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Il frutto dello spiritoLa Torre di Guardia 1955 | 15 maggio
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Il frutto dello spirito
“Il frutto dello spirito è amore, gioia, pace, longanimità, benignità, bontà, fede, mitezza, padronanza di sé”. — Gal. 5:22, 23, NW.
1. Perché i tentativi degli uomini per il proprio sviluppo spesso falliscono, e quale scrittura ci fa capire questo?
DA TEMPO immemorabile l’uomo si è interessato vivamente al proprio sviluppo, da ogni punto di vista, fisicamente, moralmente e mentalmente. A causa dell’imperfezione i suoi tentativi in tal senso hanno spesso mancato di equilibrio, per la tendenza a spingersi agli estremi. Vi sono uomini, per esempio, molto fieri del proprio sviluppo muscolare, o di coraggiose attività atletiche che suscitano ammirazione ed applausi. Ma non ci si rende conto che spesso ciò è a detrimento della salute, più avanti negli anni, e che spesso significa trascurare cose più elevate, seppure immateriali, che riguardano la mente e il cuore. Come dice l’apostolo: “Poiché l’esercizio corporale è benefico per un poco, ma la devozione di Dio è benefica per tutte le cose, dato che ha la promessa della vita presente e di quella avvenire”. — 1 Tim. 4:8, NW.
2. (a) In che modo la religione in genere ha adottato il concetto dello sviluppo? (b) Che cosa disse Paolo riguardo questo in relazione al giudaismo?
2 Tale mancanza di equilibrio e tendenza a spingersi agli estremi sono state anche manifestate quando gli uomini hanno cercato di svilupparsi e migliorarsi mentalmente e moralmente, vantandosi spesso dei loro successi, sia reali che immaginari. Questo è frequentemente accaduto sotto l’influenza e la guida di una delle numerose religioni che fanno parte del presente sistema di cose, e sostengono che attenendosi scrupolosamente alla condotta prescritta si acquisteranno meriti e vantaggi tali da influenzare sia la vita presente che quella futura. Non sono sfuggite a questa insidia nemmeno le religioni che hanno professato di riconoscere l’unico vero Dio. Perché, nella sua lettera ai Galati, Paolo scrisse del “frutto dello spirito” paragonandolo alle “opere della carne”? Non fu forse a causa di questa stessa domanda, formulata da alcuni che si attenevano ancora al sistema del giudaismo, e sostenevano che la giustizia si potesse ottenere nella carne mediante le “opere della legge”, e cioè “secondo la pratica giudaica”? Paolo sapeva perfino troppo bene quali difficoltà affrontava, poiché, come dice della sua precedente linea di condotta: “Io progredivo nel giudaismo più di molti coetanei della mia razza”. Perciò, esasperato, scrive: “Siete voi così insensati? Dopo aver cominciato nello spirito siete ora completati nella carne?” — Gal. 5:19, 22; 2:14, 16; 1:14; 3:3, NW.
3. Sotto quale aspetto c’è analogia fra cristianità e giudaismo in questa questione?
3 Concetti e pretese assai analoghi a quelli avanzati dai sostenitori del giudaismo sono pure riscontrati nelle numerose sette della cristianità. Si ritiene generalmente credenza fondamentale che i cristiani siano sotto la legge dei Dieci Comandamenti, compresa la legge sabatica, e che si possa ottenere la qualifica di giusto con una scrupolosa osservanza esteriore delle esigenze ivi specificate. Inoltre, come nel sistema giudaico, sono state aggiunte numerose tradizioni umane, come, ad esempio, penitenze volontarie, digiuni, mortificazioni, vita monastica e austera, cose tutte che si pretende cooperino alla santità individuale provvedendo così il necessario addestramento disciplinare e l’idoneità alla vita futura con Cristo nella gloria celeste. Alcuni sono giunti al punto di pretendere d’aver potuto raggiungere la santità e purezza assolute pur essendo ancora nella carne. Quale assurdità! Specialmente considerando l’ammonimento dell’apostolo proprio su questo, quando dice: “Quelle stesse cose sono infatti dotate di un’apparenza di saggezza in una volontaria forma di adorazione e di finta umiltà, in un severo trattamento del corpo, ma non hanno alcun valore nel combattere la soddisfazione della carne”. — Col. 2:23, NW.
4. Che cosa non comprendono e non apprezzano i maestri della cristianità?
4 I maestri religiosi della cristianità in genere non comprendono la dottrina scritturale che i cristiani non sono “sotto la legge ma sotto l’immeritata benignità”, e che secondo il nuovo patto essi sono dichiarati giusti o giustificati mediante il Mediatore di esso, Cristo Gesù. Tali maestri non valutano inoltre che il potere di giustificazione, sotto il nuovo patto, non proviene dagli aboliti Dieci Comandamenti, ma che è lo spirito di Dio che trasforma i cristiani a immagine divina e, come Paolo dice: “Se siete guidati dallo spirito, non siete sotto legge”. — Rom. 6:15; Gal. 5:18, NW. Vedere pure Efesini 2:15; 2 Corinzi 3:5-18, NW.
5. (a) Perché la rivelazione della verità e la purificazione dall’errore sono state opera graduale? (b) Come si rileva questo, relativamente al frutto dello spirito?
5 Nessuna meraviglia, dunque, che nei primi anni del nostro movimento odierno prima del 1914 e per qualche tempo dopo, coloro che allora accettarono il messaggio di verità e abbandonarono la falsa religione della Babilonia moderna, come prescrive Apocalisse 18:4, abbiano continuato ad essere in certa misura influenzati dalla dottrina accettata precedentemente come verace. Dobbiamo sempre ricordare che la rivelazione della verità e la conseguente purificazione da tutta la sozzura babilonica, tanto nella dottrina che nella pratica, sono state compiute gradualmente. (Prov. 4:18; Isa. 52:11) In quei primi anni il soggetto dello sviluppo dei “frutti e grazie dello spirito”, come fu generalmente chiamato, attirò molta attenzione. In base a Galati 5:22, 23, era tema favorito e scelto per molti discorsi, spesso sotto forma di simposio. Però, invariabilmente, si mirava a dimostrare come ciascun individuo dovesse coltivare in se stesso, secondo la dottrina dello “sviluppo del carattere”, le varie qualità specificate dall’apostolo. Infatti, alcuni di quelli che allora erano nella verità davano tanto peso alla suprema importanza di questo sviluppo, spingendosi agli estremi, che in definitiva prestarono troppa attenzione a se stessi. La più piccola esperienza o circostanza era ritenuta in qualche modo una prova per lo sviluppo del carattere. In molti casi ciò indusse queste persone a concentrarsi in se stesse e divenire egoiste, con una specie di atteggiamento di umiltà. In altre parole, si potrebbe dire che divennero troppo mature e si staccarono dall’albero.
6. Che cosa è per noi importante notare, e quale speciale pericolo deve essere evitato?
6 Ciò significa forse che noi scherziamo sull’argomento? Non sarebbe affatto giusto farlo, poiché esso occupa un posto ben definito nella Parola di Dio. No, benché possiamo rilevare il lato ridicolo di coloro che prendono se stessi troppo sul serio, la cosa importante che vogliamo porre in risalto è la necessità di acquistare il giusto punto di vista su noi stessi in rapporto a questa questione di portare frutto. Per quanto concerne il pericolo di diventare egoisti, l’immediato contesto di Galati, capitolo 5, mostra che questo è il nostro più grande nemico interno. Paolo dice: “Se viviamo per mezzo dello spirito, camminiamo con ordine pure per mezzo dello spirito. Non diventiamo vanagloriosi, provocando competizioni gli uni contro gli altri, invidiandoci a vicenda”. — Gal. 5:25, 26, NW.
7. (a) Come dobbiamo considerare noi stessi? (b) Come descrive Isaia la nostra presente prosperità?
7 Come, dunque, siamo aiutati ad acquistare il giusto punto di vista su noi stessi per evitare questo pericolo? Dobbiamo considerarci come Geova ci considera. E come, allora? In questo tempo egli ci vede e tratta con noi principalmente come un popolo radunato, unito alla sua organizzazione teocratica, Sion. Molte profezie parlando di questo popolo radunato, ed in un certo punto Isaia lo associa con lo spirito di Dio e i relativi frutti. Dopo aver parlato di un tempo di sterilità e di condizioni infeconde, Isaia dice che tali condizioni sarebbero perdurate fino alla restaurazione dell’organizzazione teocratica, con queste parole: “Finché su noi sia sparso lo spirito dall’alto e il deserto divenga un frutteto, e il frutteto sia considerato come una foresta. Allora l’equità abiterà nel deserto, e la giustizia avrà la sua dimora nel frutteto. Il frutto della giustizia sarà la pace, e l’effetto della giustizia, tranquillità e sicurezza per sempre. Il mio popolo abiterà in un soggiorno di pace, in dimore sicure, in quieti luoghi di riposo”. (Isa. 32:15-18) Quale attraente descrizione di benedizioni e incremento! Quale frutto delizioso!
DIVERSE SPECIE DI FRUTTO
8. È il frutto tutto eguale, letteralmente e figurativamente? Tuttavia, quale concetto si addice a tutti questi riferimenti scritturali?
8 Ma forse a questo punto qualcuno chiederà se il frutto menzionato nella suddetta profezia è il medesimo descritto da Paolo in Galati 5:22, 23. Che cosa dire allora del frutto della vigna nella ben nota illustrazione in Giovanni, capitolo 15, quando Gesù disse: “Il Padre mio è glorificato in questo, che portiate molto frutto”? (Giov. 15:8, NW) Voleva dire Gesù di continuare a produrre molto amore, molta gioia, e così via? Si tratta sempre dello stesso frutto? La risposta, naturalmente, è no. Il termine frutto occorre molte volte nelle Scritture, riferendosi a un certo numero di cose diverse, sia buone che cattive. Ma tutti i riferimenti hanno in comune questo, che il frutto dà sempre l’idea di qualche cosa prodotta, di un effetto naturale e logico, o di raccolta produzione, che risulti da certe cause o azioni.
9, 10. Come può essere considerato sotto diversi aspetti il frutto del Regno, e con quale appoggio scritturale?
9 Dato che viviamo nel tempo in cui il regno di Dio è stato stabilito nei cieli ed è stata istituita sulla terra un’organizzazione del Regno nella quale il popolo di Dio è stato raccolto, tutto il frutto che produciamo, con l’aiuto dello spirito di Dio in quanto suoi servitori, può essere chiamato appropriatamente frutto del Regno. Ma anche questo buon frutto può essere guardato da differenti punti di vista. Come Gesù mostrò in una delle sue parabole, il seme che il gran Seminatore diffonde è la Parola di verità, il messaggio del Regno. Gesù disse: “In quanto a quello che è sul buon terreno, questi son coloro che, dopo aver udita la parola con un cuore giusto e buono, la ritengono e portano frutto con perseveranza”. (Luca 8:15, NW) Pertanto, dato che ogni varietà di seme produce la propria specie, e dato che noi stessi abbiamo conosciuta la verità mediante la predicazione del messaggio del Regno da parte di qualcun altro, ne consegue che il frutto che dobbiamo produrre è quello di recare ad altri la testimonianza dello stesso messaggio e così aiutare a moltiplicare gli interessi del Regno. Questa è una veduta, ed è quella principale da applicarsi all’illustrazione della produzione di frutto nei riferimenti citati da Isaia, capitolo 32, e da Giovanni, capitolo 15.
10 Ma questo non è l’unico significato. L’apostolo, scrivendo a coloro che sono stati illuminati dalla Parola di verità, dice: “Continuate a camminare come figli di luce, poiché il frutto della luce consiste di ogni specie di bontà e giustizia e verità”. (Efes. 5:8, 9, NW) Una specie è quella che dovrebbe essere manifestata nella nostra vita quotidiana, con “ogni specie di bontà”. L’altra è quella che dovrebbe essere manifestata relativamente alla proclamazione della verità, con “ogni specie” di servizio di campo. Effettivamente le due specie sono strettamente connesse e inseparabili, come vedremo. Ma nel presente studio facciamo particolare attenzione alla specie che concerne la nostra vita quotidiana e la nostra personalità, il nostro temperamento. E non dimentichiamo di applicare queste cose a noi stessi praticamente, divenendo “operatori della parola, e non uditori soltanto”. — Giac. 1:22, NW.
IL PRINCIPALE FRUTTO DELLO SPIRITO È L’AMORE
11. Qual è il principale frutto dello spirito, e quale domanda sorge a questo proposito?
11 Nell’elenco delle nove cose che costituiscono il frutto dello spirito, menzionate in Galati 5:22, 23, la prima e più elevata di tutte è l’amore, e questo è giusto. Ora, interroghiamo noi stessi in modo pratico e personale. Che cosa significa, per quanto mi riguarda, l’affermazione che “il frutto dello spirito è amore”? Significa forse che io devo sottopormi ad un esercizio mentale e dire a me stesso ogni mattina per prima cosa: ‘Io devo cercare di essere più amorevole. Sono deciso ad essere più amorevole’? Ebbene, se ci comportassimo così, perseguendo una condotta di sviluppo di noi stessi, tutto ciò che potremmo fare per perfezionare tale capacità sarebbe in realtà frutto del nostro proprio spirito, non è vero? Ma l’apostolo si riferisce allo spirito di Dio, non al nostro. Quindi, come opera esso?
12. In che modo le Scritture indicano che l’amore di Dio agisce su di noi e opera in noi?
12 Anzitutto, quando cominciamo ad apprendere la verità, ciò che ci attira è il grande amore di Dio, la sua benignità e bontà. Man mano che conosciamo meglio la verità, impariamo ad apprezzare maggiormente l’altruistico amore di Dio, finché arriviamo al punto di rispondere al suo invito: “Figliuol mio, dammi il tuo cuore”. (Prov. 23:26) Ciò vuol dire che con spirito devoto ci dedichiamo a Geova per fare la sua volontà, e diveniamo così veri cristiani. Ovviamente questo non avviene a causa dell’amore che abbiamo sviluppato di nostra propria iniziativa. Anzi, come dice Paolo, è “perché l’amore di Dio è stato versato nei nostri cuori mediante lo spirito santo”. — Rom. 5:5, NW.
13. Quale effetto ha questo amore sulla nostra relazione coi nostri fratelli?
13 Contemporaneamente ci rendiamo conto d’essere stati uniti ad altri che hanno percorso esattamente la stessa via e fatto gli stessi passi. Perciò questi sono nostri conservi cristiani e, adesso, tutti insieme siamo membri della società del Nuovo Mondo. Ne deriva logicamente e naturalmente la nostra associazione con questi fratelli e sorelle, così come è naturale la produzione di frutta non ottenuta forzatamente o fabbricata. Confermando questo, Giovanni scrive: “L’amore è in questo, non che noi abbiamo [per prima] amato Dio, ma che egli amò noi e mandò suo Figlio come sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. . . . [e] se questo è come Dio ci ha amati, allora noi stessi siamo in obbligo di amarci l’un l’altro” nello stesso modo caldo, benevolo e disinteressato. (1 Giov. 4:10, 11, NW) Naturalmente, dobbiamo amarci l’un l’altro. Nel divenire veri cristiani, con l’amore di Dio che ci colma il cuore e la conoscenza della verità che ci colma la mente, inevitabilmente il nostro temperamento e tutta la nostra vita dovrebbero essere cambiati e trasformati.
14. Danno le Scritture importanza alla responsabilità individuale circa il frutto dello spirito?
14 Ha forse qualche lettore l’impressione che produrre il frutto dello spirito sia cosa semplice e facile? Oh no, non lo è. Per quanto questo frutto non sia cosa che si possa coltivare da sé, ciò non vuol dire affatto che si debba star seduti e metterci nelle mani di Dio, inerti e rassegnati. Come abbiamo già detto, cerchiamo di acquistare la chiara conoscenza di noi stessi e dell’attività che dobbiamo svolgere. Nell’illustrazione della vigna Gesù disse: “Mio Padre è il coltivatore”. (Giov. 15:1, NW) Sì, Geova è il grande coltivatore di tutti i frutti del Regno, e tutto il credito spetta a lui. Sotto la sua direzione, però, noi eseguiamo un certo lavoro di coltivazione, come indica Paolo, nel piantare, annaffiare e sarchiare, ma non si dimentichi mai che è “Dio che fa crescere”. Tuttavia, come continua a dire l’apostolo, benché individualmente siamo nulla in noi stessi, “ciascuno continui a vigilare” il modo in cui assolve le proprie responsabilità, poiché “l’opera di ciascuno sarà fatta manifesta, poiché il giorno [questo giorno di giudizio] lo paleserà”. — 1 Cor. 3:6, 7, 10, 13, NW.
15. Qual è la nostra responsabilità individuale, e come può essere meglio assolta?
15 Qual è dunque la nostra partecipazione nella coltivazione del frutto dello spirito, per quanto riguarda l’amore? Non è difficile rispondere a questa domanda. Allorché perveniamo, e sempre maggiormente, ad apprezzare che cos’è il vero amore, come lo si vede in Geova, fonte stessa dell’amore, entrando sempre più strettamente in unione con lui sentiamo un profondo ed ardente desiderio di esprimere questa medesima qualità. L’amore agisce così. Vuole esprimersi, vuol essere attivo. È altruistico, tanto che desideriamo vedere gli altri godere e condividere le stesse cose che significano molto per noi. Ed ora chiediamo: in che modo può l’amore pervenire a piena fruttificazione se non cooperando più completamente e strettamente che sia possibile con quel corpo di persone devote che Geova ha raccolte in una società del Nuovo mondo? E come possiamo meglio ubbidire all’ingiunzione di ‘divenire imitatori di Dio, come figli diletti, e continuare a camminare nell’amore’, se non assistendo e partecipando attivamente a tutte le adunanze della nostra congregazione locale e alle varie forme del servizio effettivo di campo? Seguendo questa condotta, quali infinite ed eccellenti opportunità abbiamo di esercitare altruistico e divino amore e benignità e bontà! Infatti, non vi è alcuna limitazione, poiché, come disse Paolo, “contro tali cose non v’è legge”, per dire: ‘Non andrete mai oltre in questa direzione’. — Efes. 5:1, 2; Gal. 5:23, NW.
16. Quali sono i nostri doveri, come membri della società del Nuovo Mondo?
16 Badate, questo è molto diverso dal recarsi semplicemente alle adunanze per ricevere una benedizione soltanto mettendosi a sedere, una settimana dopo l’altra, e assorbendo tutto il bene, o impegnandosi nell’opera di servizio per abitudine, per un senso di dovere. D’accordo, gli alberi fruttiferi assorbono tutto quello che c’è di buono dal sole, dall’aria e dal suolo. Ma per quale motivo? Affinché producano frutto a beneficio e ristoro di altri. E questo si applica al frutto della nostra vita quotidiana e della nostra attitudine, come anche al frutto della predicazione del Regno. Avendo tali buone qualità dovremmo essere desiderati ed apprezzati dai nostri conservi cristiani ed anche dalle persone buone del mondo. È desiderata la vostra presenza per tali motivi?
17. Che cosa s’intende per ‘vivere per mezzo dello spirito’ e ‘camminare con ordine pure per mezzo dello spirito’?
17 Per sostenere il concetto che il modo migliore di produrre i frutti dello spirito è quello di cooperare quanto più sia possibile col radunato popolo di Dio, consideriamo di nuovo l’espressione già citata: “Se viviamo per mezzo dello spirito, camminiamo con ordine pure per mezzo dello spirito”. (Gal. 5:25, NW) Abbiamo qui il segreto della parte che ci spetta nella coltivazione e produzione di questi desiderabili frutti. L’apostolo non dice nulla intorno a un ammaestramento personale dell’esercizio mentale. Piuttosto, si tratta di ‘vivere per mezzo dello spirito’ e di ‘camminare con ordine pure per mezzo dello spirito’. Questo significa considerarci come un popolo radunato, radunato in Sion, dove Geova ha sparso il suo spirito sulla classe del suo servitore e dove ha messo la sua parola nella nostra bocca ed è il nostro Maestro, ammaestrandoci, non individualmente ma come popolo, a vivere secondo lo spirito, secondo il suo spirito. Indi, avendo cominciato a mettere i piedi sulla via giusta, si tratta di fare un progresso costante e ordinato sotto la guida teocratica e, non abbiate paura, il frutto dello spirito sarà prodotto alla lode di Geova, per la benedizione di altre persone e per la nostra stessa salvezza e vita nel nuovo mondo. — Isa. 54:13; 59:21.
18. In quale modo pratico l’organizzazione ci aiuta a questo riguardo?
18 Dal lato pratico, l’organizzazione di Geova fornisce molti mezzi per camminare ordinatamente e fare buon progresso. Mediante La Torre di Guardia e l’Informatore, come anche mediante le adunanze dove le verità ed i consigli contenuti in tali pubblicazioni vengono spiegati, veniamo continuamente aiutati, sia con incoraggiamento che con la correzione, per vedere chiaramente e perseverare nella giusta condotta e nel giusto servizio. In questi tempi malvagi e critici abbiamo spesso problemi che ci fanno riflettere sull’attitudine da adottare e sulla condotta da tenere. Anche sotto questo riguardo otteniamo beneficio tenendoci stretti all’organizzazione, perché per mezzo di essa oggi siamo provveduti, come nel tempo degli apostoli, di servitori maturi e fidati, la cui condotta e attitudine sono di buon esempio e che operano proprio per aiutarci, anche se i loro consigli possono non essere sempre quelli che ci attendavamo e desideravamo. Come Paolo scrisse ai Filippesi: “Nella misura in cui abbiamo fatto progresso, continuiamo a camminare con ordine in questa stessa via. Insieme, divenite miei imitatori, fratelli, e osservate quelli che camminano secondo l’esempio che avete in noi”. — Filip. 3:16, 17, NW.
19. È possibile e necessario un mutamento nella personalità divenendo cristiani?
19 Concludendo questa parte della nostra discussione, vogliamo dire ancora una parola riguardo al mutamento nell’attitudine e mentalità già menzionato. Questa è cosa di cui ciascuno di noi dovrebbe essere convinto. Nessuno di noi può permettersi di dire: ‘Oh, io non credo che ci fossero molte cose cattive nella mia condotta o nella mia attitudine, prima di conoscere la verità. Non vedo che ci sia grande bisogno di fare speciali mutamenti. Dopo tutto, dobbiamo essere naturali, non è vero?’ Benissimo, ammettiamo che la vostra vita quotidiana sia stata tanto buona e la vostra personalità tanto amabile quanto nel caso di quel giovane ricco e ben educato che Gesù amava, e che osservava sinceramente tutti i comandamenti sin dall’infanzia, e che desiderava sapere che cosa gli mancasse ancora. Vi ricordate che cosa gli mancava? Infatti, gli mancava l’essenza stessa dei frutti dello spirito, l’amore altruistico. (Mar. 10:17-22) Suvvia! Siamo onesti con noi stessi e umiliamoci dinanzi a Geova. Ciascuno di noi dovrebbe considerarsi come i fratelli di Efeso ai quali Paolo scrisse: “Che vi spogliate della vecchia personalità [la vostra vecchia persona egoistica] che si conforma alla vostra passata condotta e si corrompe secondo i suoi desideri seduttori; ma . . . rivestiate la nuova personalità che fu creata [non sviluppata da sé] secondo la volontà di Dio con vera giustizia e amorevole benignità”. — Efes. 4:22-24, NW.
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Camminiamo in modo convenevoleLa Torre di Guardia 1955 | 15 maggio
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Camminiamo in modo convenevole
“Camminiamo in modo convenevole”. — Rom. 13:13, NW.
1. Dove si trovano la fonte e il canale del frutto dello spirito? Quale effetto dovrebbe avere su di noi l’apprezzamento di essi?
QUANTO finora è stato trattato circa il frutto dello spirito in genere, e l’amore in particolare, si applica pure alle altre cose menzionate. In ciascun caso queste altre qualità sono prima di tutto esistenti in Geova con superlativa eccellenza. Si trovano pure nel suo diletto Figlio, con piena perfezione. E poiché, con un’accurata conoscenza della verità, vediamo quale meravigliosa dimostrazione di queste qualità è stata data da Geova in tutte le sue azioni, noi vogliamo ammirarle ed in ogni caso desideriamo ‘diventare imitatori di Dio, come figli diletti, e continuare a camminare’ in esse, manifestandole anche noi nella nostra condotta, con tutti quelli che incontriamo. Come Paolo dice al termine della sua lettera ai Galati: “Fin quando ne abbiamo il tempo favorevole, operiamo il bene verso tutti, ma specialmente verso quelli che sono uniti con noi nella fede”. — Efes. 5:1, 2; Gal. 6:10, NW.
2. Perché l’amore è menzionato per primo nell’elenco di Galati 5:22, 23?
2 Consideriamo dunque brevemente queste altre qualità, tutte componenti il frutto dello spirito. Non v’è dubbio, comunque, che “il più grande di questi è l’amore”. Esso è la molla principale, senza la quale le altre non possono veramente esistere o funzionare. Le esamineremo nell’ordine citato dall’apostolo, benché non seguano alcun ordine particolare, poiché sono ripetutamente menzionate in ordine diverso in tutte le Scritture Greche Cristiane. — 1 Cor. 13:1-3, 13, NW.
GIOIA
3. Quale autorità o ragione viene data per la stretta relazione esistente tra la gioia e l’organizzazione di Dio?
3 La gioia è menzionata per prima dopo l’amore, e dove ci rivolgiamo noi oggi per trovare la gioia e come possiamo trovare il modo migliore di produrre questo frutto? C’è una sola risposta, e cioè, nell’organizzazione di Geova, Sion, in cui il suo stesso amorevole cuore trova gioiosa soddisfazione. Non invita forse la profezia di Sofonia quelli che si trovano in Sion a ‘rallegrarsi ed esultare con tutto il cuore’, continuando poi col dire come lo stesso Geova “si rallegrerà con gran gioia per via di te, si acqueterà nell’amor suo, esulterà per via di te, con gridi di gioia”? (Sof. 3:14, 17) Come specifica evidenza a conferma di questo, molte migliaia dei nostri lettori rammenteranno prontamente l’immensa ed elevata gioia e felicità provate durante gli otto giorni di quel grande raduno internazionale nello Yankee Stadium nel 1953. Letteralmente, per quegli otto giorni, quello fu il miglior luogo della terra in cui si potesse provare gioia reale, e la stessa cosa si verifica, come principio, in tutte le assemblee speciali del popolo di Geova.
4, 5. Quale fu la gioia posta davanti a Gesù, e come possiamo praticamente condividerla?
4 Sappiamo pure che Cristo Gesù è entrato nella “gioia che gli era posta davanti”, essendo stato fatto lo strumento scelto, come Re, per condurre a piena maturazione il glorioso proposito del suo Padre celeste e la completa rivendicazione del nome del Padre suo. Tutti i veri seguaci del Signore sono invitati a partecipare a quest’opera felice. Infatti, ecco perché è “beneplacito” di Dio “di riunire tutte le cose in Cristo”, e nell’organizzazione a lui sottoposta, in modo che possiamo “servire per la lode della sua gloria”. Vogliamo perciò essere fedeli nel servizio di ogni interesse del Regno che ci sia stato commesso, affinché possiamo provare la soddisfazione di udire l’invito e aderirvi: “Entra nella gioia del tuo Signore”. E quale più grande gioia si può provare del cercare, trovare e poi pascere una delle “altre pecore” del Signore? — Ebr. 12:2; Efes. 1:9-12; Matt. 25:21, NW.
5 Personalmente parlando, non avete mai provato, a causa di qualche patimento o difficoltà, uno scoraggiamento tale da considerare orribile la vita? E poi siete andati a un’adunanza, a condividere con i vostri fratelli nell’associazione le verità del Regno ed il servizio del Regno, o forse avete dato uno sguardo a La Torre di Guardia appena arrivata? Voi sapete che effetto abbia questo; è come se un peso vi fosse tolto dalla mente. Vi fa dimenticare di voi stessi (e questa è una cosa splendida), e vi dà forse una nuova veduta sul modo di risolvere il vostro problema. In altri termini, come abbiamo spiegato nel nostro studio precedente, vi siete serviti delle provvisioni procurate dall’organizzazione, col risultato che lo spirito di Geova ha nuovamente agito nel vostro cuore e nella vostra mente, insieme col suo frutto di gioia.
PACE
6. Come è messa in risalto nella Scrittura l’importanza della pace? Che cosa significa?
6 Successivamente viene elencata la pace. Che cosa si può dire a questo riguardo? Molto, naturalmente, ma se adoperassimo l’illustrazione di un cacciatore che prima va in cerca della preda e poi la insegue accanitamente, non avremmo certamente un’immagine di pace, non vi pare? Eppure, ascoltate ciò che Davide scrisse nel Salmo 34:14: “Cerca la pace, e procacciala”. Significa questo che la pace è un uccello fuggitivo, come la “colomba della pace” lo è oggi per le nazioni? No. Ciò che si pone in rilievo è l’importanza della pace. Anzitutto, dobbiamo raggiungere relazioni pacifiche con Dio, per mezzo di Gesù Cristo, e con la sua famiglia di persone devote. Poi dobbiamo capire la necessità di perseguire e mantenere quella pace, pregando per essa e lavorando sempre per quel fine, come Davide disse in un altro Salmo: “Pregate per la pace di Gerusalemme! Prosperino quelli che t’amano! Per amore dei miei fratelli e dei miei amici, io dirò adesso: Sia pace in te! Per amore della casa dell’Eterno [centro della pura adorazione], dell’Iddio nostro, io procaccerò il tuo bene”. (Sal. 122:6, 8, 9) Questo può significare, da parte vostra, qualche sacrificio; forse rinunciare a qualche relazione che avete stretta, abbastanza legittima agli occhi vostri, ma che, lo sapete benissimo, causa solo fastidio e chiacchiere fra i vostri fratelli, per non dire nulla della maldicenza che suscita in coloro che non sono nella verità. Ritenere gli interessi della comunità di Dio al disopra dei nostri interessi personali è sempre una salvaguardia.
7. Come adempie oggi Gesù la sua promessa scritta in Giovanni 14:27?
7 Di solito, gli uomini cercano la pace procurando di creare per la propria vita condizioni letteralmente pacifiche. La pace che essi realizzano dipende moltissimo dal loro ambiente fisico, ed è in massima parte un’esperienza emotiva. Questo è l’unico modo in cui il mondo può provvedere questo prezioso tesoro. Ma Gesù, mentre si trovava con i suoi discepoli nella camera superiore, disse: “Vi do la mia pace. Non ve la do come il mondo la dà”. (Giov. 14:27, NW) In questo tempo della sua seconda presenza con i suoi discepoli egli adempie quella promessa liberandoci dall’autorità di questo mondo discorde e trapiantandoci nel suo stesso territorio, nel suo proprio possedimento teocratico, dove, come Re, egli regna in giustizia nella capitale celeste, la Nuova Gerusalemme. Quivi, mediante l’onnipotente spirito di Dio, egli dirige il suo popolo sulla terra in una grande opera di giustizia, il cui effetto significa “tranquillità e sicurezza” per coloro che vi sono impegnati. Sotto questo spirito di pace che controlla e dirige il nostro cuore e le nostre facoltà mentali, noi veramente abiteremo “in un soggiorno di pace, in dimore sicure, in quieti luoghi di riposo”. Quale glorioso e sereno frutto dello spirito! — Isa. 32:1, 17, 18; Filip. 4:7; Col. 1:13; 3:15. Vedere anche La Torre di Guardia del 1º marzo 1954, pagine 147, 148, paragrafi 3-6.
LONGANIMITÀ
8, 9. Quali esempi di longanimità vengono dati, e quale effetto dovrebbero avere su di noi?
8 Consideriamo ora la qualità successiva, la longanimità. Qui, di nuovo, vediamo una grande qualità, notevole nelle azioni stesse di Dio, poiché egli “tollerò con molta longanimità vasi d’ira preparati per la distruzione, per far conoscere le ricchezze della sua gloria su vasi di misericordia, . . . cioè, noi”. Paolo cita pure il suo stesso caso, come un esempio particolare di longanimità dimostrata da Cristo a suo favore, data la sua precedente cattiva condotta; e lo fa per incoraggiare altri che “riporranno la loro fede” nel Signore. (Rom. 9:22-24; 1 Tim. 1:16, NW) Certo, con tali esempi incoraggianti dinanzi a noi, dovremmo riconoscere il nostro bisogno d’essere sempre pronti a manifestare questa stessa qualità ogni volta che lo si richieda. Ciò non significa che si debba tollerare all’infinito le malefatte in un individuo, o in una congregazione; ma ogni volta che vi sia una sincera supplica di misericordia, o quando si possa prendere in considerazione l’ignoranza, come con quelli che non sono nella verità, non dobbiamo reprimere questa divina qualità.
9 Il contrario della longanimità è l’impazienza. Vi impazientite voi molto presto con i vostri fratelli, pronti a rimproverarli in uno spirito d’irritazione e intolleranza? Questo non è frutto dello spirito di Dio. Nello stesso tempo, ciò non significa che non sia mai necessaria una parola severa; però, se si tratta di volersi sfogare, sarà meglio cercare di controllarsi invece che esplodere in parole offensive.
BENIGNITÀ
10. Che cos’è la benignità? Qual è la sua particolare attrattiva?
10 Volgiamo ora la nostra attenzione a una qualità che ha una particolare attrattiva, cioè, la benignità. Come la spiegheremo, e come viene usata nelle Scritture? Benignità significa disposizione a fare il bene, a procurare felicità, ad essere gentili, inclini a simpatizzare, misericordiosi e soccorrevoli. È una spontanea manifestazione di amore, e nelle Scritture è spesso strettamente collegata all’amore, come nell’espressione “amorevole benignità”. Un altro punto degno di nota è che la benignità di Geova verso di noi è da parte nostra sempre immeritata. — Gen. 20:13; 1 Cor. 13:4; Ebr. 4:16, NW.
11, 12. (a) Che cosa c’insegna la manifestazione della benignità di Dio? (b) Che cosa dice Giovanni di Gesù a questo riguardo?
11 Seguendo lo stesso procedimento già adottato, apprendiamo che la benignità ha la sua fonte in Geova, l’Altissimo. Dando istruzioni a questo riguardo Gesù diede importanza al fatto che non si tratta solo d’essere benigni verso quelli che apprezzano e contraccambiano la vostra benignità: “Al contrario”, disse Gesù, “continuate ad amare i vostri nemici e a fare del bene e a dare in prestito senza interesse, senza aspettare il contraccambio, e la vostra ricompensa sarà grande, e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi. Continuate a diventare compassionevoli, come il Padre vostro è compassionevole”. (Luca 6:35, 36, NW; Matt. 5:43-48) Questo insegnamento dovrebbe penetrare nel profondo del nostro cuore, specialmente quando rechiamo il messaggio del Regno alle persone, poiché allora abbiamo la preziosa opportunità di manifestare questo frutto per il beneficio e il ristoro altrui. Allorché ci troviamo di fronte alla persistente indifferenza, o all’opposizione, e le persone sono aspre con noi, sorge la tentazione di ricambiarle con pari asprezza e acidità. Ma il frutto maturo non ha questo sapore.
12 Inoltre, sappiamo che Cristo Gesù è colui che è stato scelto specialmente per spiegare ed esemplificare in misura completa l’immeritata benignità del suo Padre celeste. Come Giovanni espresse ammirevolmente: “La Parola è divenuta carne e ha risieduto fra noi, e noi abbiamo avuto una visione della sua gloria, una gloria tale quale appartiene a un figlio unigenito da parte di un padre, ed egli era pieno d’immeritata benignità e di verità”. Sì, colui “che è nella posizione del seno presso il Padre è colui che lo ha spiegato”. — Giov. 1:14, 18, NW.
13. Come siamo ammaestrati a produrre questo frutto dello spirito?
13 Per completare il quadro, Cristo Gesù, l’unico che “conosce pienamente il Padre”, ‘vuole rivelarlo’ a coloro che accettano il Figlio e che esercitano fede nel suo nome. Questi trovano immenso sollievo intraprendendo il servizio del Maestro come suoi discepoli, perché, come egli stesso disse: “Il mio giogo è piacevole e il mio carico è leggero”. C’è dunque ogni ragione perché applichiamo prontamente e vigorosamente l’appello dell’apostolo: “Siate buoni gli uni verso gli altri, teneramente compassionevoli, perdonandovi liberamente a vicenda, come Iddio vi ha liberamente perdonati per mezzo di Cristo”. — Matt. 11:27-30; Efes. 4:32, NW; Giov. 1:12.
BONTÀ
14, 15. Chi è l’Autore della bontà, e quale rivelazione fu fatta a Mosè a questo riguardo?
14 Per sapere che cos’è la bontà, e qual è la nostra parte nel produrre questo frutto, dobbiamo, come già detto, rivolgerci al suo Autore. No, non è Gesù, ed egli lo rese chiarissimo con ciò che disse a quel certo uomo che gli aveva dato il titolo di “Maestro buono”. Questo non significa che Gesù non abbia esemplificato fedelmente e perfettamente la bontà; altrimenti non avrebbe invitato quell’uomo a divenire uno dei suoi seguaci. — Mar. 10:17, 18, 21, NW.
15 Noi acquistiamo subito una chiara comprensione di ciò che è la bontà, come la si vede in Geova, quando consideriamo quella meravigliosa ed intima rivelazione di sé ch’egli diede a Mosè. Rammenterete che Mosè aveva una speciale relazione con Geova, forse più stretta di quanto l’abbia mai avuta qualsiasi uomo sulla terra, salvo Gesù, poiché il Racconto dice che “Geova parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parlerebbe col proprio amico”. In una certa occasione Mosè chiese a Geova: “Ti prego, fammi vedere la tua gloria”. Geova rispose: “Io stesso farò passare davanti alla tua faccia tutta la mia bellezza [margine, bontà] e proclamerò il nome di Geova davanti a te”. Tutta la bontà di Geova è riassunta in quella sublime dichiarazione del proprio nome che seguì poco dopo: “Geova, Geova, un Dio misericordioso e longanime, lento all’ira e ricco in amorevole benignità e verità, che conserva l’amorevole benignità per migliaia, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato”. — Eso. 33:11, 18, 19; 34:6, 7, NW.
16. Che cosa insegna Giacomo circa la bontà, e con quale obbligo riguardo a noi stessi?
16 Giacomo, nella sua epistola, addita la medesima fonte d’ogni bontà quando dice: “Ogni dono buono e ogni regalo perfetto viene dall’alto, poiché discende dal Padre delle luci celestiali, . . . Poiché egli lo volle, ci generò mediante la parola di verità, perché fossimo una certa primizia delle sue creature”. Ciò mostra anche come siamo portati in stretta relazione con Geova, e certamente ne deriva che quella “certa primizia”, assieme a tutti i suoi conservi di buona volontà, deve portare lo stesso frutto per Colui che la generò, e così dimostrare la verità del principio che “chi fa il bene è da Dio”. — Giac. 1:17, 18; 3 Giov. 11, NW. Vedere pure 1 Pietro 3:8-11, NW.
FEDE
17. In che modo la fede è una base principale?
17 Il fatto che la fede viene settima nella lista, in Galati 5:22, 23, sembra indicare in se stesso che l’apostolo non seguì alcun ordine speciale, poiché la fede costituisce una base principale del cristiano. (Ebr. 11:6; 2 Piet. 1:5) Sì, dobbiamo avere fede immensa in Dio, e anche in tutte quelle cose nelle quali sappiamo che Dio stesso ha fiducia, vale a dire, suo Figlio, la sua Parola, il suo proposito e la sua organizzazione del Regno, Sion.
18, 19. Quale specie particolare di opere richiede la fede, come parte del frutto dello spirito?
18 Tuttavia, invece di una discussione generale sulla fede, desideriamo far notare la necessità, non soltanto di aver fede noi stessi, ma di imparare a portarla e comunicarla ad altri, come parte del frutto dello spirito. Ciò vuol dire possedere una fede vivificante ed attiva, come disse Giacomo: “La fede, se non ha opere, è in se stessa morta”. (Giac. 2:17, NW) La specie di opere necessarie affinché altri siano edificati dalla nostra propria fede è indicata da Paolo quando, in forma interrogativa, dimostra che la predicazione del messaggio di verità è la nostra opera più importante affinché altri possano prima udire di Geova, poi esercitare fede in lui e invocarlo, col risultato della loro futura salvezza, ed anche della nostra. — Rom. 10:9-15.
19 Perciò dobbiamo essere sempre pronti a parlare ed agire in armonia con la nostra fede. Abbiamo noi salda fede nel regno di Geova e nel suo messaggio? In tal caso, Paolo dice: “Predica la parola, datti ad essa con urgenza in tempo favorevole, in tempo difficile”. (2 Tim. 4:2, NW) Abbiamo noi salda fede nell’organizzazione di Geova? In tal caso sosteniamola lealmente e attivamente. La vostra regolare partecipazione alle adunanze di congregazione è in se stessa una testimonianza della vostra fede, incoraggiando gli altri a fare altrettanto. Non conosciamo talvolta alcuni anziani nella verità e vecchi di anni, forse tanto deboli da poter fare ben poco in quanto a uscire e predicare ad altri, e tanto sordi da poter poco udire nelle adunanze? Eppure vengono egualmente, quanto più regolarmente sia loro possibile. Sono felici di stare in compagnia del popolo radunato di Dio. Questa è un’espressione della loro radicata fede e devozione. La loro stessa presenza incoraggia quelli che sono interessati da poco a pensare bene di un’organizzazione che ispira ai suoi membri tale fiducia di tutta una vita. Benedica Geova e sostenga riccamente queste anime costanti con forte fede e vera devozione durante tutta la loro carriera terrestre.
MITEZZA
20. Come sono evidenti in Geova la mitezza e le qualità ad essa associate?
20 Viene poi la bella qualità della mitezza, che è strettamente associata con la modestia e l’umiltà. A questo punto qualcuno potrebbe chiedere se questa qualità esiste in Geova, tenendo presenti la sua suprema autorità, la sua sovrana volontà e la sua altissima posizione. Ma ascoltate quel che Geova stesso dice a questo proposito: “Poiché così parla Colui ch’è l’Alto, l’eccelso, che abita l’eternità, e che ha nome ‘il Santo’: Io dimoro nel luogo alto e santo, ma son con colui ch’è contrito ed umile di spirito”. Quale inattesa e immeritata benignità, che l’Onnipotente scenda, per così dire, fino al nostro livello! — Isa. 57:15.
21. Perché è così sollevante e desiderabile questo aspetto del frutto dello spirito?
21 Questo aspetto del frutto dello spirito è qualcosa che reca il massimo ristoro a chi ne viene in contatto e, dopo tutto, questa attrattiva del frutto è anche più grande del suo valore nutritivo, non è vero? È così sollevante! Trovano i vostri fratelli e le vostre sorelle la vostra compagnia così sollevante, senza mai temere di trovarvi aspri o poco comprensivi, quasi vi trovaste su di un livello più elevato del loro? La dolcezza e l’umiltà sono pure particolarmente desiderabili quando si reca testimonianza ad altri, molti dei quali sono stanchi nello spirito. Vi ricordate quel che Gesù disse a questo riguardo? “Venite a me, voi tutti che siete afflitti e aggravati, e io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo e diventate miei discepoli, perché io sono mansueto ed umile di cuore, e troverete ristoro alle anime vostre”. — Matt. 11:28, 29, NW.
22. Perché la mitezza è necessaria per coloro che occupano posti di responsabilità?
22 La mitezza è necessaria anche a quelli che si trovano in qualsiasi posto di responsabilità, poiché, come Paolo scrisse ai Galati: “Fratelli, quand’anche un uomo facesse qualche passo falso prima di accorgersene, voi che avete i requisiti spirituali cercate di ristabilire tale uomo con uno spirito di gentilezza, mentre badi a te stesso, per tema che tu pure sia tentato”. — Gal. 6:1, NW. Vedere pure 2 Timoteo 2:25, NW.
PADRONANZA DI SÉ
23. A che cosa è strettamente legata la padronanza di sé, e perché dobbiamo essere sempre vigilanti?
23 Infine, volgiamo la nostra attenzione alla padronanza di sé. Essa è contraria allo spirito del mondo attuale, in cui la violenza, gli accessi d’ira e la prontezza a soddisfare desideri e passioni carnali sono all’ordine del giorno. (2 Tim. 3:3) La padronanza di sé può non essere menzionata nelle Scritture così spesso come le altre qualità, ma quando ricordiamo che è strettamente collegata alla disciplina sappiamo che ha una forte base scritturale. Data l’imperfezione potremmo giungere agli estremi, sia divenendo ostinati che stanchi e fiacchi. Ricordiamoci che un albero fruttifero trascurato cessa di dare buon frutto, ma degenera e diviene facile vittima di influenze e malattie perniciose. Dobbiamo perciò vigilare sempre, non solo per gli speciali privilegi e per le prospettive del Regno che abbiamo, ma anche per i pericoli interni ed esterni. Siamo impegnati in un combattimento e, come Paolo dice: “Ogni uomo che prende parte ad una lotta esercita padronanza di sé in tutte le cose”. Perciò, come egli continua a dire: “Percuoto il mio corpo e lo conduco come uno schiavo, affinché, dopo aver predicato ad altri, io stesso non sia in qualche modo disapprovato”. — 1 Cor. 9:25, 27, NW.
24. Quale altro aspetto della disciplina produce buon frutto?
24 Poi, nella stessa lettera, dopo aver richiamato l’attenzione sulle tristi conseguenze derivanti da mancanza di padronanza di sé, e sul relativo bisogno di un autoesame critico, menziona l’altro aspetto della disciplina, e cioè quella somministrata da Geova. Egli dice: “Se discernessimo quello che siamo noi stessi, non saremmo giudicati. Tuttavia, quando siamo giudicati, siamo disciplinati da Geova”. Ogni vero figlio ha bisogno di tale disciplina e la riceve, come Paolo precisa nella sua lettera agli Ebrei. “Veramente, nessuna disciplina per il presente pare che sia gioiosa, ma penosa; ma in seguito a quelli che ne sono stati ammaestrati essa produce frutti pacifici, cioè, giustizia”. — 1 Cor. 11:31, 32; Ebr. 12:11, NW.
25. Come e con quale altra illustrazione Paolo ci esorta in Colossesi 3:12-14?
25 Per concludere il nostro studio, vi ricordiamo ciò che l’apostolo scrisse ai Colossesi. Veramente, non si è servito dell’illustrazione del frutto, bensì di quella dell’abito, a scopo di identificazione. Però esprime lo stesso concetto. Non siamo noi che dobbiamo formare il modello dei diversi abiti e quindi tagliarne tutti i pezzi e le parti. Invece, Dio provvede l’abito secondo il suo proprio modello, e spetta a noi indossarlo e portarlo. È una bellissima descrizione: “Quindi, come eletti di Dio, santi ed amati, rivestitevi dei teneri affetti di compassione, benignità, modestia di mente, mitezza e longanimità. Continuate a sopportarvi gli uni gli altri e a perdonarvi gli uni gli altri liberamente se alcuno ha motivo di lagnarsi contro un altro. E come Geova vi ha perdonati liberamente, così fate pure voi. Ma, oltre a tutte queste cose, rivestitevi d’amore, poiché è un perfetto vincolo di unione”, che ci tiene strettamente uniti come radunato popolo di Geova. — Col. 3:12-14, NW.
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Perché Dio permette il maleLa Torre di Guardia 1955 | 15 maggio
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Perché Dio permette il male
Vi domandate voi, come fece Giobbe anticamente, perché Dio permette il male? In tal caso, siamo sicuri che troverete in quello che segue una soddisfacente e consolante risposta alla vostra domanda.
FORSE nessun’altra domanda ha reso perplesse le persone oneste più di questa: Perché Dio permette il male, l’ingiustizia, l’iniquità e la sofferenza? Gli atei accentuano questo fatto per provare che Dio non esista. Così Woolsey Teller, segretario generale dell’Associazione Americana per il Progresso dell’Ateismo, nel corso di un’intervista insistette che il prevalere di questo “terribile mistero, squallida miseria, immensa sofferenza”, provi che Dio non esiste. L’intervistatore, pur professando di credere in Dio, fu incapace di dargli una risposta soddisfacente, ma fece solo domande di questo genere: “Però noi non conosciamo i propositi di Dio, non è vero?” “Come possiamo noi umani sapere quel che c’è nella mente di Dio?” A proposito, ci sia permesso di osservare come molti che si servono della sofferenza
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