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Frodi scientifiche: mele marce fra le buone?Svegliatevi! 1984 | 22 settembre
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Frodi scientifiche: mele marce fra le buone?
IL MONDO della ricerca medica fremeva di eccitazione. Un laureato ventiquattrenne della Cornell University che stava seguendo un corso di specializzazione aveva formulato una nuova teoria sulla causa del cancro ed elaborato i dati sperimentali per sostenerla. Sembrava una ricerca così straordinaria che alcuni erano dell’avviso che avrebbe potuto far vincere a lui e al suo professore il premio Nobel.
Da coloro che lavoravano con lui, il giovane era considerato uno dei più brillanti scienziati. In sole poche settimane era riuscito a portare a termine certi esperimenti su cui altri si erano affaticati per anni. In apparenza le ricerche riuscivano solo quando vi partecipava lui. Sembrava troppo bello per crederci.
La ragione divenne presto evidente. Nel luglio del 1981 si scoprì che aveva falsificato la sua ricerca. Una sostanza chimica che non sarebbe dovuta essere presente aveva evidentemente fatto riuscire gli esperimenti nella maniera voluta. Gli articoli scientifici pubblicati sulla sua opera furono rapidamente ritirati. Ulteriori indagini rivelarono che in qualche modo aveva iniziato il corso di specializzazione senza avere neppure ottenuto la laurea. E professori di altre scuole da lui frequentate rammentarono che non era in grado di ripetere gli esperimenti che asseriva di aver fatto.
Questo episodio è soltanto uno di una serie di scandali che hanno scosso il mondo scientifico negli ultimissimi anni. In questo caso la carriera di un giovane, che era apparsa promettente, fu rovinata; ma in un altro caso, venuto alla luce verso la stessa epoca, venne applicata quella che fu considerata “la pena più severa che il governo abbia mai inflitto per una falsificazione scientifica”.
Un altro laureato, di 33 anni, appena sette anni dopo essere uscito dalla facoltà di medicina aveva già al suo attivo oltre cento articoli di ricerca pubblicati dai principali periodici scientifici. Il suo lavoro era considerato dai colleghi brillante e creativo, e stava per diventare docente della facoltà di medicina della Harvard University e per assumere la direzione del suo laboratorio di ricerca.
Ma questa serie di successi si sarebbe presto conclusa. Nel maggio del 1981, quando fu invitato a presentare i dati di laboratorio di un esperimento che asseriva d’aver fatto, si scoprì che falsificava le sue documentazioni per fare apparire un lavoro di poche ore come se avesse richiesto un paio di settimane. Ben presto altro suo lavoro divenne sospetto. Si scoprì che, a loro insaputa, aveva usato i nomi di altri scienziati come coautori di molti suoi articoli, e alcuni esperimenti su cui gli articoli erano basati erano completamente fittizi. Era riuscito in qualche modo ad andare avanti per 14 anni senza essere scoperto.
Ciò che rese questi casi particolarmente inquietanti fu il fatto che vennero alla luce subito dopo una seduta del Congresso americano tenuta il 31 marzo e il 1º aprile 1981 allo scopo di discutere i risultati di un’inchiesta condotta per investigare una serie di frodi nelle ricerche scoperte qualche tempo prima.
Una di queste frodi riguardava un professore aggregato alla facoltà di medicina della Yale University: si era scoperto che plagiava il lavoro di un altro ricercatore oltre a contraffare i suoi stessi dati. Un altro caso riguardava un ricercatore anziano del Massachusetts General Hospital. In uno studio sul morbo di Hodgkin, una forma di cancro, si era servito di colture di cellule che si era scoperto provenivano da un aoto, un tipo di scimmia, e da una persona che non risultava avere la malattia.
Oltre alla sorpresa, all’imbarazzo e alla delusione, le notizie di questi sistemi fraudolenti gettano una sinistra ombra sulla credibilità e sull’idea che il pubblico ha della scienza e degli scienziati. Possibile che ci voglia tanto tempo prima che imbrogli di simile portata vengano scoperti?
Invariabilmente, la risposta della comunità scientifica è che questi casi non sono altro che poche mele marce in un cesto di mele buone, e che la stampa ha esagerato. Essi affermano che con il gran numero di scienziati che ci sono oggi, i pochi casi di frode scoperti dimostrano soltanto che la scienza ha un livello medio di successo di gran lunga superiore a quello di quasi ogni altro campo dello scibile. Questo, insistono, avviene perché la scienza si autocorregge, ed è dotata di un innato meccanismo che individua rapidamente ed efficientemente qualsiasi tentativo di falsificazione.
Qualsiasi lavoro scientifico viene riconosciuto attraverso la pubblicazione su un periodico specializzato. Gli articoli da pubblicare sono prima esaminati da un gruppo indipendente di esperti che fanno da arbitri. Si afferma che questo passo sia la prima linea di difesa contro la falsificazione. Una volta pubblicato il lavoro, l’intera comunità scientifica può non solo esaminarlo ma anche replicarlo, vale a dire che l’esperimento deve poter essere ripetuto da altri. Ovviamente, se ci fosse falsificazione, si sostiene, a questo punto si scoprirebbe.
C’è poi da considerare il fatto che, dato il suo elevato costo odierno, la ricerca scientifica viene finanziata in gran parte con sovvenzioni governative. Le richieste di sovvenzioni sono prese in esame da comitati consultivi nominati dal governo e formati da esperti nel campo. Così i progetti discutibili e non meritevoli possono essere scartati ancor prima di cominciare ad attuarli.
Con questo sistema — secondo il ragionamento — è molto improbabile che qualcuno tenti anche soltanto di perpetrare una frode. Anzi, chi ci prova dev’essere una persona squilibrata o anormale, nella stessa categoria dei famosi Frankenstein o Dottor Jekyll e Mister Hyde.
Questi argomenti sembrano abbastanza validi, almeno in teoria. Che dire della pratica? I casi di frode sono veramente rare eccezioni come affermano gli scienziati? Coloro che sono stati scoperti sono degli squilibrati o degli schizofrenici? Noi profani possiamo imparare qualcosa dal fenomeno delle frodi scientifiche?
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Frodi scientifiche: uno sguardo dietro le quinteSvegliatevi! 1984 | 22 settembre
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Frodi scientifiche: uno sguardo dietro le quinte
GUARDANDO al microscopio, lo scienziato vide qualcosa che gli fece fare un balzo. “Eureka!” gridò. Era stata fatta un’altra grande scoperta scientifica.
Questo è quanto ci insegnano a credere riguardo ai trionfi della scienza. Rammentate per un momento la lezione di scienze alle scuole elementari. Ricordate i grandi luminari della scienza? Uomini come Galileo, Newton, Darwin e Einstein venivano portati alle stelle non solo per le loro conquiste scientifiche ma anche per le loro virtù quali obiettività, dedizione, onestà, umiltà, ecc. Ci era data l’impressione che, semplicemente con la forza della loro superiore intelligenza e della loro mente razionale, si squarciava il velo dei misteri della natura e la verità emergeva all’improvviso dinanzi ai loro occhi.
Nella realtà, però, le cose non sono altrettanto semplici. Nella maggioranza dei casi gli scienziati devono faticare per mesi o anni nei laboratori, alle prese con risultati che spesso confondono, sconcertano, quando non sono addirittura contraddittori.
Idealmente ci si potrebbe aspettare che un vero scienziato vada avanti imperterrito finché non trovi la verità. Ma il fatto è che generalmente si sa pochissimo di quello che succede dietro le porte chiuse dei laboratori. C’è motivo di credere che coloro che si dedicano ad attività scientifiche siano meno influenzati da meschine caratteristiche umane come pregiudizio, rivalità, ambizione e avidità?
“Si dice che lo scienziato soffochi le preferenze personali e i sentimenti umani pur di arrivare alla verità”, ha scritto Michael Mahoney in Psychology Today. “Tuttavia gli annali della scienza di ieri e di oggi fanno pensare che questa descrizione sia tutt’altro che accurata”.
Sullo stesso tono il giornalista Alan Lightman ha scritto nella rivista Science 83: “La storia della scienza è piena di pregiudizi personali, di ingannevoli temi filosofici, di simulatori . . . sospetto che tutti gli scienziati abbiano manifestato a volte pregiudizi nelle loro ricerche”.
Vi sorprendono questi commenti? Hanno come minimo offuscato, se non incrinato, l’idea che avevate della scienza e degli scienziati? Un recente studio del soggetto ha rivelato che perfino luminari della scienza del passato non disdegnarono metodi non etici per promuovere le loro idee o teorie.
Isaac Newton è spesso chiamato padre della fisica moderna per i suoi studi sulla teoria della gravitazione universale che aprì nuovi orizzonti. Questa idea, pubblicata nel suo famoso trattato Philosophiae naturalis principia mathematica, fu fortemente avversata da alcuni scienziati contemporanei, tra cui il matematico tedesco Gottfried Leibniz. Seguì fra i due una lunga polemica che non ebbe tregua sino alla fine dei loro giorni.
Scrivendo su Science, Richard S. Westfall afferma che, per rafforzare la sua posizione, Newton apportò alcune “modifiche” ai Principia affinché i suoi calcoli e le sue misurazioni sostenessero maggiormente la sua teoria, rendendola più convincente. In un caso, asserì che i suoi calcoli erano accurati al decimillesimo, e in un altro questi calcoli furono portati fino a sette cifre decimali, qualcosa di assolutamente inaudito in quei giorni. “Se si può dire che i Principia stabilirono il modello quantitativo della scienza moderna”, ha scritto Westfall, “si può anche dire che additavano una verità meno sublime: Che nessuno è in grado di falsificare così efficacemente come il grande matematico stesso”.
Newton si fece trascinare in un’altra controversia che infine ebbe il sopravvento su di lui. Per affermare la priorità dell’invenzione del calcolo infinitesimale, elaborato indipendentemente anche da Leibniz, secondo l’Encyclopædia Britannica Newton, presidente della stimata Royal Society, “nominò un comitato ‘imparziale’ [formato essenzialmente di suoi seguaci] per esaminare la questione, scrisse segretamente il rapporto ufficiale pubblicato dalla Royal Society del quale fece una recensione anonima nelle Philosophical Transactions”, e così se ne attribuì il merito.
Che un uomo della statura di Newton ricorresse a simili tattiche è davvero un paradosso. Mostra chiaramente che per quanto uno scienziato o chiunque altro possa essere coscienzioso e onesto in altre cose, quando sono in gioco la sua reputazione o i suoi interessi può diventare piuttosto dogmatico, irrazionale, addirittura avventato o andare per le spicce.
“Mi sembra di esprimere un’idea ragionevole, per non dire banale, asserendo che gli scienziati sono umani, soggetti alle stesse debolezze di tutti noi: eroici, pusillanimi, sinceri e scaltri, sciocchi e sensati pressoché nella stessa misura, esperti in alcuni campi, ma non in molti”, scrive il consulente Roy Herbert in New Scientist. Sebbene non tutti nel mondo della scienza siano di questa opinione, egli aggiunge: “Non trovo difficoltà ad accettarla”.
Ma che dire della struttura della scienza, che si suppone sia compatta, dotata di mezzi autonomi di correzione e vigilanza come i procedimenti di revisione, valutazione e ripetizione?
In seguito alla recente serie di frodi scoperte in prestigiosi istituti di ricerca, frodi a cui è stata fatta tanta pubblicità, l’Associazione degli Istituti di Medicina americani ha pubblicato un rapporto che elenca norme su come trattare queste frodi. Il rapporto, in sostanza, sostiene che “la grande probabilità che i dati fraudolenti siano scoperti subito dopo essere stati presentati” è una protezione contro i sistemi non etici.
Questa conclusione, però, non è andata a genio a molti altri, sia dentro che fuori della comunità scientifica. Per esempio, un editoriale del New York Times, definendo il rapporto “una diagnosi superficiale delle frodi scientifiche”, fa notare che “nessuna di queste frodi è emersa in origine attraverso i normali meccanismi mediante cui gli scienziati verificano il lavoro l’uno dell’altro”.
Infatti il dott. Arnold S. Relman, membro del comitato che ha compilato il rapporto e anche direttore del New England Journal of Medicine, si è similmente detto non d’accordo con la conclusione a cui perviene il rapporto. “Che tipo di protezione contro le frodi offre il lavoro di revisione fatto dai colleghi?” chiede. “Poca o nessuna”. Per sostenere il suo argomento, Relman ha aggiunto: “Lavori fraudolenti sono stati pubblicati da periodici i quali fanno esaminare il lavoro da altri scienziati, e alcuni di questi periodici hanno norme molto severe. Nel caso dei due articoli che abbiamo pubblicati, nessuno degli arbitri o dei redattori aveva avanzato l’idea di un’eventuale disonestà”.
In quanto all’efficacia della ripetizione degli esperimenti per individuare eventuali frodi, pare ci sia un grande abisso fra la teoria e la pratica. Nell’odierno campo altamente competitivo della ricerca scientifica, gli scienziati si preoccupano più di fare qualcosa di nuovo che di ripetere quanto hanno fatto altri. Anche se il lavoro di uno scienziato si basa su un esperimento fatto da altri, di rado l’esperimento viene ripetuto esattamente nella stessa forma.
C’è un altro fatto che a volte aggrava il problema della ripetizione degli esperimenti. Alcuni ricercatori suddividono deliberatamente i risultati dei loro esperimenti per moltiplicare il numero degli articoli da pubblicare. Questo “dà l’opportunità di essere disonesti”, dice un comitato della Harvard University, “perché è meno probabile che questi articoli siano verificati da altri”. I ricercatori sanno bene che se un esperimento non è veramente importante, è improbabile che si cerchi di ripeterlo. Si calcola che ben metà dei lavori pubblicati ‘non vengano verificati, ripetuti, e forse neppure letti’.
Questo non significa però che la scienza, come istituzione, stia fallendo o non ottenga buoni risultati. Al contrario, viene compiuta una gran quantità di importanti ricerche, e vengono fatte molte utili scoperte. Tutto questo fa onore a un sistema che essenzialmente sull’onore si basa: l’ideale secondo cui il progresso scientifico si fondi sulla fiducia reciproca e sulla divulgazione della conoscenza nell’ambito della comunità scientifica.
I recenti casi di frode nel campo delle ricerche hanno dimostrato il semplice fatto che questo ideale ha le sue limitazioni e che non tutti i rappresentanti della comunità scientifica sono altrettanto pronti ad attenervisi. I fatti mostrano che nel meccanismo della scienza, con i suoi mezzi autonomi di vigilanza e correzione, ci sono abbastanza scappatoie per chiunque sappia aggirare gli ostacoli e sia deciso a battere il sistema.
Come in qualsiasi altro campo, nel mondo della scienza il fattore economico ha un ruolo importante. I giorni degli uomini pieni di risorse che si arrabattavano e si sostenevano da sé sono evidentemente finiti. Oggi c’è un grande giro d’affari nel campo della ricerca scientifica, buona parte della quale viene compiuta con fondi governativi o provveduti dall’industria o da altre fondazioni e istituzioni. Ma la stretta economica e i tagli alla spesa pubblica hanno reso sempre più difficile ottenere le sovvenzioni. Secondo gli Istituti Nazionali di Sanità in America, che provvedono i fondi per il 40 per cento circa di tutte le ricerche biomediche effettuate negli Stati Uniti su una base annua di circa 4 miliardi di dollari, solo il 30 per cento circa di coloro che chiedono sovvenzioni le ricevono, mentre negli anni ’50 circa il 70 per cento le riceveva.
Per i ricercatori questo significa che si dà ora più importanza alla quantità che alla qualità, che se non si pubblicano lavori non si sopravvive. Anche scienziati affermati riscontrano spesso di essere più occupati a raccogliere fondi per mantenere in funzione i loro costosi laboratori che non a lavorare in essi. Questo è ciò che provocò la rovina di un medico che riceveva oltre mezzo miliardo di dollari in sovvenzioni.
A quest’uomo era stato dato da verificare un articolo inviato al suo indaffarato direttore per la revisione da fare prima della pubblicazione. L’articolo trattava un soggetto su cui anch’egli lavorava. Anziché fare un’onesta valutazione dell’articolo e correre il rischio di perdere il diritto alla priorità, e forse anche la sovvenzione, il medico ritoccò frettolosamente il suo esperimento, prese parte del materiale dell’altro articolo e presentò il proprio lavoro per la pubblicazione.
In effetti la spinta verso il successo è avvertita presto fra gli aspiranti scienziati, specie fra quelli che operano in campo medico. “Fra gli studenti che si preparano ad andare alla facoltà di medicina imbrogliare a scuola è una cosa comune”, ha detto Robert Ebert, ex rettore della facoltà di medicina della Harvard University, “e la corsa ai voti alti per assicurarsi l’ammissione alla facoltà di medicina difficilmente incoraggerà un comportamento etico e umanitario”.
È facile continuare ad agire in questo modo una volta intrapresa la carriera dove le pressioni sono anche più intense. “In un ambiente che può sempre consentire al successo di diventare un bene più ambito del comportamento etico, anche gli angeli possono cadere”, ha deplorato Ebert.
L’attuale situazione è stata ben riassunta da Stephen Toulmin dell’Università di Chicago, che ha detto: “Non si può trasformare qualcosa in un’attività profumatamente pagata, molto competitiva e organizzata, senza dare alla gente occasione di fare cose che in precedenza, allo stadio di dilettanti, non avrebbe mai fatto”.
La nostra breve escursione nel mondo della ricerca scientifica ci ha permesso di dare un fuggevole sguardo allo scienziato al lavoro. Abbiamo visto che, nonostante la loro preparazione, gli scienziati sono tanto soggetti alle debolezze umane quanto sono pieni di virtù. Il fatto di indossare il camice bianco non cambia di molto la situazione. Anzi, le pressioni e la competizione dell’odierno mondo scientifico rendono forse ancor più forte la tentazione di cercare equivoche scappatoie.
Il fenomeno delle frodi scientifiche rammenta a tutti noi che anche la scienza ha i suoi umilianti segreti. Anche se di solito sono tenuti ben celati, ci sono ugualmente. Che ogni tanto vengano a galla dovrebbe farci capire che, anche se la scienza e gli scienziati sono messi spesso su un piedistallo, questa loro posizione dovrebbe essere attentamente rivalutata.
[Testo in evidenza a pagina 6]
“Sospetto che tutti gli scienziati abbiano manifestato a volte pregiudizi nelle loro ricerche”
[Testo in evidenza a pagina 6]
“Che tipo di protezione contro le frodi offre il lavoro di revisione fatto dai colleghi?”
[Testo in evidenza a pagina 8]
Anche la scienza ha i suoi umilianti segreti
[Riquadro a pagina 7]
L’arte di imbrogliare
Nel 1830 il matematico inglese Charles Babbage pubblicò un libro intitolato Reflections on the Decline of Science in England (Considerazioni sul declino della scienza in Inghilterra) per riassumere qual era secondo lui la situazione nel campo scientifico a quel tempo. In quel libro Babbage elencò ciò che, a parer suo, alcuni scienziati potevano fare o erano tentati di fare quando le cose non andavano come avevano previsto.
“Rifinire”, eliminando le irregolarità per fare apparire i dati estremamente accurati e precisi.
“Manipolare”, scegliendo solo quei risultati che più si addicevano alla teoria e scartando gli altri.
“Contraffare”, la cosa peggiore di tutte: alcuni o tutti i dati di esperimenti che potevano essere stati eseguiti o no erano inventati.
[Immagine a pagina 5]
Perfino Isaac Newton modificò i suoi dati per sostenere la propria teoria
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Disonestà di scienziati nel passatoSvegliatevi! 1984 | 22 settembre
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Disonestà di scienziati nel passato
I grandi scienziati del passato non sono stati tutti così santi e onesti come ci vien fatto credere. Oltre a Isaac Newton (1642-1727; vedi pagina 6), eccone alcuni altri le cui disonestà sono pure venute a galla.
● Tolomeo, del II secolo E.V., secondo cui la terra era al centro dell’universo, idea questa accettata per 1.400 anni, fu considerato “il massimo astronomo dell’antichità”. Oggi gli studiosi credono che ottenesse i suoi dati non mediante osservazione, ma copiando l’opera di un astronomo greco precedente, Ipparco di Nicea. Si sospetta pure che si sia procurato alcuni dati risalendo dai risultati da lui presupposti.
● Galileo Galilei (1564-1642), matematico e astronomo italiano, noto per l’esperimento della caduta dei gravi alla torre pendente di Pisa, è stato considerato il fondatore della scienza sperimentale moderna perché basava le sue conclusioni sui fatti osservabili anziché sugli scritti di Aristotele. Tuttavia i suoi contemporanei avevano difficoltà a riprodurre i suoi risultati, ed era noto per i suoi “esperimenti mentali”, in quanto ipotizzava il risultato anziché osservarlo.
● A Gregor Mendel (1822-1884), monaco e botanico austriaco, fu attribuita la scoperta delle leggi dell’ereditarietà. I suoi esperimenti coi piselli aprirono la strada alla scienza della genetica. La sua teoria e i suoi dati corrispondevano così esattamente che alcuni ricercatori hanno pensato “che facesse ogni tanto errori inconsapevoli a favore delle sue previsioni”, mentre altri hanno pensato che selezionasse i dati, usando solo quelli che si conciliavano con la sua teoria.
● Robert Millikan (1868-1953), eminente fisico americano, vinse nel 1923 il premio Nobel per aver determinato la carica elettrica dell’elettrone. In anni recenti, studiando gli appunti di laboratorio di Millikan, gli eruditi si sono resi conto che faceva una selezione dei dati — scartando quella metà che non andava bene per la sua teoria — anche se un suo scritto diceva specificamente che quelli erano tutti i dati ottenuti “nel corso di 60 giorni consecutivi”.
● Sir Cyril Burt (1883-1971), eminente figura della psicologia inglese, ha contribuito alla formazione del sistema educativo inglese con la sua opera sul QI dei bambini e con la sua teoria secondo cui l’intelligenza è essenzialmente ereditata. Un altro psicologo, preparando la biografia di Burt, ha scoperto frodi in quasi tutto ciò che Burt aveva pubblicato negli ultimi 30 anni della sua vita. “La sua opera aveva spesso l’apparenza della scienza, ma non sempre la sostanza”, ha detto il biografo.
“Se nel passato i luminari della scienza travisavano a volte i dati per avere la soddisfazione personale di veder prevalere le proprie idee, queste tentazioni devono essere ancora più grandi per gli scienziati contemporanei”, dice il libro Betrayers of the Truth (Traditori della verità). Che questo sia vero o no, la scienza e gli scienziati non fanno eccezione quando si tratta di frode e inganno.
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