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  • Sorprendenti differenze fra le razze
    Svegliatevi! 1978 | 22 aprile
    • Sorprendenti differenze fra le razze

      ERA il 1955, e a Norimberga, in Germania, si teneva un congresso internazionale. Un gruppo di Europei attorniò una coppia di negri americani, visibilmente felici di stare insieme a loro. Ne strofinarono la pelle e ne tastarono i capelli. A quanto pare non avevano mai visto un negro prima d’allora ed erano affascinati dalle rimarchevoli differenze. I negri gradirono la calorosa accoglienza. Nel loro paese, però, nel corso dei secoli erano sorti pregiudizi razziali che avevano creato una situazione molto diversa.

      Prendete gli Spencer, una famiglia di negri che si trasferì in un bel quartiere di New York. Si era alle soglie del 1975. Fu lanciata una bomba in casa loro, con un biglietto attaccato: NEGRI, SIETE AVVERTITI. “L’intenzione era di annientare tutta la famiglia”, disse il capitano di polizia incaricato delle indagini.

      Un cronista, che in seguito parlò con i bianchi del quartiere, spiega: “Insistevo: perché non volete i negri qui? ‘Se vuole proprio saperlo’, rispose il tizio con la bandiera, ‘sono basilarmente incivili. Ovunque vanno, l’indice della delinquenza sale, i quartieri vanno in rovina, i bianchi devono andarsene’”.

      Molti bianchi la pensano diversamente e hanno relazioni amichevoli con i negri. Nel Sud degli Stati Uniti sono stati fatti ottimi passi avanti per migliorare le relazioni fra le razze. Molte scuole e altri luoghi pubblici praticano l’integrazione razziale. Tuttavia, ci sono ancora molti per i quali le differenze fra le razze sono così grandi da giustificare la segregazione razziale.

      La segregazione è giustificata?

      Nel 1954 la Corte Suprema degli Stati Uniti emanò un decreto contro la segregazione razziale nelle scuole pubbliche. Ma molti Americani non sono d’accordo con questa decisione. Né sono d’accordo con l’ordinanza emessa dalla Corte nel 1969 in base a cui i distretti delle scuole pubbliche dovevano “immediatamente” applicare l’integrazione. Questo è indicato dal fatto che alla fine degli anni sessanta la percentuale dei bambini negri che frequentavano scuole prevalentemente negre era maggiore che nel 1954!

      Negli Stati Uniti, inoltre, molti non sono d’accordo con la decisione della Corte Suprema del 1967 secondo cui è incostituzionale “impedire un matrimonio esclusivamente in base alle classificazioni razziali”. Questo decreto annullò tutte le leggi degli Stati Uniti contro il matrimonio fra persone di razza diversa. Tuttavia è ancora comune sentir qualcuno dire che, a suo avviso, negri e bianchi non dovrebbero sposarsi fra loro.

      La situazione esistente nelle chiese è un’ulteriore indicazione che per molti le differenze razziali giustificano la segregazione. Kyle Haselden, redattore di The Christian Century, scrisse nel 1964: “Tutti sanno che l’ora della vita americana in cui la segregazione è più sentita sono le 11 di domenica mattina”. E la segregazione persiste. L’anno scorso il ministro della chiesa battista di Plains, in Georgia, “disse che le sue dimissioni erano state motivate dalla ‘reazione’ ai suoi sforzi di integrare la chiesa”. — Post di New York, 22 febbraio 1977.

      Sebbene sia stato fatto molto progresso nel migliorare le relazioni fra le razze, alcuni hanno visto recentemente qualche motivo di scoraggiamento. Un negro, scrivendo in The Christian Century del 28 aprile 1976, disse: “Sono preoccupato, veramente preoccupato per il grave deterioramento nei rapporti fra negri e bianchi. Gli amici negri provano lo stesso senso di frustrazione e impotenza”.

      Spesso la divisione si acuisce quando persone di razza diversa mostrano reciproca ostilità e si tengono separate. Come fa notare la summenzionata persona: “Andai a fare una passeggiata nel campus di Yale. Fui raggiunto da due studenti bianchi. Si lamentarono d’essere costretti alla segregazione dai compagni negri che preferivano abitare e studiare da soli, non avendo che pochi o nessun contatto sociale con gli studenti bianchi”.

      Quanto sono diverse le razze?

      In realtà, quanto sono diverse? Sono le differenze così grandi che persone di razza diversa non possano vivere insieme su un piano di parità e provare piacere nella reciproca compagnia? Per esempio, c’è veramente un grande abisso fra l’intelligenza di persone di varie razze? Oppure, hanno le razze un odore caratteristico, per cui negri e bianchi debbano trovar difficile vivere molto vicini?

      Ovviamente le differenze ci sono. Fra quelle che si notano di più vi sono il colore della pelle e la struttura dei capelli. Ci sono differenze anche nella forma del naso, delle palpebre e delle labbra. Fra i negri sono comuni le labbra grosse, mentre persone di altre razze tendono ad avere le labbra più sottili.

      Tuttavia alcuni bianchi additano subito ciò che definiscono “differenze più importanti”. Come si è già detto, si afferma che i negri siano “basilarmente incivili”. Si dice che siano di “bassa morale”. A prova di questa asserzione sono citati i più alti indici di nascite illegittime registrati fra i negri. Ma si dicono comunemente altre cose di loro.

      Per esempio: “I negri si curano meno della famiglia”. E, come prova, viene citato il più alto numero di separazioni nelle famiglie negre. “L’indice della delinquenza sale quando arrivano i negri; i quartieri vanno in rovina”. Per comprovare quest’affermazione, vengono additati i quartieri negri che in genere sono più decadenti, e le statistiche secondo cui, in proporzione, i negri commettono più reati. “I negri sono meno intelligenti dei bianchi”. Ed è un fatto che, in media, nei test del Q.I. i negri ottengono un punteggio inferiore ai bianchi di pari condizioni socio-economiche e generalmente riescono meno bene a scuola.

      Ma perché i negri hanno la peggio in tali confronti? Una pubblicazione della Commissione americana per i Diritti Civili mise a fuoco il problema. Disse che l’ovvia inferiore “condizione dei non bianchi può derivare solo da due fattori. O i non bianchi sono inferiori come persone, o il razzismo dei bianchi ha impedito alla loro naturale uguaglianza coi bianchi di imporsi in pratica negli oltre 300 anni da che sono in America”. — Racism in America — How to Combat It.

      Secondo voi, qual è la risposta?

      Veduta un tempo prevalente

      Un tempo l’idea prevalente era che i negri fossero persone inferiori. L’Encyclopædia Britannica, Nona Edizione, 1884, diceva: “Nessun negro di razza pura si è mai distinto come uomo di scienza, poeta o artista, e la fondamentale uguaglianza rivendicata a suo favore da filantropi ignoranti è smentita da tutta la storia della razza nell’intero arco del periodo storico”. Essa menzionava pure l’“innata inferiorità mentale dei negri, inferiorità che è anche più netta delle differenze fisiche”.

      Questa enciclopedia diceva che negri e bianchi, da bambini, sembrano essere pari per intelligenza. “Quasi tutti gli osservatori ammettono”, faceva notare, “che il bambino negro nel complesso è intelligente quanto quelli di altre varietà umane”. Tuttavia, si diceva che nei negri ha luogo una “prematura ossificazione del cranio, ciò che impedisce ogni ulteriore sviluppo del cervello”. Pertanto, la Britannica asseriva: “Pare che alla pubertà ogni ulteriore progresso [dei negri] si arresti”. La Chambers’ Encyclopædia, del 1882, pur non essendo d’accordo con la Britannica, parlava dell’idea che “i negri costituiscono un anello di congiunzione fra l’ordine superiore delle scimmie e il resto dell’umanità”.

      Alcuni sono ancora dell’idea che i negri siano persone inferiori; questa opinione non è affatto sparita. Circa le idee prevalenti nel luogo dove abitava, un uomo scrisse: “Crebbi in un centro rurale del Sud dove si diceva che i negri siano tali a causa di una maledizione posta su di loro da Dio. . . . Infatti, si diceva che dopo tutto i negri non erano veramente persone ma appartenenti al regno animale”.

      Perfino certi scienziati odierni sostengono che i negri siano biologicamente inferiori ai bianchi. Nel 1974 un lungo studio dall’apparenza autorevole, appoggiato da eminenti educatori, si pronunciò a favore di questa opinione. Dello scrittore, John R. Baker, The Guardian del 6 aprile 1974 disse: “Col pretesto di fornire dei dati, egli è abile nell’accumulare citazioni e riferimenti i quali, insieme all’atmosfera fortemente repulsiva generata dallo stile, darebbero a qualsiasi lettore che non conosca nessun ‘negride’ l’impressione che siano esseri subumani (per esempio: ‘Long dice che i negri si distinguono per l’“odore bestiale o fetido”’)”.

      Che dire allora delle differenze razziali? In effetti, di che entità sono?

  • C’è una razza superiore?
    Svegliatevi! 1978 | 22 aprile
    • C’è una razza superiore?

      COME considerate le razze? Per essere specifici, considerate i bianchi superiori per natura ai negri? Qualunque sia la vostra risposta verbale, che cosa rivela il vostro modo di pensare e d’agire?

      Gli individui dicono spesso di non avere pregiudizi razziali. Tuttavia, è un fatto che le vedute razziste predominano da molto tempo. E così molti continuano a pensare che i negri siano per natura inferiori ai bianchi e destinati a occupare permanentemente una condizione più bassa.

      Come ebbero origine tali idee? Che cosa le rende così ostinate?

      Il ruolo della religione

      L’idea moderna dell’innata superiorità dei bianchi ebbe origine con la conquista e la schiavitù dei negri africani. La tratta degli schiavi doveva essere giustificata, in particolare perché coloro che la praticavano erano cristiani professanti. Charles de Secondat Montesquieu, giurista e filosofo politico francese, spiegò il ragionamento dei negrieri: “Non possiamo certo supporre che queste creature siano uomini, perché, se ammettessimo che lo sono, nascerebbe il sospetto che noi non siamo cristiani”.

      Anche i cristiani professanti d’America dovevano giustificare la schiavitù, poiché l’economia dei piantatori di cotone del Sud si basava sulla schiavitù dei negri. Pertanto uno storico americano dice:

      “Il Sud cercò nelle Scritture l’approvazione biblica di questa pratica. . . . Il Sud sosteneva continuamente che la schiavitù era approvata e anzi comandata dalla Bibbia, e che era un’istituzione divinamente stabilita e specialmente utile ai negri”. — “A Complete History of the United States”, di Clement Wood, pagg. 217, 337.

      Le chiese furono tra le prime a giustificare la schiavitù. Si insegnava che i negri sono una razza maledetta, ragion per cui hanno la pelle nera. Nel 1844, a causa della schiavitù, i metodisti del Nord si separarono da quelli del Sud. Nel 1845 i battisti e, verso la stessa epoca, la Chiesa Presbiteriana si divisero lungo la linea politica Mason-Dixon. Ancora nel 1902 una Casa Biblica di St. Louis pubblicava un libro di vasta diffusione intitolato “The Negro a Beast” or “In the Image of God” (“Il negro come animale” o “A immagine di Dio”). Uno dei suoi capitoli era intitolato “Convincenti prove bibliche e scientifiche che il negro non appartiene alla famiglia umana”.

      Così, con l’approvazione delle chiese, i negri furono considerati per natura inferiori ai bianchi. L’Encyclopædia Britannica deplora: “Per l’Africano fu una disgrazia essere reso schiavo in America da cristiani, i quali, non potendo conciliare le proprie credenze con la pratica della schiavitù, rimaneggiarono il loro concetto del negro finendo per considerarlo una proprietà, non un essere umano avente dei diritti e delle libertà”. — Vol. 16, pag. 200D, 1971.

      Ma non furono solo le chiese a difendere simili idee. Filosofi e scienziati fecero altrettanto.

      Altri sostengono la superiorità dei bianchi

      Verso il 1830, filosofi degli Stati Uniti meridionali formularono princìpi sulla naturale disuguaglianza esistente fra gli uomini, concetto allora già accettato dalla maggior parte della gente del Sud. E il principale esperto americano di antropologia fisica dell’epoca, Josiah C. Nott, cercò di dare a questo concetto una base biologica. Alcuni adottarono l’idea che le varie razze si erano evolute separatamente e che i negri erano più strettamente imparentati con le scimmie. Dopo avere menzionato come prova certi caratteri, l’Encyclopædia Britannica osservò: “Sembrerebbe che il negro sia su un piano evoluzionistico più basso di quello dell’uomo bianco, e che sia più strettamente imparentato con gli antropoidi superiori”. — Vol. 19, 1911, pag. 344.

      Ancor oggi alcuni hanno vedute simili, e fra questi c’è il prof. Carleton S. Coon, ex presidente dell’Associazione Americana degli Esperti di Antropologia Fisica. Egli afferma che cinque razze di uomini, isolate l’una dall’altra, “si evolsero indipendentemente in Homo sapiens non una ma cinque volte”. In una trasmissione di una rete televisiva americana, un portavoce asserì che Coon “presenta l’evidenza, ed è dell’opinione che la razza negra sia 200.000 anni indietro rispetto alla razza bianca sulla scala evoluzionistica”.

      Tali idee sui negri, idee di vecchia data, ci aiutano a capire come i primi Americani potessero dire che ‘tutti gli uomini sono stati creati uguali’, eppure approvare una forma di schiavitù in cui certe persone erano considerate inferiori. The Sociology of Social Problems, Terza Edizione, di Paul B. Horton e Gerald R. Leslie, spiega:

      “Il detto che ‘tutti gli uomini sono creati uguali’ non si applicava ai negri, poiché essi erano ‘proprietà’, non uomini. Le teorie di una biblica maledizione camitica, di un’evoluzione incompleta o separata, del determinismo geografico e delle evidenze dei test intellettivi furono utilizzate con successo per giustificare il trattamento dei negri come esseri inferiori. Finché tali nozioni furono accettate — e la maggioranza delle persone le accettò — non c’era nessuna incoerenza nel professare ideali democratici pur praticando la discriminazione”.

      Probabilmente sono in pochi oggi ad affermare che i negri ‘non sono uomini’. Tuttavia molti credono ancora che siano per natura inferiori. Il più elevato indice di nascite illegittime e di criminalità, le inferiori condizioni economiche e sociali, e, in particolare, il più basso punteggio medio nei test intellettivi, sono considerati la “prova” della loro inferiorità biologica. Ma questa evidenza è realmente una prova di inferiorità biologica? Vi sono circostanze che spiegano le deficienze dei negri, in media, rispetto ai bianchi?

      Origine dei negri d’America

      Negli Stati Uniti molti credono che gli antenati africani dei negri d’America fossero dei selvaggi, privi di cultura e incivili. Ritengono che fossero mentalmente ottusi, infantili, incapaci di svolgere lavori complessi o di sviluppare una civiltà progredita. Ma i fatti indicano altrimenti, come mostrano i commenti di The World Book Encyclopedia:

      “Regni negri molto progrediti esisterono centinaia d’anni fa in varie parti dell’Africa. . . . Alcuni re negri e i loro nobili vivevano in mezzo a grande ricchezza e splendore. Le loro capitali divennero in certi casi centri culturali e commerciali. Dal 1200 al 1600, fiorì a Timbuctù, nell’Africa Occidentale, un’università arabo-negra che divenne famosa in tutta la Spagna, l’Africa Settentrionale e il Medio Oriente”. — Vol. 14, 1973, pagg. 106, 107.

      È vero che la cultura africana è molto diversa da quella europea, com’è diversa anche dalla cultura orientale. E alcuni, purtroppo, considerano la differenza come se fosse inferiorità. Ma, d’altra parte, non si può negare che in secoli recenti lo sviluppo della vita e della cultura africana si è arrestato. Il progresso si è fermato con conseguente arretratezza. Ma perché?

      La causa è stata in gran parte la tratta degli schiavi, di cui l’Encyclopedia Americana disse: “Disorganizzò la cultura e l’industria negra, fermò lo sviluppo dell’arte, provocò la caduta di governi e fu la causa di quel moderno ristagno della cultura che ha contraddistinto il Continente Nero dal 1600”. — Vol. 20, 1927, pag. 47.

      Le dimensioni della tratta degli schiavi, e il suo impatto sulla società africana, sono sconcertanti. Secondo The New Encyclopædia Britannica del 1976, “in base alle stime gli schiavi che attraversarono l’Atlantico vanno dai 30.000.000 ai 100.000.000”. Stime più moderate danno la cifra “di circa 15 milioni”. Ma anche le stime inferiori presentano cifre enormi, specie quando si considera il numero di quelli che persero la vita.

      Bisogna riconoscere che gli Africani furono catturati sia direttamente dai bianchi che in guerre e incursioni dai negri stessi, i quali vendettero i loro connazionali ai negrieri bianchi. Chiunque avesse la responsabilità iniziale, i prigionieri eran quindi fatti marciare fino alla costa e trattenuti in stazioni d’imbarco. Poi, incatenati a due a due, venivano ammassati nelle stive delle navi in uno spazio appena sufficiente per stare sdraiati. Lì trascorrevano la maggior parte dei cinquanta giorni di viaggio attraverso l’Atlantico senza un filo di luce o d’aria fresca. Si calcola che circa un terzo dei prigionieri morissero prima di salire sulle navi, e un altro terzo durante la traversata.

      Fu al principio del 1500 che i primi schiavi furono portati nelle Indie Occidentali e nell’America del Sud per lavorare nelle miniere e nelle piantagioni. Nel 1619 una nave negriera olandese sbarcò i primi negri nell’America del Nord non come schiavi, ma come servitori vincolati da contratto. Tuttavia, nei successivi anni del diciassettesimo secolo la schiavitù fu pienamente stabilita, e, col tempo, vennero a trovarsi negli Stati Uniti circa quattro milioni di schiavi negri.

      Gli effetti della schiavitù

      Di solito gli Africani erano prima sbarcati nelle Indie Occidentali, dove venivano “addomesticati” per la schiavitù, per poi essere spediti in America. La prassi era di separare gli individui aventi origine dalla stessa tribù, per impedire sollevazioni in massa. Anche le famiglie erano divise, e i negrieri o i nuovi padroni davano agli schiavi nomi diversi. L’intento era di rendere arrendevoli e ubbidienti i negri. In questo processo, la loro personalità venne distorta, la loro mentalità soppressa, e, comprendendo l’inutilità di resistere, spesso i negri cominciavano a comportarsi come se fossero inferiori.

      Furono formulati codici per gli schiavi onde assicurarne la completa subordinazione. The Encyclopedia Americana dice:

      “Gli schiavi non potevano essere proprietari, possedere armi da fuoco, darsi al commercio, lasciare la piantagione senza il permesso del padrone, deporre in tribunale eccetto che contro altri negri, stipulare contratti, imparare a leggere e scrivere, o tenere adunanze se non alla presenza di bianchi. . . . l’assassinio o lo stupro di uno schiavo o di un negro libero non era considerato un reato grave se commesso da un bianco”. — Vol. 20, 1959, pag. 67.

      Nella maggior parte degli stati schiavisti, chi insegnava a un negro a leggere o scrivere era punito con un’ammenda, la fustigazione o l’imprigionamento.

      Nel 1808 gli Stati Uniti dichiararono illegale la tratta degli schiavi. Tuttavia, la tratta continuò a dispetto della legge, poiché gli schiavi erano più richiesti che mai. Questo portò a un’ulteriore brutalità: allevare schiavi da vendere. The Encyclopedia Americana spiega:

      “Si sviluppò all’interno una estesa e proficua tratta degli schiavi, a cui furono legati alcuni dei più crudeli e spietati episodi del sistema schiavista, come ad esempio la procreazione di schiavi negli stati più vecchi da vendere nell’estremo Sud, e la continua rottura dei vincoli familiari con la vendita separata dei vari membri”. — Vol. 20, 1959, pag. 67.

      Sì, l’idea che i negri ‘non sono uomini’ spinse ad allevarli e a venderli, come si fa di solito col bestiame. Poi, bruscamente, nel 1865, negli Stati Uniti la schiavitù fu completamente abolita. Ma i sentimenti razzisti rimasero, e i negri furono tenuti “al loro posto”, un posto di subordinazione rispetto ai bianchi, con leggi segregazioniste e in altri modi. Il linciaggio per impiccagione fu un altro importante strumento di controllo. Dal 1890 al 1900 ci furono in media 166 linciaggi all’anno. Inoltre, The Encyclopedia Americana riferisce: “Lo sfruttamento sessuale delle donne negre da parte dei bianchi continuò a essere tollerato. La polizia e spesso i tribunali riservavano ai negri un trattamento vergognosamente ingiusto e discriminatorio”. — Vol. 20, 1959, pag. 70.

      Stiamo parlando di storia antica? No, i nonni di molti negri oggi viventi erano schiavi. E certe persone d’oggi hanno sentito raccontare com’era la vita allora dalle vive labbra di alcuni che erano schiavi. Fino agli anni cinquanta in America i mass media presentavano ancora i negri come inferiori: il loro ruolo era invariabilmente quello di servitori dei bianchi.

      In genere, però, i negri non comparivano per niente, né nelle riviste né alla televisione né nei giornali, se non nelle notizie di cronaca nera. Erano continuamente oggetto di discriminazione, ricevendo un’istruzione scadente ed essendo loro preclusi certi tipi di impiego e molti altri benefici di cui godevano i bianchi. Praticamente da ogni lato le porte erano loro chiuse, e molti erano privati di qualsiasi speranza di migliorare la propria sorte.

      Sulla base di queste circostanze, ci si poteva veramente aspettare che i negri raggiungessero in media lo stesso livello dei bianchi nel campo educativo e in altre attività? Sarebbe equo giudicarli una razza inferiore perché non soddisfano una certa norma? Cosa avviene quando le opportunità vengono offerte loro?

      Opportunità e incentivo

      Prima del 1947 i negri erano esclusi dalle principali squadre di baseball degli U.S.A. Quell’anno, poiché le tensioni razziali si acuivano, fu permesso a un negro di giocare. Ben presto i negri si distinsero nel baseball. Nel 1971, l’anno in cui furono campioni del mondo, in una partita i Pittsburgh Pirates misero in campo una squadra di nove giocatori, tutti negri. Esiste una situazione analoga in altri sport, per cui il Times di New York fu spinto a dire: “La pallacanestro professionista è praticamente un gioco dei negri”.

      Cosa significa? Che biologicamente i negri siano superiori ai bianchi sul piano fisico? O significa invece che quando sono offerte ai negri opportunità, un’istruzione e un incentivo, essi possono avere successo? Ovviamente è valida la seconda ipotesi. Gli individui di una certa razza non hanno la capacità innata di diventare calciatori, musicisti, scienziati, professori universitari, ecc. Queste sono cose che bisogna imparare.

      È un errore classificare le razze secondo degli stereotipi, dicendo che una razza sia per natura ottusa e lenta, un’altra aggressiva e attiva, un’altra ancora docile e arrendevole, ecc. Le razze sono quello che sono particolarmente a motivo dell’istruzione, dell’addestramento e dell’incentivo che ricevono. Per esempio, molti definivano spesso i Cinesi persone gentili e arrendevoli per natura. Ma pochi oggi li definirebbero così dopo la diversa istruzione e direttiva che hanno ricevuto nei vari decenni trascorsi sotto il comunismo.

      Tuttavia persiste l’idea che per natura, biologicamente, la razza negra sia di mente più lenta e meno intelligente di quella bianca. Ci sono prove attendibili in tal senso?

      [Immagine a pagina 9]

      Manifesti dell’epoca che annunciano la vendita all’asta di schiavi negri

      [Fonte dell’immagine]

      Per cortesia dello Schomburg Center for Research in Black Culture, The New York Public Library, Astor, Lenox and Tilden Foundations

  • I bianchi sono più intelligenti dei negri?
    Svegliatevi! 1978 | 22 aprile
    • I bianchi sono più intelligenti dei negri?

      SÌ, dicono molti. I bianchi, come razza, hanno ereditato più intelligenza dei negri.

      William Shockley, premio Nobel per la fisica, lo afferma enfaticamente. Egli dice: “In seguito alle mie ricerche sono giunto all’inevitabile conclusione che la causa maggiore delle lacune intellettuali e sociali dei negri americani è . . . di origine genetica”.

      Il prof. Arthur R. Jensen, dell’Università della California (a Berkeley), è uno dei massimi sostenitori dell’idea che, quanto a intelligenza, i bianchi sono biologicamente superiori ai negri. Egli dichiara: “Pare che, nel complesso, il numero dei geni dell’intelligenza sia minore nella popolazione negra che in quella bianca”.

      Su che cosa si basano tali asserzioni?

      Base delle asserzioni

      Molti fanno notare che l’ereditarietà è in gran parte responsabile delle differenze tra le razze. I negri hanno ereditato la pelle scura, le labbra grosse e i capelli crespi, e i bianchi hanno ereditato caratteri sorprendentemente diversi. Quindi, se interi gruppi di persone hanno ereditato caratteri fisici così diversi, è solo ragionevole, sostengono alcuni, che le razze abbiano ereditato diversi gradi di intelligenza. Ma è così? Perché si afferma che i negri, come razza, hanno ereditato meno intelligenza dei bianchi?

      Soprattutto a motivo dei risultati ottenuti con i test del quoziente intellettivo (Q.I.). In questi test i negri, in media, conseguono risultati di circa 15 punti inferiori a quelli dei bianchi. Anche quando vengono esaminati bianchi e negri di pari condizioni sociali ed economiche, i risultati ottenuti dai bianchi sono in media sensibilmente superiori a quelli dei negri. In base a tali evidenze, quindi, Jensen conclude “che da metà a tre quarti circa della differenza del Q.I. medio fra negri e bianchi è attribuibile a fattori genetici”.

      I risultati dei test intellettivi, oltre alle conclusioni basate sulla teoria evoluzionistica, hanno rafforzato l’opinione di molti che i negri siano mentalmente inferiori. Alcuni scienziati hanno sostenuto che in larga misura le razze si evolsero indipendentemente in un arco di centinaia di migliaia d’anni. I negri, si afferma, oltrepassarono la soglia evoluzionistica per entrare nella categoria dell’Homo sapiens più tardi dei bianchi.

      Essendo oggi i test del Q.I. la ragione principale per cui si sostiene che i negri siano per natura meno intelligenti dei bianchi, esaminiamo questi test.

      Intelligenza e test intellettivi

      Anzitutto, che cosa si intende per intelligenza?

      Questa è una domanda a cui è sorprendentemente difficile rispondere. Un gran numero di diverse qualità si potrebbero definire intelligenza. Alcuni possono essere “intelligenti” in un certo campo, essendo forse capaci di imparare a memoria nomi e date con facilità, ma essere “ottusi” in un altro, ad esempio nel risolvere problemi aritmetici. Pertanto non esiste una definizione di intelligenza universalmente accettata.

      Che dire allora dei test del Q.I.? Misurano l’intelligenza? A questo proposito, Patrick Meredith, professore di psicofisica all’Università di Leeds (Inghilterra), disse: “Si potrebbe sostenere che i Francesi siano più svegli dei pigmei, ma se osservate i pigmei nel loro ambiente naturale mentre costruiscono ponti di fibre vegetali e se la cavano molto bene nella vita potreste chiedere che cosa si intenda per intelligenza. La valutazione del Q.I. non è un’indicazione di come si comporterà l’individuo in una data situazione. Il test intellettivo è un concetto privo di qualsiasi carattere scientifico”.

      In genere si riconosce che i test intellettivi non danno un quadro completo dei molti fattori implicati nell’intelligenza. Non è possibile ottenerlo data la grande varietà di circostanze ed esperienze personali. Cosa misurano allora i test del Q.I.?

      Arthur Whimbey, professore di psicologia presso un’università degli Stati Uniti meridionali, osserva: “Gli studi portano alla conclusione che i test del Q.I. non misurano l’innata capacità intellettiva, ma piuttosto una serie di capacità acquisite che si possono insegnare in aula o a casa”.

      A conferma di ciò, è stato dimostrato che si può insegnare come affrontare i test del Q.I., con risultati sorprendenti. Uno studioso riferisce che un giovane studente negro del Mississippi fu addestrato a fare tali test, e nel giro di sei settimane elevò sensibilmente il punteggio del suo Q.I.

      È facile immaginare quali errate conclusioni si potrebbero trarre dai punteggi del Q.I., e gli effetti che ciò può avere. Un negro americano, ora professore universitario, scrive:

      “A 15 anni ottenni un punteggio di 82 nel test del Q.I. . . . In base a questo punteggio, mi fu consigliato di mettermi a fare il muratore perché ‘sapevo adoperare le mani’. . . . Andai ugualmente al Philander Smith College, mi diplomai con lode, mi laureai in lettere all’Università Statale di Wayne e in filosofia alla Washington University di St. Louis. Altri negri, altrettanto qualificati, sono stati esclusi”.

      Tuttavia, è un fatto che nei test intellettivi i bianchi ottengono in media 15 punti in più rispetto ai negri. Perché? Se i negri sono per natura intelligenti quanto i bianchi, perché allora non ottengono punteggi superiori?

      Esaminiamo la domanda nel contesto

      Molti fattori possono spiegare perché nei test intellettivi il loro Q.I. risulta in media più basso. In particolare, i negri americani sono stati messi in una posizione di grande svantaggio dal fatto che i bianchi li hanno trattati da inferiori, da indesiderabili. Il giudice Earl Warren, ex presidente della Corte Suprema americana, citò un esempio dei moderni atteggiamenti razziali in un articolo di Atlantic dell’aprile 1977.

      A metà degli anni cinquanta si attendeva che la Corte Suprema prendesse la sua decisione sulla segregazione nelle scuole; fu allora che il presidente americano Dwight Eisenhower invitò Warren a una colazione alla Casa Bianca, con l’intento di influenzarlo perché decidesse a favore della legge segregazionista. “Il Presidente”, scrive Warren, “mi prese per un braccio, e, passeggiando, disse in riferimento ai casi di segregazione negli stati del Sud: ‘Questi [del Sud] non sono gente cattiva. Si preoccupano solo che le loro innocenti bambine non debbano sedere nei banchi accanto a qualche negro cresciuto troppo in fretta’”.

      Come risulta dalle parole di questo presidente, i bianchi hanno tentato comunemente di “tenere i negri al loro posto”, in una posizione segregata, subordinata, escludendoli dai benefici goduti dai bianchi. Durante la schiavitù, e in seguito durante la segregazione legalizzata, fu facile far questo. I negri che uscivano dai ranghi erano frustati, linciati o puniti in altri modi. Come risultato fu prodotta la personalità infantile, servile, mentalmente lenta di “Sambo” (nomignolo affibbiato ai negri). Un’idea diffusa tra i bianchi era che questa personalità fosse innata nei negri. Tuttavia, Thomas F. Pettigrew, professore di Harvard, spiega:

      “Nessun dato di antropologia africana ha mai mostrato un tipo di personalità somigliante a quella di Sambo; e i campi di concentramento [nella Germania nazista] plasmarono un equivalente modello di personalità in un’ampia varietà di prigionieri caucasici. Né Sambo fu semplicemente il prodotto della ‘schiavitù’ in senso astratto, poiché il sistema [di schiavitù] dell’America Latina, con effetti meno deleteri, non produsse mai tale tipo”.

      Pertanto, i risultati dei test intellettivi si devono esaminare in questo contesto di oltre 300 anni di oppressione durante i quali molti negri, per difendersi e sopravvivere, svilupparono una personalità servile. E ricordate che fino alla seconda parte del secolo scorso, in molti luoghi degli Stati Uniti era illegale che i negri imparassero a leggere o scrivere. E neppure da allora i negri, nel complesso, hanno avuto le stesse opportunità dei bianchi di farsi un’istruzione.

      Effetto dell’ambiente

      Anche il tipo di istruzione domestica che il bambino riceve prima di andare a scuola influisce direttamente sul rendimento intellettivo. Un fatto interessante è che la differenza di 15 punti nel Q.I. si osserva tra i bambini negri e i bambini bianchi all’età di cinque anni, ancor prima che vadano a scuola. Alcuni arguiranno che questa sia la prova che i negri nascono meno intelligenti dei bianchi, ma l’evidenza indica che potrebbe dipendere da altri fattori.

      La prima infanzia è il principale periodo di sviluppo intellettivo. Il dott. Benjamin Bloom dell’Università di Chicago, come pure altri educatori, sostiene che quando il bambino compie i cinque anni lo sviluppo intellettivo è pari a quello che avverrà nei successivi tredici anni. In armonia con tale conclusione, Science News Letter osserva: “Nei primi anni, l’intelligenza del bambino può essere notevolmente influenzata da un ambiente che incoraggia l’apprendimento e l’esplorazione”.

      Ma considerate la situazione domestica di molti negri americani. Le loro famiglie hanno problemi più frequenti delle famiglie dei bianchi. Molte volte il padre non è a casa, essendo costretto a cercare lavoro in un’altra zona. Spesso nelle famiglie negre la madre deve allevare i figli da sola. In tali circostanze, ci si può attendere che i piccoli ricevano nei primi anni l’educazione che consentirà il raggiungimento di prestazioni intellettuali pari a quelle dei bianchi?

      Inoltre, studi recenti mostrano che nelle famiglie numerose, negre o bianche, dove i genitori di solito prestano meno attenzione individuale ai figli, questi ottengono risultati inferiori nei test intellettivi. Dato che in media le famiglie negre sono più numerose di quelle bianche, questo potrebbe essere un altro fattore che contribuisce al minore rendimento intellettuale dei negri.

      Un altro fattore da considerare è che l’ambiente familiare non è lo stesso: la cultura bianca differisce sensibilmente da quella negra. E i test intellettivi tradizionali sono chiaramente favorevoli ai bianchi. Per esempio, in un test Stanford-Binet veniva mostrata una fotografia di una donna bianca ben messa e di una donna dai lineamenti negroidi coi capelli un po’ scarmigliati. La risposta era “giusta” se il bambino sceglieva come “graziosa” la donna bianca, e “sbagliata” se sceglieva la negra.

      Un’altra cosa da ricordare è che nei test intellettivi parecchi negri hanno ottenuto risultati molto superiori alla media conseguita dai bianchi. Infatti, durante la prima guerra mondiale i negri di certe parti degli U.S.A. settentrionali ottennero risultati migliori nei test intellettivi rispetto ai bianchi di certe parti del Sud, il che farebbe pensare che i negri non nascano meno intelligenti. Theodosius Dobzhansky, biologo americano, fece questa interessante osservazione: “In media le differenze fra le razze sono molto minori delle variazioni all’interno di qualsiasi razza. In altre parole, se una persona ha un grosso cervello o un elevato quoziente d’intelligenza, in questo è superiore alla media sia della sua propria razza che di qualsiasi altra”.

      Il libro Intelligence—Genetic and Environmental Influences, a cura del medico e professore universitario Robert Cancro, esamina a fondo i fattori ambientali che contribuiscono alle inferiori prestazioni intellettive dei negri. Considerando tutti gli svantaggi che i negri hanno avuti, lo scrittore conclude: “È davvero sorprendente riscontrare che il Q.I. medio degli Americani negri è inferiore solo di 15 punti a quello degli Americani bianchi. Non c’è assolutamente nessuna ragione per considerare biologicamente inevitabile questa differenza”.

      Il famoso antropologo Ashley Montagu pervenne a una conclusione simile. Egli scrive: “Quando l’alimentazione è scadente, l’assistenza sanitaria insufficiente, l’alloggio degradante, il reddito familiare basso, la disorganizzazione familiare estesa, la disciplina assente, la popolazione quasi interamente racchiusa nei ghetti, il merito personale continuamente sminuito, le speranze incerte e le aspirazioni frustrate, oltre a numerosi altri svantaggi ambientali, ci si possono senz’altro attendere gli insuccessi nello sviluppo intellettuale che sono così spesso gratuitamente attribuiti a fattori genetici”.

      Montagu conclude: “Non c’è nessuna evidenza che alcun popolo sia in qualche modo biologicamente o mentalmente superiore o inferiore ad alcun altro popolo”.

      Tuttavia c’è qualche prova che la differenza riscontrata nel Q.I. medio delle razze non è dovuta al fatto che i bianchi ereditino più intelligenza dei negri?

      Conclusioni basate sulle prove

      Non c’è nessuna prova che i bianchi abbiano, o non abbiano, ereditato più intelligenza dei negri. È chiaro, comunque, che l’ambiente ha notevole effetto sullo sviluppo intellettuale. In Israele, per esempio, alcuni fanciulli ebrei orientali di famiglie povere, messi nei kibbutz e allevati collettivamente, rivelarono un Q.I. più alto di quello dei fanciulli di pari estrazione sociale allevati dai genitori. Anche i figli di Indiani americani allevati in case adottive bianche ottengono risultati sensibilmente migliori, in termini di Q.I., di quelli dei loro fratelli e sorelle abitanti nella Riserva. Ma vale la stessa cosa per i negri?

      Un recente studio di bambini negri allevati in case bianche lo ha confermato. Lo studio, effettuato su oltre cento famiglie bianche che avevano adottato bambini negri in tenera età e li avevano allevati in casa loro, ha mostrato che il Q.I. di questi negri reggeva bene il confronto con quello dei bianchi. “Nel complesso”, scrivono i ricercatori, “dal nostro studio abbiamo compreso l’importanza dei fattori ambientali. . . . Se l’ambiente diverso può spostare i risultati dei test intellettivi di bambini negri dai normali 90 o 95 a 110, le idee proposte dai deterministi genetici non possono spiegare l’attuale differenza di Q.I. fra negri e bianchi”.

      Perciò, da quanto sembra indicare l’opinione scientifica, i minori risultati ottenuti in media dai negri nei test del Q.I. si possono attribuire in notevole parte, se non del tutto, a fattori ambientali. Nel libro The Biological and Social Meaning of Race, Frederick Osborn del Consiglio Demografico di New York riassume la cosa in questo modo: “Dagli studi fatti finora si può trarre solo una conclusione. Le differenze di intelligenza fra le maggiori razze, differenze rivelate dai test, non sono più grandi di quelle che si possono attribuire alle differenze esistenti fra i rispettivi ambienti. Su questo punto l’accordo degli scienziati è generale”.

      È interessante che, quando gliene è data l’opportunità, un crescente numero di negri ha successo nel ramo degli affari, dell’istruzione, della medicina, ecc.

      Bisogna ammettere però che non si può stabilire con certezza il fatto della relativa intelligenza delle razze. L’evidenza ora disponibile non prova nulla in modo inconfutabile e si presta a varie interpretazioni, come ha fatto notare qualcuno: “Dalle stesse evidenze si possono trarre e sono state tratte cento diverse conclusioni. La conclusione a cui si giunge dipende tanto dai sentimenti quanto dal ragionamento”.

      Perché allora addurre i risultati dei test intellettivi come prova che i negri siano meno intelligenti dei bianchi? Steven Rose, professore di biologia alla Open University, in Inghilterra, spiega il motivo di alcuni: “Il problema della base genetica delle differenze razziali o di classe, espresse in termini di Q.I. . . . acquista un senso solo in una società razzista o classista che tenta di giustificare ideologicamente i suoi sistemi discriminatori”.

      In seguito a tutte le polemiche sorte sulla presunta minore intelligenza dei negri sin dalla nascita, l’Accademia Nazionale delle Scienze (U.S.A.) ha dichiarato: “Non c’è nessuna base scientifica per dire che vi siano o che non vi siano sostanziali differenze ereditarie di intelligenza fra le popolazioni negre e quelle bianche. Mancando un sistema, tuttora impensabile, per equiparare tutti gli aspetti dell’ambiente, le risposte a questa domanda non possono essere che ragionevoli congetture”.

      Una cosa, comunque, è certa, e cioè che non esiste nessuna base valida per considerare inferiori le persone di un’altra razza. Senza fare distinzioni di razza, la Bibbia ci consiglia appropriatamente d’avere “modestia di mente, considerando che gli altri siano superiori a voi”. — Filip. 2:3.

      Ma ci sono altre idee ostinate che impediscono di seguire questo ottimo consiglio delle Scritture. Un’opinione diffusa è che le persone di altre razze abbiano un odore sgradevole.

      [Testo in evidenza a pagina 13]

      “Se osservate i pigmei nel loro ambiente naturale mentre costruiscono ponti di fibre vegetali e se la cavano molto bene nella vita potreste chiedere che cosa si intenda per intelligenza”.

      [Testo in evidenza a pagina 15]

      “Durante la prima guerra mondiale i negri di certe parti degli U.S.A. settentrionali ottennero risultati migliori nei test intellettivi rispetto ai bianchi di certe parti del Sud”.

      [Testo in evidenza a pagina 16]

      “Le differenze di intelligenza fra le maggiori razze, differenze rivelate dai test, non sono più grandi di quelle che si possono attribuire alle differenze esistenti fra i rispettivi ambienti”.

      [Immagine a pagina 14]

      L’ambiente in cui i bambini crescono influisce sul loro sviluppo intellettivo

  • L’odore del corpo e la razza
    Svegliatevi! 1978 | 22 aprile
    • L’odore del corpo e la razza

      ACCADDE un’estate al principio degli anni sessanta, nell’Arkansas (U.S.A.). Due bambine negre, rispettivamente sugli otto e dieci anni, sarebbero presto andate a scuola insieme ai bianchi. In precedenza avevano frequentato una scuola rurale dove si praticava la segregazione.

      Un giorno una donna bianca, che si era mostrata amichevole con le bambine, chiese alla più piccola: “Pam, che ne pensi di andare a scuola insieme a bambini bianchi?” Con una certa esitazione, la piccola rispose: “Be’, non saprei. Vede, non mi riferisco a lei, signora Cruder, ma i bianchi, sa, hanno un odore curioso”, e a quel pensiero arricciò il nasetto.

      Questa è un’idea diffusa fra i negri. Sembra che i ragazzi l’imparino non tanto per esperienza personale, quanto da ciò che sentono. Ma come nacque l’idea che i bianchi abbiano un odore diverso, sgradevole? Può essere sorta in gran parte come reazione alle opinioni che per lungo tempo i bianchi hanno avuto dei negri.

      Nei secoli passati, quando i negri erano schiavi e considerati una proprietà, i bianchi parlavano spesso dell’odore del loro corpo. Nel suo recente libro Race, John R. Baker dice: “Gli scrittori dei secoli precedenti trattarono questo soggetto con maggiore libertà di quelli del giorno attuale. Pertanto Henry Home, nel suo Sketches of the History of Man, accenna al ‘ripugnante odore’ dei negri. In un’opera pubblicata lo stesso anno (1774), The History of Jamaica, Long dice che i negri si distinguono per ‘l’odore bestiale o fetido, che hanno tutti in maggiore o minor misura’”.

      Questa idea fu generalmente accettata dai bianchi. Siccome i negri erano considerati biologicamente inferiori, avendo, come si supponeva, oltrepassato la soglia evoluzionistica dell’umanità più tardi dei bianchi, non è strano che i bianchi giungessero a questa conclusione.

      Credenza diffusa

      Tuttavia, i negri e i bianchi non sono i soli a credere che l’altra razza abbia un odore diverso, sgradevole. Melville Jacobs e Bernhard J. Stern, nel loro libro General Anthropology, fecero questa osservazione: “Poche nozioni circa le differenze razziali sono più estesamente accettate dell’idea che ciascuna razza abbia un suo odore caratteristico”.

      Per citare un esempio, nei secoli passati si scrisse molto circa lo specifico odore degli Ebrei. Anche l’anatomista giapponese Buntaro Adachi scrisse di aver trovato molto sgradevole l’odore degli Europei. Questa fu la sua prima impressione quando si stabilì in Europa, ma in seguito disse di essersi abituato a questo odore e che gli piaceva.

      Pure illuminante è l’episodio di un medico inglese che viveva a Bombay, in India. La domenica mattina faceva venire il suo servitore indiano in chiesa a chiamarlo perché la congregazione credesse che era un medico molto importante. Un giorno il medico presenziò a un grande convegno politico indiano, ma se ne andò dopo poco, spiegando al suo servitore: “Che sollievo uscire! Ancora dieci minuti e sarei svenuto. Che puzza!” Il servitore rispose: “Ah, sahib, adesso capisci cosa soffro io tutte le domeniche quando devo venire fin dentro la chiesa per chiamarti!”

      Cosa dobbiamo concludere? Che l’odore delle varie razze sia solo frutto dell’immaginazione dell’uomo? Se no, perché certe razze hanno un odore diverso? Per ereditarietà?

      L’odore del corpo esiste: Perché?

      Nessuno negherà che il corpo emana un certo odore. Ne sono la prova le colossali vendite di deodoranti e antitraspiranti. Ed è ovvio che il corpo di alcuni, sia negri che bianchi, ha un forte odore sgradevole per gli altri. Perché? Che cosa determina questi odori?

      Pare che non sia il sudore stesso, come si potrebbe pensare. Gli esperimenti hanno dimostrato che il sudore emesso dal corpo è sia sterile che inodoro. L’odore si sente quando i batteri agiscono sul sudore.

      Il sudore si raccoglie sui peli, in particolare sotto le ascelle, e questo favorisce lo sviluppo dei batteri che possono provocare un odore cattivo. Anche gli abiti vi contribuiscono, poiché certi organismi possono rimanervi attaccati insieme al sudore, con la conseguente decomposizione batterica che produce il cattivo odore.

      Anche l’alimentazione vi contribuisce. Jacobs e Stern osservano in General Anthropology: “Tra i più potenti odori che i chimici conoscano vi sono l’acido valerianico, l’acido butirrico, e i relativi composti organici, che la pelle di ogni persona emana sotto forma di vapori se nelle ore precedenti ha ingerito latte, burro, formaggio, o grassi di varie specie. . . . Chi mangia molto aglio ha un altro odore caratteristico; le cipolle producono altri effetti ancora; salmone affumicato e cacciagione, aringhe in salamoia e patate dolci, altri ancora”.

      Ma nonostante le prove che l’odore del corpo è causato da simili fattori, molti credono ugualmente che sia dovuto in particolare all’eredità razziale. Nel suo libro Along This Way, J. W. Johnson descrive un interessante scambio di vedute che ebbe su questo soggetto, e spiega: “Una volta un uomo si alzò in piedi e disse: ‘Vorrei farle una domanda schietta. La principale obiezione al negro non è forse dovuta al fatto che ha un cattivo odore?’”

      “Rispondendo”, dice lo scrittore, “ammisi che c’erano moltissimi negri che non profumavano; ma gli chiesi a mia volta se pensava che la costosa pubblicità dei deodoranti sulle riviste fosse indirizzata esclusivamente a lettori negri. Personalmente pensavo di no, dato che in genere tale pubblicità era corredata di fotografie di ragazze bianche piuttosto attraenti”.

      Non è possibile tuttavia che una comunità prevalentemente negra, o anche bianca, abbia un odore sgradevole se segue una dieta e un modo di vivere particolari? Certo! I negri tenuti per settimane nelle stive di navi negriere emanavano un odore decisamente sgradevole. E lo stesso dicasi di molti schiavi negri che lavoravano nei campi e non si lavavano regolarmente. Anche oggi ci sono alcune categorie, sia di negri che di bianchi, la cui igiene lascia molto a desiderare, e la cui dieta è diversa da quella a cui altri sono abituati. Spesso hanno un odore diverso, sgradevole per chi non sta spesso con loro. Questo comunque non significa che tutti i bianchi o tutti i negri abbiano quell’odore cattivo.

      Tuttavia alcuni, perfino uno studioso di un’università, hanno detto che una delle più rimarchevoli differenze fra le razze sia l’odore del corpo. C’è la prova che quest’asserzione è infondata?

      I risultati degli esperimenti

      Sono stati fatti alcuni esperimenti per avere la risposta. Il prof. Otto Klineberg, una delle massime autorità in fatto di psicologia razziale, parla di uno studio inedito. Lo sperimentatore raccolse in provette il sudore di studenti bianchi e negri che avevano appena fatto esercizi in palestra. Le provette vennero quindi consegnate ad alcuni bianchi, invitandoli a classificarle in ordine di gradevolezza.

      “I risultati”, scrive Klineberg, “non indicarono nessuna costante preferenza per i campioni dei bianchi; la provetta considerata più gradevole e quella considerata più sgradevole contenevano entrambe sudore di bianchi”.

      The Journal of Genetic Psychology del 1950, pagine 257-265, narra un altro episodio. I soggetti furono due negri e due bianchi. Erano tutt’e quattro studenti universitari che mangiavano nella stessa mensa, abitavano in alloggi molto simili, e svolgevano le stesse attività scolastiche. Ai fini dell’esperimento, i quattro fecero la doccia nello stesso luogo e usarono lo stesso tipo di sapone.

      Durante la prima metà dell’esperimento i ragazzi avevano appena fatto la doccia, e nella seconda metà, sudavano dopo uno strenuo esercizio. L’esperimento fu condotto in modo da eliminare qualsiasi possibilità di fattori accidentali o che i soggetti fossero riconosciuti. Complessivamente, cinquantanove persone diedero 715 giudizi, essendo loro offerta la possibilità di annusare qualsiasi parte del corpo dei soggetti, coperti da un lenzuolo.

      I risultati indicarono che in 368 giudizi, o più della metà, i giudici scrissero “non lo so”. Ammisero così di non saper affatto distinguere in base all’odore il corpo di un bianco da quello di un negro. E in quasi metà degli altri giudizi, o in 157 di essi, coloro che pensavano di poter identificare da quale corpo veniva l’odore si sbagliarono. Tentando semplicemente di indovinare si sarebbe avuto quasi lo stesso grado di accuratezza.

      Una cosa interessante è che solo sette dei cinquantanove giudici erano sicuri di poter distinguere ogni volta il corpo da cui proveniva l’odore. Essi mostrarono tale fiducia non scrivendo mai “non lo so”. Tuttavia, in media, diedero la risposta corretta solo in circa metà dei loro giudizi, per cui anche in questo caso i risultati non furono migliori di quelli che si sarebbero potuti ottenere tirando a indovinare.

      George K. Morlan, scrivendo in The Journal of Genetic Psychology, osservò: “Il nostro esperimento non prova né smentisce l’esistenza di differenze ‘razziali’ nell’odore del corpo, ma se tali differenze esistono, e bianchi e negri sono equiparati per quanto riguarda dieta, igiene, ecc., l’evidenza non sostiene assolutamente l’idea che i bianchi possano identificare quell’odore con un sicuro grado di accuratezza”.

      Il pregiudizio

      Senz’altro molti credono, in tutta sincerità, che lo sgradevole odore del corpo sia dovuto in particolare alla razza, anziché alla scarsa igiene personale o alla dieta. Può darsi che pensino di saper riconoscere tale odore perché è stato loro insegnato a credere che un’altra razza ha un cattivo odore. Discutendo il soggetto, Gordon W. Allport, ex professore di psicologia della Harvard University, scrisse:

      “Il potere associativo degli odori è notevole . . . se una volta abbiamo associato l’odore dell’aglio con gli Italiani che abbiamo conosciuti, o un profumo da quattro soldi con gli immigranti, o gli odori nauseabondi con le case popolari sovraffollate, sentendo di nuovo questi odori saremo indotti a pensare agli Italiani, agli immigranti, agli inquilini delle case popolari. Incontrando un Italiano penseremo all’odore dell’aglio e addirittura lo ‘sentiremo’. Le allucinazioni olfattive (causate da tali associazioni) sono comuni. È per questa ragione che chi si è formato delle associazioni olfattive può dire convinto che tutti i negri o tutti gli immigranti puzzino”.

      Una volta che ci si è fatti tale opinione, di solito non è facile cambiarla. Il pregiudizio può essere profondamente radicato, eppure sembra ridicolo quando è visto obiettivamente. Prendete, ad esempio, la donna che disse di non volere dei negri nel suo quartiere, “perché puzzano”. Tuttavia, questa stessa donna non era contraria ad avere dei negri al suo servizio in casa propria. John Dollard, già professore di psicologia alla Yale University, aveva senz’altro ragione quando disse: “Sembra del tutto possibile che se questa convinzione non esistesse, gli odori dei negri non oltrepasserebbero la soglia della discriminazione”.

      L’Encyclopædia Britannica del 1971, dopo una trattazione del soggetto, pervenne a questa conclusione: “C’è da dubitare che esista una significativa differenza nell’odore della traspirazione cutanea. Gli esperimenti hanno rivelato che la possibilità di distinguere il sudore dei negri da quello dei bianchi è veramente trascurabile. La materia è complessa, e la tendenza generale è quella di attribuire a fattori ‘razziali’ le differenze osservate, quando in molti casi le differenze possono essere dovute a fattori sociali o di altra natura che non c’entrano con la razza”.

      È male giudicare gli altri prima di esaminare i fatti. Ed è anche peggio sostenere simili opinioni dopo avere considerato i fatti. A causa del pregiudizio intere razze sono state oggetto di discriminazione. Ma, in realtà, c’è un motivo valido per avere dei preconcetti o per trattare in modo discriminatorio qualsiasi razza o popolo?

  • Un’unica razza umana
    Svegliatevi! 1978 | 22 aprile
    • Un’unica razza umana

      C’È senz’altro varietà fra i popoli della terra, avendo essi caratteri fisici sorprendentemente diversi. Li considerate tutti come appartenenti a un’unica razza umana, come persone da accettare in base al loro merito individuale?

      Questo è il nostro dovere. È così che il Creatore vuole che consideriamo gli altri. Come lo sappiamo? Perché ispirò uno dei suoi servitori, l’apostolo cristiano Paolo, a dire: “L’Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso . . . dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Ed egli ha fatto da un uomo ogni nazione degli uomini, perché dimorino sull’intera superficie della terra”. — Atti 17:24-26.

      Ma non sono alcune razze di uomini più preziose di altre agli occhi di Dio? Molti credevano di sì. Tuttavia, dopo avere ricevuto una dimostrazione dell’imparzialità di Dio, l’apostolo cristiano Pietro fu spinto a esclamare: “Per certo io comprendo che Dio non è parziale, ma in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accettevole”. — Atti 10:34, 35.

      Ci credete? Non tutti sono di questa opinione.

      Veramente un’unica famiglia?

      Alcuni torcono addirittura la Bibbia, cercando di mostrare che essa insegna “che i negri, le scimmie inferiori e i quadrupedi, tutti appartengono a ‘una sola specie di carne’, la ‘carne delle bestie’”. Il prof. Charles Carroll fece questa asserzione nel libro “The Negro a Beast” or “In the Image of God” (“Il negro come animale” o “A immagine di Dio”), che ebbe ampia diffusione al principio del ventesimo secolo. D’altra parte, alcuni evoluzionisti dicono che i negri siano ‘una razza inferiore della specie umana’.

      Ma alcuni negri ragionano in modo completamente diverso. Il libro Black Nationalism—A Search for an Identity in America dice: “I Caucasici non furono gli abitanti originali di questa terra, ma sono un ‘innesto’ del popolo negro. . . . In paragone con l’Uomo Originale (i cosiddetti negri), fisicamente e mentalmente il bianco è inferiore. Inoltre è debole perché è un innesto del negro. È lui il vero uomo ‘di colore’, cioè la deviazione dalla norma del colore nero”.

      Cosa mostrano i fatti? Siamo veramente un’unica famiglia umana? C’è del vero nelle asserzioni secondo cui non lo siamo?

      Le differenze sono superficiali

      Considerate la carne e il sangue. Alcuni sostengono che quelli dei negri siano diversi da quelli dei bianchi. Tuttavia The World Book Encyclopedia dice: “A detta degli scienziati, le cellule che formano il corpo umano sono le stesse per tutti. . . . Nello stesso modo, il biologo può distinguere il sangue umano da quello degli animali inferiori. Ma tutti i numerosi tipi di sangue umano si possono trovare in tutti i ceppi e in tutte le razze dell’umanità”.

      È stato scritto molto sulle differenze strutturali fra il corpo dei negri e quello dei bianchi. Ma che cosa indicano i fatti? L’antropologo Ashley Montagu scrive: “Un attento studio anatomico sembra indicare che le differenze fisiche si limitano ad alcuni caratteri molto superficiali. Posso sottolinearlo meglio dicendo che se il corpo di un negro fosse privato di tutti i caratteri superficiali come pelle, capelli, naso e labbra, non credo che alcun anatomista saprebbe dire con certezza, in un caso isolato, se si tratti del corpo di un negro o di un bianco”.

      La grandezza del cervello è pure additata come prova di una differenza sostanziale fra bianchi e negri. Si dice che, in media, il cervello dei negri sia leggermente più piccolo di quello dei bianchi. Ma anche se fosse vero, le normali variazioni nelle dimensioni del cervello non influiscono evidentemente sull’intelligenza. Se così fosse, i bianchi sarebbero meno intelligenti degli Eschimesi e degli Indiani d’America il cui cervello, in media, è più grande.

      Per sottolineare il fatto che le razze sono sostanzialmente simili, il prof. Bentley Glass, nel suo libro Genes and the Man, scrive: “Complessivamente, è improbabile che vi siano molto più di sei coppie di geni in cui la razza bianca differisce tipicamente, nel senso comune, da quella negra. Bianchi o neri, comunque, spesso differiscono indiscutibilmente fra loro stessi per un numero di geni superiore, fatto che rivela l’assurdità biologica dei pregiudizi razziali. . . . L’abisso fra le razze umane e i popoli, quando esiste, è di natura psicologica e sociologica, non genetica!”

      È interessante quanto dice il recente libro Heredity and Humans dello scrittore scientifico Amram Scheinfeld: “Ora la scienza conferma quanto la maggior parte delle grandi religioni predica da lungo tempo: Gli esseri umani di ogni razza sono . . . discesi dallo stesso primo uomo”.

      Stando così le cose, come si spiegano allora le evidenti differenze razziali, come il colore della pelle e la struttura dei capelli?

      Perché esistono differenze fra le razze

      La prima coppia umana ebbe nel proprio patrimonio genetico i molteplici fattori responsabili di tutte le differenze razziali che oggi vediamo. Può darsi che non fossero né bianchi né negri, ma mulatti, o che il loro colore fosse una combinazione dei colori che ora si trovano nella varie razze. Una delle prime narrazioni storiche sul genere umano dice: “Essi sono un solo popolo e hanno tutti una sola lingua. (Gen. 11:6, versione di Salvatore Garofalo) Ma le cose cambiarono bruscamente.

      Un vasto settore della famiglia umana, in quei primi tempi della storia, desiderò rimanere in una certa località per scopi politico–religiosi. Per sventare questo intento, il Creatore fece in modo che all’improvviso questi uomini parlassero lingue diverse, per cui non poterono più capirsi. Immaginate quello che dovette accadere.

      Non potendo comunicare come un solo popolo, piccoli gruppi, ormai isolati dalla barriera linguistica, se ne andarono ognuno per proprio conto. Man mano che si allontanavano, alla barriera delle comunicazioni si aggiungeva quella della distanza. Isolati geograficamente e dalla lingua, i discendenti di ciascun gruppo si moltiplicarono e in un certo periodo di tempo svilupparono ulteriormente le distinte caratteristiche della loro “razza”. Ma questi caratteri fisici trasmessi dal genitore al figlio non resero in alcun modo una razza superiore o inferiore a un’altra. — Gen. 11:7-10.

      Il fatto è che queste differenze razziali non sono effettivamente molto grandi, come scrive Hampton L. Carson in Heredity and Human Life: “Siamo davanti a un paradosso, cioè che ciascun gruppo di uomini appare esteriormente diverso eppure al di sotto di queste differenze c’è una fondamentale somiglianza”.

      Perché allora, se tutti gli uomini sono in realtà un’unica famiglia, esistono enormi problemi razziali?

      La causa

      Sebbene Dio creasse i nostri primogenitori umani, Adamo ed Eva, perfetti, essi diedero un cattivo inizio alla loro progenie. Come? Ribellandosi volontariamente a Dio, sottraendosi al suo dominio. Tagliati fuori dalla comunicazione con Dio, Adamo ed Eva divennero dunque imperfetti. Di conseguenza, trasmisero ai loro discendenti questa imperfezione, questa tendenza al male. — Rom. 5:12.

      Così tutti gli uomini sono imperfetti sin dalla nascita. Sono inclini all’egoismo e all’orgoglio. Inoltre, quando le prime creature umane si sottrassero al dominio di Dio, vennero a trovarsi sotto il dominio di una malvagia creatura spirituale che la Bibbia chiama Satana o Diavolo. (Riv. 12:9; 2 Cor. 4:4) Queste circostanze sono state alla base della storia della famiglia umana fino al presente, storia in cui il pregiudizio ha avuto una parte notevole.

      Per dirla in breve: Uomini egoisti e imperfetti sotto il controllo di Satana hanno divulgato tutti i falsi insegnamenti sulla razza che hanno causato gli immensi problemi razziali.

      Che farete voi?

      Potete lasciarvi influenzare dalla falsa propaganda di questo mondo e avere una veduta inesatta dei popoli d’altre razze. O potete conformare i vostri pensieri alla verità, alla verità contenuta particolarmente nella Parola di Dio, la Bibbia, e avere un’opinione sana e corretta delle persone di altre razze.

      Si ammette che può non esser facile eliminare vecchi pregiudizi, poiché possono avere radici profonde. Ma se vogliamo piacere al nostro Creatore, Geova Dio, dobbiamo sforzarci d’avere e di mantenere la giusta veduta dei nostri simili. Dobbiamo ricordare come Dio la pensa, cioè che “in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accettevole”. — Atti 10:35.

      Non è lontano il tempo in cui Dio adempirà la sua promessa di emanare un giudizio. Egli purificherà la terra da tutti gli elementi che la contaminano, incluse tutte le persone del mondo dell’umanità, di qualunque razza, che non sono d’accordo con la sua volontà. Rimarranno in vita solo quelli che operano giustizia e gli sono accetti. (1 Giov. 2:17) La Bibbia ci assicura che fra questi ci sarà una “grande folla . . . di ogni nazione e tribù e popolo e lingua”. (Riv. 7:9) Essi dimoreranno tutti insieme in pace e unità come un’unica famiglia umana di fratelli e sorelle.

      Ma che dire di quelli che hanno pregiudizi razziali profondamente radicati? Come possono correggere il loro modo di pensare?

      [Testo in evidenza a pagina 22]

      “Tutti i numerosi tipi di sangue umano si possono trovare in tutti i ceppi e in tutte le razze dell’umanità”.

      [Testo in evidenza a pagina 22]

      “Ora la scienza conferma quanto la maggior parte delle grandi religioni predica da lungo tempo: Gli esseri umani di ogni razza sono . . . discesi dallo stesso primo uomo”.

      [Testo in evidenza a pagina 23]

      La Bibbia dice: ‘In ogni nazione l’uomo che teme Dio e opera giustizia gli è accettevole’.

      [Immagine a pagina 21]

      ‘Se un uomo fosse privato di tutti i caratteri superficiali come pelle, capelli, naso e labbra, l’anatomista non saprebbe dire con certezza se si tratti del corpo di un negro o di un bianco’.

  • Hanno trovato la soluzione del problema razziale
    Svegliatevi! 1978 | 22 aprile
    • Hanno trovato la soluzione del problema razziale

      OGGI ci sono migliaia di persone che hanno eliminato vecchi pregiudizi razziali. Hanno trovato la soluzione del problema che continua a tormentare l’umanità. Come? Il segreto è la corretta istruzione, ottenere informazioni accurate.

      Mancando questo elemento fondamentale, sorgono spesso pregiudizi. Il pregiudizio è un giudizio espresso prima d’avere realmente esaminato i fatti su una determinata questione. Quindi, a causa del pregiudizio, si è portati a trattare gli altri in modo discriminatorio.

      Per quanto riguarda il soggetto della razza, molti credono spesso di avere già esaminato i fatti. E forse pensano di agire in base a informazioni accurate. Ma, in effetti, è comune essere male informati sin dalla giovinezza su popoli di altre razze e nazionalità. Le conseguenze sono davvero tristi.

      I seguenti racconti in prima persona ne sono la prova. In uno di essi, un negro descrive che cosa significa esser vittima del pregiudizio e della discriminazione razziale, e poi narra come ha trovato la soluzione di questo problema. Prima, comunque, notate la storia di un bianco. Essa illustra come spesso i pregiudizi sono trasmessi da una generazione all’altra, ma indica i benefici cambiamenti e vantaggi che possono derivare da informazioni accurate ricevute dalla giusta fonte.

      Un bianco del Sud trova la soluzione

      Sono nato bianco e sono cresciuto nel profondo Sud (degli U.S.A.) negli anni venti e negli anni trenta. Allora la segregazione era scritta non solo nella legge del paese, ma nel cuore stesso dei miei familiari e dei nostri vicini bianchi. L’inferiorità della razza negra ci era stata inculcata sin dalla giovinezza per cui era solo naturale crederci. Tutti ci credevano. Inoltre, crescendo vedevamo quella che sembrava esserne la prova. Anzitutto, i negri sono neri. Per quanto si lavino, ci dicevano i grandi, non possono cancellare questa prova che sono della ‘razza maledetta’.

      Quando ricevevano del lavoro da fare, c’era sempre un sorvegliante bianco a dir loro cosa fare e come farlo. ‘Sono troppo stupidi per fare una qualunque cosa richieda intelligenza’, era la ragione addotta. ‘I negri devono essere una via di mezzo fra le scimmie e gli uomini, in effetti, esseri subumani’, ci dicevano.

      A scuola, la teoria dell’evoluzione rafforzò questi pensieri. Spesso i negri erano scherniti, non essendo considerati altro che “bestie”, buoni solo per fare i lavori semplici e pesanti nelle fattorie o per fare i domestici. Alcuni dicevano perfino che Dio aveva evidentemente creato una razza di servitori, non tanto intelligenti quanto forti e capaci di fare lavori pesanti sotto il sole cocente. Che importava, dunque, se ogni tanto, quando qualche negro cercava di farsi valere e di abbandonare il posto assegnatogli da Dio, era necessario rimetterlo ‘al suo posto’ con una sgridata o anche con una legnata?

      Sì, anche le chiese incoraggiavano questo modo di pensare, poiché ai negri non era permesso riunirsi con noi nell’adorazione. Essi avevano le proprie chiese, che spesso erano semplici capanne in mezzo a un campo di cotone. Ci dicevano che le loro funzioni consistevano più che altro di grida e canti anziché essere logici sermoni e lezioni di catechismo.

      Nelle conversazioni fatte sottovoce l’argomento era spesso ‘il loro modo di vivere, di poco superiore a quello degli animali’. Erano citati casi di immoralità e di figli illegittimi. Nessuno ci faceva caso se un uomo o una donna non si preoccupava di divorziare prima di andare a convivere con un’altra persona. Faceva tutto parte della loro mentalità, si diceva. Non ci raccontavano che durante la schiavitù, appena qualche generazione prima, le famiglie negre venivano divise e vendute a padroni diversi, né che certi proprietari di schiavi facevano accoppiare uno schiavo robusto con le loro schiave perché generassero figli da vendere sul mercato degli schiavi.

      Ricordo che una volta insieme a un giovane negro della mia età segammo un albero. Quando si fu riscaldato, come puzzava! Ah, pensai, questa è la prova che quello che dicono del particolare odore dei negri è vero. Ma non mi soffermai a riflettere che mentre quel giorno io avevo fatto il bagno, lui, nella sua umile casa, aveva scarse possibilità di fare altrettanto. Inoltre, non avendo imparato da piccolo le norme di igiene personale probabilmente aveva minore incentivo di fare il bagno spesso.

      È ovvio che la mentalità prevalente fra i bianchi che frequentavo nell’epoca del mio sviluppo ebbe il suo effetto su di me. Quando verso i sedici anni cominciai a studiare con i testimoni di Geova a volte dovevo lottare per mettere il mio modo di ragionare in armonia con quello che la Bibbia insegna sulle razze. È difficile sradicare il pregiudizio. Ricordo i sentimenti contrastanti che provavo nel modificare il mio modo di ragionare.

      La tendenza naturale è quella di restare attaccati ai vecchi concetti, ma nel mio cuore ero veramente contento ogni volta che un vecchio mito crollava. La fede veniva rafforzata comprendendo che la Bibbia dice la verità riguardo alle razze, come sapevo già che era verace e fidata in altri campi. Tutte le razze erano discese da un solo uomo, Adamo; sono tutte uguali dinanzi a Dio. Nessuna è maledetta da Dio. E più vedevo com’erano trattati in tutto il mondo i negri e anche altre razze, più mi era chiaro che le disuguaglianze rispetto a capacità, intelligenza, ecc., dovevano essere dovute primariamente, se non del tutto, alle privazioni da loro subite a causa del pregiudizio.

      Per oltre trent’anni ho lavorato, partecipato a svaghi, studiato e adorato sia con negri che con bianchi, e non ho scoperto nessuna ragione per cui una razza debba considerarsi superiore a un’altra. L’amore verso Dio e il sincero, schietto amore verso il prossimo sono l’unica soluzione del problema del pregiudizio razziale.

      Un negro del Sud trova la soluzione

      Crebbi nel Sud (degli U.S.A.) alla fine degli anni quaranta. La mia famiglia era poverissima, come la maggior parte delle famiglie negre. Papà lavorava nei campi. Non mi era mai stato insegnato che i negri fossero inferiori ai bianchi, sebbene fosse evidente che questa era l’opinione dei bianchi.

      I miei genitori mi spiegarono che i negri erano stati oppressi da quando erano arrivati in America come schiavi, cosa che ci veniva insegnata anche nella nostra scuola per soli negri. Dicevano che anche se si suppone che siamo liberi e uguali, tutto è fatto in modo da renderci cittadini di seconda classe, inferiori ai bianchi. Mio padre mi disse che da ragazzo parlando a un bianco non avrebbe osato guardarlo negli occhi. Doveva tenere la testa un po’ china e rispondere con un “sissignore” o “nossignore” per timore di rappresaglie. Mi narrò perfino che una volta era andato in città e un bianco gli aveva sparato ai piedi, gridandogli: “Ehi, negro, balla!”

      Quindi ero preparato ai maltrattamenti e alla discriminazione. Tuttavia faceva male. Sull’autobus dovevamo stare in fondo, e spesso al ristorante dovevamo farci servire dalla porta di servizio o da una finestra sul retro. E nei luoghi pubblici le toilettes erano contrassegnate da cartelli per “bianchi” e “di colore”, essendo quelle per le persone “di colore” sempre più scadenti. Un giorno a metà degli anni sessanta, andai in una scuderia e mi dissero: “Per voi c’è un certo giorno”. Vi erano molti cavalli disponibili, ma non potevamo cavalcare insieme ai bianchi.

      Particolarmente esasperante per me era il circolo vizioso in cui i bianchi tenevano i negri nel campo economico. In passato, a causa della schiavitù e della segregazione forzata, le opportunità di istruzione e di impiego dei negri erano limitate, per cui essi erano impossibilitati a migliorare la propria condizione economica o vita familiare. Anche in tempi recenti, per la mancanza di istruzione o a causa della discriminazione, un padre negro spesso non era in grado di provvedere adeguatamente per la famiglia, né dal lato materiale né da quello dell’istruzione.

      Quando cominciai a frequentare la scuola molti negri si erano fatti la convinzione che l’unico modo di migliorare la propria sorte era di farsi una buona istruzione. Ricordo che i miei insegnanti davano risalto a questo fatto, dicendo: ‘Studia, fatti una buona istruzione, così non dovrai lavorare nei campi una volta terminata la scuola superiore’. La cosa sgradevole non era il duro lavoro. No, ma era il fatto di dover lavorare dall’alba al tramonto per un misero salario, e di lavorare senza alcun frutto tangibile.

      Era il sistema a scoraggiare molti negri. Alcuni, delusi per l’impossibilità di trovare lavoro, si davano all’alcool, alla droga e alla delinquenza per dar libero sfogo alle proprie frustrazioni. Questo non serviva altro che a confermare le idee dei bianchi che i negri sono inetti e pigri. Dentro di me si acuiva un profondo senso di risentimento per la perpetuazione dell’ingiusto e crudele sistema economico.

      Mi chiedevo: Mi libererò veramente da queste ingiustizie con una buona istruzione? Farò cambiare l’atteggiamento fondamentale dei bianchi nei miei confronti? Queste domande mi causavano molta costernazione. Tuttavia, iniziando lo studio biblico con i testimoni di Geova fui aiutato a capire la vera ragione delle ingiustizie razziali così prevalenti. Appresi pure che la sola duratura speranza di sollievo era quella indicata nella preghiera che mi era stata insegnata da bambino: il regno di Dio. — Matt. 6:9, 10.

      Dallo studio della Bibbia mi rendevo conto che tutti gli uomini sono imperfetti e non sempre trattano gli altri come dovrebbero. Infatti, la Bibbia dice: “L’uomo ha dominato l’uomo a suo danno”. (Eccl. 8:9) Tuttavia, l’associazione con i testimoni di Geova mi aiutò a capire che essi hanno la stessa veduta della Bibbia sul soggetto della razza. Credono realmente che Dio “ha fatto da un uomo ogni nazione degli uomini, perché dimorino sull’intera superficie della terra”. (Atti 17:26) In effetti, i Testimoni dimostrano l’amore che Gesù disse avrebbe distinto i suoi seguaci. — Giov. 13:34, 35.

      Ho visto che i Testimoni praticano questo amore fra loro, di qualunque razza essi siano. È vero che, come per altri che sono cresciuti in questo sistema, forse avevano inculcati in sé odii e risentimenti razziali. Ma ho notato, sia in me che in altri, che quando si accetta ciò che Dio dice delle differenze razziali e ci si sforza di conoscere intimamente persone di razze diverse, i vecchi miti basati sul pregiudizio crollano.

      Sono grato di aver conosciuto le verità della Bibbia, che hanno aiutato me e la mia famiglia a liberarci da tali problemi razziali. Siamo felici di essere occupati ad aiutare altri di qualsiasi razza a comprendere che il regno di Dio è la vera soluzione di tutti i problemi dell’uomo.

      Questa soluzione è alla portata di tutti

      Questi non sono episodi sporadici o insoliti. Milioni di persone sono cresciute col pregiudizio sin dalla giovinezza; altri milioni di persone sono state vittime del pregiudizio e, di conseguenza, hanno sofferto per l’ingiusta discriminazione razziale. Ma felicemente la Parola di Dio indica la soluzione, e dice ciò che il Creatore pensa dell’uomo e come dovremmo trattarci.

      Prima, come abbiamo visto, la Bibbia insegna che siamo tutti un’unica famiglia umana. Sì, dinanzi a Dio, persone di ogni razza o nazionalità sono uguali sotto tutti gli aspetti. (Atti 10:34, 35) Questa è pure la veduta che Gesù Cristo espresse.

      Il principale comando che Cristo diede ai suoi seguaci fu che si ‘amassero gli uni gli altri’ com’egli li aveva amati. (Giov. 13:34, 35) Questo amore che dovevano avere fra loro non doveva essere discriminatorio, solo per persone di una particolare razza. Niente affatto! “Abbiate amore per l’intera associazione dei fratelli”, esortò un apostolo di Cristo. E un altro disse: “Chi non ama il suo fratello, che ha visto, non può amare Dio, che non ha visto”. — 1 Piet. 2:17; 1 Giov. 4:20.

      Come si mostra questo amore cristiano? La Parola di Dio lo spiega quando esorta: “Nel mostrare onore gli uni agli altri prevenitevi”. (Rom. 12:10) Pensate quali risultati otterrete agendo così. Tratterete gli altri con vera dignità e rispetto, di qualunque razza o nazionalità siano, considerandoli “superiori a voi”. (Filip. 2:3) Se esiste tale spirito di vero amore cristiano, il problema del pregiudizio razziale è risolto.

      ‘Questa è una cosa che non accadrà mai’, obietterà qualcuno. Tuttavia è già accaduto fra i testimoni di Geova, un’organizzazione di oltre due milioni di persone! Questo non vuol dire che ogni singolo testimone di Geova si sia perfettamente liberato dei pregiudizi inculcati da questo empio sistema. No, ma hanno risolto il problema razziale in maniera non uguagliata da nessun altro popolo della terra. E chiunque investighi può rendersene conto.

      Per esempio, lo scrittore cattolico William J. Whalen osservò in U.S. Catholic del luglio 1964: “Credo che una delle più attraenti caratteristiche di questo culto sia stata la sua tradizionale norma di uguaglianza razziale. I negri che diventano testimoni di Geova sanno d’essere accettati come veri esseri umani”.

      Anche G. Norman Eddy, dopo uno studio particolareggiato sui testimoni di Geova, scrisse nella pubblicazione religiosa Journal of Bible and Religion: “Esaminando più a fondo i loro valori sociali, sono colpito dalla sincera alta considerazione che hanno per persone di ogni razza. A differenza di alcuni che abbracciano la dottrina della fratellanza fra le razze solo a parole, i Testimoni accolgono tutti nella loro società, anche in posti di grande responsabilità, senza badare a colore o lineamenti”.

      Desiderate vivamente la vera fratellanza, desiderate vedere uomini di ogni razza vivere insieme in pace? Allora siete i benvenuti in una locale Sala del Regno dove i testimoni di Geova si riuniscono regolarmente per studiare la Parola di Dio. Vedete personalmente se mostrano sincero amore cristiano, a persone di ogni razza.

      [Testo in evidenza a pagina 27]

      “I negri che diventano testimoni di Geova sanno d’essere accettati come veri esseri umani”.

  • I negri sono maledetti da Dio?
    Svegliatevi! 1978 | 22 aprile
    • Qual è la veduta della Bibbia?

      I negri sono maledetti da Dio?

      MOLTI capi religiosi hanno risposto affermativamente. Gli ecclesiastici Robert Jamieson, A. R. Fausset e David Brown affermano nel loro commentario della Bibbia: “Maledetto sia Canaan [Genesi 9:25]: questa condanna si è adempiuta con . . . la schiavitù degli Africani, discendenti di Cam”. — Commentary, Critical and Explanatory, on the Whole Bible.

      Si afferma che questa maledizione biblica si adempì non solo con la schiavitù dei negri, ma anche con lo stesso colore nero della loro pelle. Pertanto molti bianchi sono stati indotti a credere che i negri siano inferiori e che Dio intendesse farne i servi dei bianchi. Molti negri si inasprirono per il trattamento ricevuto come conseguenza di questa interpretazione religiosa. Una donna racconta:

      “Fu nell’estate del 1951 che io, bambina curiosa di sette anni, mi sedetti sui gradini della Prima Chiesa Battista di Sheepshead Bay (Brooklyn), e piansi. Avevo cercato pazientemente di togliermi il nero dalla pelle, perché le mie compagne bianche avevano fatto commenti sul suo aspetto sgradevole. Nel punto dove avevo strofinato col detersivo Ajax era rimasta solo una macchia rossastra e gonfia che doleva, quasi come il mio piccolo cuore, e mi misi a riflettere perché mai un Dio di amore mi avesse fatto negra, a meno che egli realmente non mi amasse.

      “Avevo sentito dire che era a causa di una maledizione di Dio sulla nostra razza. Ma ugualmente non sapevo né capivo che cosa avessimo fatto a Dio per meritare simile punizione. E, riflettendo, penso che nel profondo del cuore avessi sempre nutrito un intimo risentimento contro Dio per avermi fatto negra e per avermi messo in un mondo di bianchi.

      “Ero profondamente turbata dagli scherni e dagli appellativi lanciatimi dai compagni di gioco a causa della mia razza, e venne così a crearsi una particolare situazione, che mi faceva ribollire, specie verso le mie coetanee bianche”.

      Che dire di questa maledizione biblica? I negri sono tali per una maledizione che Dio scagliò su qualche loro antenato? E la secolare schiavitù dei negri adempì questa maledizione? La Bibbia insegna veramente tali cose? Vediamo. Il racconto biblico in questione dice:

      “[Noè] bevve il vino, s’inebriò e si scoperse in mezzo alla sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide le nudità di suo padre e corse fuori a dirlo ai suoi fratelli . . . Quando Noè si fu svegliato dal vino venne a sapere quello che gli aveva fatto il suo figlio minore e disse: Maledetto sia Canaan! Sia servo dei servi dei suoi fratelli! Poi soggiunse: Benedetto sia il Signore Iddio di Sem, e sia Canaan loro servo! Iddio estenda Jafet, e abiti nelle tende di Sem; e sia Canaan loro servo!” — Gen. 9:21-27, versione di F. Nardoni, 1964.

      Alcuni hanno asserito che questa maledizione biblica destini i negri a una servitù perpetua. Infatti, nel 1838 Theodore Weld, che fece una crociata contro la schiavitù, scrisse in un popolare trattato: La “profezia di Noè [citata sopra] è il vademecum degli schiavisti, che non si spingono mai lontano senza di essa”. — The Bible Against Slavery, pagina 66.

      Ma si noti anzitutto che in questo racconto biblico non c’è nulla a indicare che a qualcuno venisse la pelle nera a causa della maledizione. E si noti pure che fu maledetto Canaan, non suo padre Cam. Canaan non aveva la pelle nera, né l’ebbero i suoi discendenti che si stabilirono nel paese chiamato poi Palestina. (Gen. 10:15-19) Col tempo, i Cananei furono soggiogati dagli Israeliti, discendenti di Sem, e in seguito da Media-Persia, Grecia e Roma, discendenti di Iafet. Con l’assoggettamento dei Cananei si adempì la maledizione profetica del loro antenato Canaan. Pertanto la maledizione non ebbe nulla a che fare con la razza negra.

      Da dove venne dunque la razza negra? Da altri figli di Cam, cioè Cus e probabilmente anche Put, i cui discendenti si stabilirono in Africa. Ma, come abbiamo visto, la Bibbia non dice assolutamente nulla di una maledizione dei discendenti negri di questi uomini! Tuttavia si suppose erroneamente il contrario. Quando fu che i commentatori religiosi cominciarono ad applicare la maledizione a Cam?

      Un ecclesiastico di circa 1.500 anni fa, Ambrosiastro, fece tale applicazione, dicendo: “Per la sua stoltezza Cam, che derise stoltamente la nudità di suo padre, fu dichiarato schiavo”. E John F. Maxwell osserva nel suo recente libro Slavery and the Catholic Church: “Questo disastroso esempio di esegesi [spiegazione] fondamentalista fu seguito per 1.400 anni e portò alla diffusa idea che i negri africani fossero maledetti da Dio”.

      Fino a cent’anni fa la Chiesa Cattolica ha sostenuto l’idea che i negri fossero maledetti da Dio. Maxwell spiega che questa idea “sopravvisse a quanto pare fino al 1873 quando papa Pio IX attribuì un’indulgenza alla preghiera per gli ‘sventurati Etiopi dell’Africa Centrale affinché l’onnipotente Dio tolga finalmente la maledizione di Cam dai loro cuori’”.

      Tuttavia, anche prima dell’inizio della cristianità oltre 1.500 anni fa, sì, forse anche prima che Gesù Cristo venisse sulla terra, i rabbini ebrei insegnavano qualcosa sull’origine della pelle nera. L’Encyclopædia Judaica afferma: “(Cus) discendente di Cam ha la pelle nera per punizione perché Cam ebbe rapporti sessuali nell’arca”.

      Nei tempi moderni sono state fabbricate “storie” simili. Certi fautori della schiavitù, come John Fletcher della Louisiana (U.S.A.), ad esempio, insegnavano che fu il matrimonio fra persone di razze diverse a spingere Noè a pronunciare la maledizione. Egli affermò che a Caino venne la pelle nera per avere ucciso suo fratello Abele, e che Cam aveva peccato sposando una donna della razza di Caino. Un altro fatto interessante è che anche Nathan Lord, presidente del Dartmouth College nel secolo scorso, attribuì la maledizione pronunciata da Noè su Canaan in parte all’avere Cam “contratto un matrimonio proibito con una persona della già malvagia e maledetta razza di Caino”.

      Ma tali insegnamenti non trovano assolutamente nessuna base nella Bibbia. E nei secoli passati alcuni mostrarono che la maledizione pronunciata da Noè era erroneamente applicata ai negri. Per esempio, nel giugno del 1700 il giudice Samuel Sewall di Boston (U.S.A.) spiegò: “Canaan, infatti, è la persona maledetta tre volte, mentre Cam non è menzionato. . . . E la razza negra non discende da Canaan, ma da Cus”.

      Inoltre, nel 1762 un certo John Woolman pubblicò un trattato in cui affermava che applicare questa maledizione biblica in modo da giustificare la schiavitù di alcuni e il negare loro i diritti naturali “è un’ipotesi troppo immorale per essere ammessa da chi desidera sinceramente farsi guidare da sani principi”.

      Quanto danno è derivato dall’errata applicazione che uomini religiosi hanno fatto di questa maledizione biblica! La schiavitù dei negri africani, e i maltrattamenti che hanno subito dai giorni della schiavitù, non si possono in alcun modo giustificare con la Bibbia. La verità è che i negri non sono maledetti da Dio, né lo sono mai stati!

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