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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • fece poi seppellire le loro ossa, dopo di che ‘Dio si lasciò supplicare per il paese’. – II Sam. 21:1-14; vedi PALO, METTERE AL.

  • Appio, mercato
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    • Appio, mercato

      Detto anche “Foro Appio”. Luogo di mercato quarantatré miglia romane (circa 64 km) a SE di Roma. Era un ben noto luogo di sosta sulla famosa strada romana, la Via Appia, che da Roma si dirigeva verso il golfo di Napoli dove si trovava il porto di Puteoli (l’odierna Pozzuoli). Sia la strada che il mercato presero nome dal fondatore, Appio Claudio Cieco, del IV secolo a.E.V.

      Essendo il luogo dove di solito si fermavano i viaggiatori al termine del primo giorno di viaggio da Roma, questa stazione di posta divenne un importante centro commerciale. Ad accrescerne l’importanza contribuiva la posizione all’estremità settentrionale di un canale che scorreva parallelo alla strada, attraverso le paludi Pontine. Pare che i viaggiatori percorressero di notte questo canale su chiatte tirate da muli. Il poeta Orazio descrive i disagi del viaggio, lamentandosi delle rane e dei moscerini e descrivendo il mercato Appio affollato di “barcaioli e osti esosi”.

      In quest’importante nodo stradale l’apostolo Paolo, mentre da Pozzuoli si recava a Roma come prigioniero, incontrò la prima delegazione di fratelli cristiani che, alla notizia del suo arrivo, erano venuti da Roma per incontrarlo. Le rovine sono state identificate con quelle di Treponti, dove esiste ancora l’antica quarantatreesima pietra miliare. – Atti 28:15.

  • ‘Aqaba, golfo di
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    • ‘Aqaba, golfo di

      (‘Aqaba).

      Uno dei due bracci settentrionali del Mar Rosso. Il golfo di ‘Aqaba limita la penisola del Sinai a E mentre il golfo di Suez la limita a O. Il golfo di ‘Aqaba è lungo circa 160 km e largo da 19 a 27 km. Fa parte della grande faglia geologica chiamata Rift Valley, che prosegue verso nord includendo il Mar Morto, la valle del Giordano, il Mar di Galilea e la valle del Libano.

      In I Re 9:26 viene menzionata un flotta di navi costruite da Salomone a Ezion-Gheber, che si trovava sul golfo di ‘Aqaba. Più tardi, in I Re 22:48, le Scritture parlano di un tentativo di Giosafat di mandare navi da Ofir, ma queste naufragarono presso Ezion-Gheber.

      [Cartina a pagina 85]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      Golfo di ‘Aqaba

      Golfo di Suez

      Mar Rosso

      PENISOLA DEL SINAI

      ARABIA

  • Aquila, I
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    • Aquila, I

      [lat. nome pr. di persona m.].

      Ebreo naturale nativo del Ponto, nell’Asia Minore settentrionale, sempre menzionato insieme a Priscilla, sua moglie e leale compagna. Si stabilirono a Corinto dopo essere stati espulsi da Roma in seguito al decreto contro gli ebrei emanato dall’imperatore Claudio il 25 gennaio del 50 E.V. (Atti 18:1, 2) Quando arrivò Paolo nell’autunno del 50 E.V., Aquila e Priscilla lo accolsero in casa propria. Fra loro si stabilì un’amicizia molto stretta dato che svolgevano insieme il comune mestiere di fare tende e senza dubbio Aquila e Priscilla aiutarono Paolo a rafforzare la nuova congregazione locale. — Atti 18:3.

      Quando alla fine del secondo viaggio missionario Paolo s’imbarcò per la Siria nel 52 E.V., Aquila e Priscilla lo accompagnarono fino a Efeso (Atti 18:18, 19), e vi rimasero almeno finché Paolo scrisse di lì ai corinti verso il 55 E.V. La loro casa serviva come luogo di adunanza per la congregazione locale ed essi ebbero il privilegio di aiutare l’eloquente Apollo ad acquistare più accurato intendimento della via di Dio. (I Cor. 16:19; Atti 18:26) Allorché Paolo scrisse ai romani, verso il 56 E.V., il decreto di Claudio era stato revocato e Aquila e Priscilla erano tornati a Roma, infatti Paolo mandò saluti a questi suoi “compagni d’opera”. (Rom. 16:3) Anche qui la congregazione si radunava in casa loro. (Rom. 16:5) Mentre erano con Paolo, una volta Aquila e Priscilla avevano “rischiato il proprio collo” per lui, meritando la gratitudine di tutte le congregazioni. (Rom. 16:4) Più tardi ritornarono a Efeso, infatti Paolo, mentre si trovava a Roma poco prima di subire il martirio (verso il 65 E.V.), chiese a Timoteo di portare loro i suoi saluti. — I Tim. 1:3; II Tim. 4:19.

  • Aquila, II
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    • Aquila, II

      [ebr. nèsher; gr. aetòs].

      Alcuni ritengono che il nome ebraico derivi da una radice che significa “strappare o lacerare”. Secondo altri è un nome onomatopeico (il cui suono suggerisce la cosa che rappresenta), e pensano che nèsher dia l’idea di qualche cosa di “impetuoso” o “folgorante”, quindi di un uccello che scende in picchiata sulla preda fendendo l’aria come un lampo e con rumore sibilante. In ogni caso il termine ebraico ben descrive l’aquila, grosso uccello da preda che scendendo in velocità da grandi altezze produce un fischio causato dall’aria che passa fra le penne remiganti (penne esterne dell’ala) aperte. Uccello da preda e assetato di sangue (Giob. 39:27, 30), l’aquila era uno degli animali “impuri” secondo la legge mosaica. — Lev. 11:13; Deut. 14:12.

      VARIETÀ PALESTINESI

      Più comuni attualmente in Palestina sono l’aquila imperiale e l’aquila reale, ma se ne trovano anche altre varietà, come il biancone. L’aquila reale, imponente uccello marrone scuro con lucenti piume fulve sul capo e sul collo, lungo un metro circa e con un’apertura alare di quasi due metri, sverna in tutta la Palestina e passa i mesi estivi sulle montagne del Libano. Le aquile hanno di solito testa piuttosto larga con una sporgenza sopra gli occhi, corto becco adunco, zampe robuste e possenti artigli acuminati.

      ‘PORTATI SU ALI D’AQUILE’

      La regione del Sinai, dove questi uccelli si librano e planano sulle ampie e forti ali, è chiamata “paese di aquile”. Perciò gli israeliti liberati che si erano radunati presso il monte Sinai poterono ben apprezzare come fosse appropriata l’idea resa dalle parole di Dio, che li avrebbe portati fuori dall’Egitto “su ali d’aquile”. (Eso. 19:4; confronta Rivelazione 12:14). Quasi quarant’anni dopo Mosè poté paragonare Geova che guidava Israele nel deserto a un’aquila che “scuote il suo nido, volteggia sopra i suoi piccoli, spiega le sue ali, li prende, li porta sulle sue penne”. (Deut. 32:9-12) Quando arriva per gli aquilotti il momento di cominciare a volare, il genitore li sprona, agitando e battendo le ali per far capire ai piccoli cosa devono fare, e poi li spinge o invita a uscire dal nido per provare a volare.

      Alcuni hanno messo in dubbio che l’aquila porti effettivamente i piccoli sul dorso, tuttavia, secondo sir W. B. Thomas, in Scozia una guida avrebbe affermato a proposito dell’aquila reale che “i genitori, dopo aver incoraggiato e a volte spinto l’aquilotto nell’aria, caleranno sotto il principiante e lo faranno riposare un momento sulle loro ali e sul dorso”. Il Bulletin of the Smithsonian Institution (Vol. CLXVII, p. 302) cita le parole di un osservatore negli Stati Uniti: “La madre, spiccato il volo dal nido sulle rupi, lasciava bruscamente cadere il piccolo, direi, per una trentina di metri; poi calava sotto di lui ad ali spiegate ed esso le si posava sul dorso. Si librava con lui fin sulla vetta e ripeteva l’operazione . . . Mio padre ed io siamo rimasti a osservare affascinati per oltre un’ora”. A proposito di queste affermazioni, G. R. Driver osserva: “La descrizione [in Deuteronomio 32:11] non è dunque un semplice volo della fantasia ma si basa su fatti reali”. — Palestine Exploration Quarterly, gennaio–giugno 1958, pp. 56, 57.

      NIDI E VISTA ACUTA

      Le abitudini dell’aquila nel costruirsi il nido sono messe in risalto dalle domande rivolte da Dio a Giobbe in Giobbe 39:27-30. L’aquila può fare il nido su un alto albero, sulla vetta di una rupe o sul ciglio di un burrone. Con gli anni il nido può raggiungere un’altezza di due metri e pesare quasi una tonnellata! L’evidente sicurezza e inaccessibilità del nido dell’aquila sono state usate figurativamente dai profeti nei messaggi contro il superbo regno di Edom, che si trovava fra gli impervi monti dell’Araba. (Ger. 49:16; Abd. 3, 4) La vista acuta dell’aquila, menzionata in Giobbe 39:29, trova conferma nel libro di Rutherford Platt The River of Life (1956, pp. 215, 216), che spiega anche l’insolita forma dell’occhio dell’aquila, prova della sapienza del Creatore:

      “In fatto di occhi il primato di tutto il regno animale . . . [va agli] occhi dell’aquila, dell’avvoltoio e del falco. Hanno una vista così acuta che da un’altezza di oltre 300 m possono scorgere un coniglio o un gallo cedrone seminascosto nell’erba.

      “La vista acuta dell’uccello da preda è prodotta dall’immagine dell’oggetto riflessa sulla densa massa di cellule coniche acuminate. Questa minuscola zona nella parte posteriore del bulbo oculare assorbe i raggi luminosi dell’oggetto attraverso migliaia di punti, in un modo speciale che trasmette alla mente un’immagine chiara. A quasi tutti i predatori, come la moffetta e il puma, e a noi stessi, è sufficiente una singola concentrazione di coni; noi guardiamo avanti e ci avviciniamo direttamente all’oggetto che fissiamo. Ma non così l’aquila o il falco, che, avendo scorto il coniglio nell’erba grazie ai coni che gli permettono di metterlo bene a fuoco, può avvicinarsi con una lunga picchiata obliqua. Questo fa sì che l’immagine del bersaglio si muova lungo una traiettoria curva attraverso la parte posteriore del bulbo oculare. Tale traiettoria è tracciata esattamente nell’occhio dell’aquila che scende in picchiata da una linea curva di coni anziché da un’unica massa di coni. Così mentre si avvicina rapidamente, l’aquila tiene costantemente a fuoco il coniglio nell’erba”. — Vedi Geremia 49:22.

      CAPACITÀ DI VOLO

      Molti versetti parlano della velocità dell’aquila. (II Sam. 1:23; Ger. 4:13; Lam. 4:19; Abac. 1:8) Si sa di aquile che hanno superato una velocità di 130 km orari. Salomone avvertì che la ricchezza “si fa ali come quelle d’un’aquila” che si alza in volo (Prov. 23:4, 5), mentre Giobbe lamentava il rapido scorrere della vita, paragonandolo alla velocità di un’aquila in cerca di preda. (Giob. 9:25, 26) Ma quelli che confidano in Geova hanno la forza di andare avanti, come se salissero sulle ali apparentemente infaticabili dell’aquila in volo. — Isa. 40:31.

      Come lo scrittore di Proverbi 30:19, anche gli scienziati moderni si meravigliano della “via dell’aquila nei cieli”. Nel numero di Scientific American dell’aprile 1962 (p. 131), Clarence D. Cone jr. descrive il modo in cui l’osservazione del volo maestoso e infaticabile di aquile, falchi e avvoltoi “ha contribuito alla scoperta di un meccanismo fondamentale della metereologia”. Quindi spiega il modo in cui questi grossi uccelli utilizzano tutta la forza dinamica delle grandi “bolle” d’aria calda che si alzano da terra grazie al calore del sole, dimostrando inoltre che la punta “scanalata” delle ali dell’aquila e di uccelli simili è progettata in modo aerodinamico così da vincere la resistenza dell’aria.

      USO FIGURATIVO

      Questo possente uccello da preda è stato spesso usato dai profeti come simbolo delle forze armate di nazioni nemiche nei loro attacchi improvvisi e spesso inaspettati. (Deut. 28:49-51; Ger. 48:40; 49:22; Osea 8:1) I sovrani babilonesi ed egiziani sono stati paragonati ad aquile (Ezec. 17:3, 7; Dan. 7:3, 4), e si noti che l’aquila compariva sempre su scettri regali, stendardi e stele di molte antiche nazioni, fra cui Assiria, Persia e Roma, e ancor oggi è l’emblema di Germania, Stati Uniti, e altre nazioni.

      Alcuni avanzano delle riserve sul termine “aquile” in Matteo 24:28 e Luca 17:37, sostenendo che i versetti si riferiscano piuttosto ad avvoltoi, che si radunano intorno a un cadavere. Comunque, anche se l’aquila non si nutre principalmente di carogne come l’avvoltoio, a volte mangia animali morti. (Palestine Exploration Quarterly, aprile 1955, p. 9) Inoltre l’aquila, pur essendo di solito un cacciatore solitario, a differenza del gregario avvoltoio, è risaputo che a volte attacca in coppie, e nel libro The Animal Kingdom (1954, a cura di Frederick Drimmer, Vol. II, p. 965) viene citato un caso in cui “diverse [aquile] lanciarono un attacco in massa contro un’antilope dalle corna ramificate”.

      Un altro versetto che molti studiosi ritengono si riferisca all’avvoltoio più che all’aquila è Michea 1:16, in cui si parla figurativamente di Israele che ‘allarga la sua calvizie come quella dell’aquila’. La testa dell’aquila è ben fornita di piume, anche quella dell’aquila di mare dalla testa bianca che a distanza dà l’impressione di essere calva. L’avvoltoio grifone, comune in Palestina, ha solo una specie di lanugine bianca sul capo, e penne sparse sul collo. Se il versetto si applica a tale animale, ciò indicherebbe che l’ebraico nèsher ha un significato più ampio del termine aquila. Si noti che l’avvoltoio grifone, pur non essendo classificato dagli ornitologi nella stessa “specie” o “genere” dell’aquila è considerato della stessa “famiglia” (Accipitridi). Tuttavia alcuni ritengono che Michea 1:16 si riferisca al fatto che l’aquila muta le penne, anche se questo è un processo piuttosto graduale e poco appariscente. Il cambio delle penne provoca una certa riduzione di attività e forza ed è seguito da un ritorno alla vita normale, e potrebbe essere quello che intese il salmista dicendo che la propria giovinezza “continua a rinnovarsi proprio come quella dell’aquila”. (Sal. 103:5) Altri vedono in questo un riferimento alla vita relativamente lunga dell’aquila, che a volte raggiunge gli ottant’anni d’età.

      [Figura a pagina 86]

      Aquila reale

  • Araba
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    • Araba

      (Àraba) [pianura desertica; da una radice che significa arido, riarso].

      Parte della straordinaria depressione o Rift Valley che dalle pendici del monte Ermon si spinge a S, include il Mar di Galilea e il Giordano, scende molto al di sotto del livello del mare per formare il bacino del Mar Morto, quindi prosegue verso S fino al golfo di ‘Aqaba nel Mar Rosso. — Deut. 3:17; Gios. 3:16; 11:16; Ger. 52:7.

      Questa valle, che scende in direzione N–S, lunga e stretta, spesso arida e poco abitata, è delimitata da entrambi i lati da una lunga serie di montagne. Larga da 800 m a 16 km, e lunga circa 435 km, la valle deve la sua esistenza a una “faglia”, o lunga fenditura nella crosta terrestre. Il Giordano si snoda lungo la parte settentrionale di questa valle diritta, e il costante flusso delle sue acque rende verdeggiante la parte centrale del fondovalle. A S del Mar Morto invece l’Araba è alimentata solo da torrenti stagionali insufficienti a rendere fertile quel terreno arido.

      Il Mar Morto è chiamato “mare dell’Araba”. (Deut. 3:17; 4:49; II Re 14:25) Senza l’articolo determinativo la parola ʽaravàh è usata anche in senso generico e può essere giustamente tradotta “pianura desertica”. Il plurale (ʽaravòhth) spesso si applica alle pianure desertiche di Gerico e di Moab, la parte della valle del Giordano immediatamente a N del Mar Morto. — Num. 22:1; 26:3, 63; 31:12; Gios. 4:13; 5:10; Ger. 39:5.

  • Arabia
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    • Arabia

      La Penisola Arabica costituisce l’estremità SO del continente asiatico. È limitata a E dal Golfo Persico e dal golfo di Oman, a S dall’Oceano Indiano e dal golfo di Aden, e a O dal Mar Rosso; Mesopotamia, Siria e Palestina formano un arco fertile che ne circonda la parte settentrionale. Attorniata com’è su tre lati dall’acqua, sembra quasi un’immensa isola ed è comunemente chiamata dai suoi abitanti “Isola degli arabi” (Jazirat al-‘arab).

      Con una superficie di 2.600.000 km2 circa, quasi l’equivalente di Francia e Spagna messe insieme, l’Arabia è la più grande penisola del mondo. La costa occidentale ha un’estensione di poco meno di 3.000 km e, nel punto più largo, la penisola misura quasi 2.000 km.

      Il nome “Arabia” è di origine semitica e si ritiene derivato da una radice che significa “essere arido”. (Confronta la “pianura del deserto” [ebr. ‘aràv; “Arabia”, VR] di Isaia 21:13). La penisola consiste di un tavolato roccioso che dalla catena montuosa parallela alla costa O declina verso E fino al Golfo Persico. Una sola vetta all’estremità SO raggiunge un’altitudine di 3660 m circa.

      All’interno della parte meridionale della penisola si stende il grande deserto detto Rub ‘al-Khali, la più grande estensione continua di sabbia che ci sia sulla terra, chiamata infatti “Le sabbie”. A N del Neged o altopiano centrale c’è il meno esteso deserto del Nafud, che culmina nel Deserto Siriaco, altopiano sassoso fra il Giordano e l’Eufrate. Fin dai primi secoli dell’era volgare i geografi hanno diviso l’Arabia in Arabia Petrea, che include la penisola del Sinai, Edom e Moab; Arabia Desertica, il Deserto Siriaco; e Arabia Felice, o Arabia meridionale.

      LA VITA DI UOMINI E ANIMALI, CONDIZIONATA DALL’ACQUA

      I piccoli corsi d’acqua lungo i margini esterni della penisola e sull’altopiano centrale (o Neged) non sono numerosi e scorrono solo in certe stagioni. Giobbe, che evidentemente visse in quello che oggi è il Deserto Siriaco, descrive il prosciugarsi di tali “torrenti invernali”. — Giob. 6:15-20.

      In gran parte questo vasto tavolato è arido, ma lungo la catena montuosa occidentale, sull’altopiano centrale e al S ci sono sufficienti precipitazioni da consentire la vita a una popolazione considerevole. Qui e intorno alle oasi maggiori i “fellahin” o contadini riescono a coltivare miglio, grano, orzo e granturco e vi si trovano palme da datteri (Eso. 15:27) e fichi. Alberi d’acacia, che producono la gomma resinosa detta gomma arabica, e altri alberi e arbusti balsamici e aromatici costituivano la principale ricchezza dell’antica economia araba, ma in tempi moderni il loro valore è stato eclissato dall’“oro nero”, il petrolio. — Gen. 2:12.

      Anche nel deserto del Nafud al N a volte d’inverno piove abbastanza da far crescere l’erba di cui si nutrono i cammelli e le pecore dei beduini. In vaste zone però la generale scarsità d’acqua consente solo una vita nomade che dipende da oasi sparse, polle d’acqua e pozzi. La temperatura tocca punte estreme, raggiungendo in certe zone anche 54 °C di giorno, per scendere bruscamente a livelli molto bassi di notte.

      In tali condizioni la fauna è necessariamente ridotta, ma pecore, capre, cammelli, asini selvatici, sciacalli, falchi e aquile vi si trovano oggi come nei tempi biblici. (Ezec. 27:21; II Cron. 17:11; Giud. 6:5; Giob. 39:5-8, 26, 27; Isa. 60:7; 34:13) Alcuni animali, come il leone, il toro selvatico e lo struzzo, sono ora estinti in questa zona. (Giob. 38:39, 40;

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