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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • abuso della loro autorità dovranno rendere conto al supremo Giudice. Sopportando il male per amore della giustizia il cristiano ha il privilegio di avere una parte nel glorificare il santo nome di Dio. — I Piet. 4:16.

  • Maledire, maledizione
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Maledire, maledizione

      Nella Bibbia diversi termini ebraici e greci, tradotti “maledire”, “maledizione”, o con termini simili, rendono fondamentalmente l’idea di desiderare, minacciare o pronunciare il male su qualcuno o qualche cosa. — Vedi GIURAMENTO.

      L’uso biblico di tali termini indica una solenne dichiarazione o predizione infausta e, quando è fatta da Dio o da qualcuno autorizzato, ha significato e valore profetico. La maledizione di Giosuè contro chi, in futuro, avesse ricostruito Gerico si adempì molti secoli dopo. (Gios. 6:26; I Re 16:34) Le richieste del re Balac affinché Balaam maledicesse Israele non ebbero l’approvazione di Geova, che invece fece pronunciare delle benedizioni. (Num. 22:6-24:25) Tale maledizione non si deve dunque confondere con semplici parole blasfeme, né indica necessariamente ira violenta, com’è evidente nel caso dei gabaoniti. — Gios. 9:23.

      Come dice la parola stessa, “maledire” o “maledizione” significa dire o parlare male di qualcuno ed è quindi il contrario di benedire o benedizione. Il termine ebraico qelalàh significa fondamentalmente maledizione e in numerosi versetti è contrapposto a “benedizione”. (Gen. 27:12, 13; Deut. 11:26-29; Zacc. 8:13) Deriva dalla radice verbale qalàl, che alla lettera significa “avere (o dare) poca importanza”; ma, quando è usato in senso figurativo, significa “disprezzare”, “avere in dispregio” o “invocare il male su”. Questo è il termine che usò Davide quando disse a Mical che sarebbe stato “ancor meno stimato” di quanto lei non lo avesse accusato di essere. (II Sam. 6:20-22) Geova Dio lo usò dopo il Diluvio per dire che mai più avrebbe ‘invocato il male sulla terra a motivo dell’uomo’. — Gen. 8:21.

      SCOPO DELLE MALEDIZIONI DI DIO

      Uno degli scopi delle maledizioni di Dio è quello di indicare chiaramente chi sono e chi non sono i servitori che lui approva, dato che le maledizioni manifestano la disapprovazione di Dio, mentre le benedizioni manifestano la sua approvazione. Quindi nel promettere la Sua benedizione ad Abraamo, Geova disse inoltre: “Maledirò colui che invocherà su di te il male [forma nominale del verbo qalàl]”. (Gen. 12:3) Quando l’oggetto della maledizione non viene indicato, questa serve anche come consiglio ammonitore e protezione per coloro che desiderano ottenere o conservare il favore di Dio. La legge mosaica stabiliva numerose benedizioni e maledizioni, tutte derivanti dall’applicazione degli statuti e decreti della Legge. (Deut. 28:1, 2, 15) Prima di entrare nella Terra Promessa, Mosè sottolineò il fatto che la nazione, come singoli individui e come collettività, doveva scegliere fra la maledizione e la benedizione e avrebbero fatto questa scelta con la loro ubbidienza o disubbidienza. (Deut. 30:19, 20) Giosuè in sostanza ripeté tale monito ed esortazione una volta entrati nella Terra Promessa. (Confronta Giosuè 8:32-35; 24:14, 15). Ciascuno poteva dunque sforzarsi di non incorrere nelle annunciate maledizioni.

      La maledizione garantisce inoltre che i principi e i dichiarati propositi di Dio non siano presi alla leggera o disprezzati. Il sommo sacerdote Eli fu oggetto di una precisa maledizione perché era stato debole e non aveva rimproverato i figli, benché avessero ‘invocato il male su Dio’. (I Sam. 3:13) A lui Geova dichiarò la regola: “Onorerò quelli che mi onorano, e quelli che mi disprezzano saranno di poco conto [dalla radice qalàl]”. (I Sam. 2:30) La giusta retribuzione dell’errore accompagna dunque la maledizione di Dio. Questa può essere immediata, come nel caso dei piccoli schernitori su cui Eliseo invocò il male nel nome di Geova (II Re 2:24), oppure può essere rimandata a un’epoca successiva, come quando Dio informò il re Giosia della calamità che si sarebbe abbattuta su Giuda. (II Re 22:19, 20) Geova avvertì la nazione di Israele che la violazione delle sue leggi avrebbe provocato inevitabili difficoltà: “Tutte queste maledizioni verranno per certo su di te e ti perseguiteranno e ti raggiungeranno finché tu non sia stato annientato, perché non avrai ascoltato la voce di Geova tuo Dio osservando i suoi comandamenti e i suoi statuti che ti ha comandati”. (Deut. 28:45) Benché Dio avesse predetto nel modo più esplicito la desolazione e l’esilio, essi rifiutarono di dargli retta e perciò Gerusalemme diventò “una maledizione [per] tutte le nazioni della terra”. — Ger. 26:6; 24:9; Deut. 29:27.

      MALEDIZIONI REVOCATE

      Una maledizione può essere revocata o annullata da Geova, ma solo se sono dovutamente soddisfatte le sue giuste esigenze. Per esempio, all’originale maledizione della terra pose evidentemente fine il Diluvio che purificò il globo dalla malvagità. (Gen. 8:21) L’inosservanza del patto della Legge portò una maledizione sull’intera nazione di Israele, anche su coloro che in coscienza (benché non alla perfezione) cercavano di osservarlo. L’apostolo Paolo spiega che per questa ragione Cristo Gesù dovette morire, proprio come avvenne, su un palo di tortura. (Gal. 3:10-13) In tal modo Gesù, pur avendo personalmente osservato la Legge in modo perfetto, si addossò la maledizione della Legge che ricadeva su tutti coloro che erano sotto la Legge. Deuteronomio 21:23 dichiara: “Colui che è appeso [al palo] è qualche cosa di maledetto [lett. una maledizione] da Dio”. Gesù, essendo inchiodato al palo come un criminale, condannato (anche se ingiustamente) dalla corte sacerdotale ebraica, diventò in effetti “una maledizione”. Dopo di che, quando presentò il valore del suo sacrificio in cielo, Dio abrogò la Legge. Accettando il sacrificio di Gesù, Dio figurativamente inchiodò la Legge al palo di tortura, e revocò la maledizione che la Legge comportava. (Col. 2:14) Poiché il corpo di Gesù era considerato una maledizione, e anche per adempiere il precetto della Legge onde il sabato non fosse profanato, gli ebrei si affrettarono a togliere dal palo il cadavere di Gesù e dei malfattori prima del tramonto. — Deut. 21:23; Giov. 19:31.

      DIO NE DETERMINA LA VALIDITÀ

      Anche se singoli individui possono pronunciare maledizioni, la loro validità dipende interamente da Dio, dai suoi principi e propositi. Invano Golia “invocò il male su Davide per i suoi [falsi] dèi”. (I Sam. 17:43) Geova trasformò in una benedizione quella che doveva essere la maledizione di Balaam. (Deut. 23:4, 5; Gios. 24:9, 10) Riconoscendo che solo Geova può rendere valida una maledizione, Davide respinse l’adirata richiesta di Abisai il quale voleva andare a ‘spiccare la testa’ a Simei, che aveva oltraggiosamente invocato il male su Davide. (II Sam. 16:5-12; confronta Salmo 109:17, 18, 28). La Parola di Dio condanna specificatamente l’invocare il male sui propri genitori (Eso. 21:17; Lev. 20:9; Prov. 20:20), su Dio (Eso. 22:28; Lev. 24:11, 14, 15, 23) o sul re (Eccl. 10:20), e denuncia coloro che benedicono con la bocca mentre “dentro di sé invocano il male”. — Sal. 62:4.

      MALEDIZIONI VALIDE E MALEDIZIONI NULLE

      Quando era sulla terra Cristo Gesù, quale portavoce di Dio, pronunciò in effetti delle maledizioni sulle guide religiose e sui farisei, per la loro ostinata opposizione al proposito di Dio. (Matt. 23:13-33) L’apostolo Pietro evidentemente ‘invocò il male’ su Anania e Saffira che volevano ingannare Dio, provocandone la morte immediata. (Atti 5:1-11) L’apostolo Paolo fece qualcosa di simile col falso profeta Elima, lo stregone, che chiamò “figlio del Diavolo” e “nemico di ogni cosa giusta”, il quale in seguito a ciò diventò cieco. (Atti 13:6-12) Queste azioni ebbero un effetto salutare sui presenti. Tali poteri degli apostoli però non autorizzavano altri a pronunciare maledizioni. Giacomo mette in guardia i cristiani dall’errato uso della lingua per maledire uomini. — Giac. 3:9-12; confronta Salmo 109:17, 18 con Colossesi 3:8-10.

      La storia conferma che dopo la morte degli apostoli e nel corso dei secoli varie organizzazioni religiose hanno annunciato molti “anatemi” e “interdetti” contro singoli individui, città e nazioni; tuttavia dimostra che il mezzo impiegato per attuare tali maledizioni non è mai stata la potenza di Dio, ma piuttosto il potere temporale della chiesa o dello stato. Viceversa nel Salmo 37:3-9, 22 ci viene consigliato di confidare in Geova, perché “quelli che son da lui benedetti possederanno essi stessi la terra, ma quelli sui quali è da lui invocato il male saranno stroncati”. Tale “stroncamento” è incluso nella maledizione che Gesù pronuncia sulla maledetta classe dei “capri” nella parabola profetica riportata in Matteo 25:31-46. Anche a proposito dei “nuovi cieli e nuova terra” viene predetto che sarà invocato il male sui peccatori. — Isa. 65:17, 20.

  • Malluchi
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    • Malluchi

      (Màlluchi) [mio consigliere].

      Famiglia sacerdotale il cui rappresentante prestava servizio ai giorni del sommo sacerdote Ioiachim, e ai giorni di Esdra e del governatore Neemia. — Nee. 12:12, 14, 26.

      Il nome “Malluchi” ricorre nel testo masoretico col qerì o annotazione in margine che si dovrebbe leggere “Melicu”, forma quest’ultima che ricorre nella Diodati. Diversi antichi manoscritti greci, fra cui l’Alessandrino, il Vaticano 1209 e il Sinaitico (come pure l’edizione lagardiana) hanno “Malluc”, che alcuni studiosi ritengono la forma originale. Questi avanzano l’ipotesi (che non si può però dimostrare) che l’aggiunta di una “i” (yohdh [ ] in ebraico) alla fine del nome sia dovuta all’involontaria ripetizione della prima lettera della parola successiva nel copiare il manoscritto.

  • Malta, I
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    • Malta, I

      [rifugio (in lingua fenicia)].

      Isola del Mediterraneo circa 90 km a S della Sicilia, con una superficie di quasi 250 km2. A Malta l’apostolo Paolo fece naufragio e rimase per tre mesi. Nel frattempo sanò il padre di Publio e altri malati. — Atti 28:1, 7-9, 11.

      In passato alcuni hanno associato il nome greco reso “Malta” (Melìte.) con Mèleda (Mljet), isola al largo della costa iugoslava, che anticamente pure si chiamava Melìte. Ma sia la tradizione che l’evidenza delle Scritture indicano che l’isola su cui Paolo fece naufragio è Malta. Il “mare di Adria”, dove si trovava la nave prima di giungere a Malta, comprendeva la parte del Mediterraneo fra la Sicilia e Creta, e perciò si poteva ben dire che Malta era bagnata da quel mare. — Atti 27:27.

      NAUFRAGIO DI PAOLO

      Qualche tempo dopo il giorno di espiazione (in settembre o ottobre) la nave su cui viaggiava Paolo prigioniero, lasciato il porto cretese di Bei Porti, fu raggiunta da un vento tempestoso (Euraquilone), proveniente da E-NE. (Atti 27:14, 15) Quella che oggi si chiama Baia di S. Paolo, si poteva raggiungere senza toccare altre parti dell’isola. Forse grazie al loro udito esercitato, i marinai sentirono le onde infrangersi contro il promontorio roccioso che si protende nel Mediterraneo dal lato E della Baia di S. Paolo, e cominciarono a sospettare di essere vicino a terra. La profondità di “venti braccia” e di “quindici braccia” che riscontrarono corrisponde fondamentalmente agli scandagli effettuati verso la metà del XIX secolo in quella zona. — Atti 27:27, 28.

      Forse perché avevano più familiarità con altri porti di Malta, i marinai non si resero conto di essere a Malta neanche alla luce del giorno. Il più grande e più noto porto dell’isola è quello di Valletta, quasi 15 km a SE della Baia di S. Paolo. — Atti 27:39.

      Nella parte O della Baia di S. Paolo ci sono due insenature. In quella più a S attualmente c’è una spiaggia. Anticamente poteva esserci anche nell’altra insenatura. Forse in una di queste insenature i marinai speravano invano di “tirare a riva la barca”. La prua della nave si incagliò, forse nel fango e nell’argilla che in certe parti della baia si trova a meno di tre braccia di profondità, mentre la poppa veniva fatta a pezzi dalle onde. — Atti 27:39-41.

      Esperienza di Paolo a Malta

      Ormai i soldati erano decisi a uccidere Paolo e gli altri prigionieri, forse a motivo della rigida disciplina militare romana che riteneva le guardie responsabili della fuga dei prigionieri loro affidati. (Confronta Atti 12:19; 16:27). Ma poiché l’ufficiale dell’esercito (centurione) trattenne i soldati a motivo di Paolo, tutti quelli che si trovavano a bordo, circa 276 persone, scamparono al naufragio, nuotando fino alla riva o riuscendo a raggiungerla su tavole o altri relitti galleggianti. — Atti 27:37, 42-44.

      Gli abitanti di Malta, che non parlavano greco, mostrarono straordinaria benignità umana ai superstiti, e accesero un fuoco perché si potessero riscaldare. Quando l’apostolo Paolo mise una fascina sul fuoco, ne uscì una vipera velenosa che gli si attaccò alla mano. Sorpresi che non subentrassero gonfiore e morte, gli abitanti di Malta cominciarono a pensare che Paolo fosse un dio. — Atti 28:1-6.

  • Malva
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    • Malva

      Traduzione dei termini ebraici ʼoròth (II Re 4:39) e ʼohròth (Isa. 26:19), ritenuti il plurale di ʼohràh, “luce”. (Est. 8:16; Sal. 139:12) Secondo il Lexicon in Veteris Testamenti Libros di Koehler e Baumgartner, i termini ʼoròth e ʼohròth corrisponderebbero alla malva selvatica (Malva rotundifolia). Tale identificazione si basa sul fatto che questa pianta è molto sensibile alla luce, da cui forse il nome ebraico ʼoròhth, “[erba]-luce”. Inoltre il suo frutto è commestibile, e questo è in armonia con II Re 4:39. La malva selvatica è una pianta rampicante con foglie quasi rotonde, lobate e seghettate, dallo stelo piuttosto lungo. I fiori misurano solo 1,3 cm di diametro e il loro colore varia dal lilla pallido al bianco. Il frutto mucillaginoso a più acheni (o cocche) è piatto e circolare.

  • Malvagità
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Malvagità

      Chiunque non si conforma alla perfetta norma morale di Dio è malvagio, cattivo o spregevole. Come il sostantivo greco ponerìa (Matt. 22:18; Mar. 7:22; Luca 11:39; Atti 3:26; Rom. 1:29; I Cor. 5:8; Efes. 6:12), anche l’aggettivo, il sostantivo e il verbo che derivano dalla radice ebraica rashàʽ

  • Malta, II
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    • Malta, II

      Vedi CALCINA, MALTA.

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