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PentimentoAusiliario per capire la Bibbia
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non è mai un comportamento strano o eccentrico. — Ezec. 18:21-30; 33:7-20; confronta Geremia 18:3-10; Romani 9:19-21.
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PentolaAusiliario per capire la Bibbia
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Pentola
Vedi CUCINARE, UTENSILI DA CUCINA.
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PercosseAusiliario per capire la Bibbia
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Percosse
La Legge mosaica prevedeva la punizione corporale mediante percosse inflitte con un bastone o una verga. I giudici dovevano decidere il numero dei colpi secondo l’infrazione commessa, tenendo anche conto del motivo, delle circostanze, ecc. La posizione era prescritta: “Il giudice lo deve anche far prostrare e gli deve far dare in sua presenza un numero di colpi corrispondente alla sua opera malvagia”. La punizione era limitata a quaranta colpi. (Deut. 25:2, 3) La ragione di tale limitazione era che un maggior numero di colpi avrebbe disonorato la persona agli occhi dei suoi concittadini. Questo è uno degli esempi comprovanti che la Legge data per mezzo di Mosè non consentiva punizioni eccessive o crudeli. Lo scopo della punizione era correttivo, non vendicativo e spietato come le punizioni impartite dalle nazioni. Chi somministrava le percosse doveva essere punito se superava il numero legale di colpi. Perciò gli ebrei limitavano i colpi a trentanove, per non superare per errore il limite e così violare la legge. — II Cor. 11:24.
L’ebreo proprietario di schiavi poteva percuotere con un bastone il suo schiavo o la sua schiava se era disubbidiente o ribelle. Ma se lo schiavo moriva sotto le percosse, il proprietario doveva essere punito. Se però lo schiavo viveva ancora per un giorno o due, questa sarebbe stata la prova che il proprietario non aveva in cuore intenti omicidi. Aveva diritto di impartire punizione disciplinare, perché lo schiavo era “suo denaro”. Era molto improbabile che un uomo volesse distruggere completamente una sua preziosa proprietà, subendo quindi un danno. Inoltre se lo schiavo moriva uno o più giorni dopo, non era sicuro se la morte fosse stata provocata dalle percosse o da qualche altra causa. Perciò se lo schiavo continuava a vivere un giorno o due, il padrone non veniva punito. (Eso. 21:20, 21) Commentatori ebrei dicono che questa legge riguardava gli schiavi stranieri, i quali soltanto potevano essere considerati una proprietà, “suo denaro”.
Se un uomo accusava la moglie di averlo ingannato asserendo di essere vergine al momento del matrimonio e la sua accusa era falsa, gli anziani della città, quali giudici, dovevano disciplinarlo e imporgli anche una multa, perché aveva fatto avere un cattivo nome a una vergine d’Israele. Tale disciplina poteva consistere nell’impartirgli un certo numero di colpi. — Deut. 22:13-19.
Le Scritture sottolineano ripetutamente l’utilità delle percosse come misura disciplinare. Proverbi 20:30 spiega che la disciplina può andare molto a fondo, per il bene dell’individuo: “I colpi che fan livido, purgano il male, e le percosse l’intimo del cuore”. (PIB) Chi viene disciplinato in tal modo dovrebbe riconoscere di aver agito stoltamente e dovrebbe cambiare. (Prov. 10:13; 19:29) La persona veramente saggia può essere corretta a parole ed eviterà le percosse.
Poiché tutto il genere umano è stato generato “con errore” e concepito “nel peccato” (Sal. 51:5), le Scritture consigliano ai genitori di usare severamente la verga dell’autorità, a volte sotto forma di verga letterale. (Prov. 22:15) Così il ragazzo può evitare la disapprovazione e la morte. — Prov. 23:13, 14.
Sembra che gli ebrei non continuassero a limitarsi alle vergate ma in seguito ricorressero alla flagellazione. (Ebr. 11:36) Questa è una punizione più severa delle vergate e, pur essendo una punizione ritenuta legale quando Gesù era sulla terra, non era prevista dalla Legge. — Matt. 10:17; 23:34.
I romani usavano percuotere con le verghe, dopo aver tolto le sopravvesti. (Atti 16:22, 23) Usavano anche la sferza. La vittima veniva stesa, evidentemente con le mani legate con delle cinghie a un palo. (Atti 22:25, 29) Era illegale sferzare un cittadino romano. Le Leggi Porcie e Sempronie, rispettivamente del 248 a.E.V. e del 123 a.E.V., vietavano di sferzare i cittadini romani. — Atti 22:25.
Lo strumento più terribile per sferzare era chiamato flagellum. Consisteva di un manico a cui erano fissate diverse funi o strisce di cuoio, che erano rese più pesanti da pezzi di osso o di metallo per rendere i colpi più penosi ed efficaci.
Il numero dei colpi dipendeva interamente dal comandante. Secondo la crudeltà dell’esecutore, le percosse venivano inferte sul dorso e anche sulle reni, sul viso e sul ventre. Non era insolito che la vittima morisse sotto le percosse. I romani ricorrevano a volte alla flagellazione per ‘esaminare’ le vittime ed ottenere una confessione o testimonianza. — Atti 22:24.
Di solito la flagellazione precedeva l’esecuzione al palo. Dopo che Pilato cedette alle insistenti grida degli ebrei perché mettesse al palo Gesù, e liberò loro Barabba, ci viene detto: “Allora, perciò, Pilato prese Gesù e lo flagellò”. (Giov. 19:1; Matt. 20:19; 27:26; Mar. 15:15) Gesù aveva detto ai discepoli che per amore del suo nome sarebbero stati battuti nelle sinagoghe. (Mar. 13:9) Questa profezia si adempì più volte. Alcuni degli apostoli furono arrestati e condotti davanti al Sinedrio ebraico e furono fustigati per aver rifiutato di smettere l’opera di predicazione. (Atti 5:40) Saulo, che divenne l’apostolo Paolo, prima della conversione era stato un feroce persecutore dei cristiani, gettandoli in prigione e fustigandoli in una sinagoga dopo l’altra. (Atti 22:19) Paolo stesso dopo esser diventato cristiano, ricevette molte percosse dagli ebrei. — II Cor. 11:24; Atti 21:32.
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PerdonoAusiliario per capire la Bibbia
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Perdono
Atto ed effetto del perdonare; annullamento di qualsiasi risentimento verso l’offensore e rinuncia a ogni rivalsa.
Secondo la legge data da Dio alla nazione di Israele, chi aveva peccato contro Dio o contro il prossimo, per ottenere il perdono dei suoi peccati doveva prima di tutto correggere l’errore com’era prescritto nella Legge e poi, nella maggior parte dei casi, presentare a Geova un’offerta cruenta. (Lev. 5:5-6:7) Di qui il principio esposto da Paolo: “Quasi tutte le cose sono purificate col sangue secondo la Legge, e se il sangue non è versato non ha luogo nessun perdono”. (Ebr. 9:22) In realtà però il sangue dei sacrifici animali non poteva togliere i peccati e rendere la coscienza perfettamente pura. (Ebr. 10:1-4; 9:9, 13, 14) Invece il predetto nuovo patto ha reso possibile un vero perdono basato sul sacrificio di riscatto di Gesù Cristo. (Ger. 31:33, 34; Matt. 26:28; I Cor. 11:25; Efes. 1:7) Anche sulla terra Gesù dimostrò di avere l’autorità di perdonare i peccati sanando un paralitico. — Matt. 9:2-7.
Geova perdona “in larga misura”, com’è indicato dalle illustrazioni di Gesù del figlio prodigo e del re che rimise a uno schiavo un debito di diecimila talenti (60.000.000 di denari), mentre quello schiavo non era disposto a rimettere a un suo compagno un debito di soli cento denari. (Isa. 55:7; Luca 15:11-32; Matt. 18:23-35) Comunque il perdono da parte di Geova non è dovuto a sentimentalismo, infatti egli non lascia impunite azioni famigerate. (Sal. 99:8) Giosuè avvertì Israele che Geova non avrebbe perdonato la loro apostasia. — Gios. 24:19, 20; confronta Isaia 2:6-9.
Dio ha prescritto in che modo si può chiedere e ottenere il suo perdono. Bisogna ammettere il proprio peccato, riconoscere che è un’offesa a Dio, confessarlo incondizionatamente, provare sincero e profondo dolore per il torto fatto ed essere decisi ad abbandonare una condotta o abitudine del genere. (Sal. 32:5; 51:4; I Giov. 1:8, 9; II Cor. 7:8-11) Bisogna fare il possibile per riparare il torto o il danno fatto. (Matt. 5:23, 24) Poi si deve pregare Dio, chiedendo perdono in base al sacrificio di riscatto di Cristo. — Efes. 1:7.
Inoltre è un requisito cristiano perdonare agli altri le offese personali, per quanto ripetute. (Luca 17:3, 4; Efes. 4:32; Col. 3:13) Dio non concede perdono a chi rifiuta di perdonare altri. (Matt. 6:14, 15) Anche quando, in caso di grave trasgressione, nella congregazione cristiana si rende necessario ‘rimuovere l’uomo malvagio’, a suo tempo, se si dimostra veramente pentito, gli può essere concesso il perdono, e allora tutti nella congregazione possono confermargli il loro amore. (I Cor. 5:13; II Cor. 2:6-11) I cristiani tuttavia non devono perdonare quelli che praticano il peccato volontariamente, con malignità, senza pentirsi. Costoro diventano nemici di Dio. — Ebr. 10:26-31; Sal. 139:21, 22.
È appropriato implorare il perdono di Dio a favore di altri, anche di un’intera congregazione. Mosè fece questo per la nazione d’Israele, confessando il peccato della nazione e chiedendo perdono, e fu esaudito da Geova. (Num. 14:19, 20) Anche Salomone, alla dedicazione del tempio, pregò Geova di perdonare il suo popolo quando avesse peccato e poi si fosse convertito dal suo comportamento sbagliato. (I Re 8:30, 33-40, 46-52) Esdra rappresentò gli ebrei rimpatriati nel confessare pubblicamente i loro peccati. La sua sincera preghiera ed esortazione ebbe il risultato che il popolo agì per ottenere il perdono di Geova. (Esd. 9:13-10:4, 10-19, 44) Giacomo incoraggia chi è malato spiritualmente a invitare gli anziani della congregazione a pregare per lui e, “se egli ha commesso dei peccati, gli sarà perdonato”. (Giac. 5:14-16) Tuttavia c’è “un peccato che incorre nella morte”, il peccato contro lo spirito santo, la deliberata pratica di peccato per cui non c’è perdono. Non dovremmo pregare per coloro che peccano in questo modo. — I Giov. 5:16; Matt. 12:31; Ebr. 10:26, 27.
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PerezAusiliario per capire la Bibbia
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Perez
(Pèrez) [rottura, lacerazione].
Uno dei gemelli figli di Giuda e di sua nuora Tamar. Durante il parto prima cominciò a uscire Zera fratello di Perez, ma poi si ritirò e Perez uscì per primo, producendo una lacerazione perineale a Tamar. (Gen. 38:24-30) Perez conservò la priorità sul fratello ed è sempre elencato prima di lui; la sua casa divenne la più famosa delle due. (Rut 4:12) Perez e i suoi due figli, Ezron e Amul, sono inclusi fra i discendenti di Giacobbe andati in Egitto, dove tutti e tre diventarono capi delle rispettive famiglie di Giuda. (Gen. 46:8, 12) A parte ciò, non abbiamo altre informazioni sul suo conto.
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PerfezioneAusiliario per capire la Bibbia
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Perfezione
L’idea della perfezione è espressa da termini ebraici derivati dai verbi kalàl (completare o perfezionare [confronta Esodo 28:31]), shalàm (essere completo, intero, compiuto [confronta I Re 8:61; II Cronache 8:16]) e tamàm (essere completo, pienamente sviluppato, intatto, senza difetto [confronta Isaia 18:5; Ezechiele 15:5; II Samuele 22:26]). In modo simile nelle Scritture Greche Cristiane sono usati l’aggettivo tèleios, il sostantivo teleiòtes e il verbo teleiòo, nel senso di portare a compimento o raggiungere una piena misura (Luca 8:14; II Cor. 12:9; Giac. 1:4), essere pienamente cresciuto, adulto o maturo (I Cor. 14:20; Ebr. 5:14), aver raggiunto un appropriato o determinato fine, proposito o obiettivo. — Giov. 19:28; Filip. 3:12.
Il significato fondamentale di questi vocaboli corrisponde dunque a quello dell’italiano “perfetto”, dal participio del verbo latino perficere (composto dal prefisso rafforzativo per e dal verbo facere, “fare”), che significa “eseguire completamente”, “condurre a termine”. Quindi fondamentalmente è “perfetto” ciò che è “fatto o interamente compiuto”, “finito” o “completato”. Una definizione di “perfezione” potrebbe essere: “Il grado qualitativo più elevato, tale da escludere [qualsiasi] difetto, e spesso identificabile con l’assolutezza o la massima compiutezza”. — Devoto e Oli, Dizionario della lingua italiana.
IMPORTANZA DELL’IDEA CORRETTA
Per avere corretto intendimento della Bibbia bisogna evitare il comune errore di pensare che tutto ciò che è definito “perfetto” lo sia in senso assoluto, illimitato. Solo il Creatore, Geova Dio possiede la perfezione in senso assoluto. Per questo Gesù poté dire del Padre suo: “Nessuno è buono, eccetto uno solo, Dio”. (Mar. 10:18) Geova è incomparabile nella sua eccellenza, è degno di ogni lode, supremo nelle sue somme qualità e facoltà, quindi “il suo nome solo è irraggiungibilmente alto”. (Sal. 148:1-13; Giob. 36:3, 4, 26; 37:16, 23, 24; Sal. 145:2-10, 21) Mosè esaltò la perfezione di Dio dicendo: “Dichiarerò il nome di Geova. Attribuite grandezza al nostro Dio! La Roccia, la sua attività è perfetta, poiché tutte le sue vie sono dirittura. Un Dio di fedeltà, presso cui non è ingiustizia; egli è giusto e retto”. (Deut. 32:3, 4) Tutte le vie, le parole e le leggi di Dio sono perfette, pure, senza difetto. (Sal. 18:30; 19:7; Giac. 1:17, 25) Non esiste giusto motivo per muovere qualche obiezione, critica o rimprovero a Lui o alla sua attività; Egli è sempre degno di lode. — Giob. 36:22-24.
Ogni altra perfezione è relativa
La perfezione di qualsiasi altra persona o cosa è dunque relativa, non assoluta. (Confronta Salmo 119:96). Una cosa è perfetta secondo o in relazione allo scopo o fine a cui è stata destinata da chi l’ha ideata o prodotta, o all’uso che se ne deve fare. Il significato stesso di perfezione, sia nelle lingue originali che in italiano, richiede che qualcuno stabilisca quando è stata completamente raggiunta, quali sono le norme ottimali, quali esigenze si devono soddisfare, e quali particolari sono essenziali. In definitiva, Dio il Creatore è Arbitro supremo della perfezione, Colui che ne stabilisce la norma, secondo i suoi giusti propositi e interessi. — Rom. 12:2; vedi GEOVA (Le norme morali di Dio).
Per esempio, la Terra è una delle creazioni di Dio, e, alla fine dei sei ‘giorni’ creativi che la riguardavano, Dio dichiarò che il risultato “era molto buono”. (Gen. 1:31) Soddisfaceva le norme supreme dell’eccellenza, quindi era perfetta. Eppure egli incaricò poi l’uomo di ‘soggiogarla’, evidentemente nel senso di coltivare la terra e fare di tutto il pianeta, non solo dell’Eden, un giardino di Dio. — Gen. 1:28; 2:8.
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PeresAusiliario per capire la Bibbia
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Peres
Vedi PARSIN.
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