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Consigliato ai missionari di attenersi alla “Via”La Torre di Guardia 1970 | 15 novembre
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N. H. Knorr fece il discorso principale della mattina, parlando sul soggetto “La Via”. Egli osservò che oggi le persone possono scegliere tra due vie. C’è la via del mondo, che è la via del Diavolo. I dedicati cristiani hanno scelto di camminare nella via giusta, nella via di Geova. È possibile godere pienamente la vita camminando in tale via. Per ottenere la vita eterna si deve continuare a camminare in tale via.
L’oratore osservò poi che Gesù Cristo aveva aperto La Via. Egli camminò nella via in cui il suo Padre celeste voleva camminasse, e fu una via basata sull’amore. Dio, per mezzo della sua Parola e di pubblicazioni come La Torre di Guardia, aiuta oggi i cristiani a camminare nella Sua via, dicendo: “I tuoi propri orecchi udranno dire dietro a te una parola: ‘Questa è la via. Camminate per essa’, nel caso che andiate a destra o nel caso che andiate a sinistra”. — Isa. 30:21.
Geova Dio si interessa delle persone; ama le persone, mise quindi in risalto il presidente della Società. Per questo diede agli uomini la verità e mostrò loro la via per cui camminare. Prestando più che la solita attenzione i cristiani non si svieranno né a destra né a sinistra.
I cristiani dovrebbero sentirsi come i salmisti che si riferiscono ripetutamente alla via di Geova. E in particolare l’oratore commentò l’invocazione che si trova in Salmo 119:37: “Fa passare i miei occhi dal vedere ciò che è senza valore; conservami in vita nella tua propria via”. E chiese: “Facciamo questo? O giriamo la testa verso tutto ciò che è senza valore, verso cose malvage alla TV”, ecc.? È facile sviarsi dalla via, avvertì, e questo poteva avvenire specialmente nei loro territori all’estero. Assicurò ai missionari che tutta l’organizzazione è sempre pronta ad aiutarli e, concludendo, esortò: “Fate come fece Gesù. Siete nel mondo ma non ne siete parte . . . Ricordate: ‘Questa è la via. Camminate per essa’”.
Dopo questi commenti N. H. Knorr diede a ciascun missionario una busta contenente la fotografia della classe, un dono della Società e il diploma a coloro che l’avevano meritato. Quindi fu letta una risoluzione in cui gli studenti esprimevano apprezzamento per l’addestramento ricevuto e la determinazione d’essere fedeli al proprio compito.
Dopo l’intervallo il programma riprese. Fra le migliori cose udite e viste ci fu un eccellente programma musicale con bei canti in sei lingue; un commovente dramma biblico di eccezionale bellezza; resoconti sull’eccellente progresso fatto in alcuni paesi dove andavano i missionari e un cantico da essi specialmente composto per l’occasione. Quindi tutti parteciparono al cantico e il presidente della scuola concluse il programma con una sentita preghiera.
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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1970 | 15 novembre
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Domande dai lettori
● Il fedele cristiano come dovrebbe agire verso un parente fuori dell’immediata cerchia familiare il quale è stato disassociato? — N. W., Canada.
Questa situazione può mettere alla prova il cristiano che vuol essere fedele a Geova e tuttavia ha affetto naturale per il parente disassociato. Possiamo essere grati che Dio abbia chiaramente considerato questo soggetto nella sua Parola.
La Bibbia mostra che Geova è disposto a perdonare. Tutti gli uomini peccano, ma Egli è disposto a scusare tali peccati in base al sacrificio di Cristo se le persone cercano pentite il perdono. — Rom. 3:23; Atti 26:20.
Che accade, però, se chi ha cercato tale perdono in passato ed è divenuto dedicato servitore di Dio commette un peccato? Geova riconosce l’imperfezione umana e perdonerà ancora se il peccatore ammette il suo errore e mostra con la sua condotta d’essersi pentito. (1 Giov. 1:9) Comunque, se chi asserisce d’essere cristiano pratica il peccato e rifiuta di pentirsi e di cambiare, le istruzioni di Dio sono quindi chiare. Questo accadde nel primo secolo, poiché un uomo della congregazione di Corinto praticava l’immoralità. L’ispirato comando dato a quella congregazione fu: “Rimuovete l’uomo malvagio di fra voi”. Sì, espelletelo dalla congregazione. — 1 Cor. 5:13.
Quel passo era importante. Non si doveva far rimanere nell’organizzazione di Dio nessuna influenza corruttrice. Come scrisse l’apostolo Paolo, “un po’ di lievito fa fermentare l’intera massa”. Se quell’immorale rimaneva, la buona spiritualità dell’intera congregazione poteva andare perduta. — 1 Cor. 5:5-7; Gios. 7:1-25.
I fedeli cristiani di Corinto come dovevano trattare quell’uomo? Paolo scrisse: “[Cessate] di mischiarvi in compagnia di alcuno chiamato fratello che è fornicatore o avido o idolatra o oltraggiatore o ubriacone o rapace, non mangiando nemmeno con un tal uomo”. (1 Cor. 5:11) Pertanto, questa espulsione dalla congregazione si può appropriatamente chiamare disassociazione, poiché i fedeli cristiani cessano di associarsi con chi pratica il peccato. Fino a che punto?
Qui ci viene in aiuto l’apostolo Giovanni. Il disassociato può essere divenuto apostata, insegnando dottrine non scritturali. Oppure con il suo immorale modo di vivere, in effetti, può insegnare che si può essere cristiano e, nello stesso tempo, adultero o fornicatore. Egli ovviamente non rimane nei giusti insegnamenti di Gesù. Riguardo a quelli che un tempo erano fratelli o sorelle cristiane, Giovanni scrive: “Chiunque va avanti e non rimane nell’insegnamento del Cristo non ha Dio. Chi rimane in questo insegnamento è quello che ha il Padre e il Figlio. Se alcuno viene da voi e non porta questo insegnamento, non lo ricevete nella vostra casa e non gli rivolgete un saluto”. — 2 Giov. 9, 10.
Il successivo versetto mette in risalto la serietà di ciò: “Poiché chi gli rivolge un saluto partecipa alle sue opere malvage”. (2 Giov. 11) Questo non significa necessariamente che il cristiano che parla con uno disassociato per furto, per esempio, divenga egli stesso ladro, benché ciò possa effettivamente accadere. Ma trascurando i consigli di Dio e parlando a quella persona è come se dicesse che approva la condotta del ladro, come se non contasse.
Pertanto abbiamo stabilito dalla Bibbia stessa la posizione fondamentale del fedele cristiano verso il disassociato: non avere nessuna associazione con lui, nemmeno parlargli. Ma che dire se l’espulso è un parente?
Qualora il disassociato e il fedele cristiano siano nella stessa famiglia, vivendo nella stessa casa, come un marito e sua moglie, entrano in gioco altri fattori biblici. Se la moglie di un cristiano fosse disassociata per menzogna, egli sarebbe ancora sposato con lei; la Bibbia dice che sono uniti insieme come una sola carne. (Efes. 5:31) In tal caso dovrebbe sempre avere cura di lei come di sua moglie e come membro della sua casa. Ciò significherebbe parlarle delle cose quotidiane della loro vita. Tuttavia, per rispetto verso il decreto di disassociazione, che ha infranto il loro legame di fratello e sorella spirituali, non terrebbe assolutamente lo studio biblico con lei né avrebbe associazione su cose spirituali. (Per ulteriori particolari si veda La Torre di Guardia del 15 gennaio 1964, pagg. 42-44).
Ma la domanda principale che consideriamo è se il parente è fuori dell’immediata cerchia familiare, se non abita nella stessa casa. Sarebbe possibile qualche contatto?
Di nuovo, la disassociazione non scioglie i legami carnali, ma, in tale situazione, i contatti, se fossero proprio necessari, sarebbero molto più rari che tra persone abitanti nella stessa casa. Tuttavia, potrebbero esserci questioni familiari assolutamente necessarie che richiedessero di comunicare, come le formalità legali per un testamento o della proprietà. Ma il parente disassociato dovrebbe capire che la sua posizione è cambiata, che non è più gradito nella casa né è un compagno preferito.
Questa condotta è sia scritturale che ragionevole. Come abbiamo visto, Dio consiglia ai cristiani di ‘cessar di mischiarsi in compagnia’ di tale individuo, “non mangiando nemmeno” con lui. Egli comanda pure ai cristiani di ‘non riceverlo mai nella loro casa né di rivolgergli un saluto’. Se si mantenessero normali contatti sociali tra parenti con questo disassociato, cosa non necessaria giacché vive fuori di casa, il cristiano ubbidirebbe a Dio? In una piccola congregazione con alcune famiglie imparentate, se tutti agissero verso l’espulso come prima della disassociazione, andando a fare la spesa insieme, merende insieme, badando al bambini gli uni degli altri, difficilmente egli capirebbe che tutti i suoi fedeli parenti cristiani hanno letteralmente odiato il male da lui praticato. (Sal. 97:10) Né gli estranei potrebbero vedere alcun cambiamento anche se sapessero della condotta non cristiana del peccatore.
Dobbiamo tenere bene a mente il fatto che se il disassociato non può più godere della compagnia dei suoi parenti cristiani non è per colpa loro, come se essi lo trattassero altezzosamente. Essi agiscono secondo i princìpi, alti princìpi, i princìpi di Dio. Il disassociato stesso è responsabile della propria situazione; egli se l’è causata. La responsabilità gravi su chi ce l’ha!
Se il peccatore espulso vuole essere ristabilito nella piacevole associazione con Geova e coi fedeli cristiani, ciò è possibile. Isaia scrisse: “Lasci il malvagio la sua via, e l’uomo dannoso i suoi pensieri; e torni a Geova, che avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, poiché egli perdonerà in larga misura”. (Isa. 55:7) Il disassociato che si pente può essere perdonato e riassociato alla congregazione. — 2 Cor. 2:6-8.
Ma finché ciò non accada, i fedeli cristiani hanno l’obbligo di sostenere l’azione della disassociazione evitando di associarsi con il disassociato. Se egli è un parente che abita fuori di casa, cercheranno di non avere nessuna associazione con lui. E se sorge qualche inevitabile questione familiare assolutamente necessaria, terranno i contatti con lui al minimo, non avendo decisamente nessuno scambio di idee su cose spirituali. In tal modo mostrano lealtà a Dio, alla sua Parola e alla sua congregazione.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1970 | 15 novembre
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Domande dai lettori
● Ho sentito dire che Mosè ricevette la Legge il giorno di Pentecoste. Com’è possibile ciò, giacché Esodo 19:1 dice che gli Israeliti arrivarono al Sinai nel terzo mese dopo aver lasciato l’Egitto? — D. S., U.S.A.
La tradizione ebraica indica molto chiaramente che Mosè ricevette i Dieci Comandamenti nel giorno festivo di Pentecoste o Shabuóth. Per esempio, leggiamo: “Nel ciclo della memoria storica giudaica, Shabuoth è il giorno dell’incontro al Sinai, quando Dio si rivelò a Mosè e al popolo giudaico. Fu udita la Voce che dichiarava i Dieci Comandamenti”. (Judaism, edizione del rabbino A. Hertzberg, pagina 118, 1961; si veda anche The New Jewish Encyclopedia del 1962, pagina 442). La Bibbia non lo dichiara specificamente. Comunque, esaminando ciò che dice la Bibbia, possiamo vedere che le informazioni che presenta concedono questa possibilità.
La Pasqua giudaica si teneva il 14 Nisan. Secondo le feste giudaiche, il 15 Nisan era un sabato, e il 16 Nisan erano presentati i primi frutti della raccolta dell’orzo. Cinquanta giorni dopo, il 6 Sivan, i Giudei celebravano la festa delle settimane, pure chiamata Pentecoste. Giacché i mesi giudaici erano di ventinove e trenta giorni, potrebbe sembrare che il terzo mese dopo che avevano lasciato l’Egitto sia oltre il tempo di Pentecoste. — Lev. 23:4-17.
Ma esaminiamo Esodo 19:1. Dice: “Il terzo mese da che i figli d’Israele erano usciti dal paese d’Egitto, lo stesso giorno, vennero nel deserto del Sinai”. Notate che non dice, ‘tre mesi dopo’ che gli Israeliti erano usciti dall’Egitto, che sarebbe tre mesi completi o circa novanta giorni. Piuttosto, sarebbero inclusi mesi parziali. La Pasqua cade nel mese ebraico di Nisan (30 giorni). Il mese successivo è Iyar (29 giorni), seguito da Sivan (30 giorni). I Giudei partirono dall’Egitto in Nisan, per cui Sivan sarebbe il “terzo mese da che” essi partirono. Ma quando cominciò Mosè a ricevere la Legge? Potrebbe quel tempo corrispondere alla data in seguito stabilita per la celebrazione della festa delle settimane, o Pentecoste?
Sebbene gli studiosi non siano unanimi su questo punto, c’è l’estesa credenza che il commento intenda il 1º Sivan. “Il terzo mese . . . lo stesso giorno”. Per esempio, il famoso commentatore giudaico Rashi scrisse: “LO STESSO (lett., questo) GIORNO, il giorno della Nuova Luna”, che sarebbe il primo del mese. Il prof. James G. Murphy scrisse: “Giacché il termine lì impiegato indica il nuovo mese, e è indicato un giorno preciso, ‘questo giorno’, possiamo sicuramente concludere che s’intende il primo giorno del mese”.
In precedenza Dio aveva detto a Mosè che avrebbe adorato sul monte Sinai; per cui dopo che il popolo si era accampato, “Mosè salì al vero Dio”. (Eso. 3:12; 19:2, 3) Se la summenzionata veduta di Esodo 19:1 è corretta, questo avrebbe potuto avvenire il 2 o il 3 Sivan. Mosè ricevette un messaggio da Geova. Quindi lo portò al popolo ed esso accettò di fare tutto ciò che Dio aveva detto. Infine, Mosè riportò a Geova le parole del popolo, possibilmente il 4 Sivan. Dio disse a Mosè di santificare il popolo “oggi e domani” e “si devono mostrare pronti per il terzo giorno”, che potrebbe essere il 6 Sivan. — Eso. 19:10, 11.
Di conseguenza, quando il “terzo giorno” Dio diede i Dieci Comandamenti, le fondamentali leggi del patto della Legge, esso potrebbe benissimo corrispondere alla data in cui in seguito si celebrava la Pentecoste.
Potremmo aggiungere che certe usanze giudaiche implicano la credenza che la data in cui fu data la Legge corrisponde alla data della Pentecoste. Alcuni Ebrei ornano le loro case con fiori alla Pentecoste, con l’esplicito scopo di attestare la loro gioia per il possedimento della Legge. E, secondo The Jewish Encyclopedia, “alla Pentecoste c’è la popolare usanza di mangiare latticini e torte di formaggio in onore della Legge, che è paragonata a ‘latte e miele’”.
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Domande dai lettori (3)La Torre di Guardia 1970 | 15 novembre
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Domande dai lettori
● In che senso, come dice I Giovanni 5:18, “ogni persona che è stata generata da Dio non pratica il peccato, ma Colui ch’è stato generato da Dio vigila su lui e il malvagio non fa presa su di lui”? — N. B., U.S.A.
Per capire questa scrittura è necessario anzitutto comprendere il punto che l’apostolo Giovanni
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