suo tempio e della nostra umiliazione davanti al suo glorioso volto.

  • Ordinazione dei testimoni nel tempo della fine
    La Torre di Guardia 1951 | 15 settembre
    • Ordinazione dei testimoni nel tempo della fine

      1, 2. (a) A quali domande concernenti i testimoni di Geova risponde la visione del tempio? (b) Quando venne la chiamata al servizio? Come?

      POICHÉ i “fissati tempi delle nazioni” terminarono nel 1914, è da 37 anni che siamo nel “tempo della fine” del mondo di Satana. (Dan. 12:4; 11:40) Durante tutto questo tempo i testimoni di Geova sono divenuti sempre più attivi e preminenti. Perché? Chi li ha ordinati e chi ha affidato loro il loro messaggio? Ha la loro testimonianza adempiuto il suo scopo dopo tutti questi anni? Oppure deve essere considerata come un fallimento? A tutte queste domande risponde la visione d’Isaia nel tempio. Fu dopo essere stato purificato dalla condizione dell’impurità di labbra ch’egli udì la chiamata al servizio, non da sorgente umana, ma divina. “Poi udii la voce del Signorea che diceva: ‘Chi manderò? E chi andrà per noi?”’ (Isa. 6:8) Fu una chiamata dell’Iddio Altissimo, il quale solo ha nome Geova. La chiamata venne nel 1919, nel primo anno che seguì la fine della prima guerra mondiale, e venne mediante la Bibbia che Geova nel suo tempio rendeva intelligibile al suo devoto popolo.

      2 La chiamata fu resa specialmente incisiva in un articolo in due parti apparso su La Torre di Guardia inglese del 1º e del 15 agosto 1919, intitolato “Beati gli intrepidi”.b Fu fatto risuonare con energia ancora maggiore all’assemblea internazionale dei testimoni di Geova a Cedar Point, Ohio, dal 1º all’8 settembre 1919. L’invito a servire fu fatto da Geova nel suo tempio come una chiamata generale, e l’opportunità di rispondere fu data a chiunque udì. Come Isaia, il rimanente fu libero di rispondere nel 1919. Il motivo per cui il clero religioso della Cristianità non seppe ravvisare la visione, udire l’invito divino al servizio, e rispondere, reso chiarissimo dalla visione d’Isaia.

      3. “Chi manderò?” Chi fa questa domanda, e perché?

      3 “Chi manderò?” È Geova che fa questa domanda, perché egli è Colui che manda i suoi testimoni e ambasciatori. Egli fu Colui che mandò Gesù il suo Figlio su questa terra perché dimostrasse di essere “il testimone fedele e verace”. In molte occasioni Gesù attestò d’essere stato mandato. (Giov. 3:17, 34; 5:36; 7:28, 29; 8:42) Perciò Geova, Colui che manda, era più grande di Gesù, colui che fu mandato. (Giov. 13:16; 14:28) L’Isaia dell’antichità ebbe dei figli. Gesù è l’Isaia più grande al quale Geova ha dato dei figli, cioè i suoi unti seguaci, e anche questi Geova manda a predicare e recar testimonianza. Per portare ad altri il genuino messaggio divino essi devono essere mandati o ordinati da Geova. Perciò Paolo, che fu uno di questi mandati chiede: “Come, a loro volta, udranno senza qualcuno che predichi? Come, a loro volta, predicheranno a meno che non siano stati mandati?” (Rom. 10:14, 15, NM) Senza l’ordinazione con la quale l’Iddio Altissimo manda i suoi rappresentanti nessuna persona viene nel nome di Dio. Ma essendo stata mandata con l’autorizzazione di Dio essa non deve chiedere a nessuno il permesso di predicare.

      4. A chi si accenna col pronome “noi” nelle parole: “Chi andrà per noi”? Perché?

      4 Geova indica che qualcun altro era con lui nel tempio quando aggiunge: “E chi andrà per noi?” Il pronome “noi” qui comprende le stesse persone alle quali si accennava quando Dio parlò al tempo della creazione e disse: “Facciamo l’uomo”. E anche: “L’uomo è diventato come uno di noi”. E a Babele: “Scendiamo e confondiamo quivi il loro linguaggio”. (Gen. 1:26; 3:22; 11:7) Quindi col pronome plurale “noi” o il verbo nella prima persona plurale Geova accennava, non a se stesso e ai serafini nel tempio, ma a se stesso e al suo unigenito Figlio che divenne l’uomo Cristo Gesù e mediante il quale Egli aveva creato tutte le cose. Perciò la gloria che Isaia vide nel tempio rappresentava principalmente la gloria di Geova e secondariamente quella del suo Figlio. Questa gloria il Figlio la mostra quando Geova lo manda come suo “messaggero del patto” nel tempio per l’opera di giudizio. Infatti è scritto: “E subito il Signore, che voi cercate, l’Angelo [il messaggero] del patto, che voi bramate, entrerà nel suo tempio. Ecco, ei viene, dice l’Eterno [Geova] degli eserciti; Egli si sederà, affinando e purificando l’argento e purificherà i figliuoli di Levi, e li depurerà come si fa dell’oro e dell’argento; ed essi offriranno all’Eterno offerte con giustizia”. (Mal. 3:1, 3) Alla sua gloriosa venuta nel tempio nel 1918 egli assunse l’opera di giudizio e purificazione del suo devoto rimanente sulla terra, affinché questi potessero andare per lui e per Geova con la “lingua pura”.

      5. Come rispose Isaia? Chi rispose come lui? Quando? Perché?

      5 Nessuno è obbligato ad entrare in servizio, ma esso è aperto per i volontari. Il tipo del servizio non è rivelato a tutta prima, ma di qualsiasi qualità risulti d’essere, questo è il servizio di Geova ed è ordinato da lui. Come un giusto esempio per noi Isaia replicò: “Allora io risposi: ‘Eccomi, manda me!” (Isa. 6:8) Così, pure, nel 1919, la classe dello “schiavo fedele e discreto” entrò volenterosamente nel suo servizio. Si trattava allora di morire al servizio divino, come avvenne al lebbroso re Uzzia, o di destarsi all’attività e rispondere all’invito d’esser mandati. Occorreva fede, amore e coraggio per rispondere alla chiamata divina d’entrare in servizio nel “tempo della fine” di questo mondo. Come Isaia con le labbra purificate si sentì qualificato a rispondere, così si sentì qualificato e offrì umilmente i suoi servizi il purificato, perdonato rimanente. — Matt. 24:45-47.

      “VA!, E DI’ A QUESTO POPOLO”

      6. Forse Iddio richiese che fossero ordinati dal clero? Che cosa lo mostra?

      6 Ha forse Geova rifiutato i volontari di questa finale testimonianza al mondo perché essi non erano ordinati dal clero della Cristianità? No se sono giudicati dalla sua pronta accettazione del servizio d’Isaia. Egli non chiese se Isaia era un sacerdote, un Levita, un celibe o uno ammogliato, se era uno istruito o un comune operaio. Lasciò che udisse l’aperto invito e quindi rispondesse con apprezzamento per sua purificazione per l’uso di Dio. Similmente egli accettò i servizi volontari del rimanente ora purificato col messaggio del Regno. I fatti attuali mostrano che egli si è mirabilmente servito di loro come suoi unti testimoni alle nazioni, tanto che tutto il mondo se ne meraviglia, quantunque li odi e li perseguiti.

      7, 8. Che cosa ebbero ordine di fare? Come fanno ciò giustamente?

      7 Verificate ora da voi stessi per vedere se hanno fatto ciò che fu ordinato di fare a Isaia: “Ed egli disse: ‘Va’, e di’ a questo popolo: Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere! Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in guisa che non vegga co’ suoi occhi, non oda co’ suoi orecchi, non intenda col cuore, non si converta e non sia guarito!” — Isa. 6:9, 10.

      8 Isaia fu mandato al popolo, vale a dire al popolo d’Israele. Per andarvi, egli dovette lasciare la casa, la moglie e la famiglia, sebbene sia riportato un caso in cui egli prese seco il suo figliuolo Scear-Jashub per comando di Dio. (Isa. 7:3) Il servizio divino aveva esigenze superiori all’obbligo di famiglia. Perciò non appena poteva accomodare i suoi affari domestici lasciava la sua casa e andava a dire al popolo ciò che Dio gli ordinava di dire. Egli formò un gruppo di discepoli o allievi. (Isa. 8:16) Il popolo non fu mandato a chiamare, ma Iddio gli mandò il suo portavoce. Il più grande Isaia e i suoi discepoli, cioè Gesù e i suoi apostoli, mostrarono che è giusto per quelli che sono mandati da Dio andare alle case del popolo. Per cui oggi i membri del rimanente della classe d’Isaia non sono invitati dal popolo, né sono ricercati dalla moderna controparte del popolo d’Israele, la Cristianità. Geova prende l’iniziativa, li manda, e comanda loro di andare dal popolo. Dato che han fatto voto di dedicarsi a lui e dato che sono entrati volontariamente nel servizio, essi devono andare, e le autorità della Cristianità non hanno nessun diritto di fermarli.

      9. Quello che Isaia ebbe ordine di dire conteneva forse il nocciolo del messaggio, o che cosa mostrò? Quali citazioni ne mostrano l’importanza?

      9 Quello che Isaia ebbe qui ordine di dire al popolo non fu realmente il contenuto del suo messaggio, ma ne fu l’effetto. Ciò che effettivamente egli disse loro è contenuto nei rimanenti sessanta capitoli della sua profezia. Il più grande Isaia, Gesù Cristo, applicò a se stesso quello che Isaia ebbe qui ordine di dire. Spiegando per quali motivi egli parlava del Regno al popolo in parabole, Gesù Cristo informò i suoi discepoli: “Vedendo vedono invano, e udendo, odono invano, né ne afferrano il significato; e in loro si adempie la profezia d’Isaia che dice: ‘Udendo, voi udrete ma non ne capirete in nessun modo il significato; e, vedendo, voi vedrete ma in nessun modo scorgerete. Poiché il cuore di questo popolo è diventato duro, e con i loro orecchi hanno udito con noia, e han chiuso i loro occhi; affinché essi non vedano mai con i loro occhi e odano con i loro orecchi e col cuore ne afferrino il significato e tornino indietro, e io li sani”.’ (Matt. 13:13-15, NM) Uno degli apostoli di Gesù, Paolo, applicò a se stesso questa medesima profezia per mostrare come essa predisse l’effetto della sua opera sul popolo dell’Israele naturale. (Atti 28:25-28) Il fatto è che quest’ordine dato a Isaia è citato sei volte nelle Scritture Greche Cristiane. Dunque in tutto si riscontra sette volte nell’intera Bibbia, il che la rende una significativa dichiarazione di profezia per i nostri giorni. Matt. 13:14, 15; Mar. 4:12; Luca 8:10; Atti 28:25-27; Rom. 11:8; Giov. 12:39, 40.c

      10. Denota forse fallimento il fatto che non abbiamo potuto attrarre la Cristianità? Che cosa risponde a questo proposito l’ordinazione?

      10 Se, dopo questi 31 anni decorsi dal 1919, i testimoni di Geova non sono riusciti ad attrarre la Cristianità dalla loro parte, essi non sono da biasimare e la loro opera non è da considerare come un fallimento. Nel primo secolo Gesù e i suoi discepoli non attrassero il popolo d’Israele al Cristianesimo; essi ne attrassero solo una piccola percentuale, poche migliaia. Ma questo non vuol dire che la loro opera sia fallita, vuol dire piuttosto l’esatto adempimento della profezia d’Isaia. Le parole di Geova nel tempio suonano come se i suoi testimoni debbano comandare al popolo di non capire ciò che odono e di non discernere ciò che vedono; e come se i suoi testimoni avessero l’ordine di rendere il cuore del popolo insensibile, di render duri i loro orecchi e di chiudere o imbrattare i loro occhi. Ma Geova non costringe così il popolo; altrimenti, egli sarebbe responsabile della loro terribile sorte. Egli fa semplicemente udire e vedere al popolo i suoi testimoni in azione. Quindi egli preannunzia mediante la sua profezia l’effetto che produce sul popolo o come le persone non risponderanno favorevolmente. A conferma, si veda come lo cita Matteo 13:14, 15.

      11. Come è stato adoperato il rimanente per eseguire l’ordine?

      11 Allo stesso modo il rimanente in questo tempo della fine non costringe il popolo della Cristianità a questo insensibile, irresponsabile stato spirituale. Ciò che il rimanente fa in effetti è, non rendere il popolo quello che Geova preannunziò in Isaia 6:9, 10, ma manifestare o dimostrare ch’esso è tale.d Così oggi, 31 anni dopo che i testimoni di Geova furono rianimati e inviati nel 1919, quanti della Cristianità vedono, odono e credono? Non la grande maggioranza, ad ogni modo! Né milioni! Fallimento, dunque? No! Ma allora, motivo di scoraggiamento e rinunzia? Al contrario, la profezia d’Isaia 6:9, 10 si è dimostrata vera. Se i testimoni di Geova avessero compromesso il loro messaggio e avessero solleticato gli orecchi del popolo, non avrebbero avverato l’adempimento della profezia riguardo alla loro opera di testimonianza.

      12. Se la Cristianità avesse accettato il messaggio, che cosa ne sarebbe risultato? Ma poiché non ha accettato, che cosa ne deriva?

      12 Se la Cristianità si fosse comportata favorevolmente alla loro testimonianza essa si sarebbe convertita a Geova e al suo regno e sarebbe stata guarita. Ma oggi le condizioni nelle quali si trova la Cristianità mostrano che non ha ricevuto la guarigione divina. Essa si trova nella più perniciosa condizione mentale, morale e spirituale. Si trova di fronte a una distruzione e desolazione tanto inevitabile quanto quella che si abbatté sull’antica Gerusalemme sia nel 607 a.C. che nel 70 d.C. Questo non vuol dire che i testimoni di Geova abbiano mancato di annunziare il suo schietto messaggio. Mandando i suoi testimoni Geova ebbe un benigno proposito, quello, cioè, d’annunziare il Regno di salvezza e dare un anticipato avvertimento del male che sarebbe venuto in seguito al rigetto di quel regno. Questo mostra quanto sia di vitale importanza il messaggio che rechiamo. Invece di esserne guarita, la Cristianità si ribella contro di esso e, come il ricco nell’Ades, se ne sente tormentata. Come fu detto a Babilonia, così possiamo ora dire a lei: ‘Noi abbiam voluto guarire la Cristianità, ma essa non è guarita.’ (Ger. 51:9) Condannata tanto sicuramente quanto il lebbroso re Uzzia, essa si affretta ad allontanarsi da Geova Dio verso la sua dolorosa morte.

      13. Chi riceve il buon effetto del messaggio? Perciò che cosa fanno essi?

      13 Ciò non ostante, il messaggio produce pure un buon effetto, come è scritto: “Mandò la sua parola e li guarì, e li scampò dalla fossa”. (Sal. 107:20) Lo stesso rimanente spirituale ha ricevuto questo influsso dalla Parola, e ora lo riceve anche un grande gregge di “altre pecore” del Giusto Pastore. Con cuore mansueto essi ricevono il messaggio proclamato dai testimoni. Lo lasciano penetrare profondamente negli aperti orecchi dell’intelligenza, e con gli occhi della fede vedono come Geova si serve dei suoi testimoni per compiere la sua opera. Perciò abbandonano la Cristianità condannata, si convertono a Geova e si uniscono all’organizzazione teocratica dei Suoi testimoni e vengono guariti.

      FINO A QUANDO?

      14. Quale domanda fece Isaia? Come rispose Iddio per lui e per noi?

      14 Non sareste voi desiderosi di sapere fino a quando dovreste continuare a testimoniare di fronte alla durezza di cuore della Cristianità? Isaia ottenne la risposta per noi. “E io dissi: ‘Fino a quando, Signore?’e Ed egli rispose: ‘Finché le città siano devastate e senza abitanti e non vi sia più alcuno nelle case e il paese sia ridotto in desolazione; finché l’Eterno [Geova] abbia allontanati gli uomini, e la solitudine sia grande in mezzo al paese.’” (Isa. 6:11, 12) Così senza fissare una data Geova segna praticamente il limite della nostra opera in mezzo ai popoli dell’incurabile Cristianità. Dobbiamo proseguire finché la Cristianità sia ridotta allo stato di devastazione qui profeticamente descritto e che fu illustrato dalla devastazione di Gerusalemme e di Giuda nel 607 a.C. Isaia non testimoniò personalmente fino a quell’avvenimento. Egli morì più di cento anni prima di quel tempo. Ma altri testimoni, suoi conservi, testimoniarono fino a quel tempo, e Geremia continuò a profetizzare in carcere a Gerusalemme anche mentre la città era assediata dai Babilonesi. Scarcerato quando la città cadde, Geremia continuò a predicare anche dopo finché le persone rimaste fuggirono terrorizzate in Egitto, portandolo con loro a viva forza, lasciando così il paese abbandonato dagli uomini e dagli animali domestici.

      15. (a) Come sarà la Cristianità così desolata? (b) Che cosa dobbiamo fare noi fino ad allora e in seguito?

      15 Si avvicina il tempo in cui le “dieci corna” della bestia, spalleggiate dall’intero corpo di tale bestia, si rivolteranno contro la fornicatrice organizzazione di religione babilonica della Cristianità e la ridurranno in rovina. Tutte le sue organizzazioni religiose ne risentiranno. I loro aderenti saranno condotti in cattività oppure verranno distrutti dagli elementi mondani che combattono contro la religione e contro il regno di Dio, lasciando così nella desolazione la religione organizzata. Questo sarà il principio della battaglia di Harmaghedon, ma nel suo punto culminante gli eserciti celesti di Geova sotto il suo Re Gesù Cristo eseguiranno i suoi giusti giudizi contro tutti gli elementi empi, religiosi, politici, sociali e commerciali. Questa divina esecuzione spazzerà di loro la terra. Questo è quanto la Cristianità vedrà sopravvenire su di lei per aver chiuso gli occhi, turato gli orecchi e ingrassato il cuore alla testimonianza dei testimoni che Geova ha mandato. Così malgrado le condizioni d’assedio che le forze malvage potranno imporre alla Cristianità, noi dobbiamo proseguire col messaggio del Regno e proclamare il “giorno della vendetta del nostro Dio”. Dopo ch’essa sarà caduta ad Harmaghedon, noi dobbiamo, come Ezechiele, predicare il Regno e la vendetta divina sopra tutte le organizzazioni fuori della Cristianità, finché la “battaglia del gran giorno dell’Iddio Onnipotente” li distrugga e la sua sovranità universale resti rivendicata per sempre. Mediante il suo aiuto, la sua forza e la sua protezione nulla ci potrà fermare fino ad allora. Il suo comando sarà eseguito pienamente.

      16, 17. Che cosa disse infine Geova relativamente a un decimo rimasto nel paese, e come si adempie questo?

      16 Dopo un tale messaggio di vendetta divina, l’emozione che questo suscita in noi c’impone di chiedere: Ne uscirà qualcuno vivente? Geova mediante Isaia ce ne dà l’assicurazione. Nelle parole conclusive del suo ordine a quel profeta nel tempio egli dice: “Tuttavia ancora vi sarà in essa un decimo, sebbene ancora sarà consumata, come una quercia e come un terebinto che, quando sono abbattuti, hanno un ceppo in loro, una santa progenie ne sarà il ceppo” — Isa. 6:13, Ro; SA.

      17 Questo “decimo” si vede che è il fedele rimanente spirituale dei testimoni di Geova, che fu raffigurato dal fedele rimanente giudeo che tornò nel paese di quello ch’era stato l’infedele Giuda e Gerusalemme e vi rinnovò la pura adorazione di Dio. Il rimanente, che sono gli ultimi della “nazione santa” di Dio sulla terra, sono “una santa progenie”, “una razza sacra” (Mo). Come una quercia o un terebinto abbattuto lascia un ceppo che germoglia nuovamente quando è inumidito dall’acqua, così questa santa progenie rimarrà come un ceppo nella terra e germoglierà di nuovo dopo la devastazione di Harmaghedon. (Giob. 14:7-9) Sopravvivente con loro sarà il grande gregge di “altre pecore” che si sono convertite a Geova e al suo regno mediante Cristo e sono state guarite, corrispondendo a Ebed-Melec e ai Recabiti che sopravvissero con Geremia alla prima distruzione di Gerusalemme. Così la pura adorazione di Geova germoglierà di nuovo sotto più favorevoli condizioni dopo Harmaghedon e si spanderà fino alle estremità della terra. Allora “tutta la terra sarà piena della sua gloria”, come preannunziarono i serafini nel tempio.

      18. in vista della Sua ordinazione, come ci dobbiamo comportare?

      18 Data la nostra ordinazione divina dal tempio non vi è sosta per noi come suoi testimoni finché Harmaghedon si abbatta sulla Cristianità e ogni opportunità per i suoi aderenti di ravvedersi sia passata. Noi avanzeremo, dunque, proclamando il messaggio mentre ‘consideriamo la pazienza del nostro Signore come salvezza’, sia per noi stessi che per quelli che ci ascoltano. — 2 Piet. 3:15, NM.

      [Note in calce]

      a Questo è un altro dei 134 casi dove i Soferim alterarono il testo primitivo ebraico perché si leggesse Adonai, Mio Signore, invece di Geova. Degli antichi manoscritti ebraici raccolti, 44 di Kennicott e 46 di De Rossi leggono qui Geova. Si veda anche la nota in calce della traduzione di Rotherham.

      b L’edizione del 15 agosto 1919 conteneva pure l’articolo “Opportunità per il servizio” (pagg. 250-253).

      c In Giovanni 12:39 l’apostolo cita la profezia d’Isaia in riferimento all’opera di Gesù e quindi aggiunge: “Isaia disse queste cose perché vide la sua gloria, ed egli parlò di lui”. (NM) Il trinitario clero dice che questo prova la dottrina della trinità e che il Geova che Isaia vide nella gloria nel tempio era il preumano Gesù, la Parola di Dio. Ma questa è una conclusione affrettata da parte loro, come risulta dalla completa narrazione di Giovanni, che qui citiamo: “Gesù disse queste cose e andò via e si nascose da loro. Ma benché avesse compiuto tanti segni davanti a loro, essi non riponevano fede in lui, affinché fosse adempiuta la parola d’Isaia [53:1] il profeta che disse: ‘Geova, chi ha creduto al nostro rapporto, e a chi è stato rivelato il braccio di Geova?’ La ragione per la quale essi non potevano credere è quella che ancora Isaia [6:10] disse: ‘Egli ha accecato gli occhi loro e ha indurato il loro cuore, affinché non vedano con i loro occhi e non afferrino il pensiero col loro cuore e non si ravvedano e io non li guarisca.’ Isaia disse queste cose perché vide la sua gloria, ed egli parlò di lui”. — Giov. 12:36-41, NM.

      Quali “cose” disse dunque Isaia “perché vide la sua gloria”? Vediamo che qui Giovanni cita due volte Isaia, prima Isaia 53:1 relativamente al “braccio di Geova” e quindi Isaia 6:10 relativamente alla visione del tempio. Il “braccio di Geova” di Isaia 53:1 è Cristo Gesù. In Isaia 6:10 Colui che parla nel tempio è Geova, egli comprende il suo Figlio con lui quando dice: “Ohi andrà per noi?” cioè, chi andrà per me e per mio Figlio? Così vediamo che il preumano Gesù fu unito con Geova nella sua gloria nel tempio, e perciò Giovanni poteva dire giustamente qui che Isaia vide la sua gloria e parlò di lui, “il braccio di Geova”. Certamente Gesù il più grande Isaia non si era mandato da sé, ma lo mandò Geova dal tempio, poiché Giovanni qui applica Isaia 6:10 a Gesù come il Mandato verso cui in primo luogo fu adempiuta questa profezia, dopo che Gesù era entrato cavalcando in Gerusalemme e si era offerto come Re e aveva purificato il tempio. A quel tempo Gesù non era nella “sua gloria”, ma i capi giudei lo avevano vilipeso e avevano cospirato di ucciderlo.

      Lo stesso avviene dove Matteo 13:14, 15 applica la profezia d’Isaia a Gesù perché anche qui i capi religiosi avevano ordito una congiura per distruggerlo. (Matt. 12:14; Giov. 11:57) La gloria di Gesù col padre nel suo tempio perviene al finale e completo adempimento di Malachia 3:1-4 nell’anno 1918, quando Geova lo manda come suo Messaggero del patto a giudicare e purificare Il Suo consacrato popolo. Specialmente dalla sua risurrezione in poi, Gesù è il riflesso della gloria di Geova. — Ebr. 1:2, 3; 2 Cor. 4:6.

      Si veda pure pagina 281, par. 4.

      d La profezia è espressa come Geremia 1:9, 10 dove Geova dichiara che Geremia viene costituito sulle nazioni e sui regni, “per svellere, per demolire, per abbattere, per distruggere, per edificare e per piantare”. Non è che Geremia dovesse in realtà fare tali cose alle nazioni e ai regni, ma egli doveva pronunziare profezie annunzianti che queste cose sarebbero loro accadute. È espressa altresì come quando Ezechiele 43:3 dice: “Venni per distruggere la città”. Non è che Ezechiele stesso distruggesse Gerusalemme, ma egli era venuto per preannunziarne la distruzione.

      e Un altro dei 134 luoghi dove i Soferim cambiarono Geova con Adonai. Anche Il Rotolo del Mar Morto di Isaia (DSIa) trovato al principio della primavera del 1947 legge qui “Geova”; come pure 33 MSS. di Kennicott e molti di De Rossi.

  • Maria, la madre di Gesù
    La Torre di Guardia 1951 | 15 settembre
    • Maria, la madre di Gesù

      “TI SALUTO, o favorita dalla grazia; il Signore è teco”. Con questo saluto l’angelo Gabriele si rivolse all’umile figlia di Heli nella città di Nazaret circa 1.952 anni fa. Essa era una giovane vergine di povere condizioni, e suo padre la chiamò Maria, che vuol dire “amara”. Doveva sposarsi, non con un nobile principe, ma con Giuseppe il falegname, un uomo di modesta posizione, com’era lei. Perché un messaggero angelico inviato dall’Iddio Altissimo doveva quindi salutarla come una “favorita dalla grazia”? O perché sua cugina Elisabetta, sotto la potenza dello spirito santo, esclamò verso Maria: “Benedetta sei tu fra le donne”? — Luca 1:28, 41, 42.

      Toglietevi subito dalla mente l’idea che Maria fosse benedetta con una cosiddetta “immacolata concezione” che l’avrebbe liberata dalla macchia del peccato adamico. Essa era nata come tutte le altre fanciulle. Per le imperfezioni ereditarie dovute al peccato originale di Adamo essa non differiva dal re Davide, il quale dichiarò: “Ecco, io sono stato formato nella iniquità, e la madre mia mi ha concepito nel peccato”. (Sal. 51:5) Mentre non c’è la minima traccia d’appoggio scritturale per la teoria dei teologi che Maria sia nata immacolata e perfetta, v’è nella Bibbia abbastanza prova del contrario. Come e in qual modo fu dunque questa donna favorita e benedetta fra le altre figlie d’Eva?

      Secondo la legge e il costume giudaico, Maria era considerata come la moglie sposata di Giuseppe, benché essa vivesse ancora coi suoi genitori. (Matt. 1:18) Durante questo periodo di fidanzamento prima dell’effettivo matrimonio il messaggero del Signore le apparve con sorprendenti notizie. “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco tu concepirai nel seno e partorirai un figliuolo e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato Figliuol dell’Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, ed egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine”.— Luca 1:30-33.

      Ebbene, a tale stupendo annuncio, potete immaginare la sorpresa, lo stupore e il dubbio misti a calde emozioni che si affollarono nella mente e il volto di questa modesta fanciulla. Non sapendo cosa dire a tutta prima, la ragione venne in suo soccorso. “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” interrogò. “Lo spirito santo verrà su di te” spiegò l’angelo, “e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliuolo di Dio”. Per aiutarla a scacciare ogni dubbio l’angelo dichiarò quindi: “Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figliuolo nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese per lei, ch’era chiamata sterile; poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace”. — Luca 1:34-37.

      Maria accettò immediatamente il privilegio di servizio, volenterosamente e gioiosamente, sebbene con tutta mansuetudine e umiltà. “Ecco, io son l’ancella del Signore; siami fatto secondo la tua parola”. E subito si recò premurosamente verso la regione collinosa di Giuda, a casa di Elisabetta, dove trovò che le cose stavano esattamente come le aveva descritte l’angelo. Che gioia e letizia invase il cuore e la mente di Maria! Commossa, proruppe in sublimi parole di lode. — Luca 1:38-55.

      DIVENTA LA MOGLIE DI GIUSEPPE

      Era necessario che una vergine provvedesse il corpo umano di Gesù, essendo questo uno dei segni preannunziati dal profeta. (Isa. 7:14; Matt. 1:22, 23) Ma perché fu richiesta una vergine fidanzata anziché una libera da impegni? Allo scopo di provvedere un padre adottivo, un naturale discendente di Davide, che potesse trasmettere al fanciullo il diritto legale al trono di Davide. Giuseppe

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