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  • Quando il terremoto è seguito dal maremoto
    Svegliatevi! 1977 | 22 giugno
    • li abbia mai colpiti. Li confortano recando loro il lieto messaggio che è prossimo un nuovo sistema, in cui le persone non moriranno più di morte accidentale nei disastri naturali. — 2 Piet. 3:13; Riv. 21:3-5.

  • La notte che la loro casa fu incendiata
    Svegliatevi! 1977 | 22 giugno
    • La notte che la loro casa fu incendiata

      “IL FRAGORE dei vetri delle finestre infranti e un boato mi fecero balzare a sedere sul letto”, stava dicendo Jeannette Thomas.

      “La porta dell’ingresso era aperta e vidi quella parete di luce uscire dal soggiorno. Gridai e scossi James così forte che si svegliò urlando dal suo profondo sonno. Corremmo nell’ingresso e fummo investiti dal fumo, così caldo e nero da soffocarci . . .”

      “Era pungente”, intervenne il marito James. “Dev’essere stata la benzina più scadente, forse mescolata a cherosene. I bambini non avrebbero potuto vivere per altri due secondi se l’avessero respirato”.

      Gli incendiari avevano versato tre latte di benzina, una sessantina di litri, nel soggiorno. Lì la figlia diciottenne dei Thomas era stata a guardare la televisione; i quattro figli più piccoli erano già andati a letto.

      Dal soggiorno non veniva nessun rumore e non era possibile avventurarvisi in mezzo al fumo e alle esalazioni. “Ci avviammo verso le scale, le tre bambine erano di sopra”, spiegò James.

      Tuttavia, il calore e il fumo stavano già scendendo, respingendoli. Essi corsero giù nell’ingresso e Jeannette girò a sinistra per entrare in cucina, mentre James entrò a destra nella stanza della figlia maggiore, sperando che fosse lì, ma non c’era. “Sentivo che mi si bruciavano i capelli, e gli occhi erano infuocati”, ricorda James, “e sapevo che un respiro profondo sarebbe stato l’ultimo”.

      James ruppe un vetro con un pugno e si tuffò in mezzo al fumo, a testa in avanti. Si rialzò immediatamente e corse verso il retro della casa.

      In cucina, Jeannette tratteneva il respiro, lottando con la maniglia, dimenticando che c’era il catenaccio. “Mi buttai contro la porta”, disse, “ed era così calda che mi si staccò la pelle dal braccio”. In un ultimo disperato tentativo riuscì ad aprire il catenaccio e, quando la porta si spalancò, qualcosa le sfrecciò accanto, uno dei cani.

      James: “La vidi barcollare sotto il portico sul retro. L’afferrai. Gridava i nomi dei bambini, e io pure. Ma non era possibile salire al piano superiore. Si poteva udire il crepitio del fuoco e tutta la casa era in fiamme”.

      “Fa uscire Steven dal garage!” disse Jeannette piangendo.

      Allorché si precipitarono nel garage, James inciampò in una latta di benzina, ancora piena. “Qualcuno ci sta bruciando!” gridò.

      Egli si gettò con tutto il peso contro la porta chiusa a chiave della stanza di Steven, e sua moglie fece forza col suo peso su di lui. La porta cedette, ma furono spinti indietro da un muro di fiamme e di fumo. Non era possibile a un comune mortale entrare.

      Corso alla finestra esterna sul retro, James strappò con le sole mani le imposte metalliche dai telai. Saltò dentro e tastò le coperte che bruciavano, ma il dodicenne Steven non c’era.

      In preda all’isterismo fecero il giro della casa, gridando i nomi dei figli: Jeannette, Cynthia, Steven, Karen, Allison. Gli incendiari avevano versato la benzina sul davanti della casa, perfino sulla Cadillac parcheggiata di fronte: era tutto un ondeggiante mare di fiamme.

      “Vidi le luci di un’auto che veniva su per il viale”, rammenta James. “‘I nostri figli stanno bruciando là dentro’, urlai. L’uomo disse che sarebbero andati a cercare aiuto”.

      L’incendio continuò crepitando. Nessuno sarebbe scampato tranne loro due e un cane. “Lo trovarono il giorno dopo che uggiolava nel bosco”, disse Jeannette. “Erano cani bravi, tutt’e tre. Quel giorno aveva piovuto e s’era fatto freddo, così dissi: ‘Porta dentro i cani’. Se non l’avessimo fatto ci avrebbero avvertito”.

      Erano arrivati i pompieri di Monroe (Georgia), oltre allo sceriffo. Gli uomini camminavano avanti e indietro e un vice diceva: “Oh, mio Dio!” Sopraggiunse un’ambulanza che portò via James e Jeannette.

      Chi è stato e perché?

      Dieci giorni dopo Jeannette era ancora all’Athens General Hospital. Le ustioni di primo grado che aveva riportate al viso le avevano lasciato la pelle coperta di piccole vesciche. La parte superiore del braccio sinistro era tutta un impiastro attraverso cui, dalle ustioni di secondo grado, stava formandosi la pelle nuova. James non era rimasto ferito.

      La Contea di Walton era ancora scossa dalla tragedia. Giornali, radio e TV, funzionari locali e statali chiedevano: ‘Chi è stato e perché?’

      “Se ne erano andati da New York per evitare tutta la delinquenza”, diceva un titolo del Daily News di Gwinnett. “James Thomas sr. trasferì qui la sua famiglia in giugno per sottrarsi alla delinquenza di New York e perché la moglie si rimettesse in salute. Venerdì ha sepolto cinque dei suoi figli, vittime innocenti di un incendio appiccato evidentemente da una banda di criminali”.

      Il Journal di Atlanta riferì: “I Thomas sono una famiglia negra che aveva affittato una casa circa cinque chilometri a est di Monroe, in mezzo a un buon numero di famiglie bianche abitanti nelle campagne circostanti. Ma non c’era nessun antagonismo verso la famiglia, hanno detto i Thomas. Gli investigatori sono stati d’accordo”.

      Il giornale aggiungeva: “La cosa che interessava gli investigatori . . . era che la proprietaria della casa possedeva un’altra casa, disabitata, bruciata due ore dopo nella vicina Contea di Barrow”.

      Entrambe le case erano di proprietà di una donna il cui marito era stato assassinato qualche tempo prima dopo aver ricevuto la citazione per deporre a un processo. Un altro componente della famiglia, a quanto si diceva, era stato condannato per contrabbando di liquori. Ovviamente fu una sorpresa per della gente nuova come i Thomas che perfino nelle campagne della Georgia settentrionale prosperassero bande criminali.

      È chiaro dunque che la famiglia dei Thomas era caduta vittima di una faida. Infatti, un giornalista scrisse: “Si trovarono semplicemente ad abitare nella casa sbagliata nel momento sbagliato”.

      ‘Non odio né odierò nessuno’

      Una delle cose più difficili quella notte fu quella di avvisare i tre figli maggiori sposati a New York. Il ventiduenne James, jr., rammenta: “Vi svegliano a metà mattina e vi dicono che cinque vostri familiari sono morti in un incendio: dapprima mi sembrò d’impazzire. Poi pensai a mia sorella Helen, incinta di otto mesi, e a come dirglielo”.

      Il giorno dopo uno sceriffo della contea e alcuni rappresentanti della stampa osservavano James jr. che guardava le rovine. John York del Journal di Atlanta scrisse:

      “Benché fossero passate circa 12 ore da quando era stato denunciato l’incendio, da una sezione di muro ancora in piedi si levavano fiammelle alla luce del sole. Ogni tanto, l’odore caratteristico della carne bruciata era sospinto dalla brezza verso la strada dove alcuni spettatori rimasero tutto il giorno”.

      A un certo punto il giovane Thomas agitò i pugni verso il legname carbonizzato. “Mi videro fare questo gesto e pensarono fossi uno venuto da New York per fare vendetta”, spiegò il giovane James. “Ma più tardi, nell’ufficio dello sceriffo, dissi loro che avevo agitato i pugni non per ira, ma per frustrazione. Non odio né odierò coloro che hanno fatto questo”. La madre fu dello stesso parere.

      Fede e fratellanza meravigliose

      Coloro che assisterono al funerale rimasero stupiti che James sr. e i figli superstiti non si abbandonassero istericamente al dolore e alla disperazione. L’isterismo era cessato dopo quella prima ora dell’incendio. “Non riuscivano a capire che abbiamo una fede viva”, spiegò il padre. Fu espressa simile incredulità dalle persone al tempo dell’apostolo Paolo, allorché egli esclamò: “Perché è giudicato incredibile fra voi che Dio desti i morti?” — Atti 26:8.

      James jr. chiese: “Se quelli che vanno in chiesa e dicono di credere che i loro figli vanno in cielo quando muoiono — se ci credono davvero — perché si disperano per il dolore?”

      La madre assentì col capo, pienamente d’accordo. “Sono i sentimenti umani che mi fanno piangere, non il dolore che proverebbero altri che non hanno nessuna speranza. Essendo vicina a Geova ho l’assicurazione che Egli dà nella sua Parola la Bibbia. Ora so quanto è veramente grande la mia famiglia. Non solo figli e nipoti, ma centinaia e migliaia di fratelli e di sorelle cristiane. Vengono a trovarci e ci telefonano e ci scrivono. Mi dicono che sono addolorati come lo siamo noi”.

      Il marito aggiunse: “È vero quello che disse Gesù, che si sarebbero trovati cento volte più fratelli e sorelle”. — Mar. 10:30.

      Perfino nelle prime ore del mattino successivo all’incendio, una fila ininterrotta di Testimoni di Geova venuti da vicino e da lontano affollarono i corridoi dell’ospedale. La direzione non aveva mai visto nulla di simile. Un cronista espresse la sua meraviglia: “Metà sono negri, metà sono bianchi, non fa differenza, non è questo che li preoccupa, tranne il fatto che alcuni dei loro hanno sofferto”. Le autorità dell’ospedale, sbalordite, fecero una concessione senza precedenti: i visitatori potevano andare a qualsiasi ora del giorno e della notte. “Sembra la terapia migliore per la sig.ra Thomas”, spiegò una caposala.

      Aiuti sinceri

      “Il mio medico se ne stava lì con le lagrime agli occhi”, spiegò Jeannette. “Pensava ai suoi bambini che dormivano al piano superiore nella loro casa di Cape Cod. Dispose che portassero un altro letto affinché mio marito potesse stare qui tutto il tempo. Ci disse di non preoccuparci se l’assicurazione non copriva tutte le spese dell’ospedale, ci avrebbe pensato lui”.

      Fu predisposto che i Thomas andassero ad abitare in un appartamento vicino ad altri Testimoni a Monroe. La prima settimana furono portati tanti abiti e mobili che non c’era posto per tutto. Le locali organizzazioni religiose e di beneficenza chiesero se potevano rendersi utili. Il Pilot Club di Monroe mandò i suoi soci per le strade a fare una colletta per la famiglia. Insegnanti e studenti delle scuole frequentate dai figli dei Thomas raccolsero denaro. Alla National Bank della Contea di Walton a Monroe fu aperto un Fondo per la famiglia Thomas. Arrivarono offerte da luoghi così lontani come il Kansas e il Nuovo Messico.

      Sentono la perdita, ma nutrono una speranza sicura

      Naturalmente, vi sono momenti di tristezza. “La notte è la più dura”, confessò Jeannette. “Quando vado per addormentarmi rivivo l’orrore di quella notte. Non prendo tranquillanti. Ma un Testimone mi ha portato un registratore e una borsa piena di nastri. Mi addormento ascoltando i discorsi delle assemblee cristiane”.

      Il problema del marito non era quello di dormire. “È all’ora dei pasti che sono triste. In quella casa i nostri figli hanno vissuto i momenti più felici della loro vita. Era la prima casa in cui abitavamo. Avevano tagliato il fieno tutt’attorno e avevano fatto il prato. Ma all’ora dei pasti, quello era il momento più bello per i ragazzi. C’era un tale vocio”.

      I Thomas attendono di rivivere quei momenti felici, proprio qui sulla terra, quando i loro figli saranno riportati in vita. Gesù Cristo disse: “L’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno fuori”. (Giov. 5:28, 29; Atti 24:15) E la Bibbia descrive come sarà la vita a quel tempo: “E Dio stesso sarà con loro. Ed egli asciugherà ogni lagrima dai loro occhi, e la morte non sarà più, né vi sarà più cordoglio né grido né pena. Le cose precedenti sono passate”. (Riv. 21:3, 4) Queste sono promesse della Bibbia in cui i Thomas hanno completa fiducia.

      Una speranza così sicura è ciò che permette di affrontare serenamente una tragedia.

      [Immagine di James Thomas a pagina 17]

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