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  • Cosa infonde loro coraggio?
    La Torre di Guardia 1981 | 1° febbraio
    • Ad accrescere il bisogno di coraggio da parte di Noè c’era il fatto che l’unione fra gli angeli disubbidienti e le donne aveva prodotto una razza ibrida, i nefilim. In ebraico, si ritiene che questa parola significhi “abbattitori” o “quelli che fanno cadere altri”. Altrimenti chiamati “potenti”, questi nefilim erano dei tiranni o attaccabrighe che incrementavano il diffondersi della violenza in quel mondo antidiluviano. — Gen. 6:4.

      In tali circostanze Noè si distinse non solo come costruttore dell’arca, ma anche come “predicatore di giustizia”. (II Piet. 2:5) Sì, ebbe il coraggio di parlare apertamente e di dire ai suoi contemporanei che Dio si proponeva di distruggere i malvagi con un diluvio globale. La predicazione di giustizia compiuta da Noè includeva evidentemente l’invito a pentirsi e l’avvertimento dell’incombente distruzione, perché Gesù Cristo, ricordando quei giorni, disse che le persone “non si avvidero di niente finché venne il diluvio e li spazzò via tutti”. — Matt. 24:37-39.

      Riflettiamo per un attimo sulla situazione in cui si trovavano Noè e la sua famiglia nel periodo precedente il Diluvio. Senza dubbio venivano fatti oggetto di scherni da parte di uomini, donne e bambini. Si aggiungano a ciò i probabili insulti dei nefilim, che pare fossero di statura gigantesca e noti per la loro violenza. Che dire poi dei disubbidienti angeli materializzati? Affrontarli non richiedeva coraggio?

      FONTE DEL LORO CORAGGIO

      Il coraggio di Noè derivava indubbiamente dal fatto che egli ‘camminava con Dio’. Infatti, l’unico modo in cui Noè e la sua famiglia potevano perseverare coraggiosamente in quelle circostanze era quello di riporre assoluta fiducia nel vero Dio. Dovevano avere piena fiducia che Geova, come predetto, avrebbe posto fine a quel mondo empio. (Gen. 6:3) Per il patriarca e la sua famiglia c’era l’ulteriore assicurazione che l’arca non veniva costruita per nulla. Alla fine sarebbe stata usata. Inoltre, il loro coraggio veniva alimentato dall’intima relazione che avevano personalmente con Geova, specialmente tramite la preghiera. E Noè e la sua famiglia potevano avere senz’altro fiducia che non sarebbe accaduto loro nulla che non fosse permesso da Dio.

      Al tempo stabilito da Dio, si abbatté il Diluvio, e tutti gli schernitori e gli oppositori furono eliminati. Gli uomini empi, come pure i nefilim, perirono nelle acque del Diluvio. Gli angeli disubbidienti, per salvarsi, furono costretti a smaterializzarsi. Da allora in poi sarebbero stati sotto restrizione, nel disfavore divino, in attesa della futura esecuzione dell’avverso giudizio di Dio su di loro. (II Piet. 2:4) Sulla terra furono preservati solo il coraggioso Noè e la sua famiglia, perché avevano il favore di Dio.

      CORAGGIO OGGI

      Come Noè, gli odierni testimoni di Geova sono ‘predicatori di giustizia’. Il loro è sia un messaggio di avvertimento che un invito a pentirsi e a riconciliarsi con Geova Dio. Mentre Noè e la sua famiglia si trovarono a faccia a faccia con gli angeli disubbidienti, oggi le persone devote hanno nemici invisibili. Ma i veri cristiani hanno da Dio una spirituale armatura protettiva e possono così continuare a compiere coraggiosamente la divina opera di predicazione. — Efes. 6:10-18; Matt. 24:14.

      Molti scherniscono e si oppongono agli odierni servitori di Dio, ricorrendo a volte alla brutale persecuzione nel tentativo di mettere a tacere i servitori di Geova. Ma i testimoni di Geova non desistono. Come Noè, ‘camminano con Dio’ e sono fiduciosi che molto presto Geova adempirà la sua promessa di porre fine a questo empio mondo, preservando quelli che amano la giustizia. (II Piet. 3:5-13) Il coraggio dei veri cristiani è anche rafforzato dall’intima relazione personale che hanno con Geova tramite la preghiera. Sanno inoltre che non capiterà loro nulla che Dio non permetta. — Confronta Romani 8:28.

      È di vero conforto sapere che “Geova non abbandonerà il suo popolo”. (Sal. 94:14) Semplici uomini non possono impedire l’adempimento dei propositi di Dio o sradicare quelli che lo amano. Avere fede nelle promesse di Geova, riporre assoluta fiducia in lui e mantenere un’intima relazione personale con l’Altissimo: ecco tre fattori fondamentali che infondono coraggio alle persone devote. E tale coraggio le sorregge in tempi di intensa persecuzione e difficoltà, come mostra il racconto che segue.

  • Sopravvissuto alla “marcia della morte”
    La Torre di Guardia 1981 | 1° febbraio
    • Sopravvissuto alla “marcia della morte”

      Narrato da Louis Piéchota

      I MIEI genitori arrivarono nella Francia settentrionale nel 1922, con molti altri minatori polacchi. Come la maggioranza di quegli immigrati, erano buoni cattolici. Comunque, quando avevo circa undici anni, i miei genitori lasciarono la Chiesa Cattolica e divennero testimoni di Geova, o Zloty Wiek (“Quelli dell’Età d’Oro”), come ci chiamavano sdegnosamente i cattolici polacchi. Era il 1928. Perciò, sin dai giorni della mia giovinezza, ho avuto la gioia di parlare ad altri della “buona notizia” contenuta nelle Sacre Scritture.

      Poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, provai per la prima volta il servizio di pioniere o predicatore a tempo pieno. I miei compagni ed io — tutt’e cinque di origine polacca — divulgavamo il messaggio del Regno in paesini e villaggi lungo la costa della Normandia. A quel tempo usavamo il fonografo con incisioni di discorsi biblici in francese.

      Con lo scoppio delle ostilità nel 1939, cominciò a diffondersi la psicosi della guerra, e gente ostile del villaggio di Arques-la-Bataille ci denunciò alla polizia. Gli abitanti del villaggio avevano scambiato i nostri fonografi per strumenti fotografici. Poiché avevamo l’accento straniero, la polizia pensò che fossimo spie tedesche e ci arrestò, rinchiudendoci nella prigione della vicina città portuale di Dieppe. Dopo 24 giorni di reclusione, fummo portati in processione

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