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‘Mangiamo e beviamo alla gloria di Dio’La Torre di Guardia 1975 | 1° novembre
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Andando agli eccessi, intorpidisce i suoi sensi e perde la vigilanza mentale, oltre che il desiderio di operare. Bevendo troppo, può facilmente rendersi ridicolo. Come indica il proverbio biblico: “Il vino è schernitore, la bevanda inebriante è tumultuosa, e chiunque ne è sviato non è saggio”. (Prov. 20:1) Invece di glorificare Dio, chi è sotto l’effetto dominante dell’alcool è incline a fare sfrenatamente rumore e a dire parole e a fare azioni insensate che lo faranno guardare con disprezzo. Egli biasima Dio, proprio Colui che asserisce di rappresentare come Suo servitore.
La moderazione nel mangiare e nel bere, comunque, è solo un aspetto della legge di Dio che regola il mangiare e il bere. Forse non si è forti bevitori o ghiottoni. Tuttavia si può non glorificare Dio. Lo si capisce dalle parole che l’apostolo Paolo disse a Timoteo: “L’espressione ispirata dice definitamente che in successivi periodi di tempo alcuni si allontaneranno dalla fede, prestando attenzione a ingannevoli espressioni ispirate e a insegnamenti di demoni, mediante l’ipocrisia di uomini che diranno menzogne, segnati nella loro coscienza come da un ferro rovente; . . . comandando di astenersi da cibi che Dio ha creati per esser presi con rendimento di grazie da quelli che hanno fede e conoscono accuratamente la verità. La ragione di questo è che ogni creazione di Dio è eccellente, e nulla è da rigettare se è ricevuto con rendimento di grazie, poiché è santificato per mezzo della parola di Dio e della preghiera”. — 1 Tim. 4:1-5.
Si noti che i regolamenti religiosi che vietano certi cibi sono in effetti una prova di allontanamento dal vero cristianesimo. Questo vuol dire che quanti asseriscono d’essere cristiani ma impongono certe limitazioni dietetiche come mezzo necessario per ottenere il favore divino in realtà disonorano Dio. Com’è possibile? La legge che Dio diede a Israele non escluse certi cibi considerandoli inaccettabili?
È vero che agli Israeliti furono date leggi dietetiche che vietavano loro di mangiare certi mammiferi, uccelli, insetti e pesci. (Levitico, cap. 11) Ma quelle restrizioni cessarono di esistere quando nel 33 E.V. il patto della Legge fu sostituito dal nuovo patto. In seguito, quando l’apostolo Pietro, essendo in trance, non voleva mangiare certi animali impuri secondo la legge mosaica, gli fu detto: “Smetti di chiamare contaminate le cose che Dio ha purificate”. (Atti 10:15) Sì, la “parola” di Dio, la sua autorizzazione o il suo permesso, pose fine alla distinzione fra animali “puri” e “impuri”. L’osservanza delle limitazioni dietetiche della legge mosaica, perciò, non era richiesta per ottenere la salvezza. Per tale motivo l’ispirato apostolo Paolo scrisse: “Nessuno vi giudichi riguardo al mangiare e al bere o in quanto a festa o a osservanza della luna nuova o a sabato; poiché queste cose sono un’ombra delle cose avvenire, ma la realtà appartiene al Cristo”. — Col. 2:16, 17.
Pertanto, imponendo in tutto o in parte le limitazioni dietetiche della legge mosaica, le organizzazioni religiose della cristianità negherebbero che la realtà appartiene al Cristo. Agirebbero contrariamente alla “parola” di Dio che ha santificato o appartato, considerandole accettevoli, tutte le cose che si possono usare come cibo. Altre limitazioni dietetiche religiose oltre a quelle contenute nella legge mosaica sarebbero similmente contrarie alla rivelazione divina che “ogni creazione di Dio è eccellente” e perciò adatta come cibo.
L’istituzione di limitazioni dietetiche come dovere religioso non è cosa da poco. Costituisce un rigetto della fede cristiana e dell’accurata conoscenza. Sottintende che ci sia qualcosa di difettoso nella “parola” di Dio, che essa non riveli tutto ciò che si deve fare per ottenere l’approvazione divina e che ci vogliano dunque precetti stabiliti dall’uomo. L’importanza della “parola” di Dio è sminuita e i regolamenti umani sono innalzati. Fraintendendo così la sola norma per giudicare la verità, la norma scritturale, si apre la porta ad altri insegnamenti apostati. Perciò, si disonora Dio richiedendo ubbidienza a limitazioni dietetiche stabilite dall’uomo come dovere religioso. Comunque, se un cristiano informato si astiene per il presente così da non far inciampare qualcuno o da non offendere la coscienza di qualcuno che si sente vincolato da tali norme dietetiche, tale cristiano mostra considerazione e cerca la liberazione e la salvezza della persona schiava di una regola. — 1 Cor. 9:19.
Si disonora Geova Dio anche quando si prende cibo senza esprimere ringraziamento. Questo perché il cibo è santificato non solo dalla “parola” di Dio, ma anche dalla preghiera. Chi prega riconosce che Dio è il Provveditore e accetta il cibo come un suo dono. Riconosce la verità espressa in Salmo 145:15, 16: “A te guardano tutti gli occhi con speranza, e tu dai loro il loro cibo a suo tempo. Apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni cosa vivente”.
Questo atteggiamento riconoscente ha un effetto salutare sui veri cristiani. È un forte incentivo a non abusare del provvedimento di Dio, né mangiando troppo né sprecando, prendendo più cibo di quello che si può ragionevolmente mangiare. Inoltre, c’è anche meno probabilità d’essere inutilmente ‘pignoli’ in quanto al cibo. L’atteggiamento riconoscente della persona spingerà anche quelli con meno mezzi ad accoglierla in casa loro. Per quanto il pasto sia semplice, possono sentirsi a loro agio senza temere che le cose non siano realmente alla sua altezza.
Certo vi sono buone ragioni per mangiare e bere alla gloria di Dio. Chi agisce così si astiene dal mangiare e dal bere troppo, salvando la propria dignità. Tenendo conto della coscienza degli altri, evita di farli inciampare. Soprattutto, agendo in armonia con la “parola” di Dio e prendendo cibo con rendimento di grazie, si può provare vera soddisfazione sapendo che questa condotta reca benedizioni durature.
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La morte di un dioLa Torre di Guardia 1975 | 1° novembre
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La morte di un dio
CHE cos’è un dio? La parola “dio” significa “potente”. Il termine è stato spesso applicato a qualsiasi cosa adorata come potente o in grado di fare del bene o del male ai suoi adoratori. Il dio potrebbe essere un oggetto, una persona, un gruppo di uomini o un’organizzazione.
Il dio qui considerato è un gruppo o classe di uomini. È ciò che la Bibbia chiama “l’uomo dell’illegalità”. L’apostolo Paolo ci fece una descrizione di tale dio, come segue:
“Egli si pone in opposizione [all’Onnipotente Dio] e s’innalza al di sopra di chiunque è chiamato ‘dio’ o oggetto di riverenza, così che si mette a sedere nel tempio del Dio, mostrando pubblicamente d’essere un dio”. — 2 Tess. 2:3, 4.
Chi corrisponde a questa descrizione dell’“uomo dell’illegalità”? Potremmo rispondere chiedendo: Chi ha assunto titoli come “reverendo”, “reverendissimo”, “padre”, “santo padre”, e simili, in diretto contrasto con le parole di Gesù in Matteo 23:8-12? (Si paragoni Giobbe 32:21, 22). Non è stato il clero, sia cattolico che protestante, a far questo? Non asserisce forse che il “gregge di Dio” sia il suo gregge, e in molti luoghi non cerca strenuamente di impedire ad altri di parlare della Parola
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