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  • Libro biblico numero 45: Romani
    “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”
    • 13. (a) Secondo la profezia, chi è incluso nel vero Israele di Dio, e questo secondo quale principio divino? (b) Perché l’Israele carnale venne meno, ma che cosa è necessario per la salvezza?

      13 “Israele” è salvato mediante la fede e per misericordia di Dio (9:1–10:21). Paolo dice che prova “grande dolore” per i suoi connazionali israeliti, ma riconosce che non tutto l’Israele carnale è realmente “Israele”, poiché Dio ha l’autorità di scegliere come figli chi desidera. Come si nota dal modo in cui Dio trattò Faraone e dall’illustrazione del vasaio, “non dipende da chi desidera né da chi corre, ma da Dio, che ha misericordia”. (9:2, 6, 16) Egli chiama figli “non solo di fra i giudei ma anche di fra le nazioni”, come aveva predetto Osea molto tempo prima. (Osea 2:23) Israele venne meno perché cercò di ottenere il favore di Dio “non mediante la fede, ma come mediante le opere”, e perché inciampò in Cristo, il “masso di roccia d’offesa”. (Rom. 9:24, 32, 33) Essi avevano “zelo verso Dio”, ma non “secondo accurata conoscenza”. Cristo è il fine della Legge per quelli che esercitano fede per la giustizia, e per ottenere la salvezza bisogna dichiarare pubblicamente “che Gesù è Signore” ed esercitare fede “che Dio lo ha destato dai morti”. (10:2, 9) Affinché persone di tutte le nazioni odano, abbiano fede e invochino il nome di Geova per essere salvate, vengono mandati predicatori.

      14. Cosa illustra Paolo con l’olivo?

      14 Illustrazione dell’olivo (11:1-36). Per immeritata benignità è stato scelto un rimanente dell’Israele naturale, ma siccome la maggioranza ha inciampato, c’è “salvezza per persone delle nazioni”. (11:11) Mediante l’illustrazione dell’olivo, Paolo mostra che, a causa della mancanza di fede dell’Israele carnale, sono stati innestati i non giudei. Tuttavia i non giudei non si dovrebbero rallegrare per il fatto che Israele è stato rigettato, poiché se Dio non risparmiò i rami naturali infedeli, non risparmierà nemmeno i rami dell’olivo selvatico tratti dalle nazioni e innestati.

      15. Cosa ci vuole per presentare sacrifici viventi a Dio?

      15 Rinnovare la mente; le autorità superiori (12:1–13:14). Presentate il vostro corpo come sacrificio vivente a Dio, consiglia Paolo. Cessate di “conformarvi a questo sistema di cose”, ma siate “trasformati rinnovando la vostra mente”. Non siate altezzosi. Il corpo di Cristo, come un corpo umano, ha molte membra, che svolgono diverse funzioni, ma operano insieme unitamente. Non rendete a nessuno male per male. Lasciate la vendetta a Geova. Vincete “il male col bene”. — 12:2, 21.

      16. Come devono camminare i cristiani rispetto alle autorità e ad altri?

      16 Siate sottoposti alle autorità superiori; è la disposizione di Dio. Continuate a fare il bene e non siate debitori di nulla a nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri. La salvezza si avvicina, perciò ‘svestitevi delle opere che appartengono alle tenebre’ e ‘indossate le armi della luce’. (13:12) Camminate tenendo una buona condotta, non secondo i desideri della carne.

      17. Quali consigli vengono dati circa il giudicare e circa l’edificare i deboli?

      17 Accogliete tutti imparzialmente senza giudicare (14:1–15:33). Tollerate quelli che, avendo una fede debole, si astengono da certi cibi o osservano giorni festivi. Non giudicate il vostro fratello e non fatelo inciampare col vostro mangiare e bere, poiché Dio giudica tutti. Perseguite la pace e le cose edificanti, e portate le debolezze degli altri.

      18. (a) Quali ulteriori citazioni fa Paolo per mostrare che Dio accetta i non giudei? (b) Come Paolo stesso si avvale dell’immeritata benignità di Dio?

      18 L’apostolo scrive: “Tutte le cose che furono scritte anteriormente furono scritte per nostra istruzione”, e fa altre quattro citazioni delle Scritture Ebraiche come prova conclusiva che già da molto tempo i profeti ispirati avevano predetto che le promesse di Dio sarebbero state estese alle nazioni non giudaiche. (Rom. 15:4, 9-12; Sal. 18:49; Deut. 32:43; Sal. 117:1; Isa. 11:1, 10) “Perciò”, esorta Paolo, “accoglietevi gli uni gli altri, come anche il Cristo accolse noi, in vista della gloria di Dio”. (Rom. 15:7) Paolo esprime apprezzamento per l’immeritata benignità datagli da Dio di essere pubblico servitore per le nazioni, ‘impegnandosi nella santa opera della buona notizia di Dio’. Egli cerca sempre di aprire nuovi territori anziché “edificare sul fondamento di un altro”. E non ha ancora finito, poiché ha in mente, dopo aver portato certe contribuzioni a Gerusalemme, di fare un giro di predicazione ancora più grande fin nella lontana Spagna e, strada facendo, di portare “una piena misura di benedizione da parte di Cristo” ai suoi fratelli spirituali a Roma. — 15:16, 20, 29.

      19. Con quali saluti ed esortazioni termina la lettera?

      19 Saluti conclusivi (16:1-27). Paolo manda saluti personali a 26 membri della congregazione di Roma dei quali menziona il nome, nonché ad altri, e li esorta ad evitare quelli che causano divisioni e ad essere “saggi in quanto a ciò che è bene, e innocenti in quanto a ciò che è male”. Tutto ciò va a gloria di Dio “per mezzo di Gesù Cristo per sempre. Amen”. — 16:19, 27.

      PERCHÉ È UTILE

      20. (a) Quale ragione logica fornisce Romani per credere in Dio? (b) Come sono illustrate la giustizia e la misericordia di Dio, e questo induce Paolo a fare quale esclamazione?

      20 Il libro di Romani fornisce una base logica per credere in Dio, dichiarando che “le sue invisibili qualità, perfino la sua sempiterna potenza e Divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, perché si comprendono dalle cose fatte”. Ma va oltre, esaltando la giustizia di Dio e facendo conoscere la sua grande misericordia e immeritata benignità. Questo è piacevolmente portato alla nostra attenzione mediante l’illustrazione dell’olivo, nel quale vengono innestati i rami selvatici dopo che sono stati potati i rami naturali. Contemplando questa severità e benignità di Dio, Paolo esclama: “O profondità della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di Dio! Come sono imperscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie!” — 1:20; 11:33.

      21. Come mostra Romani l’ulteriore sviluppo del sacro segreto di Dio?

      21 A questo proposito il libro di Romani spiega l’ulteriore sviluppo del sacro segreto di Dio. Nella congregazione cristiana non c’è più distinzione fra giudeo e gentile, ma persone di tutte le nazioni possono partecipare all’immeritata benignità di Geova per mezzo di Gesù Cristo. “Presso Dio non c’è parzialità”. “È giudeo colui che lo è di dentro, e la sua circoncisione è quella del cuore mediante lo spirito, e non mediante un codice scritto”. “Non c’è distinzione fra giudeo e greco, poiché sopra tutti è lo stesso Signore, che è ricco verso tutti quelli che lo invocano”. A tutti questi è attribuita come giustizia la fede, non le opere. — 2:11, 29; 10:12; 3:28.

      22. Quali consigli pratici dà Romani circa i rapporti con quelli fuori della congregazione?

      22 I consigli pratici contenuti in questa lettera indirizzata ai cristiani di Roma sono ugualmente utili per i cristiani di oggi, che hanno problemi simili in un mondo estraneo. I cristiani sono esortati a ‘essere pacifici con tutti gli uomini’, compresi quelli fuori della congregazione. Ogni anima dev’essere “sottoposta alle autorità superiori”, poiché queste costituiscono una disposizione di Dio e sono oggetto di timore non per quelli che osservano la legge, ma per quelli che compiono opere cattive. I cristiani devono essere sottoposti e osservare la legge non solo per timore della punizione, ma a motivo della coscienza cristiana, pagando perciò le tasse, rendendo ciò che è dovuto, assolvendo i loro obblighi, non essendo debitori di nulla a nessuno, ‘se non di amarsi gli uni gli altri’. L’amore adempie la Legge. — 12:17-21; 13:1-10.

      23. In che modo Paolo ribadisce l’importanza della dichiarazione pubblica, e quale esempio dà egli in quanto alla preparazione per il ministero?

      23 Paolo insiste sull’argomento della testimonianza pubblica. Mentre col cuore si esercita fede per la giustizia, è con la bocca che si fa pubblica dichiarazione per la salvezza. “Chiunque invoca il nome di Geova sarà salvato”. Ma perché questo avvenga è necessario che predicatori vadano a ‘dichiarare la buona notizia di cose buone’. Felici noi se siamo fra questi predicatori il cui suono è giunto ora “fino alle estremità della terra abitata”! (10:13, 15, 18) E, nel prepararci per quest’opera di predicazione, cerchiamo di familiarizzarci con le Scritture ispirate come Paolo, che in questo passo (10:11-21) fa una citazione dopo l’altra delle Scritture Ebraiche. (Isa. 28:16; Gioe. 2:32; Isa. 52:7; 53:1; Sal. 19:4; Deut. 32:21; Isa. 65:1, 2) Egli poté ben dire: “Tutte le cose che furono scritte anteriormente furono scritte per nostra istruzione, affinché per mezzo della nostra perseveranza e per mezzo del conforto delle Scritture avessimo speranza”. — Rom. 15:4.

      24. Quali consigli dà Paolo perché si coltivino zelo e buoni rapporti entro la congregazione cristiana?

      24 Vengono dati meravigliosi consigli pratici circa i rapporti entro la congregazione cristiana. Qualunque sia stata la loro precedente condizione nazionale, razziale o sociale, tutti devono rinnovare la propria mente per rendere a Dio sacro servizio secondo la sua “buona e accettevole e perfetta volontà”. (11:17-22; 12:1, 2) Quanta ragionevolezza pratica traspare da tutti i consigli di Paolo contenuti in Romani 12:3-16! Sono esortazioni davvero eccellenti per coltivare zelo, umiltà e tenero affetto fra tutti i componenti della congregazione cristiana. Negli ultimi capitoli Paolo ammonisce energicamente di tenere d’occhio ed evitare quelli che causano divisioni, ma parla anche della gioia e del ristoro reciproci derivanti dalle compagnie irreprensibili nella congregazione. — 16:17-19; 15:7, 32.

      25. (a) Quale giusto punto di vista esprime Romani circa il Regno di Dio e quale ulteriore intendimento dà riguardo ad esso? (b) In quali modi dovrebbe esserci utile lo studio di Romani?

      25 In qualità di cristiani dobbiamo continuare a badare ai rapporti che abbiamo gli uni con gli altri. “Poiché il regno di Dio non significa mangiare e bere, ma significa giustizia e pace e gioia con spirito santo”. (14:17) Questa giustizia, pace e gioia caratterizzano specialmente i “coeredi di Cristo”, che devono essere “glorificati” insieme a lui nel Regno celeste. Notate, inoltre, come Romani indica un ulteriore passo nell’adempimento della promessa del Regno fatta in Eden, quando dice: “L’Iddio che dà pace stritolerà fra breve Satana sotto i vostri piedi”. (Rom. 8:17; 16:20; Gen. 3:15) Credendo in queste grandi verità, continuiamo ad essere pieni di ogni gioia e pace, e ad abbondare nella speranza. Possa la nostra decisione essere quella di riportare la vittoria col Seme del Regno, convinti che nessuna cosa nei cieli o sulla terra “né alcun’altra creazione potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore”. — Rom. 8:39; 15:13.

  • Libro biblico numero 46: 1 Corinti
    “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”
    • Libro biblico numero 46: 1 Corinti

      Scrittore: Paolo

      Dove fu scritto: Efeso

      Quando fu completato: ca. 55 E.V.

      1. Che specie di città era Corinto ai giorni di Paolo?

      CORINTO era “una città rinomata e voluttuosa, dove si incontravano i vizi dell’Oriente e dell’Occidente”.a Situata sullo stretto istmo che unisce il Peloponneso alla Grecia continentale, Corinto dominava la strada che portava sul continente. Ai giorni dell’apostolo Paolo la sua popolazione di circa 400.000 abitanti era superata solo da Roma, Alessandria e Antiochia di Siria. A est di Corinto c’era il Mar Egeo e a ovest il golfo di Corinto e il Mar Ionio. Quindi Corinto, capitale della provincia dell’Acaia, con i suoi due porti di Cencrea e Lecheo, aveva una posizione strategica sotto il profilo commerciale. Era anche un centro di erudizione greca. “La sua ricchezza”, è stato detto, “era così famosa da essere proverbiale; altrettanto dicasi della depravazione e della dissolutezza dei suoi abitanti”.b Fra le sue pratiche religiose pagane c’era il culto di Afrodite (corrispondente alla Venere dei romani). Un risultato dell’adorazione praticata a Corinto era la sensualità.

      2. Come fu stabilita la congregazione di Corinto, e quale legame la univa dunque a Paolo?

      2 Fu in questa prospera ma corrotta metropoli del mondo romano che l’apostolo Paolo si recò verso il 50 E.V. Durante la sua permanenza di 18 mesi vi fu stabilita una congregazione cristiana. (Atti 18:1-11) Quale amore provava Paolo per questi credenti ai quali aveva per primo portato la buona notizia intorno a Cristo! Per lettera rammentò loro il legame spirituale che li univa, dicendo: “Per quanto possiate avere diecimila tutori in Cristo, certamente non avete molti padri; poiché in Cristo Gesù io vi ho generati per mezzo della buona notizia”. — 1 Cor. 4:15.

      3. Cosa spinse Paolo a scrivere la sua prima lettera ai Corinti?

      3 La profonda preoccupazione per il benessere spirituale dei cristiani di Corinto spinse Paolo a scrivere loro la sua prima lettera nel corso del suo terzo viaggio missionario. Erano passati alcuni anni da che aveva risieduto a Corinto. Si era verso il 55 E.V., e Paolo si trovava a Efeso. A quanto pare aveva ricevuto una lettera dalla congregazione relativamente nuova di Corinto, che richiedeva una risposta. Per di più, erano giunte a Paolo notizie che lo avevano turbato. (7:1; 1:11; 5:1; 11:18) Queste erano così preoccupanti che l’apostolo non fece il minimo accenno alla lettera con cui gli avevano posto delle domande fino al primo versetto del capitolo 7 della sua lettera. Paolo si sentì spinto a scrivere ai suoi conservi cristiani di Corinto specialmente a causa delle notizie che gli erano state riferite.

      4. Cosa prova che Paolo scrisse 1 Corinti da Efeso?

      4 Ma come sappiamo che Paolo scrisse 1 Corinti da Efeso? Un’indicazione è data dal fatto che, nel concludere la lettera con i saluti, l’apostolo include quelli di Aquila e Prisca (Priscilla). (16:19) Atti 18:18, 19 mostra che essi si erano trasferiti da Corinto a Efeso. Poiché Aquila e Priscilla risiedevano lì e Paolo li incluse nei saluti di chiusura di 1 Corinti, egli doveva essere a Efeso quando scrisse la lettera. Un punto che non lascia nessuna incertezza è comunque la dichiarazione di Paolo in 1 Corinti 16:8: “Ma rimarrò a Efeso sino alla festa della Pentecoste”. La prima lettera ai Corinti fu dunque scritta da Paolo a Efeso, sembra verso la fine della sua permanenza in quella città.

      5. Cosa attesta l’autenticità delle lettere ai Corinti?

      5 L’autenticità di 1 Corinti, e anche di 2 Corinti, è indiscutibile. Queste lettere furono attribuite a Paolo e accettate come canoniche dai primi cristiani, che le inclusero nei loro cataloghi. Infatti, si dice che 1 Corinti sia richiamato più o meno esplicitamente almeno sei volte in una lettera — la “Prima di Clemente ai Corinti” — inviata da Roma a Corinto verso il 95 E.V. Con evidente riferimento a 1 Corinti, lo scrittore sollecita i destinatari di questa lettera a ‘prendere la lettera del beato Paolo apostolo’.c Inoltre la prima lettera ai Corinti è citata direttamente da Giustino Martire, Atenagora, Ireneo e Tertulliano. Ci sono validi motivi per ritenere che un corpus, o raccolta, delle lettere di Paolo, ivi inclusi 1 e 2 Corinti, “fu formato e pubblicato nell’ultimo decennio del I secolo”.d

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