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  • Comandante militare
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • militare della guarnigione di Gerusalemme e fu lui a liberare Paolo sia dalla folla che dal Sinedrio in tumulto e anche a scrivere una lettera esplicativa al governatore Felice quando Paolo fu mandato segretamente a Cesarea. (Atti 21:30–24:22) Numerosi comandanti militari erano presenti quando Paolo si presentò ad Agrippa. (Atti 25:23) Fra coloro contro i quali sono eseguiti i giudizi di Dio nella visione di Giovanni, descritta nel libro di Rivelazione, ci sono “comandanti militari”. — Riv. 6:15; 19:18.

  • Combustibile
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    • Combustibile

      Carbone (Isa. 47:14; Giov. 18:18), legna (Gios. 9:27; Isa. 44:14-16; Ger. 7:18), giunchi (Giob. 41:20), spine (Eccl. 7:6) e anche pruni (Sal. 58:9), ginestre e viti (Sal. 120:4; Ezec. 15:6), sono fra i combustibili menzionati nella Bibbia. Inoltre l’olio d’oliva veniva comunemente bruciato nelle lampade. (Eso. 27:20; Matt. 25:3, 4) Le Scritture precisano che il combustibile ‘alimenta il fuoco’. (Isa. 9:5, 19) La legna, allo stato naturale o sotto forma di carbonella, era probabilmente il principale combustibile usato dagli israeliti. Per riscaldarsi si metteva carbone ad ardere in un braciere. (Ger. 36:22) Altre volte non si usava alcun recipiente, come quando Gesù Cristo, dopo la sua risurrezione, preparò uno spuntino su un fuoco di carboni. — Giov. 21:9, 10.

  • Comino
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    • Comino

      [ebr. kammòn, gr. kỳminon], COMINO NERO [ebr. qètsahh].

      Il nome italiano “comino” deriva dall’ebraico attraverso il greco e il latino. La pianta (Cuminum cyminum), della famiglia delle ombrellifere, raggiunge un’altezza di 30–60 cm, con foglie lunghe e sottili e piccoli fiori bianchi o rosa a ombrella. È noto soprattutto per i semi fortemente aromatici, usati in Medio Oriente e in altri paesi come spezia per aromatizzare pane, dolci, carni in umido e anche liquori. Il comino tedesco o anice dei Vosgi (Carum carvi), i cui semi assomigliano nell’aspetto e nell’aroma a quelli del comino, è diventato di uso più comune del comino propriamente detto essendo più dolce e avendo maggior valore nutritivo.

      Il “comino nero”, menzionato insieme al “comino” in Isaia 28:25-27 è la pianta chiamata in ebraico qètsahh. Questo termine è variamente reso dai traduttori “aneto” (VR; CEI), “veccia” (Di), “nigella” (Nardoni), “comino nero” (NM). Questa pianta (Nigella sativa) sembra corrispondere meglio al contesto e anche al nome arabo (qazha). Non appartiene alla stessa famiglia del comino, essendo una Ranuncolacea. Circa della stessa altezza del comino, ha foglie simili, ma fiori solitari dai petali bianchi o azzurrini. I minuscoli semi neri, più piccoli di quelli del comino, hanno aroma forte e pungente, simile a quello del pepe. Erano una delle spezie preferite dagli antichi greci e romani.

      Sotto la legge mosaica, gli israeliti dovevano pagare la decima “di tutto il prodotto del tuo seme”, cosa che sembrerebbe includere tutto ciò che veniva coltivato. (Deut. 14:22; Lev. 27:30) Ai giorni di Gesù i farisei pagavano scrupolosamente la decima di prodotti minori come la menta, l’aneto e il comino (tutti generi commerciabili), ma erano colpevoli di trascurare obblighi più importanti. (Matt. 23:23; confronta Luca 11:42). È interessante l’uso che facevano gli antichi greci del termine kyminoprìstes (lett. “spaccacomino”) che significava “taccagno”.

      [Figura a pagina 260]

      Comino

  • Commemorazione
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    • Commemorazione

      Vedi PASTO SERALE DEL SIGNORE.

  • Compagnia mista
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    • Compagnia mista

      Gruppo di persone che partirono dall’Egitto insieme alla nazione d’Israele. (Eso. 12:37, 38) Il fatto che erano pronti a lasciare l’Egitto insieme agli israeliti indica che non avevano perso nessun primogenito. Altrimenti sarebbero stati occupati a seppellire i loro morti, come gli egiziani. (Num. 33:3, 4) La compagnia mista doveva essere stata perciò in condizione di celebrare la Pasqua. (Confronta Esodo 12:43-49; vedi RESIDENTE FORESTIERO). Alcuni potevano essere egiziani o altri stranieri che avevano deciso di servire Geova Dio e seguire la nazione d’Israele dopo aver assistito a diverse piaghe abbattutesi sull’Egitto. Altri di questo gruppo erano probabilmente egiziani che avevano sposato delle israelite e anche i figli di tali unioni. L’israelita Selomit, della tribù di Dan, per esempio, aveva sposato un egiziano da cui aveva avuto almeno un figlio. — Lev. 24:10, 11.

      Senza dubbio sia l’origine non israelita della “compagnia mista” o “folla mista” sia le difficoltà del faticoso viaggio nel deserto produssero uno spirito di malcontento che diede origine a discordie. Il loro desiderio egoista contagiò gli israeliti, tanto che anch’essi cominciarono a lamentarsi. — Num. 11:4-6.

      In Neemia 13:3 e Geremia 25:20 l’espressione “compagnia mista” si riferisce a non israeliti. In Neemia si trattava di stranieri moabiti e ammoniti. (Nee. 13:1) Potevano essere inclusi anche i figli di questi stranieri (per metà israeliti) com’è suggerito dal fatto che in precedenza gli israeliti avevano mandato via le mogli e i figli stranieri. — Esd. 10:44.

  • Compasso
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    • Compasso

      Strumento usato da un falegname o altro artigiano per tracciare o disegnare un cerchio o arco su legno o altro materiale. La Bibbia parla di un idolatra che intagliava il legno e si serviva di una corda per misurare, di gesso rosso e di uno scalpello per scolpire un idolo. E ‘continuava a tracciarlo col compasso’, evidentemente per assicurarsi che fosse ben proporzionato. — Isa. 44:13.

  • Compenso
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    • Compenso

      Sotto la Legge data a Israele per mezzo di Mosè, era richiesto un compenso per qualsiasi lesione o danno in ogni campo delle relazioni umane. Si doveva dare un compenso anche per il lavoro fatto o i servizi resi. I lavoratori salariati, sia israeliti che residenti forestieri o altri, dovevano ricevere il salario il giorno stesso. — Lev. 19:13; Deut. 24:14, 15.

      LESIONI A PERSONE

      Chi colpiva un altro durante una lite, doveva dargli un compenso per il tempo perso al lavoro, finché non si era completamente rimesso. — Eso. 21:18, 19.

      Se, mentre degli uomini lottavano, veniva ferita una donna incinta o il bambino ‘veniva fuori’, ma non accadeva un incidente mortale, il colpevole doveva pagare i danni al proprietario della donna. (Se il marito faceva una richiesta esorbitante, i giudici dovevano stabilire la somma da pagare). — Eso. 21:22.

      Se un toro aveva l’abitudine di cozzare e il proprietario era stato avvertito del fatto ma non aveva sorvegliato l’animale, allora, nel caso questo colpisse a morte uno schiavo, il padrone dello schiavo doveva ricevere trenta sicli in compenso dal proprietario del toro. Secondo alcuni commentatori ebrei, questo si riferiva agli schiavi stranieri, non agli israeliti. Se il toro cozzava un uomo libero, il proprietario doveva morire. Tuttavia se agli occhi dei giudici le circostanze o altri fattori giustificavano una pena più lieve, si poteva imporgli un riscatto. In tal caso il proprietario del toro doveva pagare la somma imposta dai giudici, qualunque fosse. Inoltre il proprietario subiva la perdita del toro, che veniva lapidato. La sua carne non si poteva mangiare. (Eso. 21:28-32) Questa legge si applicava evidentemente anche nel caso di altri animali capaci di infliggere ferite mortali.

      Se un uomo seduceva una vergine non fidanzata, doveva prenderla in moglie; oppure se il padre rifiutava recisamente di dargliela, doveva versare al padre di lei il prezzo d’acquisto per le vergini (50 sicli), il normale prezzo della sposa, perché ora si doveva compensare il minor valore della ragazza come sposa. — Eso. 22:16, 17; Deut. 22:28, 29.

      CALUNNIA

      L’uomo che accusava falsamente la moglie di aver mentito dichiarandosi vergine all’epoca del matrimonio doveva pagare al padre di lei due volte il prezzo per le vergini (due volte 50 sicli), perché aveva calunniato una vergine d’Israele. — Deut. 22:13-19.

      Una forma di compenso si esigeva anche dall’uomo che accusava falsamente la moglie di infedeltà. Se l’accusa fosse stata vera, gli organi riproduttivi della donna si sarebbero esauriti, e avrebbe perso il privilegio di avere figli. Se invece era innocente, il marito doveva renderla incinta, così lei avrebbe avuto la benedizione di avere un figlio. — Num. 5:11-15, 22, 28.

      FURTO

      La Legge scoraggiava il furto. Infatti si legge: “Il ladro dovrà risarcire il danno; se non ha di che risarcirlo, sarà venduto per ciò che ha rubato. Se il furto, bue o asino o pecora che sia, gli è trovato vivo nelle mani, restituirà il doppio” (VR). Erano inclusi denaro o altri beni e anche animali. Se il ladro aveva macellato l’animale rubato, o l’aveva venduto, gli si doveva imporre un compenso maggiore, cioè cinque della mandra per un toro e quattro del gregge per una pecora. (Eso. 22:1, 3, 4, 7) Questa legge aveva l’effetto di proteggere e risarcire la vittima e costringeva il ladro a lavorare per pagare ciò che aveva rubato, invece di starsene in ozio in prigione essendo economicamente di peso alla comunità, e lasciando la vittima senza compenso per la perdita subita.

      DANNI ALLA PROPRIETÀ

      L’uomo che uccideva l’animale di un altro doveva pagarlo. (Lev. 24:18, 21). Quando un animale ne uccideva un altro, quello vivo veniva venduto e il prezzo di questo e dell’animale morto era diviso in parti uguali fra i proprietari. Ma se si sapeva che l’animale era pericoloso, il proprietario compensava l’altro dandogli un toro vivo e tenendosi quello morto, quindi di molto minor valore. — Eso. 21:35, 36.

      Il meglio del proprio campo o della vigna si doveva dare come compenso del danno provocato da un animale che era entrato e si era messo a pascolare nel campo altrui. Se uno accendeva un fuoco che si propagava nel campo di un altro, provocando danni, il proprietario doveva esser compensato in ugual misura. La pena più severa per il danno provocato da un animale dipendeva dal fatto che era più facile domare gli animali che il fuoco, e anche perché l’animale che pascolava prendeva qualche cosa che non gli spettava come un ladro; perciò si esigeva un compenso maggiore. — Eso. 22:5, 6.

      CUSTODIA

      Quando oggetti o beni erano lasciati in custodia a qualcuno e nel frattempo venivano rubati, il ladro, se scoperto, doveva dare il solito compenso doppio. Cose come denaro, oggetti, ecc., non richiedevano cure speciali, ma si dovevano semplicemente tenere in luogo sicuro. Se si doveva custodire un animale domestico per qualcun altro, chi teneva l’animale (il custode) doveva avere la stessa cura che aveva per il proprio gregge. Al custode di solito si doveva pagare il cibo necessario agli animali, e a volte si doveva pagare anche il disturbo di custodire gli animali. Se un animale moriva di morte naturale, era sbranato da una bestia selvatica o era portato via da una banda di predoni, il custode era libero da accusa. Il danno non dipendeva da lui. La stessa cosa poteva accadere anche ai suoi animali. Ma se veniva rubato (da qualcuno a cui poteva impedirlo o per sua negligenza) il custode era responsabile e doveva risarcire i danni. — Eso. 22:7-13; vedi Genesi 31:38-42.

      L’uomo che prendeva a prestito un animale da un altro per il proprio uso, doveva compensare per qualunque eventuale danno. (Eso. 22:14) Se il proprietario era presente, non era richiesto alcun compenso, secondo il principio che poteva sorvegliare personalmente la sua proprietà. Se era qualcosa di affittato, il proprietario doveva subire il danno, perché si supponeva che avesse tenuto conto del rischio nel pattuire l’ammontare dell’affitto. — Eso. 22:15.

  • Compleanno
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Compleanno

      Anniversario della nascita. Gli ebrei tenevano una registrazione delle date di nascita, come rivelano i dati genealogici e cronologici della Bibbia. (Num. 1:2, 3; Gios. 14:10; II Cron. 31:16, 17) L’età dei leviti, dei sacerdoti e dei re non si basava su congetture. (Num. 4:3; 8:23-25; II Re 11:21; 15:2; 18:2) Lo stesso dicasi nel caso di Gesù. (Luca 2:21, 22, 42; 3:23) Secondo le Scritture quello in cui nasceva un bambino era di solito un giorno di gioia e rendimento di grazie da parte dei genitori, e ciò era giusto poiché “i figli sono un’eredità da Geova; il frutto del ventre è una ricompensa”. (Sal. 127:3; Ger. 20:15; Luca 1:57, 58) Tuttavia nelle Scritture non c’è alcuna indicazione che i fedeli adoratori di Geova seguissero l’usanza pagana di festeggiare il compleanno. Giuseppe Flavio scrive che Erode Agrippa I celebrava il proprio compleanno, come pure suo zio Antipa, ma questi presunti proseliti ebrei erano noti per le usanze pagane che imitavano invece di attenersi alle Scritture Ebraiche. — Antichità giudaiche, Libro XIX, cap. VII, 1.

      La Bibbia contiene riferimenti diretti solo a due celebrazioni di compleanni, quello del Faraone d’Egitto (XVIII secolo a.E.V.) e quello di Erode Antipa (I secolo E.V.). I due avvenimenti sono simili in quanto in entrambi i casi ci furono grandi

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