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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • ore, iniziando all’alba. “Vi sono dodici ore di luce in un giorno, non è vero?” chiese Gesù. (Giov. 11:9) Come si è già detto, questo faceva sì che la lunghezza delle ore variasse da un giorno all’altro, secondo le stagioni; l’unica volta che avevano la stessa durata delle nostre ore era agli equinozi. Evidentemente questa leggera differenza, che quasi non si nota in Palestina, non creava inconvenienti di rilievo. L’inizio del giorno corrispondeva più o meno alle nostre 6 del mattino. Nell’illustrazione degli operai nella vigna, Gesù menzionò la terza, la sesta, la nona e l’undicesima ora e, un’ora dopo, “la sera” (che sarebbe la dodicesima ora). Questi orari corrisponderebbero rispettivamente alle nostre 8-9, 11-12, 14-15, 16-17 e 17-18. (Matt. 20:3, 5, 6, 8, 12) Indicazioni di tempo pure usate nelle Scritture Greche Cristiane sono la mezzanotte e il “canto del gallo”. (Mar. 13:35; Luca 11:5; Atti 20:7; 27:27; vedi CANTO DEL GALLO). Sembra che sotto la dominazione romana gli ebrei abbiano adottato la divisione romana della notte in quattro veglie invece delle precedenti tre. — Luca 12:38; Matt. 14:25; Mar. 6:48.

      UN’APPARENTE DISCORDANZA

      Alcuni hanno notato quella che in un primo momento sembra una discordanza fra le parole di Marco 15:25, secondo le quali Gesù sarebbe stato messo al palo alla terza ora, e quelle di Giovanni 19:14 che indicano che era “circa la sesta ora”. Giovanni aveva la possibilità di consultare gli scritti di Marco, e certamente avrebbe potuto ripetere l’orario indicato da Marco. Perciò doveva avere una ragione per indicare un’ora diversa.

      A questo proposito possiamo notare che i quattro Vangeli non seguono un esatto ordine cronologico, ma riferiscono per sommi capi l’accaduto, e alcuni contengono particolari diversi da quelli descritti da altri. Ciascuno dei quattro scrittori descrive diversi aspetti degli avvenimenti accaduti il giorno della morte di Gesù e la notte precedente. Nell’indicare l’ora Marco può quindi aver inteso l’inizio dell’esecuzione di Gesù, che includeva la flagellazione. Questa punizione era così dolorosa che alcuni morivano sotto i colpi; ciò potrebbe spiegare perché qualcuno dovette aiutare a portare il palo di tortura al Golgota. Tutti gli importanti avvenimenti della mattinata, che inclusero la flagellazione di Gesù, gli scherni rivoltigli dai soldati e il lento e penoso cammino fino al luogo dove venne messo al palo, poterono richiedere parecchio tempo; perciò quando Gesù venne effettivamente inchiodato al palo doveva essere “circa la sesta ora”.

      ALTRI USI

      Nelle Scritture Greche Cristiane il termine hòra è spesso usato in funzione di avverbio col significato di immediatamente o entro un brevissimo tempo. Per esempio, la donna che toccò la frangia del mantello di Gesù “da quell’ora” fu sanata. (Matt. 9:22) “Ora” poteva riferirsi a un imprecisato momento speciale o particolarmente importante, o all’inizio di un determinato periodo di tempo, come disse Gesù: “In quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno sa”. (Matt. 24:36) “Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà immaginerà d’aver reso sacro servizio a Dio”. (Giov. 16:2) “Viene l’ora in cui non vi parlerò più in paragoni”. — Giov. 16:25.

      Inoltre “ora” poteva indicare un imprecisato periodo del giorno, come quando i discepoli dissero a Gesù a proposito della folla che l’aveva seguito in un luogo solitario: “Il luogo è isolato e l’ora già tarda; manda via le folle”. — Matt. 14:15; Mar. 6:35.

      USO SIMBOLICO O FIGURATIVO

      In senso simbolico o figurativo, “ora” significa un periodo di tempo relativamente breve. Gesù disse alla folla che muoveva contro di lui: “Questa è la vostra ora e l’autorità delle tenebre”. (Luca 22:53) Viene detto che le dieci corna della bestia selvaggia di colore scarlatto rappresentano dieci re che devono ricevere autorità “per un’ora” con la bestia selvaggia. (Riv. 17:12) Di Babilonia la Grande viene detto: “In un’ora è arrivato il tuo giudizio!” (Riv. 18:10) In armonia con le parole di Gesù circa il grano e le zizzanie, riportate in Matteo 13:25, 38, gli avvertimenti di Paolo circa l’imminente apostasia in Atti 20:29 e II Tessalonicesi 2:3, 7 e le parole di Pietro in II Pietro 2:1-3, Giovanni, l’ultimo apostolo ancora in vita, poteva ben dire: “Fanciullini, è l’ultima ora, e, come avete udito che viene l’anticristo, così ora vi sono molti anticristi; da cui acquistiamo la conoscenza che è l’ultima ora”. Si trattava senz’altro di un tempo molto breve, “l’ultima ora”, la parte finale del periodo apostolico, dopo di che l’apostasia avrebbe preso piede. — I Giov. 2:18.

  • Ordito
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    • Ordito

      In tessitura l’insieme dei fili che costituiscono la parte longitudinale del tessuto si chiama ordito. L’insieme dei fili intessuti alternativamente sopra e sotto di questi, trasversalmente, a angolo retto, costituisce la trama. Quando i sacerdoti di Israele esaminavano tessuti a motivo della lebbra, osservavano sia l’ordito che la trama. — Lev. 13:47-59.

      Ultimato il tessuto, il tessitore taglia trasversalmente i fili dell’ordito, toglie la stoffa e lascia le sfilacciature o parte terminale dell’ordito fissate al telaio. Il re Ezechia alludeva a questo nel ricordare la sua grave malattia, durante la quale aveva temuto che Dio gli avrebbe abbreviato la vita, stroncandolo “dai medesimi fili dell’ordito” con una morte prematura. — Isa. 38:9-12.

  • Orecchino
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    • Orecchino

      Anello o altro ornamento portato all’orecchio per adornarsi. Sembra che gli ebrei non avessero un vocabolo specifico per “orecchino”, infatti il termine nèzem può essere usato per indicare sia un anello da naso che un orecchino. Il contesto in cui ricorre nelle Scritture a volte, ma non sempre, permette di determinare se si tratta di un orecchino o di un anello da naso. Probabilmente in molti casi la forma degli orecchini differiva ben poco da quella degli anelli da naso. Il termine ebraico ʽaghìl è pure usato nel senso di orecchino e indica un cerchietto ornamentale.

  • Orecchio
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    • Orecchio

      Organo dell’udito, progettato e creato da Geova Dio. (Sal. 94:9; Prov. 20:12) È composto di tre parti: orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno. L’orecchio medio è una piccola cavità che dal timpano porta al labirinto, insieme di formazioni che costituiscono l’orecchio interno. Oltre alla sua funzione uditiva, l’orecchio interno possiede organi che regolano l’equilibrio e il movimento. Il fatto di avere due orecchi è di grande aiuto per individuare l’origine e la direzione dei suoni.

      L’orecchio umano percepisce suoni entro la gamma da 15 a 15.000 o 20.000 cicli al secondo circa, e alcuni più giovani possono udire suoni fino a 23.000 cicli. Gli orecchi di molti animali sono sensibili a frequenze più alte di quelle udibili dall’orecchio umano. La gamma di energia sonora percepita dall’orecchio umano è notevole. Il suono più forte che l’orecchio può tollerare senza pericolo è duemila miliardi di volte più potente del più debole suono percepibile. L’orecchio umano ha la sensibilità massima che sia pratico possedere, infatti se in nostri orecchi fossero più sensibili sentirebbero gli incessanti movimenti molecolari delle stesse particelle d’aria.

      Dato che il Creatore dell’orecchio è in grado di udire, la Bibbia dice che simbolicamente ha orecchi. (Num. 11:18; Sal. 116:1, 2) Mediante tale simbolismo Geova stesso dice di avere orecchi attenti alle preghiere, alle suppliche e alle invocazioni dei giusti. (Sal. 10:17; 18:6; 34:15; 130:2; Isa. 59:1; I Piet. 3:12) Anche se sente i mormorii dei lamentatori e le male parole dei suoi nemici (Num. 11:1; II Re 19:28), rifiuta di udire le loro grida di angoscia quando giunge per loro l’esecuzione del giudizio. (Ezec. 8:18) In quanto alle immagini idolatriche, anche se hanno orecchi scolpiti o intagliati, naturalmente non possono udire e non sono in grado di accogliere o esaudire le preghiere dei loro adoratori. — Sal. 115:6.

      USO FIGURATIVO

      Nella Bibbia il termine “orecchio” è usato con molto vigore in senso figurativo per rappresentare la completa funzione dell’udito. È usato a proposito della facoltà di udire e quindi soppesare la veracità e il valore di ciò che viene detto. (Giob. 12:11; 34:3) Le espressioni ‘prestare orecchio’ o ‘porgere orecchio’ sono usate nel senso di prestare attenzione per agire in base a ciò che si sente. (Sal. 78:1; 86:6; Isa. 51:4) ‘Aprire gli orecchi’ a qualcuno significa fargli capire qualche cosa o illuminarlo in merito. (Isa. 50:5) L’espressione ‘scoprire l’orecchio’ può derivare dal fatto che, nei paesi orientali, uno potrebbe sollevare in parte il copricapo per udire più chiaramente. Questa espressione, come pure la frase ‘rivelare all’orecchio’, significa dare informazioni in privato, rivelare un segreto o qualcosa prima ignorato. — I Sam. 9:15; 20:2, 12, 13; II Sam. 7:27.

      L’‘orecchio destato’ è stato reso attento. (Isa. 50:4) Può trattarsi dell’orecchio di chi un tempo era spiritualmente ‘sordo benché avesse orecchi’ letterali. (Isa. 43:8) La Bibbia dice che l’uomo giusto ascolta Dio, ma chiude il proprio orecchio alla malvagità. (Isa. 33:15) Similmente Gesù, usando il verbo “ascoltare” nel senso di ‘prestare attenzione alla buona notizia, comprenderla e crederci’, disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce”, e “non seguiranno un estraneo ma fuggiranno da lui, perché non conoscono la voce degli estranei”. — Giov. 10:27, 5.

      Geova, per mezzo dei suoi servitori, disse che gli israeliti ostinati, disubbidienti avevano ‘orecchi incirconcisi’. (Ger. 6:10; Atti 7:51) Questi sono come tappati da qualcosa che impedisce di udire. Non sono stati aperti da Geova, che a coloro che lo cercano dà orecchi per intendere e ubbidire, ma lascia che l’udito spirituale dei disubbidienti diventi sordo. — Deut. 29:4; Rom. 11:8.

      In occasione dell’istituzione del sacerdozio in Israele, Mosè ebbe ordine di prendere un po’ del sangue del montone d’insediamento e di metterlo sul lobo dell’orecchio destro, e anche sulla mano destra e sul piede destro, di Aaronne e di ciascuno dei suoi figli, per indicare che quello che stava accadendo in quel momento doveva avere un’influenza determinante su ciò che avrebbero ascoltato, sull’opera che avrebbero svolto e sul modo in cui avrebbero camminato. (Lev. 8:22-24) Similmente, nel caso di un lebbroso purificato, la Legge prescriveva che il sacerdote mettesse sul lobo dell’orecchio destro del lebbroso un po’ del sangue del montone immolato come offerta per la colpa, e anche un po’ dell’olio offerto. (Lev. 14:14, 17, 25, 28) Di natura analoga era il provvedimento preso per colui che desiderava rimanere schiavo del suo padrone a tempo indefinito: si doveva far avvicinare lo schiavo allo stipite della porta e il suo padrone gli doveva forare l’orecchio con un punteruolo. Questo segno visibile, fatto sull’organo dell’udito, evidentemente rappresentava il desiderio dello schiavo di continuare a prestare ubbidiente attenzione al suo padrone. — Eso. 21:5, 6.

  • Orei
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    • Orei

      (orèi).

      Popolazione che all’epoca dei patriarchi abitava le montagne di Seir. Nella Bibbia sono chiamati “i figli di Seir l’Oreo”. (Gen. 36:20, 21, 29, 30) Gli edomiti “li spodestavano e li annientavano d’innanzi a loro e dimoravano nei loro luogo”. — Deut. 2:12, 22.

      In Genesi 36:2, secondo il testo masoretico, il nonno di una delle mogli di Esaù si chiamava “Zibeon l’Ivveo”. Nei versetti 20 e 24 però è indicato che era discendente di “Seir l’Oreo”. Quest’apparente discrepanza può essere spiegata in due modi: oreo potrebbe significare semplicemente “abitatore di caverne”, dall’ebraico hohr, “caverna” o “buca”. Quindi Zibeon sarebbe un ivveo. Oppure il copista potrebbe aver confuso le lettere ebraiche rehsh (ר) e waw (ו), che sono molto simili. Questo spiegherebbe perché in Genesi 36:2 compare “Ivveo” invece di “Oreo”. Quest’ultima spiegazione sembra la più plausibile, in quanto gli orei, che in origine abitavano in Seir, sembrano distinti dagli ivvei, che la Bibbia colloca principalmente sui monti del Libano, e un gruppo dei quali, i gabaoniti, si erano impadroniti di città nei pressi di Gerusalemme. — II Sam. 24:7; Gios. 9:17.

      URRITI

      Attualmente molti studiosi ritengono che gli orei (o orrei) siano in realtà una popolazione che chiamano “urriti”. Questa conclusione si basa principalmente su analogie linguistiche, specie fra nomi propri, in antiche tavolette scoperte di recente in una vasta zona che va dall’odierna Turchia alla Siria e alla Palestina. Perciò sostengono che gli “urriti” finirono per essere chiamati orei. Ma non tutti sono dello stesso parere; si noti cosa dice un archeologo, il quale presenta prima questo argomento:

      “Inoltre anche i gebusei biblici si dimostrarono urriti in incognito. Erano di origine straniera (Giud. 19:12), com’è confermato dal nome proprio del gebuseo Awarnah (II Sam. 24:16, Kethib). Un sovrano di Gerusalemme, o Gebus, del XIV secolo, aveva un nome che conteneva l’autentico elemento urrita Hepa. Quindi sia i gebusei che gli ivvei — due note nazioni preisraelitiche — erano semplicemente suddivisioni del diffusissimo gruppo urrita . . .”. Ma poi aggiunge:

      “Tale conclusione però va ora modificata in un aspetto importante. Questo cambiamento necessario non toglie nulla alla posizione degli urriti locali all’inizio della storia biblica; ma incide sull’autentica identificazione degli urriti con gli orei. . . . non esistono prove archeologiche di insediamenti urriti in Edom o in Transgiordania. Ne consegue dunque che il termine biblico Hōrî — più o meno come il termine Cus — doveva essere usato contemporaneamente in due sensi distinti e indipendenti”. — E. A. Speiser, The World History of the Jewish People, p. 159.

  • Orfano
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    • Orfano

      Senza un uomo in casa che li sostenga e ne tuteli gli interessi, più facilmente l’orfano e la vedova potrebbero essere soggetti a oppressione e difficoltà. Al loro benessere provvedeva perciò la Legge, che non solo assicurava la giustizia al ragazzo senza padre, alla vedova e al residente forestiero, ma prendeva anche provvedimenti per il loro sostentamento. (Eso. 22:22-24; Deut.

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