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La seconda guerra mondiale porta un cambiamentoSvegliatevi! 1973 | 22 settembre
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“Obiettivi prettamente secolari spinsero i signori sovietici, che erano atei materialistici, a fare concessioni ai sentimenti religiosi. I cittadini con inclinazioni religiose dell’URSS, si ragionò, avrebbero sostenuto più pienamente lo stato in guerra; l’animosità verso il modo di vivere comunista tra i cristiani dei paesi alleati a ovest sarebbe stata mitigata e i devoti cristiani ortodossi della penisola balcanica avrebbero mostrato una più calorosa simpatia alla Russia”.
Ebbero successo queste tattiche? L’autore del libro appena menzionato, Arthur J. May dell’università di Rochester, dichiara: “Tutte queste mire furono più o meno conseguite grazie alla moderazione adottata dal Cremlino”. Un altro risultato che notò fu che “nella sfera della religione, come in effetti in ogni altro campo, fiorì il culto di Stalin”.
La religione era divenuta utile ai comunisti! Come fosse utile si può vedere anche dopo la fine della guerra. Nel libro The Soviet Union: The Fifty Years, edito da Harrison Salisbury, leggiamo: “Finita la guerra, i capi delle chiese si conformarono alle esigenze della Guerra Fredda nella politica estera di Stalin”.
A una celebrazione pasquale nel 1949, si verificò un episodio tipico. Durante le funzioni di mezzanotte nella cattedrale moscovita di Yelokhovsky, il patriarca Alessio pronunciò la benedizione di Dio sul capo dello stato sovietico, Iosif Stalin. E, nel 1950, Alessio mandò un telegramma al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite protestando contro “l’aggressione degli Stati Uniti alla Corea”.
Fu ovvio quindi che le concessioni dei capi sovietici avevano un movente politico. In questo modo le chiese avrebbero cooperato di più. Per giunta, poiché il governo approvava solo gli ecclesiastici leali allo Stato, si poteva regolare completamente la religione secondo le mire comuniste.
Non poteva esserci dubbio che i cambiamenti non rappresentavano un vero cambiamento di cuore. L’obiettivo dei comunisti era ancora quello di eliminare tutta la religione. Ma le loro tattiche divenivano più subdole. Videro l’utilità di sottrarre gradualmente il potere e l’appoggio alla religione. Si sarebbe così evitato di far sorgere inutile opposizione, o di creare martiri per la religione, com’era avvenuto con le tattiche del confronto diretto seguite prima.
Naturalmente, non tutti all’estero o anche nell’Unione Sovietica erano convinti che gli alti dignitari della chiesa fossero tutti veri uomini di chiesa. A causa della portata del loro compromesso alcuni di essi furono accusati d’essere agenti del governo a cui era stata conferita la carica per controllare le chiese. Gli accusatori precisarono che altri preminenti ecclesiastici che si erano opposti al comunismo erano stati imprigionati o uccisi. Ma il clero favorito poteva muoversi liberamente e rimanere in carica.
Che tali preminenti ecclesiastici fossero diretti agenti del governo o no, l’effetto fu lo stesso. Operarono strettamente con il governo comunista per conseguirne le mire. E una di quelle mire era ancora la determinazione di sopprimere la religione.
Le azioni mostrano che l’obiettivo è immutato
Che la politica del governo di distruggere in futuro la religione non fosse mutata si poteva vedere dalle sue azioni e dalle sue dichiarazioni ufficiali. Per esempio, nonostante le concessioni fatte alla religione in cambio del suo appoggio, il diritto di divulgare la propria religione era ancora negato. La professione dell’ateismo continuava a essere una condizione per divenire membro del partito comunista.
Inoltre, l’istruzione religiosa continuava a essere vietata nelle scuole. L’ateismo era ancora l’insegnamento ufficiale, e includeva la propaganda antireligiosa. Si prestò speciale attenzione a promuovere l’ateismo fra i “Giovani Pionieri” e l’“Unione della Gioventù Comunista”. La politica ufficiale del partito fu riassunta in questi consigli pubblicati nella Komsomolskaya Pravda, giornale ufficiale della lega giovanile:
“I giovani comunisti devono non solo essere atei convinti e contrari a ogni superstizione [religione], ma devono combattere attivamente la divulgazione delle superstizioni e dei pregiudizi fra i giovani”.
La morte di Stalin non fermò gli obiettivi sovietici di lunga portata contro la religione. Verso la fine degli anni cinquanta e specialmente al principio degli anni sessanta sotto il primo ministro Nikita Krusciov, fu esercitata molta pressione contro tutti i gruppi religiosi. Quale ne fosse la portata si vide in seguito. Peter Grose, corrispondente del Times di New York, riferì:
“Sta ora diventando evidente l’entità del danno arrecato alla struttura religiosa in tutta l’Unione Sovietica nei cinque anni prima del 1964. Ecclesiastici dissidenti in Russia hanno asserito che 10.000 luoghi di adorazione furono chiusi dalle autorità in quegli anni. . . .
“Fu formata una vasta struttura burocratica per assicurare che le operazioni delle chiese in tutto il paese fossero poste sotto l’effettivo controllo del potere civile”.
Quindi, benché i capi comunisti abbiano modificato la loro lotta contro la religione, i loro obiettivi hanno avuto e continuano ad avere un solo scopo. Essi operano incessantemente per spazzar via la religione dall’Unione Sovietica.
Dopo tutti questi anni di opposizione, che cosa rimane della religione in quel paese? Quanto è forte oggi la religione nell’Unione Sovietica?
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Quanto è forte oggi la religione nell’U.R.S.S.?Svegliatevi! 1973 | 22 settembre
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Quanto è forte oggi la religione nell’U.R.S.S.?
L’UNIONE Sovietica non pubblica più statistiche ufficiali sulla religione. Comunque, un tempo le pubblicava. Queste statistiche, insieme ai racconti di testimoni oculari e ad altre notizie avute nel corso degli anni, forniscono un quadro abbastanza completo della situazione.
Le informazioni mostrano che cosa è accaduto ai “credenti” e al clero della religione tradizionale. Mostrano che cosa è accaduto al potere di queste religioni, e qual è la condizione delle chiese, dei seminari e dei conventi. Rivelano una inequivocabile tendenza.
Quanti “credenti”?
Prima della prima guerra mondiale, l’edizione di The Encyclopædia Britannica del 1911 dichiarò: “In base ai resoconti pubblicati [dalla Russia] nel 1905 gli aderenti delle diverse comunità religiose in tutto l’impero russo erano approssimativamente . . . 125.640.020”.
Giacché a quel tempo la popolazione era di circa 143.000.000, il numero di appartenenti a una religione era allora superiore all’87 per cento della popolazione. Probabilmente il numero dei “credenti” era anche maggiore se si aggiungono quelli che credevano in Dio ma che non erano associati a una religione.
Questo rispecchia il fatto fondamentale che prima che il comunismo andasse al potere, la Russia era prevalentemente religiosa. La stragrande maggioranza del popolo apparteneva a qualche religione o affermava di credere nell’esistenza di Dio. Ma che cos’è accaduto da allora?
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