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CorintoAusiliario per capire la Bibbia
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Venere romana, all’Astarte fenicia e cananea, e all’Ishtar babilonese). In cima all’Acrocorinto c’era un tempio consacrato alla sua adorazione dove un migliaio di schiave servivano Afrodite come prostitute del tempio. A ragione Paolo diede ai cristiani di Corinto vigorosi consigli e ammonimenti circa la condotta morale. (I Cor. 6:9–7:11; II Cor. 12:21) A Corinto, naturalmente, c’erano templi di molti altri dèi e dee. Nel tempio di Asclepio, dio della medicina, gli archeologi hanno scoperto riproduzioni di parti del corpo umano in terracotta color carnicino. Queste venivano portate al tempio dai fedeli come offerte votive, e rappresentavano la parte del corpo sofferente (mano, piede, mammelle, ecc.).
Si calcola che la popolazione di Corinto al massimo della sua potenza si aggirasse sui 200.000 cittadini liberi, con forse un numero doppio di schiavi. All’epoca di Paolo era una città cosmopolita, i cui abitanti provenivano da molti paesi. Oltre ai greci, c’erano numerosi italiani, discendenti dei primi colonizzatori. Molti discepoli di Corinto avevano nomi latini, come Giusto, Terzo, Quarto, Gaio, Crispo, Fortunato e Acaico. (Atti 18:7; Rom. 16:22, 23; I Cor. 1:14; 16:17) Molti ebrei vi si erano stabiliti e avevano una sinagoga, frequentata anche da alcuni greci. (Atti 18:4) C’era anche un costante viavai di viaggiatori e commercianti, oltre che di persone in cerca di piaceri in questo centro di attività atletiche e spettacoli. Senza dubbio ciò favoriva un atteggiamento più aperto di quello prevalente in altre città visitate dall’apostolo, inclusa Atene, centro della cultura greca. In visione Paolo fu assicurato che a Corinto c’erano molte persone ben disposte ed egli rimase per un anno e sei mesi in quello strategico punto d’incontro fra l’Oriente e l’Occidente. (Atti 18:9-11) In quel tempo scrisse probabilmente le due lettere ai tessalonicesi.
LA CONGREGAZIONE CRISTIANA
I cristiani Aquila e Priscilla, che come Paolo lavoravano alla fabbricazione di tende, lo accompagnarono quando finalmente s’imbarcò dal porto orientale di Cencrea per la traversata dell’Egeo che l’avrebbe portato a Efeso, in Asia Minore. (Atti 18:18, 19) Tuttavia l’eloquente Apollo rimase per proseguire l’attività di Paolo, innaffiando il seme piantato a Corinto. (Atti 18:24-28; 19:1; I Cor. 3:6) Paolo s’interessava profondamente della congregazione che aveva formato a Corinto, e due volte vi mandò Tito a rappresentarlo; inoltre scrisse due importanti lettere a questa congregazione. (II Cor. 7:6, 7, 13; 8:6, 16, 17; 12:17, 18) Non potendo far loro la breve visita prevista mentre era diretto in Macedonia (II Cor. 1:15, 16, 23), in seguito però Paolo si trattenne tre mesi in Grecia, probabilmente nel 55–56 E.V., e rimase parte del tempo a Corinto, di dove scrisse la lettera ai romani. — Atti 20:2, 3; Rom. 16:1, 23; I Cor. 1:14; vedi CORINTI, LETTERE Ar.
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CormoranoAusiliario per capire la Bibbia
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Cormorano
[ebr. shalàkh, tuffatore].
Quest’uccello compare solo nell’elenco degli uccelli dichiarati impuri dalla legge mosaica, che fondamentalmente vietava di mangiare uccelli da preda e necrofagi, ma anche altri, come l’upupa e il cigno. (Lev. 11:17; Deut. 14:17) Il verbo da cui deriva il sostantivo significa “lanciare, gettare”; infatti leggiamo che i pescatori egiziani quando pescavano nel Nilo ‛gettavano [dall’ebraico shalàkh] ami nel fiume’. (Isa. 19:8) I traduttori della Settanta greca ritennero si trattasse del kataràktes, uccello che si tuffa nell’acqua e nuota inseguendo i pesci, mentre la Vulgata latina ha mergulus (da mergere, tuffare). Sembra dunque evidente che il termine ebraico descriveva un uccello tuffatore che si nutre di pesce, e molto probabilmente, secondo diverse traduzioni, si tratta del cormorano, detto anche marangone, assai comune in Palestina, specie lungo la costa del Mediterraneo e anche presso certi specchi d’acqua interni come il Mar di Galilea. Lungo laghi e fiumi si trova, benché non altrettanto spesso, un cormorano di dimensioni più piccole.
Il cormorano è un uccello acquatico un po’ simile a un’anitra. Ha corpo slanciato e colore scuro. È molto veloce e agile nell’acqua; nuota sott’acqua aiutandosi in prevalenza col movimento dei piedi palmati, ma a volte nel lanciarsi all’inseguimento della preda ricorre anche alle ali piuttosto lunghe. Il becco aguzzo e uncinato ne fa un pescatore straordinario, e fin dall’antichità il cormorano veniva addestrato in Oriente a pescare per il suo padrone, il quale gli metteva un collare piuttosto lento che permetteva all’uccello di inghiottire solo i pesciolini più piccoli.
[Figura a pagina 273]
Cormorano adulto
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CornelioAusiliario per capire la Bibbia
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Cornelio
Ufficiale dell’esercito (centurione) al comando di 100 uomini della coorte italica, che aveva casa propria a Cesarea. Il nome suggerisce che poteva essere di famiglia nobile romana. Era “uomo devoto” che “faceva al popolo molti doni di misericordia e faceva di continuo supplicazione a Dio”, “uomo giusto che teme Dio e ben reputato dall’intera nazione dei Giudei”. A tale uomo, nell’autunno del 36 E .V., apparve in visione un angelo che gli disse: “Le tue preghiere e i tuoi doni di misericordia sono ascesi a ricordo dinanzi a Dio”. L’angelo disse inoltre a Cornelio di mandare a chiamare Pietro a Ioppe. — Atti 10:1-22.
Quando Pietro arrivò, Cornelio, in presenza ‛dei suoi parenti e intimi amici’, disse all’apostolo: “Siamo . . . tutti presenti dinanzi a Dio per udire tutte le cose che Geova ti ha comandate di dire”. (Atti 10:24, 33) “Mentre Pietro parlava ancora . . . lo spirito santo scese su tutti quelli che udivano la parola”. Perciò queste persone, fra cui Cornelio è menzionato per nome essendo il personaggio più importante, furono i primi gentili o non ebrei a ricevere “il gratuito dono dello spirito santo”. (Atti 10:44, 45) Il battesimo seguì immediatamente; dopo di che non si sa più nulla della vita e dell’attività di Cornelio.
Cornelio non era un proselito appartenente alla comunità ebraica come alcuni sostengono, anche se era a conoscenza degli scritti dei profeti, faceva doni di misericordia agli ebrei, temeva Dio, pregava di continuo e usava il nome di Geova. Le Scritture indicano chiaramente che questo centurione era un gentile incirconciso nel vero senso della parola. Se Cornelio fosse stato un proselito, Pietro non avrebbe detto che non era lecito a lui, ebreo, frequentare un “uomo di un’altra razza”, in considerazione di quanto era scritto nella Legge a proposito del residente forestiero. (Lev. 19:33, 34; Atti 10:28) Se fosse stato un proselito gli altri sei ebrei che accompagnavano Pietro non si sarebbero ‛meravigliati’ vedendo che lo spirito santo era versato “su persone delle nazioni”. (Atti 10:45; 11:12) Se fosse stato un proselito, perché i “sostenitori della circoncisione” avrebbero discusso per questo con Pietro? — Atti 11:2.
In realtà Cornelio era la primizia dei non ebrei incirconcisi a diventare cristiano, indicando che ormai non era più necessario che i gentili diventassero proseliti ebrei come l’eunuco etiope prima di essere ammessi nella congregazione cristiana. “Per certo”, esclamò Pietro in quell’occasione storica, “comprendo che Dio non è parziale, ma in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accettevole”. (Atti 10:34, 35) Come alla Pentecoste Pietro era stato il primo ad aprire La Via agli ebrei, così anche questa volta fu lui che portò la buona notizia della salvezza ai gentili incirconcisi. Anche Giacomo fu d’accordo che era “la prima volta” che Dio rivolgeva l’attenzione “alle nazioni”. — Atti 15:7, 14.
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CornoAusiliario per capire la Bibbia
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Corno
[ebr. qèren, shohphàr; gr. kèras].
Corna di animali erano usate in Israele come recipienti per l’olio e in cui bere, come contenitori per inchiostro e cosmetici e anche come strumenti musicali o da segnalazione. — I Sam. 16:1, 13; I Re 1:39; Ezec. 9:2.
STRUMENTI MUSICALI E DA SEGNALAZIONE
In Giosuè 6:5 il termine qèren indica uno strumento a fiato, “il corno di montone”. (Gios. 6:4) Tuttavia il termine che quasi sempre si riferiva al corno di qualche animale usato come strumento da segnalazione è shohphàr, come in Giosuè 6:5 dove compare nell’espressione suono del corno. E stata avanzata l’ipotesi che qèren fosse il nome generico per corno, indipendentemente dall’uso che ne veniva fatto, mentre shohphàr indicava un particolare tipo di qèren. Il moderno shohphàr è un corno di montone vuoto lungo 35 cm circa, raddrizzato a caldo ma con l’estremità a campana rivolta in su. Ha boccaglio separato perché sia più facile suonarlo. Si pensa che in tempi biblici il shohphàr non aveva boccaglio separato e, secondo il Talmud, il corno di montone non veniva raddrizzato, ma rimaneva ricurvo, allo stato naturale.
Alcuni associano il shohphàr a una radice ebraica che significa “chiaro” o “limpido”, qualità del suono che lo rendeva particolarmente adatto all’uso fondamentale come strumento da segnalazione. Serviva per radunare gli eserciti israeliti, a volte per dare il “segnale d’allarme” contro una città da attaccare e compiere altre manovre in tempo di guerra. (Giud. 3:27; 6:34; II Sam. 2:28; Gioe. 2:1; Sof. 1:16) In caso di attacco nemico, il shohphàr avvertiva del pericolo. (Nee. 4:18-20) Poiché veniva usato in battaglia solo per fare segnalazioni, il suono di trecento corni di questo genere, in circostanze normali, avrebbe indicato un grande esercito. Perciò quando i madianiti sentirono ciascuno dei trecento uomini di Gedeone suonare il corno, “l’intero campo si mise a correre” atterrito. — Giud. 7:15-22; vedi TROMBA.
CORNI DELL’ALTARE
I corni dell’altare dell’incenso e dell’altare dei sacrifici del tabernacolo erano sporgenze simili a corni poste ai quattro angoli. Erano rivestiti dello stesso materiale dell’altare, oro o rame. (Eso. 27:2; 37:25, 26) Gli altari del tempio di Salomone avevano probabilmente la stessa forma di quelli del tabernacolo; la descrizione dell’altare dell’incenso indica che era di legno di cedro rivestito d’oro. — I Re 6:20, 22.
I corni dell’altare forse erano considerati un luogo di protezione o di appello finale; ma in effetti non offrivano nessuna protezione a un omicida volontario, come lo era Gioab. (I Re 2:28-34) Le parole di Esodo 21:14 possono significare che anche un sacerdote doveva essere messo a morte se commetteva un omicidio, oppure che l’atto di afferrare i corni dell’altare non avrebbe protetto un omicida volontario.
USO FIGURATIVO
Un corno di animale è un’arma formidabile e spesso è usato nella Bibbia per indicare potenza. (Giob. 16:15; Mic. 4:13) Sovrani e dinastie regnanti, sia giusti che malvagi, erano simboleggiati da corna, e le loro conquiste paragonate a cornate. — Deut. 33:17; Dan. 7:24; 8:2-10, 20-24; Zacc. 1:18-21; Luca 1:69-71; Riv. 13:1, 11; 17:3, 12; vedi BESTIE SIMBOLICHE.
Il termine “corno” può anche descrivere un oggetto a forma di corno. In Ezechiele 27:15, i “corni d’avorio” erano probabilmente zanne d’elefante. In Isaia 5:1 l’espressione ebraica “un corno il figlio dell’olio [o, del grasso]” si riferisce evidentemente a “un colle ubertoso”, essendo il termine corno usato per rappresentare il ripido pendio del colle. — NW, nota in calce.
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Corno da scrivanoAusiliario per capire la Bibbia
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Corno da scrivano
In Ezechiele 9:2, 3, 11 l’uomo vestito di lino che doveva porre un segno sulla fronte degli uomini aveva “un corno da scrivano ai fianchi”, evidentemente trattenuto dalla cintura che aveva intorno alla vita. Questo corno da scrivano o da segretario forse era simile a quelli usati un tempo nell’antico Egitto. L’‛astuccio dello scriba’ egizio era una cassettina di legno, lunga e stretta, con uno scomparto o delle scanalature per metterci le penne di canna. All’esterno, in alto, c’era almeno un incavo che conteneva un panetto di pasta d’inchiostro. Quando si accingeva a scrivere, lo scrivano metteva nell’inchiostro l’estremità inumidita della penna. Alcune iscrizioni indicano che anche in Siria gli scribi usavano astucci del genere.
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CoronaAusiliario per capire la Bibbia
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Corona
Ornamento, semplice o adorno, portato sul capo come segno di distinzione da re, regine, altri governanti, sacerdoti e persone cui era conferito un premio o onore speciale. Dopo il Diluvio corone divennero simbolo di autorità, dignità, potenza, onore e premio.
La forma più antica era evidentemente il diadema (ebr. nèzer), semplice fascia che in un primo tempo serviva probabilmente per tenere all’indietro i capelli lunghi. Tuttavia fu adottato come copricapo regale anche da popoli che portavano i capelli corti. Nastri del genere compaiono in sculture rinvenute in Egitto, a Ninive e Persepoli. In epoche successive i vari dignitari si distinguevano dal diverso colore, tessuto e disegno del diadema. Alcune di queste fasce, larghe 5 cm circa, erano di lino, di seta e anche d’argento e d’oro. A volte il diadema si portava sopra un berretto. C’erano anche diademi radiati (con punte sporgenti tutt’intorno a mo’ di raggi) e altri con incastonate pietre preziose.
In occasione di avvenimenti agonistici si usavano come corone serti o ghirlande di fiori. (II Tim. 2:5) In Grecia i vincitori dei giochi ricevevano
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