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GiovencaAusiliario per capire la Bibbia
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nazione stabile, prospera e ben nutrita nel suo paese, come di “una bellissima giovenca”, ma ne predice la sconfitta. (Ger. 46:20, 21) Lo stesso profeta paragona anche i babilonesi conquistatori del popolo di Dio a una giovenca che scalpita nell’erba tenera, a motivo dell’esultanza per la conquista di Israele. (Ger. 50:11) Osea parla di Efraim, il regno delle dieci tribù, che un tempo, grazie alle istruzioni e benedizioni di Dio, era come una giovenca addestrata e nell’abbondanza, come un animale che trebbia a cui era consentito mangiare il frutto di un lavoro relativamente leggero. — Osea 10:11; Deut. 25:4.
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GiubileoAusiliario per capire la Bibbia
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Giubileo
[ebr. yohvèl (o yovèl), squillo di corno; corno di montone].
Da quando era entrata nella Terra Promessa, la nazione d’Israele doveva contare sei anni durante i quali i campi venivano seminati, coltivati e mietuti, ma il settimo anno doveva essere un anno sabatico, durante il quale la terra doveva rimanere incolta. Nel settimo anno non si poteva seminare né potare. Non potevano mietere neanche quello che era cresciuto dai chicchi di grano caduti durante la raccolta dell’anno precedente, e non dovevano vendemmiare l’uva delle loro viti non potate. Il proprietario, i suoi schiavi, i lavoratori salariati, i residenti forestieri e i poveri potevano usufruire del grano e della frutta che crescevano da sé. Potevano mangiarne anche gli animali domestici e le bestie selvatiche. (Lev. 25:2-7; Eso. 23:10, 11) Si dovevano contare sette di tali periodi di sette anni (7 x 7 = 49), e l’anno seguente, il cinquantesimo, era un anno giubilare, con le stesse caratteristiche dell’anno sabatico. Di nuovo la terra aveva completo riposo. Le stesse regole valevano per il prodotto della terra. (Lev. 25:8-12) Questo significava che la produzione del quarantottesimo anno di ogni ciclo di cinquant’anni avrebbe costituito la principale fonte di generi alimentari per quell’anno e per un po’ più dei due anni successivi, fino alla mietitura del cinquantunesimo anno, l’anno dopo il Giubileo. La speciale benedizione di Geova sul sesto anno avrebbe dato messi sufficienti a provvedere cibo per tutto l’anno sabatico. (Lev. 25:20-22) In modo simile, se gli ebrei osservavano la sua legge, Dio provvedeva nel quarantottesimo anno un raccolto abbondante e sufficiente onde la nazione non mancasse di nulla durante tutto l’anno sabatico e il seguente anno del Giubileo.
Il Giubileo in un certo senso era un intero anno di festa, un anno di libertà. La sua osservanza dimostrava la fede di Israele in Geova suo Dio ed era un tempo di rendimento di grazie e felicità per i suoi provvedimenti.
Il decimo giorno del settimo mese (tishri), il giorno di espiazione, si suonava il corno (shohphàr, o shophàr, corno ricurvo di animale), proclamando la libertà in tutto il paese. Questo significava libertà per gli schiavi ebrei, molti dei quali si erano venduti a motivo dei debiti. Tale liberazione normalmente non avveniva che nel settimo anno di schiavitù (Eso. 21:2), ma il Giubileo concedeva libertà anche a coloro che non avevano servito per sei anni. Tutti i possedimenti terrieri ereditari che erano stati venduti (di solito a motivo di rovesci finanziari) venivano restituiti, e ogni uomo tornava in famiglia e al suo possedimento ereditario. Nessuna famiglia doveva sprofondare in perpetua povertà. Ogni famiglia doveva godere onore e rispetto. Anche chi sperperava le sue sostanze non poteva far perdere per sempre l’eredità ai suoi discendenti. Dopo tutto la terra in realtà era di Geova, e dal punto di vista di Geova gli israeliti stessi erano residenti forestieri e avventizi. (Lev. 25:23, 24) Se la nazione avesse osservato le leggi di Dio nessuno sarebbe diventato povero. — Lev. 25:8-10, 13; Deut. 15:4, 5.
Grazie alla legge del Giubileo nessun pezzo di terra poteva essere venduto per sempre. Dio aveva provveduto affinché, se un uomo vendeva qualche terra del suo possedimento ereditario, il prezzo di vendita andasse valutato secondo il numero di anni che rimanevano fino al Giubileo. Lo stesso valeva quando un’eredità terriera veniva riacquistata dal suo proprietario. In realtà la vendita della terra consisteva nel dare in uso la terra e il suo prodotto per il numero di anni che rimanevano fino al Giubileo. (Lev. 25:15, 16, 23-28) Questo si applicava anche alle case negli insediamenti privi di mura, che erano considerati come aperta campagna, mentre le case nelle città cinte da mura non erano incluse nella proprietà restituita durante il Giubileo. Un’eccezione erano le case dei leviti, il cui unico possedimento erano le case e i pascoli circostanti le città dei leviti. A loro veniva restituita la casa al Giubileo; i pascoli delle città dei leviti non si potevano vendere. — Lev. 25:29-34.
Si può meglio apprezzare il meraviglioso provvedimento del Giubileo considerando non solo i benefici risultati per i singoli israeliti, ma specialmente l’effetto che aveva sulla nazione intera. Quando venivano osservate tutte le disposizioni, nell’anno del Giubileo la nazione ritornava al pieno e giusto stato teocratico che Dio aveva previsto e stabilito all’inizio. Il governo poggiava su basi solide. L’economia nazionale sarebbe sempre stata stabile e la nazione non sarebbe mai stata oberata di debiti. (Deut. 15:6) Grazie al Giubileo la terra aveva un valore costante e il debito pubblico era contenuto, non poteva dar luogo a una prosperità fittizia, con conseguente inflazione, deflazione e depressione economica.
La legge del Giubileo, quando veniva osservata, impediva alla nazione di precipitare nella triste condizione che attualmente si verifica in molti paesi, dove in pratica ci sono solo due classi: i proprietari terrieri estremamente ricchi e i servi della gleba, mezzadri e simili, estremamente poveri. I benefici individuali rafforzavano la nazione, perché nessuno sarebbe stato diseredato e ridotto all’inattività a motivo di una cattiva situazione economica, ma tutti potevano contribuire al benessere della nazione coi loro talenti e capacità. Poiché Geova benediceva il frutto della terra, e grazie all’istruzione provveduta, Israele finché ubbidiva poteva avere un governo perfetto e la prosperità che solo la vera teocrazia poteva offrire. — Isa. 33:22.
La Legge veniva letta al popolo negli anni sabatici, specie durante la festa delle capanne o della raccolta. (Deut. 31:10-12) Questo avrebbe dovuto avvicinarli a Geova e aiutarli a conservare la loro libertà. Geova aveva avvertito gli israeliti che sarebbero andati incontro alla tragedia se avessero disubbidito e continuato a ignorare le sue leggi (incluse quelle relative agli anni sabatici e giubilari). — Lev. 26:27-45.
Iniziando a contare gli anni da quando gli israeliti erano giunti nella Terra Promessa, il primo anno giubilare iniziò nel mese di tishri del 1424 a.E.V. (Lev. 25:2-4, 8-10) Da quando erano giunti nella Terra Promessa nel 1473 a.E.V. fino alla caduta di Gerusalemme nel 607 a.E.V., gli israeliti avevano l’obbligo di celebrare diciassette Giubilei. Ma purtroppo la loro storia mostra che non apprezzarono Geova, loro Re. Finirono per violare i suoi comandamenti, incluse le leggi sabatiche, e persero le benedizioni loro riservate. Il loro insuccesso disonorava Dio di fronte alle nazioni del mondo e impedì alla nazione di sperimentare l’eccellenza del suo governo teocratico. — II Cron. 36:20, 21.
Nelle Scritture Greche Cristiane ci sono alcune allusioni al significato simbolico del Giubileo. Gesù Cristo disse che era venuto per “predicare la liberazione ai prigionieri” e affermò: “Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato”. Poco dopo, in giorno di sabato, sanò un uomo che aveva una mano atrofizzata. L’apostolo Paolo dice che verrà il tempo in cui “la creazione stessa sarà pure resa libera dalla schiavitù alla corruzione e avrà la gloriosa libertà dei figli di Dio”. — Luca 4:16-18; Matt. 12:8-13; Rom. 8:20, 21; vedi ANNO SABATICO.
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GiudaAusiliario per capire la Bibbia
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Giuda
[lodato; (oggetto di) lode].
1. Quarto figlio di Giacobbe dalla moglie Lea. (Gen. 29:35; I Cron. 2:1) Quando aveva circa nove anni Giuda si trasferì insieme a tutta la famiglia paterna da Haran in Paddan-Aram al paese di Canaan. (Confronta Genesi 29:4, 5, 32-35; 30:9-12, 16-28; 31:17, 18, 41). In seguito rimase con suo padre a Succot e poi a Sichem. Dopo che sua sorella Dina fu violentata dal figlio di Emor, e Simeone e Levi l’ebbero vendicata uccidendo tutti gli uomini di Sichem, Giuda evidentemente prese parte al saccheggio della città. — Gen. 33:17, 18; 34:1, 2, 25-29.
RAPPORTI CON GIUSEPPE
Col tempo Giuda e gli altri fratellastri cominciarono a odiare Giuseppe perché era il favorito di Giacobbe. Il loro odio si intensificò dopo che Giuseppe ebbe raccontato due sogni secondo i quali sarebbe diventato loro superiore. Perciò, quando Giacobbe mandò Giuseppe a vedere come stavano i suoi fratellastri che badavano al gregge, essi scorgendolo da lontano complottarono di ucciderlo. Ma per suggerimento di Ruben, che voleva salvargli la vita, gettarono Giuseppe in una cisterna asciutta. — Gen. 37:2-24.
Poco dopo videro avvicinarsi una carovana di ismaeliti e Giuda, evidentemente in assenza di Ruben, convinse gli altri che invece di uccidere Giuseppe era meglio venderlo ai mercanti di passaggio. (Gen. 37:25-27) Nonostante le invocazioni di Giuseppe lo vendettero per venti pezzi d’argento. (Gen. 37:28; 42:21) Anche se la principale preoccupazione di Giuda era quella di salvare la vita di Giuseppe e l’averlo venduto si dimostrò poi una benedizione per tutti, Giuda, come gli altri, si rese colpevole di un grave peccato che a lungo gli tormentò la coscienza. (Gen. 42:21, 22; 44:16; 45:4, 5; 50:15-21) (Sotto la legge mosaica data in seguito agli israeliti, questo reato comportava la pena di morte. [Eso. 21:16]) Giuda si unì poi agli altri nel far credere a Giacobbe che Giuseppe era stato ucciso da una bestia feroce. (Gen. 37:31-33) In quel tempo Giuda aveva circa vent’anni.
LA FAMIGLIA DI GIUDA
Sembra che dopo questo incidente Giuda si sia separato dai fratelli. Si attendò vicino a Hira l’Adullamita, e fra i due si stabilirono rapporti amichevoli. Nel frattempo Giuda sposò la figlia del cananeo Sua, dalla quale ebbe tre figli: Er, Onan e Sela. Sela, il minore, nacque ad Aczib. — Gen. 38:1-5.
In seguito Giuda diede Tamar in moglie al figlio primogenito Er. Ma a motivo della sua malvagità, Er fu messo a morte da Geova. Giuda allora ordinò al secondogenito Onan di contrarre il matrimonio del cognato. Ma Onan, pur avendo rapporti sessuali con Tamar, “sciupava il suo seme per terra per non dare progenie a suo fratello”. Perciò Geova mise a morte anche lui. Giuda allora raccomandò a Tamar di tornare a casa di suo padre in attesa che Sela crescesse. Ma anche dopo che Sela era diventato adulto, Giuda, forse ragionando che il figlio minore poteva morire, non lo diede in matrimonio a Tamar. — Gen. 38:6-11, 14.
Perciò Tamar, saputo che suo suocero ormai vedovo era diretto a Timna, fingendosi una prostituta si mise a sedere all’entrata di Enaim sulla strada che Giuda avrebbe percorso. Questi non riconobbe la nuora e, pensando che fosse una prostituta, ebbe rapporti con lei. Quando poi si seppe che Tamar era incinta, Giuda chiese che fosse bruciata come una meretrice. Ma di fronte alle prove che lui stesso l’aveva resa incinta, esclamò: “È più giusta di me, per la ragione che io non la diedi a Sela mio figlio”. Così, inconsapevolmente, Giuda aveva preso il posto di Sela generando una progenie secondo la legge. Circa sei mesi più tardi Tamar diede alla luce i gemelli Perez e Zera. Giuda non ebbe più rapporti con lei. — Gen. 38:12-30.
IN EGITTO PER ACQUISTARE VIVERI
Qualche tempo dopo, nel paese di Canaan colpito dalla carestia, giunse la notizia che in Egitto non mancavano i viveri. Quindi, per ordine di Giacobbe, dieci suoi figli, fra cui Giuda, vi andarono in cerca di viveri. In quel tempo il loro fratellastro Giuseppe era amministratore annonario d’Egitto. Mentre Giuseppe li riconobbe immediatamente, essi non lo riconobbero. Giuseppe li accusò di essere spie e li avvertì di non tornare senza Beniamino, che essi avevano menzionato nel professare la loro innocenza dall’accusa di essere spie. Inoltre fece legare e tenere in ostaggio uno dei fratellastri, Simeone. — Gen. 42:1-25.
Era comprensibile che Giacobbe, pensando di aver perso sia Giuseppe che Simeone, non volesse lasciar andare Beniamino in Egitto con gli altri figli. Le enfatiche parole di Ruben che Giacobbe poteva mettere a morte i suoi due figli se non riportava Beniamino non ebbero abbastanza peso, forse perché si era dimostrato poco fidato violentando la concubina di suo padre. (Gen. 35:22) Infine Giuda riuscì a ottenere il consenso del padre rendendosi garante per Beniamino. — Gen. 42:36-38; 43:8-14.
Mentre erano diretti a casa dopo aver acquistato grano in Egitto, i figli di Giacobbe furono raggiunti dall’economo di Giuseppe e accusati di furto (in realtà uno stratagemma di Giuseppe). Quando i presunti oggetti rubati furono rinvenuti nel sacco di Beniamino, gli uomini tornarono a casa di Giuseppe. Fu Giuda che rispose all’accusa e intercedé con eloquenza e ardore a favore di Beniamino e per amore del padre, chiedendo di essere reso schiavo al posto di Beniamino. Giuseppe fu così commosso dalla sincera supplica di Giuda che non poté più frenare i suoi sentimenti e, da solo coi suoi fratelli, si fece riconoscere. Dopo averli perdonati per averlo venduto schiavo, Giuseppe ordinò ai fratellastri di andare a prendere Giacobbe e tornare in Egitto, perché la carestia doveva continuare per altri cinque anni. — Gen. 44:1–45:13.
In seguito Giacobbe, quando stava per giungere in Egitto con tutta la famiglia, “mandò Giuda davanti a sé da Giuseppe per impartire informazioni prima di lui in Gosen”. — Gen. 46:28.
MIGLIORE DEI SUOI FRATELLI
Con la sua preoccupazione per il padre anziano
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