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  • Indemoniato
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Alcuni dei più grandi miracoli di Gesù furono la liberazione di indemoniati dall’asservimento ai demoni, impotenti contro di lui. Ma non tutti erano contenti che espellesse i demoni. I farisei lo accusarono di essere in combutta col governante dei demoni, Beelzebub, mentre Gesù fece notare che loro stessi erano progenie del Diavolo. (Matt. 9:34; 12:24; Mar. 3:22; Luca 11:15; Giov. 7:20; 8:44, 48-52) Gesù sapeva da dove aveva origine il suo potere sui demoni, e confessò apertamente che era dovuto alla potenza e allo spirito santo di Geova. (Matt. 12:28; Luca 8:39; 11:20) I demoni stessi riconoscevano l’identità di Gesù e si rivolgevano a lui chiamandolo “Figlio di Dio”, “Santo di Dio” e “Gesù, Figlio dell’Iddio Altissimo”. (Matt. 8:29; Mar. 1:24; 3:11; 5:7; Luca 4:34, 41; Atti 19:15; Giac. 2:19) Tuttavia Gesù non permise mai che dessero testimonianza a suo riguardo. (Mar. 3:12) Viceversa un uomo che era stato liberato dal potere dei demoni fu incoraggiato a far sapere ai suoi parenti ‘tutte le cose che Geova gli aveva fatte’. — Mar. 5:18-20.

      Gesù inoltre diede autorità sui demoni ai dodici apostoli, e poi ai settanta, affinché nel nome di Gesù anch’essi potessero guarire gli indemoniati. (Matt. 10:8; Mar. 3:15; 6:13; Luca 9:1; 10:17) Persino uno che non era in stretto contatto con Gesù o gli apostoli fu in grado di esorcizzare un demonio usando il nome di Gesù. (Mar. 9:38-40; Luca 9:49, 50) Dopo la morte di Gesù, gli apostoli continuarono ad avere tale potere. Paolo espulse un “demonio di divinazione” da una schiava, suscitando le ire dei proprietari della ragazza, amanti del denaro. (Atti 16:16-19) Ma quando certi impostori, i sette figli del sacerdote Sceva, tentarono di farlo nel nome di “Gesù che Paolo predica”, l’indemoniato si avventò su di loro malmenandoli e denudandoli tutt’e sette. — Atti 19:13-16.

      Spesso il comportamento disordinato e sfrenato di persone mentalmente squilibrate è dovuto alla diretta influenza di tali invisibili strumenti di Satana. È noto che a volte i medium hanno fama di scacciare demoni; questo richiama alla mente le parole di Gesù: “Molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore, non abbiamo . . . in nome tuo espulso demoni . . . ?’ E io confesserò quindi loro: Non vi ho mai conosciuti!” (Matt. 7:22, 23) Ragione di più dunque per prestare ascolto al consiglio: “Siate vigilanti”, e “rivestitevi della completa armatura di Dio affinché possiate star fermi contro le macchinazioni del Diavolo” e dei suoi demoni. — I Piet. 5:8; Efes. 6:11.

  • India
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    • India

      [ebr. Hòddu; confronta il sanscrito Sindhu, che significa “mare, grande fiume” e quindi si riferisce primariamente al fiume Indo].

      Non si sa con precisione quale zona esattamente fosse indicata dalla Bibbia col nome “India”. (Est. 8:9) Gli studiosi in generale sono del parere che si tratti della regione bagnata dall’Indo e dai suoi tributari, cioè la regione del Punjab e forse anche quella del Sind. La testimonianza di Erodoto (Storie, Libro III, 88, 94; Libro IV, 44) indica che l’“India” divenne parte dell’impero persiano durante il regno di Dario [figlio di Istaspe] (ca. 522-486 a.E.V.). All’epoca di Assuero (Serse I, figlio di Dario) l’India costituiva ancora il confine orientale dell’impero. (Est. 1:1) Iscrizioni di Serse I pure includono l’India fra i suoi domini.

      L’evidenza archeologica dimostra che una civiltà fioriva nella valle dell’Indo secoli prima dell’epoca persiana. Le località più antiche rivelano una certa conoscenza di urbanistica e l’esistenza di impianti igienici. Le strade erano tracciate in modo da formare isolati regolari, e un sistema di tubazioni dalle case si immetteva nella fognatura rivestita internamente di mattoni. Nelle città c’erano anche grandi bagni pubblici.

      Probabilmente i primi insediamenti nella valle dell’Indo risalgono a poco tempo dopo la confusione della lingua dei costruttori di Babele. Un paragone fra l’antica civiltà della valle dell’Indo e quella della Mesopotamia rivela infatti delle analogie, fra cui costruzioni simili alle ziqqurat a terrazze della Mesopotamia, statue in forma umana dall’aspetto grottesco tipiche dell’antica scultura mesopotamica, e segni pittografici simili a quelli mesopotamici primitivi. L’assiriologo Samuel N. Kramer ha avanzato l’ipotesi che la valle dell’Indo fosse stata occupata da una popolazione fuggita dalla Mesopotamia all’epoca dell’invasione dei sumeri.

  • Indovino
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    • Indovino

      Chi si dichiara in grado di predire ciò che avverrà nel futuro; fra questi la Bibbia menziona sacerdoti che praticavano la magia, divinatori, astrologi e altri. Alcuni possedevano poteri occulti essendo in contatto coi demoni, i malvagi nemici angelici di Dio agli ordini di Satana il Diavolo, il governante dei demoni. (Luca 11:14-20) Nell’antichità gli indovini ricorrevano a vari metodi per fare predizioni: esaminavano le stelle (Isa. 47:13), il fegato e altri visceri di vittime animali sacrificate (Ezec. 21:21), interpretavano presagi (II Re 21:6), consultavano i cosiddetti “spiriti” dei morti, ecc. — Deut. 18:11; vedi DIVINAZIONE; EVOCATORE.

  • Infermità
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    • Infermità

      Vedi MALATTIE E RIMEDI.

  • Inferno
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    • Inferno

      Termine usato nella maggior parte delle traduzioni più antiche e anche in alcune versioni moderne per tradurre l’ebraico she’òhl e il greco hàides. Nella Diodati la parola “inferno” traduce venti volte she’òhl e otto volte hàides. Questa versione tuttavia non è coerente perché she’òhl viene pure tradotto trentasette volte “sepolcro”, sette volte “sotterra” o “luogo sotterra”, ecc. Nella Martini she’òhl è reso cinquanta volte “inferno”, tredici volte “sepolcro”, una volta “morte”, ecc.

      Nei primi anni del ’900, vennero pubblicati Il Nuovo Testamento e i Salmi tradotti dal testo originale, “secondo le ultime e più esatte recensioni”, da Oscar Cocorda. Nelle Scritture Greche ogni volta che ricorre, il termine greco viene traslitterato “Adès” e in una nota in calce viene precisato che è “sinonimo di Sceol” (p. 17, nota c). Nei Salmi l’ebraico she’òhl una volta viene traslitterato “Sceol” e quindici volte è reso “Soggiorno dei morti”. Pochi anni dopo uscì la nuova traduzione di Giovanni Luzzi in cui i due termini sono coerentemente traslitterati “Sceòl” e “Hades”, consuetudine invalsa anche in altre traduzioni moderne, sia in italiano che in altre lingue.

      A proposito dell’uso di “inferno” per tradurre i termini originali ebraico e greco, W. E. Vine (An Expository Dictionary of New Testament Words, Vol. II, p. 187) dice: “HADES . . . [che] corrisponde a ‘Sceol’ nell’A.T. . . . è stato poco felicemente reso ‘Inferno’”.

      Alla voce “Inferno” la Collier’s Encyclopedia (ed. 1965, Vol. 12, p. 27) dice: “In primo luogo corrisponde all’ebraico Sceol dell’Antico Testamento e al greco Ades della Settanta e del Nuovo Testamento. Poiché Sceol ai tempi dell’Antico Testamento si riferiva semplicemente alla dimora dei morti e non comportava alcuna distinzione morale, la parola ‘inferno’, come la si comprende oggi, non è una traduzione felice”.

      È proprio il significato che si attribuisce oggi al termine “inferno” che lo rende un mezzo ‘poco felice’ per tradurre i termini biblici originali, mentre fondamentalmente il sostantivo latino infernum (da cui deriva il nostro “inferno”) significa “profondità” e il significato dell’aggettivo infernus è “di sotto, che si trova in basso, posto sotto, inferiore”. In origine il termine “inferno” non dava affatto l’idea di un luogo caldo o di tormento, ma semplicemente di un ‘luogo coperto o nascosto’ e aveva quindi significato molto simile all’ebraico she’òhl.

      Il significato che viene attribuito attualmente al termine “inferno” è quello descritto nella Divina Commedia di Dante e nel Paradiso perduto di Milton, significato completamente estraneo all’originale definizione del termine. L’idea di un “inferno” di tormento infuocato è tuttavia molto più antica di Dante o di Milton. Alla voce “Inferno” la Grolier Universal Encyclopedia (ed. 1965, Vol. 5, p. 205) dice: “Indù e buddisti ritengono l’inferno un luogo di purificazione spirituale e di risanamento finale. La tradizione islamica lo considera un luogo di punizione eterna”. È presente anche nelle dottrine religiose pagane di popoli antichi in Babilonia, Persia e Fenicia. The Encyclopedia Americana (ed. 1956, Vol. 14, p. 82) dice: “Anche se ci sono molte e importanti differenze nei particolari, gli aspetti fondamentali dell’inferno com’è concepito dai teologi indù, persiani, egiziani, greci, ebrei e cristiani sono essenzialmente gli stessi”.

      Dato che questo concetto di “inferno” è stato per molti secoli un fondamentale insegnamento della cristianità, è comprensibile che la summenzionata enciclopedia (p. 81) dica: “Molta confusione e incomprensione è stata causata dai primi traduttori della Bibbia che insistevano nel rendere il termine ebraico Sceol e i termini greci Ades e Geenna col termine inferno. La semplice traslitterazione di questi vocaboli da parte dei traduttori di edizioni rivedute della Bibbia non è bastata a chiarire in modo apprezzabile tale confusione ed equivoco”. Comunque traslitterando e rendendo in modo coerente questi termini si permette allo studente biblico di fare un accurato confronto dei versetti in cui ricorrono i termini originali per arrivare così, senza pregiudizi, a un corretto intendimento del loro vero significato.

  • Innesto
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Innesto

      L’azione di inserire una talea (ramoscello con germogli) di un albero che produce frutti buoni nel ceppo di un altro albero che produce frutti più scadenti perché si uniscano in modo permanente. Spesso l’innesto viene fatto per sommare le buone caratteristiche della talea (il buon frutto) e del ceppo (il vigore e la forza). Dopo che i rami innestati si sono saldati, pur traendo nutrimento da un ceppo diverso, produrranno lo stesso tipo di frutto dell’albero da cui sono stati presi.

      L’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, paragona i cristiani non ebrei ai rami di un olivo selvatico innestati nell’olivo coltivato per sostituire i rami naturali che erano stati recisi. — Rom. 11:17-24; vedi OLIVO.

  • Innom, valle di
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    • Innom, valle di

      [ebr. geh’ Hinnòm].

      Detta anche “valle del figlio [o dei figli] di Innom” o semplicemente “Valle”, come nell’espressione “Porta della Valle”. (Gios. 15:8; II Re 23:10; Nee. 3:13) Forse chiamata “bassopiano dei cadaveri e delle ceneri grasse” in Geremia 31:40. Il personaggio da cui la valle prese nome è sconosciuto, come pure il significato del nome “Innom”. La valle, che si trova a S e SO di Gerusalemme, dai pressi della moderna Porta di Giaffa scende in direzione S, ma all’estremità SO della città forma un angolo e prosegue in direzione E fino a incontrare le valli del Tiropeon e del Chidron all’estremità SE della città. In quest’ultimo tratto si allarga. Qui probabilmente si trovava il Tofet. (II Re 23:10) All’estremità E della valle, sul pendio S, si trovava secondo la tradizione l’Akeldama, il “Campo di sangue”, il campo del vasaio acquistato coi trenta pezzi d’argento di Giuda. (Matt. 27:3-10; Atti 1:18, 19) Più su la valle è assai stretta e profonda, con molti sepolcri scavati nei pendii a terrazze.

      La valle di Innom costituiva parte del confine fra le tribù di Giuda e di Beniamino; il territorio di Giuda era a S, quindi Gerusalemme si trovava nel territorio di Beniamino, com’è indicato in Giosuè 15:1, 8; 18:11, 16. Il nome arabo è Wadi er-Rababi.

      In questa valle l’apostata Acaz re di Giuda fece fumare sacrifici e bruciò suo figlio (o figli) nel fuoco. (II Cron. 28:1-3) Suo nipote, il re Manasse, fece ancor peggio di Acaz, incoraggiando la malvagità su vasta scala, e anch’egli fece “passare i suoi propri figli per il fuoco nella valle del figlio di Innom”. (II Cron. 33:1, 6, 9) Il re Giosia, nipote di Manasse, pose fine a tale usanza detestabile contaminando il Tofet per sconsacrarlo e renderlo quindi non idoneo all’adorazione, forse spargendovi ossa o rifiuti. — II Re 23:10.

      Geremia, che profetizzò ai giorni dei re Giosia, Ioacaz, Ioiachim, Ioiachin e Sedechia, espresse la condanna di Geova per i peccati della nazione, primo fra tutti l’abominevole sacrificio dei figli a Molec. Egli ricevette il comando di portare alcuni degli anziani del popolo e dei sacerdoti fuori della Porta dei Cocci (o Porta dei Mucchi di Cenere), situata all’estremità SE di Gerusalemme, fino alla zona del Tofet nella valle di Innom. Lì annunciò il giudizio di Geova: “Ecco, vengono i giorni . . . nei quali questo luogo non si chiamerà più Tofet e valle del figlio di Innom, ma valle dell’uccisione”.

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