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Tenete lo sguardo rivolto al premioLa Torre di Guardia 1959 | 15 maggio
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Tenete lo sguardo rivolto al premio
“Non sapete voi che i corridori in una gara corrono tutti ma uno solo riceve il premio? Correte in tal modo affinché lo otteniate”. — 1 Cor. 9:24.
CORSA, correre, gara: probabilmente avete notato molte volte queste parole leggendo la Bibbia, specialmente le epistole dell’apostolo Paolo. Perché usa egli frequentemente termini inerenti ad una corsa podistica? Perché una gara ben illustra la condotta posta davanti a un Cristiano; perché il correre esprime movimento, azione, avanzamento; perché correre è una delle più vigorose e sorprendenti parole che l’apostolo potesse usare per esprimere gli sforzi che il Cristiano deve compiere per vincere il premio della vita eterna nel nuovo mondo di Dio.
2 Per incoraggiare i Cristiani di Corinto a correre in modo da vincere il premio, Paolo usò il pittoresco linguaggio degli antichi giochi. Dei quattro giochi più famosi del mondo antico, uno si svolgeva vicino a Corinto, nello stadio dell’Istmo di Corinto. Fra i giochi olimpici una delle competizioni più altamente stimate era la corsa podistica. Quasi ogni abitante di Corinto, una volta o l’altra, era stato presente ai giochi ed aveva assistito ad una corsa podistica. Per i Corinzi non cristiani era la cosa da farsi; era il passatempo o lo sport nazionale, solo che le competizioni erano più importanti di quanto non lo sia lo sport oggi; poiché quelle competizioni erano profondamente associate all’antica religione greca. Conoscendo la familiarità che i suoi lettori avevano con la corsa podistica, Paolo poteva opportunamente chiedere:
3 “Non sapete voi che i corridori in una gara corrono tutti, ma uno solo riceve il premio?” Essi lo sapevano. Quei Cristiani di Corinto sapevano che in una gara correvano molti corridori, ma che tuttavia uno solo riceveva il premio; sapevano che ogni corridore compiva gli sforzi più strenui per vincere quel premio; sapevano che i corridori correvano per vincere il premio. Paolo indica che i Cristiani devono correre in modo simile: “Correte in tal modo affinché lo otteniate”. Sì, correte per vincere! A differenza dell’antica corsa podistica, in cui uno soltanto riceveva il premio, la corsa cristiana offre un premio a tutti quelli che corrono dovutamente, a tutti quelli che raggiungono la linea del traguardo. — 1 Cor. 9:24.
4 Non c’è dubbio al riguardo: quegli antichi corridori greci correvano per vincere il premio; non correvano solo per essere in gara. Come cercavano ansiosamente il premio! Con quale attenzione correvano! Come tenevano gli occhi fissi dinanzi a sé! Nel momento in cui la gara stava per terminare era usanza mettere il premio in un luogo visibile. Vederlo incitava i competitori a tendere ogni nervo, a dimenticare ogni cosa fuorché il loro unico obiettivo: vincere il premio. Essi correvano con lo sguardo rivolto al premio. Quanto di più dovrebbe farlo il Cristiano!
5 Poiché, confrontato al premio dei Cristiani, che cos’era il premio che quei corridori cercavano tanto ansiosamente? “Ora essi”, disse l’apostolo, “lo fanno onde ricevano una corona corruttibile, ma noi una incorruttibile”. Per l’antico corridore il premio era una corona o ghirlanda di ulivo, di alloro o di pino. Nei giochi olimpici la corona era di pino. Questa corona e la gloria che ne derivava erano tutto ciò per cui gli antichi corridori correvano, con tutto ciò che avevano. Eppure anche la corona di pino col tempo appassiva e si seccava. Il loro premio appassiva, svaniva, periva! Una corona che appassisce: eppure con quanto vigore si sforzavano per vincere quella corona, correndo con lo sguardo rivolto al premio! — 1 Cor. 9:25.
VALUTIAMO IL PREMIO
6 In contrasto con la corona degli antichi giochi che si alterava, l’apostolo dice ai Cristiani che vi è un premio che aspetta coloro che corrono la corsa fino alla fine, un premio che non perirà mai. Parlando di questa corona, l’apostolo Pietro scrisse: “Quando sarà stato manifestato il principale pastore, voi riceverete l’inalterabile corona di gloria”, o, come mostra la nota in calce, “porterete via come premio” l’inalterabile corona. Che premio per gli unti Cristiani, coloro che sono chiamati al regno celeste! Quale premio offerto da questo mondo potrebbe sostenere il confronto con quel premio offerto da Dio: il premio dell’incorruttibilità, il premio della vita eterna nella gloria celeste con Cristo il Re? Oggi vi sono centinaia di migliaia di persone impegnate nella corsa cristiana che non sono unte con lo spirito di Dio per essere suoi figli spirituali nel regno celeste; Dio offre anche ad esse un premio duraturo. È la vita eterna nella perfezione sulla terra sotto il regno del cielo. Qualunque sia il premio su cui ha lo sguardo chi corre nella corsa cristiana, esso merita che, per ottenerlo, vi si impieghino tanto vigore e tanta energia quanto i corridori degli antichi giochi; veramente, il Cristiano dovrebbe correre con maggior determinazione e vigore, poiché il premio che Dio amorevolmente promette non svanirà mai: “Questa è la promessa ch’egli ci ha fatta: cioè la vita eterna”. — 1 Piet. 5:4; 1 Giov. 2:25.
7 Chi corre nella corsa cristiana, con un simile ed impareggiabile premio dinanzi, come dovrebbe considerare i premi di questo mondo? Dovrebbe considerarli come Paolo, che disse: “Infatti, per questo motivo, io veramente considero che tutte le cose sono una perdita a causa dell’eccellente valore della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore. A causa di lui ho accettato la perdita di tutte le cose e le considero tanti rifiuti”. E pertanto in qual modo corse Paolo? “Fratelli, io non reputo di averla già afferrata; ma c’è questo: Dimenticando le cose passate e protendendomi verso le cose future, io procedo verso la mèta per ottenere il premio”. — Filip. 3:8, 13, 14.
8 Come i corridori degli antichi giochi correvano avendo lo sguardo rivolto al premio, dimentichi di tutti gli altri premi, di tutte le cose del passato e protesi verso le cose future, così corse Paolo. Parafrasiamo le parole dell’apostolo: ‘Credetemi, c’è una sola cosa meritevole in tutto il mondo: il premio su cui è fisso il mio sguardo. Nulla può essere confrontato ad esso, assolutamente nulla. Tutto ciò che questo mondo offre, non importa quanto sia bello il cocchio, quanto sia spazioso il palazzo, quanto sia splendido l’abbigliamento o quanto siano raffinati i piaceri, io lo calcolo quanto tanti rifiuti, quanto gli scarti da gettar via, per concentrarmi sulla vincita del premio. Quindi non corro con irregolarità, con indifferenza, come se la mia mèta fosse incerta. Corro con uno scopo preciso, con lo sguardo fisso sulla mèta. Ho la mèta in vista. Perché dovrei allontanare il mio sguardo da essa? In questo modo io vivo, in questo modo io corro: con lo sguardo rivolto al premio!’
9 Paolo ebbe una veduta realistica del premio. Diede ad esso il giusto valore. Ebbe anche la giusta veduta dei premi che questo mondo offre. Egli dice a chi corre nella corsa cristiana di fare lo stesso: “Abbiamo dunque, noi tutti che siamo maturi, questa stessa attitudine mentale”. Com’è vitale ciò in questo “tempo della fine”, quando i premi che il mondo offre si sono moltiplicati: premi nella carriera, premi nei piaceri, premi nelle ricchezze! Vediamo dunque il pericolo: il pericolo che chi corre nella corsa cristiana cominci la gara con gioia e vigore ma permetta più tardi che i premi di questo mondo lo distraggano e gli facciano distogliere lo sguardo dal premio della vita. Che cosa accade allora? Colui che corre rallenta e si mette a camminare, a bighellonare negligentemente. Come corre in modo incerto ora. Non corre più come colui che cerca di vincere il premio della vita. Le cose del passato, i premi di questo vecchio mondo, lo hanno distratto, facendogli perdere quello stimolo e quell’incentivo di correre che deriva soltanto dal tenere lo sguardo rivolto alle cose future, al premio che Dio offre. Dema, un conservo di Paolo impegnato nella corsa, distolse lo sguardo dal premio; i premi di questo mondo lo distrassero ed egli smise di correre. Abbiamo bisogno di avere la giusta attitudine mentale verso i premi di questo mondo, “perché tutto ciò che è nel mondo, il desiderio della carne e il desiderio degli occhi e la vistosa ostentazione dei beni della vita, non ha origine dal Padre, ma ha origine dal mondo. Inoltre, il mondo passa e anche il suo desiderio, ma chi fa la volontà di Dio rimane per sempre”. — Filip. 3:15; 2 Tim. 4:10; 1 Giov. 2:16, 17.
10 Quale valore hanno dunque i premi di questo mondo, premi che sono destinati a finire e ad alterarsi così sicuramente come si alteravano le corone di ramoscelli degli antichi corridori? Il più gran premio che questo mondo offra, la mèta della vita di tante persone oggi, la cosiddetta sicurezza economica, merita veramente che distogliamo lo sguardo dal premio della vita? Neanche per un minuto! Chi è impegnato nella corsa cristiana deve provvedere ai bisogni della vita eppure allo stesso tempo non deve mai distogliere lo sguardo dal premio. Paolo faceva tende per provvedere ad alcuni dei suoi bisogni; però non permise mai che il fabbricare tende gli facesse distogliere lo sguardo dal premio. Paolo pertanto non perseguì l’inutile mèta della sicurezza economica; sapeva che il denaro, le ricchezze e i possedimenti non hanno valore senza la vita. Anche quelli che raggiungono ciò che considerano sicurezza economica, accumulando milioni, si rendono conto spesso di aver trascorso la vita cercando di vincere un premio che svanisce. Nel volume Treasury of the Christian World appare il seguente articolo: “Il sig. T. P. O’Connor racconta la conversazione avuta con il sig. Andrew Carnegie: ‘Mentre andavamo verso la stazione facevo delle osservazioni su quanto lo invidiavo per le sue ricchezze. Egli disse: “Non sono da invidiare. Come possono aiutarmi le mie ricchezze? Ho sessant’anni e non posso digerire il cibo. Darei tutti i miei milioni se potessi avere gioventù e salute”. Poi non dimenticherò mai la sua successiva osservazione. Avevamo percorso alcuni metri in silenzio, quando il sig. Carnegie improvvisamente si volse, e con voce pacata, e con un’amarezza ed un sentimento profondo del tutto indescrivibili, disse: “Se potessi fare l’affare di Faust, lo farei. Venderei lietamente qualsiasi cosa per vivere di nuovo”. E lo vidi stringere i pugni mentre parlava’”.
11 Come si espresse diversamente l’apostolo Paolo che, dopo aver trascorso la sua vita alla ricerca del premio celeste, poté dire: “Ho corso la corsa sino alla fine, ho osservato la fede. Da ora in poi mi è riservata la corona di giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi darà come ricompensa in quel giorno”. — 2 Tim. 4:7, 8.
PERSEVERATE AVENDO LO SGUARDO RIVOLTO AD UN’UNICA MÈTA
12 La straordinaria perseveranza di Paolo era dovuta al fatto che egli ebbe un unico scopo. Egli ebbe un unico scopo tenendo lo sguardo rivolto al premio. Perciò tenendo lo sguardo rivolto al premio influiremo in modo vitale sulle nostre capacità di perseveranza. Non vi sbagliate a questo riguardo: la perseveranza ci vuole. “Corriamo con perseveranza la corsa che ci è posta davanti”. La corsa cristiana non è un breve tratto; è lunga e difficile. Dato che non si vince il premio finché non si oltrepassi la linea del traguardo, vi può essere un rallentamento nello sforzo lungo la via. Fra le più penetranti parabole di Gesù vi erano quelle nelle quali egli indicava l’insuccesso di coloro che avevano cominciato bene ma che non erano stati in grado di continuare fino alla fine. — Ebr. 12:1.
13 Nella sua parabola del seminatore Gesù, spiegando il significato del seme che era caduto sul terreno roccioso e fra le spine, disse: “In quanto a quello seminato su luoghi rocciosi, questo è colui che ode la parola e subito l’accetta con gioia. Però egli non ha radice in sé ma dura per un tempo, e dopo che la tribolazione o persecuzione è sorta a causa della parola è subito ostacolato. In quanto a quello seminato fra le spine, questo è colui che ode la parola, ma l’ansietà di questo sistema di cose e la potenza ingannatrice della ricchezza soffocano la parola, ed egli diviene infruttuoso”. Così alcuni di quelli che corrono abbandonano la gara, ostacolati dalla “tribolazione o persecuzione”. Altri perdono le loro capacità di perseveranza a causa dell’“ansietà di questo sistema di cose”. Dopo aver considerato le parabole della costruzione di una torre e di un re che va in guerra, Gesù commentò: “Così dunque ognun di voi che non rinunzi a tutto quello che ha, non può esser mio discepolo”. — Matt. 13:20-22; Luca 14:33, VR.
14 Chi corre nella corsa cristiana non ha alcun obbligo di cedere i suoi possedimenti materiali, ma si trova sotto il principio che Gesù enunciò: Se uno vede che i suoi possedimenti gli distolgono lo sguardo dal premio della vita, allora rinuncerà a quei possedimenti che lo distraggono piuttosto che tenerli e rischiare di perdere la corsa. Non si dovrebbe mai permettere a nessun possedimento, a nessun bene materiale di divenire così importante, così grande nella propria vita, da distogliere dal premio lo sguardo di chi corre. Nel mondo odierno, però, non è probabile che un solo possedimento distolga lo sguardo dell’individuo dal premio; è la moltitudine delle cose, gli averi, i piaceri, i passatempi, le ansietà e le distrazioni della vita. Tutte insieme queste molteplici distrazioni esercitano un forte potere, rendendo difficile, eppure allo stesso tempo più vitale che mai, ubbidire al comando biblico inerente alla corsa: “I tuoi occhi guardino dritto e il tuo sguardo preceda i passi tuoi. Reggi sul buon sentiero i piedi tuoi e avrai accertato il tuo cammino; non piegar né a destra né a sinistra”. Come avere lo sguardo rivolto ad un’unica mèta, ciò che aumenta tanto le nostre capacità di perseveranza: questo è il problema che ognuno impegnato nella corsa deve risolvere. — Prov. 4:25-27, Ri.
EPOCA DI DISTRAZIONI
15 Un commento sull’“ansietà di questo sistema di cose” è fatto da Bernard M. Baruch. Parlando ad un gruppo di universitari del City College di New York, dichiarò: “Mai nella storia l’umanità ha vantato superiori mezzi di comunicazione, veloci rotative, riviste illustrate a profusione, la radio, il cinema, la televisione. Eppure tutte queste miracolose forme di comunicazione sembra influiscano sul pensiero meno di un albero nei boschi. Infatti, questi mezzi di comunicazione a reazione ed aerodinamici appaiono quasi nemici del pensiero. Ci bombardano quotidianamente di nuove distrazioni. . . . Le nostre energie . . . si sprecano per cose di poca importanza. . . . Non tanto tempo fa si accarezzava l’idea che la nostra fosse ‘L’Epoca dell’Illuminismo’. Essa sta diventando sempre più ‘L’Epoca della Distrazione’”. — Vital Speeches of the Day del giugno 1953.
16 Più numerose sono le distrazioni più è difficile riuscire ad avere lo sguardo rivolto ad un’unica mèta, ciò che occorre nella corsa cristiana. Ovviamente, vi sono più distrazioni oggi che nei giorni di Gesù; tuttavia anche nei giorni di Gesù le persone erano distratte. Una volta Gesù entrò in un certo villaggio e “una certa donna, per nome Marta, lo ricevette in casa sua. Ell’aveva una sorella chiamata Maria la quale, postasi a sedere a’ piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Ma Marta era affaccendata intorno a molti servigi; e venne e disse: Signore, non t’importa che mia sorella m’abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che m’aiuti. Ma il Signore, rispondendo, le disse: Marta, Marta, tu ti affanni e t’inquieti di molte cose, ma di una cosa sola fa bisogno [ma di poche cose o d’una sola fa bisogno, nota in calce]. E Maria ha scelto la buona parte che non le sarà tolta”. Maria sfuggì le distrazioni per aguzzare la sua vista spirituale; Marta era distratta da troppe cose per sedersi ai piedi del Padrone ed acquistare conoscenza, l’unica cosa di cui avesse realmente bisogno. — Luca 10:38-42, VR.
17 Nel mondo odierno vi sono più Marte che Marie. Le distrazioni ne sono la ragione. Commentando su alcune distrazioni che si presentano a una moderna massaia, Anne Morrow Lindbergh scrive in Gift from the Sea: “Intendo avere una vita semplice. . . . Ma non l’ho. . . . La vita di moglie e di madre che ho scelto porta con sé un mucchio di complicazioni. Ci vuole una casa nei sobborghi e con essa ci vuole o il faticoso lavoro delle faccende casalinghe o un aiuto nelle faccende di casa. . . . Ci vogliono cibo e riparo; pasti, progetti, acquisti al mercato, fatture, cercando in mille modi di vivere nei limiti dei propri mezzi. Ci vogliono non soltanto il macellaio, il fornaio, il fruttivendolo, ma innumerevoli altri esperti per far funzionare dovutamente la mia casa moderna con le sue moderne ‘semplificazioni’ (elettricità, idraulica, frigorifero, cucina a gas, riscaldamento centrale, lavatrice dei piatti, radio, automobile e numerose altre invenzioni per risparmiare lavoro). Ci vuole salute; dottori, dentisti, appuntamenti, medicine, olio di fegato di merluzzo, vitamine, scappate in farmacia. Ci vuole istruzione, spirituale, intellettuale, fisica; ci vogliono scuole . . . precettori; luoghi di villeggiatura, equipaggiamento per la villeggiatura e mezzi di trasporto. Ci vogliono vestiario, compere, bucato, pulizie, riparazioni, bisogna allungare le gonne ed attaccare i bottoni, o trovare qualcuno che lo faccia. Ci sono gli amici, quelli di mio marito, quelli dei miei figli, i miei, ed infiniti preparativi per trovarci insieme; lettere, inviti, chiamate al telefono e viaggi quà e là. . . . Il problema dei molteplici aspetti della vita non si presenta soltanto alla donna americana, ma anche all’uomo americano. E non riguarda semplicemente l’Americano come tale, ma tutta la nostra civiltà moderna”.
NECESSITÀ DI EVITARE LE DISTRAZIONI
18 Fra le preoccupazioni e le distrazioni della vita moderna chi corre nella corsa cristiana deve continuare ad avere un unico scopo. Deve essere certo di avanzare verso la sua mèta. L’apostolo Paolo non permise mai che l’“ansietà di questo sistema di cose” gli facesse distogliere lo sguardo dal premio. “Il modo in cui corro”, egli disse, “non è incerto”. Paolo aveva la sua mèta in vista; non vi fu mai alcun dubbio al riguardo. Dobbiamo correre con determinazione simile per vincere il premio, con un’unica mèta simile in vista. Ma come si può far ciò, vedendo che le distrazioni vengono da ogni parte, molte delle quali sono obblighi a cui non si può sfuggire? Si può applicare il principio del consiglio dato da Paolo a chi è impegnato nella corsa cristiana: “Deponiamo anche noi ogni peso e il peccato che facilmente ci avvince, e corriamo con perseveranza la corsa che ci è posta davanti”. Per amore della perseveranza, quindi, chi corre nella corsa cristiana deve imparare l’arte di sfuggire alle distrazioni, l’arte di deporre i pesi, quelle cose che, tutte insieme, tendono a fargli distogliere lo sguardo dal premio, a trattenerlo nella corsa per la vita. — 1 Cor. 9:26; Ebr. 12:1.
19 Riducendo le distrazioni guadagnamo tempo per impegnarci nel correre la corsa e vincere il premio. Il fatto di tenere le distrazioni al minimo riguarda tanti aspetti della vita del Cristiano. L’apostolo Paolo sapeva che il matrimonio avrebbe causato molte distrazioni; perciò consigliò il celibato come condotta migliore perché avrebbe permesso “costante fiducia nel Signore senza distrazione”. Ma, d’altra parte, Paolo sapeva che la passione era una distrazione e che avrebbe potuto essere pericolosa; quindi scrisse: “È meglio sposarsi che essere infiammati dalla passione”. Cercare di sfuggire le distrazioni: questo è basilare nella vita del Cristiano. — 1 Cor. 7:35, 9.
20 Per mantenere lo sguardo rivolto al premio, chi corre nella corsa cristiana dovrebbe essere pronto a determinare quali distrazioni possono giustamente e profittevolmente essere scartate. Evitando queste egli riscatta per sé il tempo, in armonia con il comando: “Badate dunque scrupolosamente che il modo in cui camminate non sia da stolti da ma persone sagge, riscattando per voi stessi il tempo opportuno, perché i giorni sono malvagi”. Dovremmo trattare seriamente il fatto di riscattare il tempo, stando sempre all’erta per tenere al minimo le distrazioni. Dato che le persone hanno la tendenza ad acquistare, quali distrazioni una persona si può procurare solo in quanto alla proprietà! Che gran quantità di novità, riviste, libri, abiti, oggetti personali superflui e cose indescrivibili si possono accumulare! Spesso è sorprendente come si abbia la tendenza ad accumulare tante cose che non sono veramente utili. Anche messe a parte in un ripostiglio, le cose non veramente necessarie sono una distrazione: non solo richiedono spazio ma ci prendono tempo: per spolverarle, per pulirle, per riordinarle, ecc. Evitando le distrazioni, avendo solo quelle necessarie, ci sentiremo più felici e, soprattutto, saremo maggiormente in grado di tenere lo sguardo rivolto al premio. — Efes. 5:15, 16.
21 Saper scegliere è un aiuto importante per tenere al minimo le distrazioni. I commercialisti del mondo non vogliono che scegliate con ponderazione; fanno tutto il possibile per indurre la gente ad accumulare cose, ne abbiano o no bisogno. Abbiamo pertanto bisogno di scegliere nel fare acquisti, di scegliere le letture, di scegliere il modo in cui impiegare il nostro tempo. Ricordate che soltanto “poche cose”, come disse Gesù, sono necessarie.
DETERMINAZIONE E ADDESTRAMENTO
22 Il tempo riscattato evitando le distrazioni ci permette di applicarci alla corsa. Dato che la parola “correre” abbraccia l’intero modo di vivere cristiano, specialmente i nostri vigorosi sforzi di predicare la buona notizia, è imperativo che ci addestriamo per la corsa. Nessun corridore corre bene senza addestrarsi. Nel 1954 Roger Bannister, il primo uomo che percorresse un miglio esatto in meno di quattro minuti, disse al cronista di un giornale, dopo la sua vittoria: “Non c’è ragione di correre una corsa a meno che non vi proponiate di vincere. Per vincere dovete addestrarvi. Se non avete tempo per addestrarvi non dovreste partecipare alle corse”. È la corsa cristiana veramente diversa? “Correte in tal modo affinché lo otteniate”, disse Paolo riguardo al premio. Consigliò anche: “Abbi la mira di addestrarti alla santa devozione”. Dunque perché partecipare alla corsa cristiana se non siete determinati a vincere il premio? E se siete determinati a vincere, perché correre senza addestrarvi? Eppure alcuni di quelli impegnati nella corsa hanno cercato di correre senza addestrarsi; essi trascurano lo spirituale addestramento disponibile alle adunanze di congregazione della società del Nuovo Mondo. Queste adunanze svolgono una funzione vitale: ci aiutano a tenere lo sguardo rivolto al premio. Non c’è da meravigliarsi che quelli che regolarmente mancano alle adunanze spesso si ritirino dalla gara; essi perdono la chiara veduta del premio e le loro capacità di perseveranza si indeboliscono. — 1 Cor. 9:24; 1 Tim. 4:7.
23 Quando ci addestriamo per la corsa occorre che meditiamo sugli esempi di quelli che corsero dovutamente, come Abrahamo e Mosè. Abrahamo “aspettava la città che ha vere fondamenta”, e Mosè “aveva lo sguardo attentamente rivolto al pagamento della ricompensa”. Essi avevano lo sguardo rivolto al premio! Specialmente abbiamo bisogno di meditare sull’esempio di colui che ha corso in modo perfetto, Cristo Gesù. “Corriamo con perseveranza la corsa che ci è posta davanti, mentre guardiamo attentamente il capo e perfezionatore della nostra fede, Gesù. Per la gioia che gli era posta davanti egli sopportò un palo di tortura, disprezzando il vituperio, e si è messo a sedere alla destra del trono di Dio”. Prendete Gesù come vostro modello. — Ebr. 11:10, 16; 12:1, 2.
24 Gesù, Paolo e i fedeli testimoni dei tempi antichi corsero tutti con lo sguardo rivolto al premio. Correte nel modo in cui essi corsero. Predisponete di correre in quel modo ora. Non ci è assicurato che domani le circostanze ci favoriranno con meno distrazioni. Le distrazioni probabilmente aumenteranno mentre questo mondo si avvicina alla sua distruzione. Mentre siete ancora in tempo, riscattate il tempo per correre. Valutate correttamente il premio. Addestratevi regolarmente. Evitate i pesi e le distrazioni. Privatevi di ciò che non è pura necessità. Correte per vincere: Correte con lo sguardo rivolto al premio!
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Corriamo la corsa senza cadereLa Torre di Guardia 1959 | 15 maggio
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Corriamo la corsa senza cadere
“Chi è altero d’animo è in abominio all’eterno. . . . La superbia precede la rovina, e l’alterezza dello spirito precede la caduta”. — Prov. 16:5, 18, VR.
LE REGOLE per correre la corsa vengono date da Geova mediante la sua Parola: “Io ti mostro la via della sapienza, t’avvio per i sentieri della rettitudine. Se cammini, i tuoi passi non saran raccorciati; e se corri, non inciamperai”. Per aiutare i Cristiani ad evitare la caduta, Geova fa apparire ripetutamente certe regole nella Bibbia. Una di queste è l’ingiunzione di eliminare la superbia, che è causa d’inciampo; di eliminarla come un peso opprimente, come qualche cosa che renderà il progresso nella corsa cristiana difficile o impossibile. “Deponiamo”, disse Paolo, “ogni peso”. — Prov. 4:11, 12, VR; Ebr. 12:1.
2 È appropriato, in questo “tempo della fine”, che comprendiamo perché la superbia è tanto in abominio a Geova e perché è una tale pietra d’inciampo che impedisce di correre bene “nella giusta contesa della fede”. Veramente, era proprio questo “tempo della fine” che avrebbe visto un gran numero di “amanti di se stessi”, di “superbi” e di uomini “gonfi di se stessi”. — 1 Tim. 6:12; 2 Tim. 3:1-4.
3 Che cos’è questa superbia che conduce alla caduta? È l’avere di sé un concetto troppo alto. Significa correre in modo contrario a quello designato dall’apostolo: “Io dico quindi a ciascuno fra voi che non abbia di sé un concetto più alto di quel che deve avere”. “Non vi stimate savi da voi stessi”. Significa darsi tanta importanza da esserne quasi intossicati. Chi è superbo è tanto presuntuoso e gonfio di se stesso da essere come ubriaco. Per una persona simile, correre la corsa cristiana “secondo le regole” è tanto difficile quanto per un ubriaco correre senza cadere, perché “prima della rovina, il cuor dell’uomo s’innalza”. — Rom. 12:3, 16, VR; 2 Tim. 2:5; Prov. 18:12, VR.
4 “La superbia precede la rovina”, perché Geova odia i superbi. Li detesta. Resiste loro. “Iddio resiste ai superbi”. Fra le sette cose elencate che sono in abominio all’anima di Geova vi sono gli “occhi alteri”. Cristo Gesù, la sapienza personificata, dice: “Io odio la superbia, l’arroganza, la via del male e la bocca perversa”. Quando era sulla terra Cristo dichiarò l’inflessibile regola: “Chi si esalta sarà umiliato”. Il risultato della superbia, quindi, è opposizione a Geova e a Cristo ed eventuale umiliazione dei superbi che si esaltano. — Giac. 4:6; Prov. 6:16, 17; 8:13, VR; Matt. 23:12.
PERCHÉ SONO IN ABOMINIO A GEOVA
5 È facile capire perché quelli che sono alteri d’animo sono “in abominio all’Eterno”. Essi non cercano Dio o la verità proveniente da Dio. “L’empio secondo la sua alterigia non fa alcuna ricerca; tutti i suoi pensieri sono: ‘Non c’è Dio’”. Tali persone pensano a come possono esaltare se stesse. Rifiutano di dare la gloria e la lode a Geova. — Sal. 10:4.
6 Superbia, arroganza, alterigia: queste sono tutte caratteristiche dei malvagi: “La superbia li cinge a guisa di collana”. “Gli occhi alteri e il cuor gonfio, lucerna degli empi, sono peccato”. Chi è altero d’animo non soltanto non cerca Dio ma si oppone a Dio e ai suoi servitori. Questa opposizione genera uno spirito di persecuzione: “L’empio nella sua superbia perseguita con furore i miseri”. Il superbo Faraone perseguitò con furore gli Israeliti e perciò subì le conseguenze del suo atto altero. L’orgoglio pone il fondamento per ogni specie di empietà, sì, per la biasimevole empietà di insegnare la falsa religione: “Se qualcuno insegna un’altra dottrina e non approva le sane parole, quelle del nostro Signore Gesù Cristo, né l’insegnamento che è in armonia con la santa devozione, egli è gonfio d’orgoglio, non comprendendo nulla, ma essendo mentalmente malato per questioni e controversie riguardo a parole. Da queste cose sorgono invidia, lotta, discorsi ingiuriosi, malvagi sospetti, violente dispute intorno ad inezie”. Nessuna meraviglia che i superbi, quelli che sono gonfi d’orgoglio, siano in abominio a Geova! Tali persone sono detestabili anche per gli uomini; quanto più lo sono per Dio! — Sal. 73:6; Prov. 21:4; Sal. 10:2, VR; 1 Tim. 6:3-5.
7 Ma perché tanti ammonimenti sulla superbia se è la caratteristica dei malvagi? Perché dovrebbe interessare a chi corre nella corsa cristiana? Perché la superbia può comparire nella vita del Cristiano e dimostrarsi disastrosa, perché la superbia fa parte della “vecchia personalità” che chi corre nella corsa cristiana deve abbandonare per correre “secondo le regole”. La ragione per cui un uomo convertito di recente non deve essere raccomandato per l’incarico di sorvegliante, dice l’apostolo, è “per tema che diventi gonfio d’orgoglio e cada nel giudizio pronunciato contro il Diavolo”. Sì, la creatura spirituale che è ora il Diavolo cominciò bene, ma la superbia la condusse alla rovina; un’umiliante caduta l’aspetta ad Armaghedon: “Il tuo cuore s’insuperbì nella tua magnificenza, tu perdesti la tua sapienza a causa del tuo splendore, ed io ti gettai per terra, ti esposi davanti ai re, affinché ti mirassero”. — 1 Tim. 3:6; Ezech. 28:17, Ti.
8 Dal caso di Satana il Diavolo e dall’ammonimento circa la nomina di sorvegliante di un uomo convertito di recente, si vede chiaramente che chi ha autorità e responsabilità è soggetto a diventare superbo. Ci fu il superbo e potente Aman, che fu condotto alla rovina dalla sua superbia. (Ester 3:5; 7:9) Ci fu il superbo Nabucodonosor, che perdette la ragione dopo aver detto, gonfio d’orgoglio: “Non è questa la gran Babilonia che io ho edificata come residenza reale con la forza della mia potenza e per la gloria della mia maestà?” (Dan. 4:30, VR) Ci fu il superbo re Belsatsar a cui Daniele disse: “E tu, o Belsatsar, suo figliuolo, non hai umiliato il tuo cuore”. (Dan. 5:22, VR) Egli perdette il regno e la sua vita. Ci fu il superbo Erode, che attribuì a sé la gloria invece di darla a Dio e fu pertanto “roso dai vermi”. (Atti 12:21-23) Veramente, la storia è una lunga serie di cadute di potenti uomini e nazioni, attestanti il fatto che “la superbia precede la rovina”.
LA PRESUNZIONE PRECEDE IL DISONORE
9 Chi possiede ricchezze è più soggetto a divenire superbo. “Il ricco si reputa savio”, dichiara la Parola di Dio. Osservate ciò che accadde al re Uzzia di Giuda. Fu un fedele adoratore di Geova, ma cadde quando sorse in lui la superbia. Nei suoi ultimi anni divenne forte e prospero: “Ma quando fu divenuto potente, il suo cuore, insuperbitosi, si pervertì, ed egli commise una infedeltà contro l’Eterno, il suo Dio, entrando nel tempio dell’Eterno per bruciare dell’incenso sull’altare dei profumi”. L’altero re Uzzia non aveva niente a che fare con questo. Pertanto i sacerdoti lo rimproverarono: “Esci dal santuario, poiché tu hai commesso una infedeltà! E questo non ti tornerà a gloria dinanzi a Dio, all’Eterno”. Il re Uzzia trasse forse beneficio da questo rimprovero? No, poiché “Uzzia, che teneva in mano un turibolo per offrire il profumo, si adirò; e mentre s’adirava contro i sacerdoti, la lebbra gli scoppiò sulla fronte, in presenza dei sacerdoti, nella casa dell’Eterno”. Colpito dalla lebbra nella fronte! Lebbroso fino al giorno della sua morte, Uzzia perdette i suoi doveri regali e suo figlio governò in sua vece. Che triste rovina! E successe ad uno che aveva fedelmente servito Geova per tanti anni. Ma la regola è sicura: “È venuta la presunzione? Allora verrà il disonore”. — Prov. 28:11; 2 Cron. 26:16-21, VR; Prov. 11:2.
10 Gli odierni servitori di Geova, anche quelli che non hanno incarichi di responsabilità, possono trarre beneficio dall’esperienza di Uzzia. Non siate fra quelli che non sono mai convinti di una cosa finché non l’abbiano provata. Non c’è ragione di provare la rovina derivante dalla superbia. Come se ne trae dunque beneficio? Guardandosi dagli atti di presunzione, dal dire o fare cose per cui non v’è motivo, per darsi importanza. Mantenete il vostro posto nell’organizzazione teocratica, non lasciando mai che la superbia vi faccia correre nel verso sbagliato, che conduce alla rovina.
LA SUPERBIA IMPEDISCE DI TRARRE BENEFICIO DAL RIMPROVERO
11 Non siate come Uzzia. Egli non trasse beneficio dal rimprovero e dalla correzione. Avrebbe potuto accettare il rimprovero dei sacerdoti e abbandonare immediatamente il santuario. Tale condotta avrebbe senza dubbio impedito l’umiliante rovina che subì. Ma egli lasciò che la superbia gli impedisse di accettare il rimprovero. “Hai tu visto un uomo che si crede savio? C’è più da sperare da uno stolto che da lui”. L’altero Uzzia disprezzò il rimprovero, si adirò perfino a causa d’esso. La superbia gli impedì di vedere i benefici del rimprovero. — Prov. 26:12, VR.
12 Siccome la correzione e la disciplina vengono per tutti i servitori di Geova, abbiamo bisogno di ricordare le parole di Paolo agli Ebrei: “Avete interamente dimenticato l’esortazione che vi è rivolta come a figli: ‘Figlio mio, non disprezzare la disciplina di Geova, e non venir meno quando sei corretto da lui; poiché Geova disciplina colui che ama, infatti egli sferza ognuno che riceve come figlio’”. Se un Cristiano disprezza la disciplina proveniente da Geova mediante la sua organizzazione, rifiutando di accettare il rimprovero in armonia con la Parola di Dio, allora è come Uzzia; lascia che la superbia lo privi dei benefici del rimprovero. “Veramente,” spiega l’apostolo, “nessuna disciplina per il presente pare che sia gioiosa, ma penosa; ma in seguito a quelli che ne sono stati ammaestrati essa produce frutti pacifici, cioè, giustizia”. Così quando viene la correzione dall’organizzazione di Geova, traetene beneficio. Non lasciate che il gigante della superbia vi ostacoli il cammino. La disciplina, sebbene penosa in principio, produce frutti pacifici, giustizia e vita. “Afferra saldamente la disciplina; non la lasciar andare. Custodiscila, perché essa stessa è la tua vita”. “Le correzioni della disciplina son la via della vita”. — Ebr. 12:5, 6, 11; Prov. 4:13; 6:23, VR.
13 Non c’è da sorprendersi che a volte la superbia causi dei malintesi in una congregazione cristiana. Se c’è la superbia probabilmente ci sono i risultati della superbia: ira, spirito di contesa, suscettibilità, invidia, ecc. “Chi è d’animo arrogante suscita contese”. La superbia è un ostacolo alla pace e all’unità. Si può porre rimedio ai malintesi prontamente non facendo posto alla superbia. È tanto facile lasciare che la superbia generi ipersensibilità. La persona troppo sensibile, quando si sente ferita nel suo orgoglio, può far cose che conducono alla caduta e alla rovina. Per esempio, è accaduto che un professante servitore di Dio abbia rotto la vitale relazione con l’organizzazione di Dio smettendo di partecipare alle adunanze. E perché? Spesso perché tale persona è stata ferita nell’orgoglio dalla sconveniente azione di qualche altro. Può darsi che si tratti effettivamente soltanto di un torto immaginario e che la superbia esageri l’intera faccenda, facendo nascere un malinteso. Ma se anche un altro servitore di Geova non ha corso la corsa “secondo le regole”, anche se quello è un servitore della congregazione, non lasciate che la superbia vi faccia escludere dalla corsa. Il premio della vita eterna merita forse meno della propria superbia? Riflettete un po’ su questa domanda. Ogni volta che permettiamo all’orgoglio di ostacolarci nella corsa, la caduta ci sta davanti. “La superbia precede la rovina, e l’alterezza dello spirito precede la caduta”. — Prov. 28:25; 16:18, VR.
14 La superbia può condurre ad un pericoloso spirito di competizione e ad invidiare altri che possono avere doni superiori. L’invidia, a sua volta, porta alla freddezza e alla mancanza di armonia. Quindi “non diventiamo vanagloriosi, suscitando competizione fra gli uni e gli altri, invidiandoci gli uni gli altri”. Ricordando che “la gelosia è la carie delle ossa”, non lasceremo che la superbia rovini le nostre forti ossa in senso spirituale per correre la corsa cristiana che ci è posta davanti. E chi può correre bene con le ossa rovinate? — Gal. 5:26; Prov. 14:30.
15 Vedendo alcuni dei cattivi risultati della superbia, come sia pericolosa la superbia per chi corre nella corsa cristiana e come siano abominevoli i superbi agli occhi di Geova, guardatevi dalla superbia. Ma come ci si può guardare dalla superbia? La Parola di Dio indica come.
GUARITE LA SUPERBIA CON L’AMORE E L’UMILTÀ
16 L’amore è abbastanza forte per conquistare la superbia e tutti i suoi cattivi risultati. “L’amore non è geloso, non si vanta, non si gonfia, non si comporta indecentemente, non cerca i propri interessi, non viene provocato. Esso non tiene conto dell’offesa”. L’amore vincerà la superbia se avremo l’amore che Gesù indicò quando rispose alla domanda: “Qual è il più grande comandamento nella Legge?” Gesù disse:” ‘Devi amare Geova il tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la mente tua’. Questo è il più grande e primo comandamento. Il secondo, simile ad esso, è questo: ‘Devi amare il tuo prossimo come te stesso’”. Un amore simile condurrà sicuramente a vincere la superbia perché esso conduce alla vera umiltà. — 1 Cor. 13:4, 5; Matt. 22:36-39.
17 Come sono opposte l’umiltà e la superbia! “Prima della rovina, il cuor dell’uomo s’innalza, ma l’umiltà precede la gloria”. La superbia conduce alla rovina, l’umiltà alla gloria. Per vincere il glorioso premio della vita ci occorre umiltà; occorre che corriamo bene. L’umiltà è dunque l’abito che deve indossare chi corre nella corsa cristiana; “Rivestitevi tutti di umiltà di mente l’uno verso l’altro, perché Dio si oppone ai superbi, ma dà immeritata benignità agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché egli vi esalti al tempo dovuto”. — Prov. 18:12, VR; 1 Piet. 5:5, 6.
18 Che cos’è questa umiltà che precede la gloria e l’esaltazione? Nel mondo odierno l’umiltà è poco compresa ed è pure raramente manifestata. Molti nel mondo tengono l’umiltà in poca considerazione. Essi la confondono con la codardia e la debolezza: è una virtù dei deboli e dei codardi, essi dicono. L’umiltà è considerata anche un pretesto per nascondere la mancanza d’energia o la mancanza di capacità.
19 L’incomprensione e l’impopolarità odierne dell’umiltà non sono nulla di nuovo. Nei giorni di Paolo la vera umiltà non era compresa o praticata dai mondani. Ciò che era glorificato era o superbia o finta umiltà. Fra le virtù elencate da Aristotile, la superbia e l’orgoglio sono chiamate “la corona delle virtù”. Altri insegnavano che le cose materiali sono dannose in se stesse. Sembra che alcuni Cristiani colossesi fossero stati ingannati da una forma di finta umiltà, di gravoso ascetismo. In ciò vi era un duplice pericolo: induceva a credere che il premio della vita fosse aggiudicato a quelli che avrebbero semplicemente accettato la pratica negativa di rinunciare alle cose materiali. Secondariamente, ciò produceva una sottile forma di materialismo, dato che le proibizioni dell’ascetismo accentrano l’interesse e l’attenzione dell’individuo sulle cose materiali. Quindi, l’ascetismo frustrò il suo scopo: fece sì che l’individuo si concentrasse principalmente su quello che professava di disprezzare, sulle cose “che sono tutte destinate alla distruzione con l’uso”. Per avvertire i Colossesi che una simile forma di umiltà avrebbe potuto farli cadere, privandoli del premio della vita, Paolo scrisse: “Nessun uomo vi privi del premio prendendo piacere in una finta umiltà . . . in un severo trattamento del corpo”. No, la vera umiltà non è ascetismo. — Col. 2:18-23.
20 La parola “umiltà” deriva originariamente dalla parola latina humus, che significa “terra”. L’umiltà, letteralmente, è la modestia di mente; significa essere in basso verso terra. I Cristiani devono avere questa qualità come fosse il vestito da indossare: “Come eletti di Dio, santi ed amati, rivestitevi del tenero affetto di compassione, benignità, modestia di mente”, o, come indica la nota in calce, “umiltà”. L’umiltà, dunque, è l’opposto dell’orgoglio. Tuttavia, “la modestia di mente” non ha nulla a che fare con la servilità, con la viltà, con la codardia o con la mancanza di energia. L’errato concetto che l’umiltà sia debolezza priva la persona delle ricche benedizioni derivanti dalla vera umiltà. Vediamo come si coltiva la vera umiltà. — Col. 3:12.
IL FONDAMENTO DELL’UMILTÀ
21 L’umiltà ha origine dalla conoscenza, dall’amore e dal timor di Dio. L’umiltà ha origine quando ci rendiamo conto di quanto noi siamo piccoli e di quanto Dio è grande. L’umiltà comincia a radicarsi quando la creatura umana si rende conto di essere semplicemente come la tremolante fiamma di una candela ma che Dio, “il re eterno”, è più luminoso in gloria del sole splendente a mezzogiorno. (Ger. 10:10, VR) Sì, questo è il fondamento dell’umiltà: riconoscere l’infinita maestà di Dio e la nostra piccolezza. Tale riconoscimento deriva dalla conoscenza, da quella conoscenza che Geova impartì a Giobbe, com’è raccontato nel libro di Giobbe, nei capitoli da trentotto a quarantuno; tale conoscenza aiutò Giobbe ad umiliarsi “sotto la potente mano di Dio”. Abbiamo bisogno di tale conoscenza. Essa ci permette di porci nella giusta relazione con Dio e di ubbidire alle parole di Giacomo 4:10: “Umiliatevi nel cospetto di Geova, ed egli vi innalzerà”.
22 Umiliandoci nel cospetto di Geova poniamo anche una base per avere umiltà di mente verso il nostro prossimo, poiché la vera umiltà verso l’uomo è basata in definitiva sulla vera umiltà verso Dio. Con la vera umiltà si acquista la capacità di vedersi come si è realmente; inoltre, si è in grado di vedere gli altri come sono. Non dovendo sminuire le loro qualità e i loro successi, si può sinceramente apprezzare ciò che sono e ciò che fanno. A causa dell’umiltà, dunque, non si ha di sé un concetto più elevato di quello che si dovrebbe avere. Sebbene la ‘conoscenza gonfi’, la vera umiltà impedirà anche alle persone con istruzione superiore di gonfiarsi e di cadere a causa della loro superbia. Il Cristiano che ha vera umiltà può correre la corsa secondo le regole, “non facendo nulla per contenzione o per vanagloria, ma con modestia di mente considerando che gli altri siano superiori a voi”. — 1 Cor. 8:1; Filip. 2:3.
IL CONCETTO MONDANO DELL’UMILTÀ È SBAGLIATO
23 Com’è alterato il mondano concetto dell’umiltà, cioè che essa sia debolezza o un pretesto per nascondere la debolezza! La superbia effettivamente è debolezza; l’umiltà è forza. Cristo Gesù fu l’uomo più umile che fosse mai stato sulla terra. Tuttavia fu il più forte dei forti, il più coraggioso dei coraggiosi, il più saggio dei saggi, l’unico uomo che non conoscesse né debolezza né peccato. Che grandi opere compì, eppure rinunciò ad attribuire a sé tutto il credito! (Giov. 5:19) C’era mai stato un capo tanto grande come egli fu e che tuttavia potesse lavare i piedi dei suoi discepoli e potesse dire: “Io v’ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v’ho fatto io”? Che autorità ebbe: “Ogni cosa m’è stata data in mano dal Padre mio”! E come era umile: “Io son mansueto ed umile di cuore”! — Giov. 13:15; Matt. 11:27, 29, VR.
24 Lungi dall’essere un pretesto per celare mancanza di intelligenza o di energia, l’umiltà è vera forza e vigore. È il mezzo per raggiungere la gloria. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. “L’umiliazione tien dietro al superbo e la gloria andrà incontro all’umile”. — Luca 18:14; Prov. 29:23, Ri.
25 Tutto ciò che la Bibbia dice dell’umiltà è illustrato e confermato da quell’unico e grande esempio, Cristo Gesù. Dovremmo modellare la nostra mente e la nostra vita su quelle di lui. Questo è così vitale che l’apostolo comanda: “Serbate in voi questa attitudine mentale che fu pure in Cristo Gesù”. Quale attitudine? “[Egli] umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura. E per questa stessa ragione Iddio lo ha innalzato a una posizione superiore”. Sì, “per questa stessa ragione”, perché Cristo si è umiliato e si è mostrato sottomesso e ubbidiente a Dio, è stato esaltato al posto più alto che possa avere qualsiasi creatura nell’universo. Com’è verace il fatto che “prima della gloria vi è l’umiltà”! — Filip. 2:5, 8, 9; Prov. 15:33.
26 Sì, l’umiltà è forza. È il genere di forza che ci occorre per correre la corsa che ci è posta davanti. Dio dà forza soltanto agli umili: “Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui ch’è umile, che ha lo spirito contrito, e trema alla mia parola”. “Poiché così parla Colui ch’è Alto, l’eccelso, che abita l’eternità, e che ha nome ‘il Santo’: Io dimoro nel luogo alto e santo, ma son con colui ch’è contrito ed umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare il cuore dei contriti”. Com’è stolto che chi corre si neghi la vivificante forza di Dio a causa della superbia! Come possono i superbi ricevere forza da Dio? Anche se essi pregano le loro preghiere sono ostacolate, come Gesù indicò nel caso del Fariseo la cui preghiera rifletteva la superbia che deriva dal giustificarsi da sé. — Isa. 66:2; 57:15, VR; Luca 18:10-14.
27 Correre la corsa secondo le regole non è gravoso se si ha vera umiltà. Quelli che sono veramente umili sono ammaestrabili; traggono beneficio dal rimprovero. Essi si rendono conto che non stanno rivaleggiando nella corsa e che devono correre tutti unitamente per avere l’amorevole ricompensa di Dio; quindi si aiutano reciprocamente, si incoraggiano reciprocamente. L’umiltà dà la possibilità di “predicare la parola” a tutti gli uomini, in tutte le circostanze. Dà la possibilità di addestrarsi per il ministero del Regno, di trarre beneficio dai consigli nella scuola di ministero, di imparare come dichiarare la buona notizia di casa in casa. L’umiltà dà la possibilità a quelli che hanno incarichi di responsabilità di essere come Gesù: umili e sempre accessibili. Se un uomo cerca l’incarico di sorvegliante, ricordi che la superbia è un ostacolo che può impedirgli di essere impiegato con maggiori privilegi di servizio nell’organizzazione di Dio, perché Dio detesta i superbi e si oppone loro. Ricordi che “prima della gloria vi è l’umiltà”. Ricordi le parole di Gesù: “Chi vuol divenire grande fra di voi dev’essere vostro ministro, e chi vuol esser primo fra di voi dev’essere vostro schiavo”. — Matt. 20:26, 27.
28 Pertanto eliminate la superbia, il peso che fa cadere. Mettetevi l’abito fatto per la corsa. “Rivestitevi tutti di umiltà di mente l’uno verso l’altro”. “Rivestitevi”, comanda Paolo, di “modestia di mente”. Questo è l’abito da indossare per correre senza cadere; poiché “il frutto dell’umiltà e del timor dell’Eterno è ricchezza e gloria e vita”. — Prov. 22:4, VR.
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