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DitoAusiliario per capire la Bibbia
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rendere più leggero il peso del servizio che suo padre Salomone aveva imposto loro, il re fu consigliato dai suoi compagni di rispondere che ‘il suo dito mignolo sarebbe stato più pesante dei fianchi di suo padre’, metafora indicante che avrebbe posto su di loro un giogo molto più duro. (I Re 12:4, 10, 11) Il termine ebraico tradotto qui “dito mignolo” significa “piccolo, insignificante, trascurabile“.
Gesù Cristo ricorse a una simile figura retorica per illustrare il duro e arrogante dominio esercitato da scribi e farisei. Indicando che quei capi religiosi non erano disposti ad aiutare minimamente il popolo oppresso, Gesù disse che ‘legavano gravi pesi sulle spalle degli uomini, ma essi stessi non li volevano muovere neanche con un dito’. — Matt. 23:2-4.
2. La più piccola misura lineare menzionata nella Bibbia. Un dito equivaleva alla quarta parte di una mano o a un ventiquattresimo di un cubito (cm 1,85 ca.). In Geremia 52:21 è precisato che lo spessore del rame usato per fare le colonne Iachin e Boaz era di quattro dita (cm 7,4 ca.). — I Re 7:15, 21.
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DivanoAusiliario per capire la Bibbia
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Divano
Vedi LETTO
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DivinazioneAusiliario per capire la Bibbia
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Divinazione
Dal latino divus, “divino”, a indicare che le informazioni provenivano dagli dèi. La “divinazione” abbraccia in genere l’intera gamma della conoscenza segreta, specie relativa ad avvenimenti futuri, acquisita con l’aiuto di poteri spiritici occulti.
ORIGINE
La divinazione ha avuto origine in Babilonia, il paese dei caldei, e di là con le migrazioni umane queste pratiche occulte si sono propagate in tutta la terra. (Gen. 11:8, 9) Si dice che della parte della biblioteca di Assurbanipal finora scoperta, un quarto sia costituito da tavolette contenenti presagi che pretendevano di interpretare tutti i fenomeni osservati nei cieli e sulla terra, e anche tutti gli avvenimenti prevedibili e imprevedibili della vita di ogni giorno. Il re Nabucodonosor prese la decisione di attaccare Gerusalemme dopo esser ricorso alla divinazione, infatti è scritto: “Egli ha scosso le frecce. Ha interrogato per mezzo dei terafim; ha guardato nel fegato. Nella sua destra la divinazione fu per Gerusalemme”. — Ezec. 21:21, 22.
L’epatoscopia alla ricerca di presagi si basava sulla credenza che ogni vitalità, sentimento e affetto fossero concentrati nel fegato, dove si trova un sesto del sangue umano. Le variazioni presenti nei lobi, condotti, legamenti, vene, solchi e segni particolari erano interpretate come auspici o presagi provenienti dagli dèi. (Vedi ASTROLOGI). Fra i numerosissimi modelli d’argilla di fegati che sono stati scoperti, i più antichi sono quelli babilonesi, contenenti presagi e formule in cuneiforme usati nella divinazione. Gli antichi sacerdoti assiri erano chiamati baru, che significa “colui che legge” o “colui che vede” per l’importanza data all’interpretazione dei segni desunti dal fegato nella loro religione basata sulla divinazione.
CONDANNATA DALLA BIBBIA
Tutte le varie forme di divinazione, indipendentemente da come vengono chiamate, sono in netto contrasto e aperto antagonismo con la Sacra Bibbia. Per mezzo di Mosè, più volte Geova avvertì con la massima severità Israele di non seguire queste usanze di altre nazioni. (Deut. 18:9-12; Lev. 19:26, 31) I sognatori che praticavano la divinazione non si sottraevano alla condanna anche se i loro segni e portenti profetici si avveravano. (Deut. 13:1-5; Ger. 23:32; Zacc. 10:2) L’estrema avversione della Bibbia per chi pratica la divinazione è manifestata dal decreto che senz’altro dovevano essere messi tutti a morte. — Eso. 22:18; Lev. 20:27.
Quando gli uomini si allontanano da Geova e si alienano il Solo che conosce la fine dal principio, cadono facilmente vittime di influenza spiritica demonica che pretende di rivelare il futuro. Saul è un esempio lampante; infatti prima si rivolgeva a Geova per acquistare conoscenza di avvenimenti futuri, ma poi, dopo essersi precluso ogni contatto con Dio a motivo della propria infedeltà, si rivolse ai demoni invece che alla guida divina. — I Sam. 28:6, 7; I Cron. 10:13, 14.
Esiste perciò una netta differenza fra la verità rivelata da Dio e le informazioni ottenute mediante la divinazione. Coloro che ricorrono a quest’ultima sono spesso colti da violente convulsioni prodotte da invisibili forze demoniche, a volte nel delirio provocato da musica strana e da certi stupefacenti. Il termine greco per “indovino” deriva dalla forma verbale màznesthai, che significa “infuriare, vaneggiare”, ed è usato per descrivere uno che ha la schiuma alla bocca e i capelli incolti e scarmigliati. Origene (III secolo E.V.), nel rispondere al filosofo pagano Celso che accusava ‘i cristiani di non dare alcuna importanza agli oracoli della sacerdotessa pitica’ dichiarava: “Così dunque suol narrarsi della Pizia, il cui oracolo sembra oscurare col suo splendore tutti gli altri, che seduta all’imbocco della caverna Castana la sacerdotessa di Apollo accoglie uno spirito attraverso il suo grembo femminile, ... Per di più, non è certo opera d’uno spirito divino il fatto che la detta profetessa pervenga in uno stato di estasi e di follia tale, da perdere completamente la coscienza;.. Se la Pizia perde la coscienza e non è più in sé, quando pronuncia gli oracoli, che razza di spirito dobbiamo pensare che sia questo, che diffonde le tenebre sulla sua mente e sui suoi pensieri? Non è forse simile per natura a quella specie di demoni, che non pochi Cristiani scacciano ...?” (Contro Celso, Libro VII, 3, 4, a cura di Aristide Colonna, ed. U.T.E.T.) Simili deformazioni fisiche o mentali non sono certo quello che provano i veri servitori di Geova quando sono spinti a parlare dallo spirito santo. (Atti 6:15; II Piet. 1:21) I profeti di Dio per senso del dovere parlavano liberamente senza farsi pagare; gli indovini pagani invece esercitavano il loro mestiere per egoistico guadagno personale.
Geova rende vana la divinazione
L’illimitata potenza di Geova in paragone col limitatissimo potere manifestato dagli indovini che praticavano la magia fu drammaticamente evidente quando Mosè e Aaronne si presentarono al faraone. Quando la verga di Aaronne si trasformò in un serpente i maghi egiziani riuscirono a ripetere il fenomeno. Ma che onta subirono poi quando la verga di Aaronne inghiottì quelle degli stregoni! Apparentemente i sacerdoti d’Egitto trasformarono l’acqua in sangue e fecero salire le rane su tutto il paese. Però quando Geova fece sì che la polvere diventasse culici, gli stregoni con le loro arti occulte dovettero ammettere che era avvenuto per mezzo del “dito di Dio”. — Eso. 7:8-12, 19-22; 8:5-11, 16-19; 9:11.
Per ordine del malvagio Aman “qualcuno [evidentemente un astrologo] gettò il Pur, cioè la Sorte,... di giorno in giorno e di mese in mese”, per determinare il momento più favorevole per sterminare il popolo di Geova. (Est. 3:7-9) “Nel ricorrere a questo metodo per accertare il giorno più propizio per mettere in atto il suo piano atroce, Aman si comportava come i re e i nobili persiani hanno sempre fatto, non iniziando mai alcuna impresa senza consultare gli astrologi, e senza esser sicuri che il momento fosse propizio”. (Jamieson, Commentary, Vol. II, p. 639) Basandosi sulla divinazione Aman diede immediatamente il via al suo piano iniquo. Ma ancora una volta fu dimostrato che Geova poteva liberare il suo popolo, e Aman, che aveva confidato nella divinazione, fu appeso allo stesso palo che aveva preparato per Mardocheo. — Est. 9:24, 25.
Un altro esempio della superiorità di Geova sulle forze occulte si ebbe quando i moabiti andarono in Mesopotamia “coi compensi per la divinazione nelle loro mani” e assoldarono Balaam affinché maledicesse Israele. (Num. 22:7) Benché Balaam cercasse di ‘ricorrere a sinistri presagi’, Geova gli fece pronunciare solo benedizioni. In uno dei suoi detti proverbiali Balaam, sotto l’irresistibile potere di Geova, ammise: “Non c’è nessun sinistro incantesimo contro Giacobbe, né alcuna divinazione contro Israele”. — Num. capp. 23, 24.
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DivorzioAusiliario per capire la Bibbia
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Divorzio
Scioglimento legale e scritturale del matrimonio; rottura del vincolo coniugale fra marito e moglie.
Anche se agli israeliti era consentito divorziare per vari motivi, Geova Dio provvide a regolare il divorzio nella legge che diede a Israele per mezzo di Mosè. In Deuteronomio 24:1 si legge: “Nel caso che un uomo prenda una donna e in effetti ne faccia il suo possesso quale moglie, deve pure accadere che se ella non trova favore ai suoi occhi perché ha trovato qualche cosa di indecente da parte di lei, egli deve anche scriverle un certificato di divorzio e metterglielo in mano e congedarla dalla sua casa”. Che cosa fosse quel “qualche cosa di indecente” (lett. “la nudità di una cosa”) non è precisato.
Le due scuole rabbiniche esistenti quando Gesù Cristo era sulla terra e anche prima avevano opinioni diverse circa tale ‘indecenza’. Una scuola, capeggiata da Shammai, riteneva che questa ‘indecenza’ fosse l’adulterio. Tuttavia, che non si trattasse di adulterio è indicato dal fatto che la legge data da Dio a Israele decretava che i colpevoli di adulterio fossero messi a morte, e non che semplicemente divorziassero. (Deut. 22:22-24) La più antica scuola rabbinica di Hillel I e dei suoi seguaci pensava che l’espressione si applicasse a diverse questioni minori, interpretandola in senso lato a indicare difetti, deformità e mancanze da parte della moglie, come quella di rovinare il cibo bruciandolo o non condendolo bene.
Per quanto Deuteronomio 24:1 non specifichi quale ‘indecenza’ dava al mario ebreo motivo di divorziare dalla moglie, senza dubbio in origine riguardava questioni gravi, forse una grave mancanza di rispetto per il marito da parte della moglie o disonore recato alla famiglia. Dal momento che la Legge precisava “devi amare il tuo prossimo come te stesso”, non è ragionevole presumere che colpe di minore importanza potessero essere usate impunemente come scuse per divorziare dalla moglie. — Lev. 19:18.
Ai giorni di Malachia molti mariti ebrei si comportavano slealmente con la propria moglie, divorziando per qualsiasi motivo, sbarazzandosi della moglie della giovinezza, forse per sposare donne pagane più giovani. Invece di far rispettare la legge di Dio, i sacerdoti permettevano tutto questo, e Geova ne era molto dispiaciuto. (Mal. 2:10-16) Quando Gesù Cristo era sulla terra, gli ebrei ricorrevano al divorzio per molti motivi, com’è indicato dalla domanda che gli rivolsero i farisei: È lecito all’uomo divorziare da sua moglie per ogni sorta di motivo?” — Matt. 19:3.
Presso gli israeliti l’uomo abitualmente pagava una dote per la donna che prendeva in moglie ed essa era considerata sua proprietà. Pur avendo molti privilegi e benedizioni, la donna aveva una parte subordinata nell’unione coniugale. Questo è ulteriormente messo in risalto in Deuteronomio 24:1-4, dov’è indicato che il marito poteva divorziare dalla moglie ma non viene detto che la moglie potesse divorziare dal marito. Essendo considerata sua proprietà, non poteva essere lei a chiedere il divorzio. Nella storia secolare d’Israele, il primo caso di una donna che cercò di divorziare dal marito è quello di Salome sorella del re Erode che mandò al marito, governatore dell’Idumea, un certificato di divorzio che scioglieva il loro matrimonio. (Antichità giudaiche, Libro XV, cap. VII, 10) Mentre Gesù Cristo era sulla terra avevano cominciato a verificarsi casi di divorzio intentati da donne, oppure egli previde che si sarebbero verificati poi, come indicano le sue parole: “Se una donna, dopo aver divorziato da suo marito, ne sposa un altro, commette adulterio”. — Mar. 10:12.
CERTIFICATO DI DIVORZIO
Dagli abusi avvenuti in seguito non si deve concludere che la concessione del divorzio fatta in origine dalla legge mosaica rendesse facile per il marito israelita divorziare da sua moglie. Per far questo egli doveva osservare certe formalità. Era necessario redigere un documento, “scriverle un certificato di divorzio”. Il marito che intendeva divorziare doveva “metterglielo in mano e congedarla dalla sua casa”. (Deut. 24:1) Anche se le Scritture non forniscono altri particolari al riguardo, questa misura legale richiedeva evidentemente di consultare uomini dovutamente autorizzati, i quali potevano prima cercare di incoraggiare una riconciliazione. Il tempo necessario per preparare il certificato e portare legalmente a termine il divorzio offriva al marito l’opportunità di tornare sulla sua decisione. Ci doveva essere una ragione per divorziare e, quando la norma era dovutamente osservata, poteva servire a scoraggiare un’azione precipitosa. Inoltre in tal modo erano tutelati anche i diritti e gli interessi della moglie.
NUOVO MATRIMONIO DI PERSONE DIVORZIATE
Deuteronomio 24:1-4 stabiliva inoltre che la donna divorziata doveva “uscire dalla casa di lui e andarsene e divenire di un altro uomo”, vale a dire che poteva risposarsi. Era pure precisato: “Se quest’ultimo uomo l’ha odiata e le ha scritto un certificato di divorzio e gliel’ha messo in mano e l’ha congedata dalla sua casa, o nel caso che l’ultimo uomo che l’ha presa in moglie muoia, non sarà permesso al primo proprietario di lei che l’aveva mandata via di riprenderla perché divenga sua moglie dopo ch’ella è stata contaminata; poiché questo è qualche cosa di detestabile dinanzi a Geova, e non devi condurre al peccato il paese che Geova tuo Dio ti dà in eredità”. Il primo marito non poteva riprendersi la moglie da cui aveva divorziato, forse per evitare che lui e la moglie risposata si mettessero d’accordo per divorziare dal secondo marito,
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