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  • w82 15/4 pp. 26-30
  • Perseveranza dopo una tragica perdita

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  • Perseveranza dopo una tragica perdita
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1982
  • Sottotitoli
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  • Arresto ed esecuzione
  • È importante non amareggiarsi
  • Conforto, non dall’uomo ma da Dio
  • Gli emozionanti anni del dopoguerra
  • La perseveranza reca felicità
  • Perché non ebbero paura di parlare
    Svegliatevi! 1995
  • Avvicinandomi a Dio ho superato i miei problemi
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  • Da oscure prigioni alle Alpi svizzere
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 2004
  • Sopravvissuto alla persecuzione nella Germania nazista
    Svegliatevi! 1988
Altro
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1982
w82 15/4 pp. 26-30

Perseveranza dopo una tragica perdita

Narrato da Elise Harms

QUARANTUN anni fa, l’8 gennaio 1941, mio marito, Johannes Harms, fu decapitato dai nazisti. Perché? Perché la sua coscienza non gli permetteva di partecipare alla guerra, di uccidere i propri simili che si trovavano dall’altra parte delle linee di battaglia naziste. Era stato incrollabile nel suo rifiuto di fare il saluto nazista. Johannes non aveva paura di mantenere la sua neutralità cristiana, anche a costo della sua stessa vita.

Non dimenticherò mai la commovente lettera che mandò a suo padre Martin poco prima dell’esecuzione. Mio marito scrisse:

“Ora è stata data anche a me l’opportunità di provare al Signore la mia fedeltà fino alla morte, sì, la fedeltà non solo fino alla morte, ma anche nella morte. La mia condanna a morte è già stata annunciata e sono incatenato sia di giorno che di notte — i segni (sulla carta) sono quelli delle manette — ma non ho ancora vinto pienamente. A un testimone di Geova non è reso facile rimaner fedele. Ho ancora un’opportunità di salvare la mia vita terrena, ma solo per perdere in tal modo la vera vita. Sì, a un testimone di Geova viene data l’opportunità d’infrangere il suo patto anche quando è in vista del patibolo. Perciò, sono ancora in mezzo al combattimento e devo ancora vincere molte vittorie prima di poter dire che ‘ho combattuto l’eccellente combattimento, ho osservato la fede, mi è riservata la corona della giustizia che Dio, il giusto giudice, mi darà’. Il combattimento è senza dubbio difficile, ma sono grato con tutto il cuore al Signore che non solo mi ha dato la forza necessaria per stare finora in piedi dinanzi alla morte, ma mi ha dato una gioia che vorrei condividere con tutti quelli che amo.

“Caro papà, anche tu sei ancora prigioniero e non so se questa lettera ti giungerà mai. Comunque, se tu dovessi mai essere rimesso in libertà, rimani quindi fedele proprio come lo sei ora, poiché sai che chiunque ha messo mano all’aratro e si volta indietro non è degno del regno di Dio. . . .

“Quando tu, caro papà, sarai di nuovo a casa, fa quindi in modo di avere particolare cura della mia cara Lieschen, poiché per lei sarà particolarmente difficile, sapendo che il suo diletto non tornerà. So che farai questo e ti ringrazio prima del tempo. Caro papà, ti invoco nello spirito, rimani fedele, come io ho tentato di rimaner fedele, e quindi ci rivedremo. Penserò a te proprio sino alla fine”.

Forse vi chiederete cosa accadde al padre di Johannes e a me dopo la sua esecuzione. Abbiamo perseverato rimanendo fedeli a Geova come ci incoraggiò a fare Johannes?

Quando Johannes fu ucciso, suo padre Martin era nel campo di concentramento di Sachsenhausen, dove rimase sino alla fine della guerra. Quindi tornò a casa, a Wilhelmshaven, e aiutò a ricostruirvi la congregazione dei testimoni di Geova. Ha servito fedelmente Geova Dio fino alla morte, avvenuta nel 1976 all’età di 90 anni.

In quanto a me, attualmente vivo in un piccolo appartamento qui a Wilhelmshaven, dove sono cresciuta e dove nel 1936 sposai Johannes. Pur non godendo ottima salute, sono sempre una testimone di Geova attiva.

Mi sono risposata? No. Scritturalmente sarei stata libera di farlo. Ma l’idea di trovare la felicità fra le braccia di un altro, dopo che Johannes aveva dovuta lottare così tanto per rimanere fedele, no, quest’idea non mi sorrideva affatto.

Prima di spiegare cosa mi ha aiutata a sopportare varie difficoltà negli scorsi quarantun anni, lasciate che vi racconti quali circostanze portarono alla condanna a morte di Johannes.

Arresto ed esecuzione

Johannes fu arrestato il 3 settembre 1940. Da che ci eravamo sposati, questa era già la seconda volta che veniva arrestato. Mia sorella e io potevamo andare a trovarlo ogni tre o quattro settimane. Alla seconda visita apprendemmo che era stato condannato a morte. La notizia della sua decapitazione, avvenuta l’8 gennaio 1941, per quanto terribile, non giunse quindi del tutto inaspettata. Ne rimasi tuttavia profondamente scossa.

Sapevo però che Johannes non era stato ucciso perché fosse un criminale. Sapevo anche che varie volte i funzionari avevano cercato in tanti modi di indurlo a compromessi. Sapevo quali momenti difficili aveva dovuto superare. C’era ben poco che potessi fare per aiutarlo. Perciò quando ricevetti l’avviso dell’avvenuta esecuzione, provai un senso di sollievo sapendo che tutto era finito. Per un istante dimenticai me stessa e pensai: “Ora non potranno più indurlo a rinunciare alla sua integrità. Non c’è più alcun pericolo che divenga infedele. Ha perseverato fedelmente fino alla morte”.

Eravamo sposati solo da quattro anni e otto mesi. Essendo stati fidanzati tre anni, ci saremmo potuti sposare prima, ma continuavamo a rimandare. Sapevamo i problemi che avremmo potuto dover affrontare. Già allora la situazione in Germania era critica. L’opera del testimoni di Geova era stata messa al bando.

Quando il padre di Johannes (che scontava già una seconda condanna) era inaspettatamente uscito di prigione, avevamo colto l’occasione per sposarci. Ricordo ancora quel bellissimo giorno di primavera, nel maggio del 1936. Fummo due sposi felici fino a quando i nazisti arrestarono Johannes.

È importante non amareggiarsi

Alcuni lasciano che le avversità li rendano amareggiati. Cominciano a dubitare dell’amore di Dio. Trovano da ridire su di lui e addirittura ne mettono in dubbio l’esistenza. Quando Johannes fu ucciso, sapevo che c’era una ragione; era stato ucciso per essere rimasto fedele a Dio. Ma solo sei mesi dopo la perdita di Johannes, la morte colpì ancora, questa volta mia madre! Questo, devo ammetterlo, mi spinse quasi a prendermela con Dio. Mi chiedevo: “Proprio ora che sono già addolorata doveva morirmi l’unica persona su cui potevo contare?”

Poco tempo dopo cominciammo a provare i veri orrori della guerra, come le terribili incursioni aeree che rasero praticamente al suolo alcune città tedesche. Dovendo andare a lavorare per guadagnarmi da vivere, cominciai a pensare: “Chi avrebbe avuto cura di mia madre in questi tempi difficili, se fosse stata ancora in vita? Essendo cieca, chi l’avrebbe aiutata a raggiungere il rifugio antiaereo?” Per lei sarebbe stato senz’altro un periodo molto difficile! Gradualmente ritrovai l’equilibrio, rendendomi conto che a volte Geova permette cose che forse non comprendiamo, ma che in realtà mostrano che egli “è molto tenero in affetto e misericordioso”. (Giacomo 5:11) Mi convinsi che, finché avessi mantenuto il giusto modo di pensare e avessi confidato pienamente in lui, le cose si sarebbero sempre rivelate per il mio proprio bene.

Eccone un altro esempio. Vivevamo in un appartamento di quattro stanze. Ma quando mio marito fu ucciso, persi il diritto di abitarvi e mi fu ordinato di andarmene. Ma dove? Come per miracolo, la moglie di un ufficiale che doveva trasferirsi in un’altra località mi lasciò il suo appartamento di tre stanze. Eppure mi dispiaceva molto dover lasciare il luogo in cui ero vissuta con Johannes. Ma cosa accadde al mio ex appartamento circa sei mesi dopo? Fu interamente distrutto in un bombardamento aereo!

Conforto, non dall’uomo ma da Dio

All’epoca dell’esecuzione di Johannes, lavoravo in un ufficio. Quando i colleghi seppero dell’accaduto, cercarono a modo loro di confortarmi, invitandomi alle loro feste. Pur apprezzando i loro sinceri sforzi, trovavo vero conforto altrove, in Geova Dio e nella sua Parola, la Bibbia.

A volte purtroppo capitava che qualcuno dicesse parole non troppo incoraggianti. Ricordo una donna che una volta mi disse (poco dopo la morte di Johannes): “L’avete voluto voi; si poteva evitare. È stata colpa di Johannes!”

Parole crudeli? Sì, in un certo senso, anche se — e glielo dissi — aveva ragione. L’ ‘avevamo voluto noi’. Johannes avrebbe potuto evitarlo. E se avessi cercato di convincerlo a fare compromesso forse anch’io avrei potuto evitarlo. Ma com’ero felice che entrambi eravamo rimasti spiritualmente forti e avevamo perseverato! Ero felice di potermi addossare parte della “colpa”.

Certo, anch’io ho avuto momenti di depressione. Ma Geova “è molto tenero in affetto”, e mi ha sempre confortata. A volte il conforto mi è giunto in modo inaspettato. Ricordo una domenica, circa tre mesi dopo la morte di Johannes. Il tempo era tetro. Questo, più tutto quello che avevo passato, mi faceva sentire veramente giù. Passai quasi tutto il giorno a piangere, vagando da una stanza all’altra seguita da mia madre che cercava di consolarmi. Mi sforzavo di trattenere le lacrime, ma inutilmente. Ricordo di aver pensato: “Almeno prima ricevevo una lettera al mese, ora nemmeno quella. Non un solo rigo! Potessi riceverne ancora una, una soltanto!”

Più tardi quello stesso giorno mi misi a rovistare nell’armadio fra gli oggetti di mio marito che mi erano stati restituiti dopo la sua esecuzione. C’era anche un astuccio in pelle, usato per mettervi le matite e altre cose. All’improvviso notai uno strano rigonfiamento da un lato. Sembrava che ci fosse qualcosa dentro. Lo aprii, vi infilai le dita e cominciai a tirar fuori tanti pezzetti di carta Sì, erano lettere che Johannes aveva scritto con calligrafia minuta, come un diario. Ce n’erano venti! Potete immaginare come mi sentii. Una lettera sola sarebbe già stata fonte di gioia. Ma venti! Ricordo che promisi a Geova: “Non mi lamenterò più!”

Gli emozionanti anni del dopoguerra

Negli scorsi quarantun anni non ho mai pensato di fermarmi. Perché avrei dovuto? Johannes diede il suo contributo alla causa di Geova mantenendo l’integrità fino alla morte; io posso dare il mio perseverando finché vivrò. (Confronta Romani 12:1). Certo non è stato facile, e da sola non ce l’avrei mai fatta. La preghiera mi è stata di enorme aiuto. E anche il fatto di parlare ad altri del regno di Dio è stato una vera benedizione. Ogni volta che mi sentivo sul punto di essere sopraffatta dalla tristezza uscivo e andavo a predicare la “buona notizia”. Mentre cercavo di confortare altri col messaggio biblico dimenticavo i miei problemi.

In seguito fui in grado di lasciare il lavoro secolare. Ebbi così più tempo da dedicare alla predicazione della “buona notizia”. Un Testimone mi diede una piccola automobile per poter predicare nelle zone fuori mano. Riuscii a iniziare diversi studi biblici con persone interessate. Ne ricordo uno in particolare.

Un giovedì pomeriggio feci visita a una signora e ricordo che le dissi: “Sarebbe molto meglio se potessimo trattare sistematicamente questi punti con l’aiuto di un libro”. Accettò. Quindi aggiunsi: “Teniamo anche delle bellissime adunanze. Se vuole, posso passare a prenderla domenica”. Poiché non volevo perdere tempo, andai direttamente al punto!

Accettò di venire all’adunanza. Così il pomeriggio della domenica seguente bussai alla sua porta e mi sentii dire: “Entri un attimo. Mio marito non è ancora pronto”.

“Come ha detto?” Credo che dovette accorgersi della mia sorpresa. “Anche suo marito vuole venire?”

Difatti venne anche lui. In seguito dissi loro che avevamo altre adunanze, e cominciarono a frequentare anche quelle. Ben presto si battezzarono, e in casa loro si cominciò a tenere uno studio di libro di congregazione. Oggi, quasi trent’anni dopo, vi si tiene ancora.

La perseveranza reca felicità

Ripensando al passato, direi che diverse cose mi hanno aiutata a perseverare. Innanzi tutto Johannes e io avevamo cercato di prepararci, pensando a ciò che sarebbe potuto accadere in quanto a prove. Nel nostro caso quello che ci aiutò ad affrontare la situazione una volta sorta fu il fatto di averci pensato in anticipo e aver deciso ciò che intendevamo fare.

Evitammo anche di fare qualsiasi cosa che avrebbe potuto rendere più difficili le prove. Per esempio, essendo una giovane coppia di sposi, non ci indebitammo inutilmente. Se lo avessimo fatto, la situazione sarebbe stata senz’altro più difficile per entrambi.

Nel corso degli anni ho anche imparato a non aspettarmi troppo dagli altri. A volte potremmo pensare che i nostri fratelli cristiani non vengano abbastanza spesso a trovarci o non ci prestino sufficiente attenzione. Ma perché dovrei volerli privare del tempo e delle energie di cui hanno bisogno per badare alle loro famiglie e assolvere le varie responsabilità di congregazione? Ho anche capito che se non ci si aspetta troppo dagli altri, non si rimane facilmente delusi. Così apprezzo di più qualsiasi gesto benevolo e premuroso mi venga rivolto e lo considero un ulteriore motivo per ringraziare Geova.

Naturalmente la cosa più importante che mi ha aiutato a perseverare è stata la fiducia in Geova, al quale ho sempre esposto i miei problemi in preghiera.

Nell’ultima lettera scrittami poche ore prima di morire, Johannes mi disse queste parole, che non ho mai dimenticato e che mi hanno ugualmente aiutato a perseverare: “Non vogliamo essere fedeli al nostro Dio per amore di una ricompensa, ma per mostrare con la nostra perseveranza nel servirlo che gli uomini, come Giobbe, possono mantenere l’integrità anche nella più difficile delle prove”.

Come sarebbe stato felice Johannes se avesse potuto sapere allora quello che io so adesso! Sarebbe stato lieto di sapere che suo padre è morto fedele dopo circa cinque decenni trascorsi al servizio di Geova, e che io, la sua “cara Lieschen”, quarantun anni dopo la sua esecuzione sono ancora fra i felici Testimoni che si sforzano di perseverare fedelmente.

[Immagine di Elise Harms a pagina 26]

[Immagine a pagina 28]

Johannes Harms e l’avviso della sua morte spedito dalle autorità naziste

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