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  • Prigione
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • di sorvegliare gli altri detenuti e di servire quelli che avevano avuto posizioni di rilievo prima di essere reclusi. — Gen. 39:21—40:4.

      Prigioni esistevano già nel XVIII secolo a.E.V.; infatti in quell’epoca Giuseppe fu ingiustamente rinchiuso nella prigione annessa alla “casa del capo della guardia del corpo”. (Gen. 39:20; 40:3; 41:10) In questo carcere egiziano c’era evidentemente una segreta o prigione sotterranea, cioè una buca simile a una cisterna, dove a volte venivano rinchiusi alcuni prigionieri. — Gen. 40:15; 41:14; confronta Isaia 24:22.

      La legge mosaica non prevedeva la detenzione come forma di punizione. Poiché si doveva far subito giustizia (Gios. 7:20, 22-25), solo nei casi che richiedevano una chiarificazione da parte di Dio si legge nel Pentateuco di individui tenuti sotto custodia. (Lev. 24:12; Num. 15:34) In seguito però anche gli israeliti cominciarono a usare prigioni. Il profeta Geremia, per esempio, venne rinchiuso nella “casa dei ceppi, nella casa di Ieonatan”. Questo luogo di detenzione aveva ‘stanze a volta’, forse celle sotterranee. Ivi le condizioni erano così cattive che Geremia temette per la sua vita. (Ger. 37:15-20) Poi fu trasferito nel “Cortile della Guardia”, dove gli veniva data una razione giornaliera di pane, poteva ricevere visite e compiere operazioni finanziarie. — Ger. 32:2, 8, 12; 37:21; vedi anche I Re 22:27; II Cronache 16:10; Ebrei 11:36.

      Nel I secolo E.V., secondo l’usanza romana, i carcerieri o le guardie dovevano rispondere di persona dei prigionieri. (Atti 12:19) Perciò il carceriere di Filippi, ritenendo che i prigionieri fossero fuggiti, stava per suicidarsi. (Atti 16:27) Per ragioni di sicurezza alle porte della prigione venivano messe delle guardie, e i prigionieri avevano a volte i piedi stretti nei ceppi o le mani incatenate a quelle dei guardiani. (Atti 5:23; 12:6-10; 16:22-24) Alcuni prigionieri potevano ricevere visite. — Matt. 25:36; Atti 23:35; 24:23, 27; 28:16-31; vedi CARCERIERE; LEGAME.

      Come predetto da Cristo Gesù, molti suoi seguaci sono stati imprigionati. (Luca 21:12; Atti 26:10; Rom. 16:7; Col. 4:10; Ebr. 10:34; 13:3) L’apostolo Giovanni, lui stesso prigioniero nell’isola di Patmos, scrisse che a motivo della persecuzione i cristiani avrebbero continuato a essere gettati nelle prigioni. — Riv. 2:10.

      USO FIGURATIVO

      In senso figurativo, col termine “prigione” si può intendere un paese di esilio (come Babilonia) o una condizione di schiavitù o prigionia spirituale. (Isa. 42:6, 7; 48:20; 49:5, 8, 9; 61:1; Matt. 12:15-21; Luca 4:17-21; II Cor. 6:1, 2) Benché le creature spirituali che furono disubbidienti ai giorni di Noè non abbiano corpi fisici che possano essere privati materialmente della libertà, la loro attività è stata limitata e si trovano in una condizione di fitta oscurità rispetto a Geova Dio, come se fossero in prigione. (I Piet. 3:19; Giuda 6; vedi TARTARO). Anche l’abisso in cui Satana sarà rinchiuso per mille anni è una “prigione”, un luogo di reclusione e inattività simile alla morte. — Riv. 20:1-3, 7.

  • Primizie
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Primizie

      (Primi frutti).

      Geova esigeva che la nazione di Israele offrisse a lui i primi frutti, sia il primogenito di un uomo che il primo nato di un animale o il frutto della terra. (Eso. 22:29, 30; 23:19; Prov. 3:9) Dedicando le primizie a Geova gli israeliti dimostravano di essere riconoscenti per la benedizione avuta da Lui, per la terra e per il suo raccolto. Era un’espressione di gratitudine verso il Datore di “ogni dono buono”. — Deut. 8:6-10; Giac. 1:17.

      Geova comandò che la nazione, in modo tipico, gli offrisse i primi frutti, specialmente in occasione della festa dei pani non fermentati. Quindi il 16 nisan il sommo sacerdote agitava davanti a Geova nel santuario alcune primizie della mietitura dei cereali, un covone d’orzo, la prima messe dell’anno secondo il calendario sacro. (Lev. 23:5-12) Di nuovo, alla Pentecoste, cinquanta giorni dopo, le primizie della mietitura del grano sotto forma di due pani di fior di farina, lievitati, venivano presentati come offerta agitata. — Lev. 23:15-17.

      Oltre a queste offerte di cereali fatte dal sommo sacerdote a favore della nazione, gli israeliti dovevano portare come offerta le primizie di ogni loro prodotto. Ogni primogenito maschio dell’uomo o delle bestie era santificato a Geova, cioè veniva offerto o redento. Le primizie di farina grossa venivano offerte sotto forma di ciambelle. (Num. 15:20, 21) Anche i frutti della terra, messi in ceste, venivano portati al santuario (Deut. 26:1, 2), dove gli israeliti ripetevano certe parole riportate in Deuteronomio 26:3-10. Queste parole in effetti riassumevano la storia della nazione dall’arrivo in Egitto alla liberazione e all’entrata nella Terra Promessa.

      Secondo la consuetudine invalsa, pare che ogni località mandasse un rappresentante con le primizie offerte dagli abitanti della zona, affinché non tutti dovessero affrontare i disagi di salire a Gerusalemme ogni volta che i primi frutti erano maturi. La Legge non stabiliva la quantità delle primizie da offrire: questa dipendeva dalla generosità e riconoscenza dell’offerente. Tuttavia si dovevano offrire le parti più scelte, il meglio dei primi frutti. — Num. 18:12; Eso. 23:19; 34:26.

      Un albero appena piantato, per i primi tre anni era considerato impuro, come se fosse incirconciso. Il quarto anno tutto il suo frutto diventava santo a Geova. Infine, il quinto anno, il proprietario poteva raccogliere la frutta per sé. — Lev. 19:23-25.

      Le offerte di primizie fatte a Geova dalle dodici tribù non levitiche venivano consumate dai sacerdoti e dai leviti, che non avevano ricevuto eredità nel paese. (Num. 18:8-13) La fedele offerta delle primizie recava piacere a Geova ed era una benedizione per tutti. (Ezec. 44:30) Il mancare di portarle era considerato da Dio un furto di ciò che gli era dovuto e provocava il suo disfavore. (Mal. 3:8) Durante la storia di Israele a volte questa consuetudine venne trascurata, per essere poi ripristinata in certi periodi da sovrani zelanti per la vera adorazione.

      USO FIGURATIVO E SIMBOLICO

      Gesù Cristo fu generato spiritualmente al momento del suo battesimo, e fu risuscitato dai morti alla vita nello spirito il 16 nisan del 33 E.V., il giorno dell’anno in cui le primizie del primo raccolto di cereali venivano presentate a Geova nel santuario. Egli è perciò chiamato la primizia, anzi la prima primizia offerta a Dio. (I Cor. 15:20, 23; I Piet. 3:18) I fedeli seguaci di Gesù Cristo, i suoi fratelli spirituali, sono pure primizie offerte a Dio, ma non la principale primizia, essendo simili al secondo raccolto di cereali, quello del frumento, che veniva presentato a Geova il giorno di Pentecoste. Essi raggiungono il numero di 144.000 e sono definiti quelli “comprati di fra il genere umano come primizie a Dio e all’Agnello” e “certe primizie delle sue creature”. — Riv. 14:1-4; Giac. 1:18.

      Dal momento che i cristiani unti sono generati dallo spirito quali figli di Dio con la speranza di risorgere all’immortalità nei cieli, viene detto che durante la loro vita sulla terra ‘hanno le primizie, cioè lo spirito . . . mentre aspettano ansiosamente l’adozione quali figli, la liberazione dal corpo mediante il riscatto’. (Rom. 8:23, 24) Paolo dice che lui e gli altri cristiani che hanno la speranza di vivere nello spirito hanno “la caparra di ciò che deve venire, cioè lo spirito”, che è anche, come egli afferma, “una caparra della nostra eredità”. — II Cor. 5:5; Efes. 1:13, 14; vedi FESTA; OFFERTE.

  • Primogenito
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    • Primogenito

      Il primogenito è fondamentalmente il figlio maggiore da parte di padre (più che il primogenito da parte di madre), il principio del potere generativo del padre (Deut. 21:17); anche i primi nati maschi degli animali sono a volte chiamati “primogeniti”. — Gen. 4:4.

      Il primogenito acquistò grande preminenza quando Geova liberò il suo popolo dalla schiavitù in Egitto. Presso gli egiziani, i primogeniti erano consacrati al dio-sole Amon-Ra, presunto protettore di tutti i primogeniti. La decima piaga che Geova fece abbattere sugli egiziani servì a screditare questo dio e mise in risalto la sua incapacità di proteggere i primogeniti. Ubbidendo al comando di Dio di uccidere un agnello e spruzzarne il sangue sugli stipiti e sull’architrave della porta di casa, gli israeliti non persero i primogeniti, mentre tutti i primogeniti degli egiziani, sia degli uomini che degli animali, furono uccisi. (Eso. 12:21-23, 28, 29) Evidentemente nella maggioranza dei casi si trattava del primo nato di ciascuna famiglia e non del capofamiglia, che poteva essere un primogenito. Il faraone stesso era probabilmente un primogenito eppure non perse la vita. Si noti però che non in tutte le famiglie egiziane c’era letteralmente un primo nato (i coniugi potevano essere senza figli oppure il primogenito poteva essere già morto), ma secondo le parole di Esodo 12:30, “non c’era casa dove non fosse un morto”; forse il flagello colpì il principale componente della famiglia che occupava la posizione di primogenito.

      Poiché presso gli israeliti i primogeniti erano destinati a diventare capi delle varie famiglie, essi rappresentavano l’intera nazione. Geova infatti si riferì all’intera nazione come al suo “primogenito”, essendo la sua nazione primogenita a motivo del patto abraamico. (Eso. 4:22) Avendoli conservati in vita, Geova ordinò che “ogni primogenito che apre ciascun seno tra i figli d’Israele, tra gli uomini e le bestie”, fosse consacrato a lui. (Eso. 13:2) Quindi i primogeniti erano dedicati a Dio.

      In seguito Geova prese i leviti di sesso maschile dall’età di un mese in su, con l’eccezione evidentemente dei 300 primogeniti leviti (confronta Numeri 3:21, 22, 27, 28, 33, 34 con 3:39), invece dei primogeniti di Israele. Si dovette pagare ad Aaronne e ai suoi figli un prezzo di riscatto di cinque sicli per ciascuno dei 273 primogeniti in più rispetto al numero dei leviti. Inoltre Geova prese gli animali domestici dei leviti invece dei primi nati degli animali domestici delle altre tribù. (Num. 3:40-48) Da quel momento in poi ogni primogenito doveva essere presentato a Geova presso il tabernacolo o presso il tempio dopo il periodo d’impurità della madre per essere redento secondo il valore attribuito a quelli da un mese ai cinque anni di età, “cinque sicli d’argento secondo il siclo del luogo santo”. — Lev. 12:1-3; 27:6; Num. 18:15, 16.

      I primi nati maschi degli animali puri, come il toro, il montone o il capro, non si dovevano redimere. In questi casi non si poteva lavorare col toro, né si poteva tosare l’agnello. Anzi l’ottavo giorno dopo la nascita dovevano essere offerti in sacrificio a Geova presso il tabernacolo o il tempio. (Eso. 22:30; Num. 18:17; Deut. 15:19, 20) Se però l’animale aveva un difetto grave, non lo si doveva sacrificare a Geova ma lo si poteva mangiare nel proprio luogo di dimora. — Deut. 15:21-23.

      Il primo nato di un asino, animale impuro, non poteva essere offerto in sacrificio e quindi lo si doveva redimere o ricomprare sostituendolo con una pecora. Altrimenti gli si doveva rompere il collo, perché apparteneva a Geova e non doveva essere usato dall’uomo. (Eso. 13:12, 13; 34:19, 20) Tuttavia, in Levitico 27:27 si legge: “Se è fra le bestie impure e lo deve redimere secondo il valore stimato, deve dare in aggiunta a esso un quinto d’esso. Ma se non è ricomprato, deve vendersi secondo il valore stimato”. Per alcuni commentatori questo versetto costituirebbe una modifica del regolamento relativo alla redenzione di un asino. Ma evidentemente Levitico 27:27 riguarda un altro argomento. Anziché riferirsi a un animale impuro, come l’asino, le parole “se è fra le bestie impure” possono riferirsi a un animale che era impuro nel senso che non lo si poteva offrire in sacrificio perché aveva qualche difetto.

      Di Gesù Cristo viene detto che è “il primogenito di tutta la creazione” e anche “il primogenito dai morti”. (Col. 1:15, 18; Riv. 1:5; 3:14) Sulla terra era il primogenito di Maria e fu presentato al tempio secondo la legge di Geova. (Luca 2:7, 22, 23) L’apostolo Paolo parla dei seguaci di Gesù Cristo che sono stati iscritti nei cieli come della “congregazione dei primogeniti”. — Ebr. 12:23.

  • Primogenitura
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    • Primogenitura

      Diritto naturale del figlio primogenito da parte di padre. Secondo il sistema patriarcale, alla morte del padre il figlio maggiore diventava capofamiglia e aveva autorità sugli altri finché rimanevano in seno alla famiglia. Doveva prendersi cura dei componenti della famiglia paterna. Succedeva al padre anche quale rappresentante della famiglia di fronte a Geova. Generalmente il primogenito riceveva la speciale benedizione paterna. (Gen. 27:4, 36; 48:9, 17, 18) Inoltre aveva diritto a due parti della proprietà paterna, cioè riceveva il doppio di ciascuno dei suoi fratelli. Sotto la legge mosaica l’uomo che aveva più di una moglie non poteva togliere la primogenitura al figlio maggiore e darla al figlio della moglie prediletta. — Deut. 21:15-17.

      Nei tempi patriarcali il padre poteva, per qualche ragione, trasferire la primogenitura a un altro figlio, come avvenne nel caso di Ruben, che perse il diritto alla primogenitura per aver commesso fornicazione con la concubina del padre (I Cron. 5:1, 2) Il primogenito poteva vendere la primogenitura a un fratello, come fece Esaù, che disprezzò la primogenitura e la vendette a suo fratello Giacobbe in cambio di qualche cosa da mangiare. (Gen. 25:30-34; 27:36; Ebr. 12:16) Non si ha notizia che Giacobbe abbia fatto valere l’acquisto della primogenitura per avere una parte doppia della proprietà di Isacco (che consisteva di beni mobili o personali dal momento che Isacco non possedeva terra, fatta eccezione per il campo di Macpela, dove c’era una caverna che serviva come luogo di sepoltura). A Giacobbe interessava trasmettere alla sua famiglia cose spirituali, cioè la promessa fatta ad Abraamo circa il seme. — Gen. 28:3, 4, 12-15.

  • Principe
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    • Principe

      Vedi CONDOTTIERO, NOBILE, PRINCIPE.

  • Prisca
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    • Prisca

      [vecchia]; PRISCILLA [vecchina].

      La forma più breve ricorre negli scritti di Paolo, quella più lunga in quelli di Luca. Variante comune nei nomi romani.

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