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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • RIMEDIO PER MALATTIE SPIRITUALI E FISICHE

      In Giacomo 5:13-20 viene spiegato cosa fare se un componente della congregazione cristiana si ammala spiritualmente. Il contesto, in cui l’essere malato è contrapposto all’essere in buono spirito, indica che Giacomo non parlava di una malattia fisica, ma di una malattia spirituale. A proposito del rimedio e dei passi opportuni da fare, Giacomo scrisse: “Vi è qualcuno malato [spiritualmente] fra voi? Chiami gli anziani della congregazione presso di sé, e preghino su di lui [in modo che possa udire la preghiera e dimostrarsi d’accordo dicendo “Amen”], spalmandolo d’olio [incoraggiandolo con confortanti, calmanti consigli dalla Parola di Dio, per riportarlo in unità con la congregazione (Sal. 133:1, 2; 141:5)] nel nome di Geova [in tutta lealtà a Dio e secondo il Suo proposito]. E la preghiera della fede [pronunciata dagli anziani per chi sta male spiritualmente] farà star bene [spiritualmente] l’indisposto e Geova lo desterà [dallo scoraggiamento e dal sentirsi abbandonato da Dio, poiché Geova lo rafforza a camminare nella via della verità e della giustizia (Filip. 4:13)]. E se egli ha commesso dei peccati, gli sarà perdonato [da Geova (Sal. 32:5; 103:10-14), se reagisce favorevolmente alle preghiere e alla riprensione, correzione ed esortazione dalla Parola di Geova impartita dagli anziani, pentendosi della sua condotta e seguendo la retta via (Sal. 119:9-16)]”.

      Quando un servitore di Dio è malato fisicamente, è giusto che preghi Geova di dargli la forza d’animo necessaria per sopportare la malattia, e la forza spirituale per rimanere integro durante tale periodo di debolezza della carne. “Geova stesso lo sosterrà su un canapè di malattia”. — Sal. 41:1-3; vedi anche I Re 8:37-40.

  • Malco
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    • Malco

      [gr. Màlkhos, dall’ebr. mèlekh, re, oppure mallùkh, consigliere].

      Schiavo del sommo sacerdote che accompagnò Giuda Iscariota e la folla al Getsemani, dove fu arrestato Cristo. Pietro mozzò con una spada l’orecchio destro di Malco (Giov. 18:10; Matt. 26:51; Mar. 14:47), ma Gesù lo sanò miracolosamente. (Luca 22:50, 51) Un altro schiavo del sommo sacerdote Caiafa, parente di Malco, in seguito riconobbe Pietro, cosa che indusse l’apostolo a rinnegare per la terza volta Cristo. — Giov. 18:26, 27.

  • Male
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    • Male

      [ebr. ra‘; gr. kakòs, poneròs].

      Tutto ciò che provoca sofferenza, dolore o afflizione. Per rendere in italiano l’idea esatta, il termine ebraico ra‘, che ha significato molto ampio, viene tradotto secondo il contesto coi termini male, scuro, brutto, animosità, maligno, calamità, ingeneroso, invidioso, ecc. (Gen. 2:9; 40:7; 41:3; 50:15, 17; Deut. 28:35; II Sam. 24:16; Prov. 23:6; 28:22) Il termine greco kakòs può essere definito ciò che è (1) male in senso morale e (2) deleterio, ed è stato tradotto, fra l’altro, male, dannoso. (Rom. 7:19; 12:17; Col. 3:5; Tito 1:12; Ebr. 5:14) Poneròs significa (1) cattivo, spregevole (in senso fisico) e male, malvagio (in senso morale) e (2) maligno. — Matt. 7:17; Luca 6:45; Riv. 16:2.

      La prima volta che ricorre nelle Scritture il termine ra‘ è usato come l’antitesi del bene. Adamo ebbe l’ordine di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, e fu anche avvertito delle conseguenze che avrebbe avuto la disubbidienza. È dunque chiaro che Dio stabilisce la norma di ciò che è bene e di ciò che è male; non spetta all’uomo stabilirlo indipendentemente da Dio. Adamo trasgredì l’espressa legge di Dio, tuttavia non si può darne la colpa a Geova, “poiché coi mali Dio non può esser provato né egli stesso prova alcuno. Ma ciascuno è provato essendo attirato e adescato dal proprio desiderio”. — Giac. 1:13, 14; Gen. 2:16, 17; 3:17-19.

      IN CHE SENSO DIO PROVOCA IL MALE

      Giustamente Geova provocò il male o la calamità che si abbatté su Adamo per la sua disubbidienza. Perciò nelle Scritture si parla di Geova come del Creatore del male o della calamità. (Isa. 45:7) Il fatto che Dio ha stabilito la pena per il peccato, cioè la morte, si è dimostrato un male o una calamità per il genere umano. Il male non è dunque sempre sinonimo di trasgressione. Esempi di mali o calamità creati da Geova sono il diluvio dei giorni di Noè e le dieci piaghe abbattutesi sull’Egitto. Non erano però dei soprusi. Anzi in entrambi i casi si trattava di legittimo esercizio della giustizia contro i malfattori. Tuttavia a volte, nella sua misericordia, Geova si è trattenuto dal provocare come intendeva una calamità o un male nell’esecuzione del suo giusto giudizio, tenendo conto del pentimento della parte in causa. (Giona 3:10) Inoltre, avvertendoli in anticipo, Geova ha immeritatamente dato ai malfattori l’opportunità di cambiare condotta e così continuare a vivere. — Ezec. 33:11.

      EVITARE IL MALE

      Poiché è Geova che stabilisce la norma del bene e del male, ciascuno dev’essere pienamente a conoscenza di tale norma per poter discernere quale condotta seguire. (Ebr. 5:14) L’amore del denaro è uno dei mali o cose dannose da evitare. (I Tim. 6:10) È poco saggio essere ansiosi per le cose materiali, infatti, come disse Gesù, “basta a ciascun giorno il proprio male [kakìa]”, male in quanto difficoltà o afflizione. (Matt. 6:34) I “desideri dannosi” sono fra le cose da eliminare per rivestire la nuova personalità. (Col. 3:5) Come il Diavolo tentò Gesù col male, così i cristiani riscontrano che vengono o si presentano loro pensieri cattivi. Ma per evitare di cadere nel peccato quando ciò avviene, il cristiano deve seguire l’esempio di Gesù e scacciare immediatamente tale male. (Giac. 1:13-15; Matt. 4:1-11; Filip. 4:8) Anche se, come avvenne a Paolo, a motivo dell’imperfezione umana il cristiano si trova in costante conflitto con la carne decaduta, e può fare il male che non vuole fare, non deve cedere alla carne, ma deve continuare a combattere contro di essa. (Rom. 7:21; 8:8) Il pericolo di non riuscire a soddisfare le giuste esigenze di Dio è evidente da ciò che Gesù predisse circa lo schiavo malvagio. La punizione più severa gli viene impartita per non aver assolto l’incarico affidatogli ed essere arrivato al punto di percuotere i suoi compagni. — Matt. 24:48-51.

      IL CRISTIANO SOPPORTA IL MALE

      Le Scritture non autorizzano il cristiano a ricambiare o provocare il male altrui. Il consiglio della Bibbia è: “Non rendete a nessuno male per male”. “Non vi vendicate... ‘La vendetta è mia; io ricompenserò, dice Geova’”. “Non vi fate vincere dal male, ma vincete il male col bene”. (Rom. 12:17, 19, 21) Inoltre, nel rendere sottomissione relativa alle autorità che governano su di loro, i servitori di Dio non dovrebbero mai trovarsi a praticare il male, poiché tali autorità, per mezzo di governanti che in misura più o meno grande hanno una coscienza data da Dio, agiscono per reprimere il male secondo la legge del paese e nel legittimo esercizio dell’autorità di punire i trasgressori. (Rom. 13:3, 4) Per qualunque abuso della loro autorità dovranno rendere conto al supremo Giudice. Sopportando il male per amore della giustizia il cristiano ha il privilegio di avere una parte nel glorificare il santo nome di Dio. — I Piet. 4:16.

  • Maledire, maledizione
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    • Maledire, maledizione

      Nella Bibbia diversi termini ebraici e greci, tradotti “maledire”, “maledizione”, o con termini simili, rendono fondamentalmente l’idea di desiderare, minacciare o pronunciare il male su qualcuno o qualche cosa. — Vedi GIURAMENTO.

      L’uso biblico di tali termini indica una solenne dichiarazione o predizione infausta e, quando è fatta da Dio o da qualcuno autorizzato, ha significato e valore profetico. La maledizione di Giosuè contro chi, in futuro, avesse ricostruito Gerico si adempì molti secoli dopo. (Gios. 6:26; I Re 16:34) Le richieste del re Balac affinché Balaam maledicesse Israele non ebbero l’approvazione di Geova, che invece fece pronunciare delle benedizioni. (Num. 22:6-24:25) Tale maledizione non si deve dunque confondere con semplici parole blasfeme, né indica necessariamente ira violenta, com’è evidente nel caso dei gabaoniti. — Gios. 9:23.

      Come dice la parola stessa, “maledire” o “maledizione” significa dire o parlare male di qualcuno ed è quindi il contrario di benedire o benedizione. Il termine ebraico qelalàh significa fondamentalmente maledizione e in numerosi versetti è contrapposto a “benedizione”. (Gen. 27:12, 13; Deut. 11:26-29; Zacc. 8:13) Deriva dalla radice verbale qalàl, che alla lettera significa “avere (o dare) poca importanza”; ma, quando è usato in senso figurativo, significa “disprezzare”, “avere in dispregio” o “invocare il male su”. Questo è il termine che usò Davide quando disse a Mical che sarebbe stato “ancor meno stimato” di quanto lei non lo avesse accusato di essere. (II Sam. 6:20-22) Geova Dio lo usò dopo il Diluvio per dire che mai più avrebbe ‘invocato il male sulla terra a motivo dell’uomo’. — Gen. 8:21.

      SCOPO DELLE MALEDIZIONI DI DIO

      Uno degli scopi delle maledizioni di Dio è quello di indicare chiaramente chi sono e chi non sono i servitori che lui approva, dato che le maledizioni manifestano la disapprovazione di Dio, mentre le benedizioni manifestano la sua approvazione. Quindi nel promettere la Sua benedizione ad Abraamo, Geova disse inoltre: “Maledirò colui che invocherà su di te il male [forma nominale del verbo qalàl]”. (Gen. 12:3) Quando l’oggetto della maledizione non viene indicato, questa serve anche come consiglio ammonitore e protezione per coloro che desiderano ottenere o conservare il favore di Dio. La legge mosaica stabiliva numerose benedizioni e maledizioni, tutte derivanti dall’applicazione degli statuti e decreti della Legge. (Deut. 28:1, 2, 15) Prima di entrare nella Terra Promessa, Mosè sottolineò il fatto che la nazione, come singoli individui e come collettività, doveva scegliere fra la maledizione e la benedizione e avrebbero fatto questa scelta con la loro ubbidienza o disubbidienza. (Deut. 30:19, 20) Giosuè in sostanza ripeté tale monito ed esortazione una volta entrati nella Terra Promessa. (Confronta Giosuè 8:32-35; 24:14, 15). Ciascuno poteva dunque sforzarsi di non incorrere nelle annunciate maledizioni.

      La maledizione garantisce inoltre che i principi e i dichiarati propositi di Dio non siano presi alla leggera o disprezzati. Il sommo sacerdote Eli fu oggetto di una precisa maledizione perché era stato debole e non aveva rimproverato i figli, benché avessero ‘invocato il male su Dio’. (I Sam. 3:13) A lui Geova dichiarò la regola: “Onorerò quelli che mi onorano, e quelli che mi disprezzano saranno di poco conto [dalla radice qalàl]”. (I Sam. 2:30) La giusta retribuzione dell’errore accompagna dunque la maledizione di Dio. Questa può essere immediata, come nel caso dei piccoli schernitori su cui Eliseo invocò il male nel nome di Geova (II Re 2:24), oppure può essere rimandata a un’epoca successiva, come quando Dio informò il re Giosia della calamità che si sarebbe abbattuta su Giuda. (II Re 22:19, 20) Geova avvertì la nazione di Israele che la violazione delle sue leggi avrebbe provocato inevitabili difficoltà: “Tutte queste maledizioni verranno per certo su di te e ti perseguiteranno e ti raggiungeranno finché tu non sia stato annientato, perché non avrai ascoltato la voce di Geova tuo Dio osservando i suoi comandamenti e i suoi statuti che ti ha comandati”. (Deut. 28:45) Benché Dio avesse predetto nel modo più esplicito la desolazione e l’esilio, essi rifiutarono di dargli retta e perciò Gerusalemme diventò “una maledizione [per] tutte le nazioni della terra”. — Ger. 26:6; 24:9; Deut. 29:27.

      MALEDIZIONI REVOCATE

      Una maledizione può essere revocata o annullata da Geova, ma solo se sono dovutamente soddisfatte le sue giuste esigenze. Per esempio, all’originale maledizione della terra pose evidentemente fine il Diluvio che purificò il globo dalla malvagità. (Gen. 8:21) L’inosservanza del patto della Legge portò una maledizione sull’intera nazione di Israele, anche su coloro che in coscienza (benché non alla perfezione) cercavano di osservarlo. L’apostolo Paolo spiega che per questa ragione Cristo Gesù dovette morire, proprio come avvenne, su un palo di tortura. (Gal. 3:10-13) In tal modo Gesù, pur avendo personalmente osservato la Legge in modo perfetto, si addossò la maledizione della Legge che ricadeva su tutti coloro che erano sotto la Legge. Deuteronomio 21:23 dichiara: “Colui che è appeso [al palo] è qualche cosa di maledetto [lett. una maledizione] da Dio”. Gesù, essendo inchiodato al palo come un criminale, condannato (anche se ingiustamente) dalla corte sacerdotale ebraica, diventò in effetti “una maledizione”. Dopo di che, quando presentò il valore del suo sacrificio in cielo, Dio abrogò la Legge. Accettando il sacrificio di Gesù, Dio figurativamente inchiodò la Legge al palo di tortura, e revocò la maledizione che la Legge comportava. (Col. 2:14) Poiché il corpo di Gesù era considerato una maledizione, e anche per adempiere il precetto della Legge onde il sabato non fosse profanato, gli ebrei si affrettarono a togliere dal palo il cadavere di Gesù e dei malfattori prima del tramonto. — Deut. 21:23; Giov. 19:31.

      DIO NE DETERMINA LA VALIDITÀ

      Anche se singoli individui possono pronunciare maledizioni, la loro validità dipende interamente da Dio, dai suoi principi e propositi. Invano Golia “invocò il male su Davide per i suoi [falsi] dèi”. (I Sam. 17:43) Geova trasformò in una benedizione quella che doveva essere la maledizione di Balaam. (Deut. 23:4, 5; Gios. 24:9, 10) Riconoscendo che solo Geova può rendere valida una maledizione, Davide respinse l’adirata richiesta di Abisai il quale voleva andare a ‘spiccare la testa’ a Simei, che aveva oltraggiosamente invocato il male su Davide. (II Sam. 16:5-12; confronta Salmo 109:17, 18, 28). La Parola di Dio condanna specificatamente l’invocare il male sui propri genitori (Eso. 21:17; Lev. 20:9; Prov. 20:20), su Dio (Eso. 22:28; Lev. 24:11, 14, 15, 23) o sul re (Eccl. 10:20), e denuncia coloro che benedicono con la bocca mentre “dentro di sé invocano il male”. — Sal. 62:4.

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    • Malcam

      Vedi MOLEC.

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